«Aiutiamolo col consiglio, mostriamogli il nostro interesse, partecipiamo ai suoi affanni con tutto l'affetto. Se è necessario, sopportiamo anche disagi per l'amico. Spesso per l'innocenza dell'amico si debbono sopportare inimicizie, si subiscono oltraggi se si resiste o si risponde alle accuse contro di lui mosse.

E non ti rincrescano queste offese, dice infatti il giusto: Se mi accadesse del male lo sosterrò per il mio amico (Sir 22,31: Vulg.). Nelle avversità si prova l'amico, poiché nella prosperità tutti si mostrano amici. Ma se nelle avversità dell'amico è necessaria la pazienza e la tolleranza, cosí nella sua prosperità è necessaria la nostra autorità, per reprimere e rimproverarne l'insolenza e la vanità.

Come sono belle le parole dette da Giobbe tra i malanni: Abbiate pietà di me, amici, abbiate pietà! (Gb 19,21). Non sono parole di supplica queste, ma di rimprovero. Mentre infatti gli amici ingiustamente lo rimproverano, egli esclama: «Abbiate pietà di me, amici»: cioè: Voi dovete avere misericordia, mentre invece rimproverate e opprimete colui i cui dolori voi dovevate compatire, per amicizia.

Perciò, o figli, conservate l'amicizia con i fratelli, perché nulla in questo mondo c'è di piú bello. È un conforto in questa vita aver qualcuno cui aprire il cuore, cui svelare i segreti, cui manifestare i sentimenti del tuo petto. Avrai cosí un uomo fedele, che nella fortuna si congratulerà con te, nella tristezza parteciperà al tuo dolore e nelle persecuzioni ti esorterà al bene. Come erano buoni amici i fanciulli ebrei, che neppure la fiamma della fornace ardente seppe dividere (cf. Dn 3)! E come sono belle le parole di Davide: Saul e Gionata, belli e carissimi, inseparabili in vita, neppure in morte si sono separati (2Sam 1,23)!

Ma l'amicizia veramente fruttuosa non distrugge la fede. Non può essere infatti amico di un uomo chi manca di fede verso Dio. L'amicizia è custode della pietà, è maestra di uguaglianza: chi è superiore si mostra uguale a chi è inferiore, e viceversa. Tra chi si comporta in modo troppo diverso non vi può essere amicizia; è perciò necessario che i due cerchino di assomigliarsi. All'inferiore non manchi la stima e il riguardo, quando è necessario, né al superiore l'umiltà. Il primo lo ascolti come fosse uguale a lui; e l'altro lo ammonisca, lo rimproveri, non per essergli superiore, ma per intimo affetto.

L'ammonimento però non sia aspro, il rimprovero non sia oltraggioso; come infatti l'amicizia deve fuggire l'adulazione, cosí deve fuggire l'insolenza. Chi altri è l'amico se non una persona unita nell'amore, al quale l'animo tuo si stringe e si fonde come volesse diventare una sola persona; a cui tu affidi tutto te stesso, da cui nulla temi e al quale nulla tu chiedi di disonesto per tuo vantaggio? L'amicizia infatti non è fonte di guadagno, ma è piena di decoro e di grazia. È una virtú, non un commercio: non è frutto di soldi, ma di amore; non è l'offerta di mercato che la crea, ma la reciproca benevolenza.

Cosí sono migliori per lo piú le amicizie tra i poveri che tra i ricchi; e spesso i ricchi sono senza amici, mentre i poveri ne hanno molti. Non vi è vera amicizia dove vi è adulazione, e con i ricchi generalmente ci congratuliamo esteriormente, ma verso il povero nessuno mostra affetti falsi. È la verità che a lui si mostra, e l'amicizia con lui non conosce invidia» (Ambrogio, I doveri, 3,124-134).