Evangelizzazione e itineranza

«Laudato sie mi Signore per sirocchia auto la quale è multo utile et preziosa»... Tentare una riedizione del famoso "Cantico delle creature" è impresa non da poco, eppure è uno sforzo che per molti versi è necessario. Si potrebbe pensare che il mondo dell'automobile non rientri in un'ottica francescana che a prima vista prediligerebbe mezzi di locomozione piú semplici e poveri come le proprie gambe o al massimo qualche povera bestia. Cosí afferma la Regola non bollata (1221): «Ordino a tutti i miei frati sia chierici che laici, che vanno per il mondo o dimorano nei luoghi, di non avere né presso di sé, né presso gli altri, né in altro modo, alcuna bestia. E non sia loro lecito andare a cavallo se non siano costretti da infermità o da grande necessità» (RegNB 15,2: FF 41). La Regola bollata (1223) afferma: «E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità» (RegB 3,13: FF 85).

Questa prescrizione era dettata dalla necessità di preservare lo spirito di povertà, cardine della dimensione spirituale e apostolica francescana. Tenere dei cavalli o altri animali da soma, in quei tempi, comportava spese notevoli; inoltre agli occhi del popolo ciò poteva apparire come un indice di benessere e di ricchezza. Quella di Francesco dunque fu una saggia decisione considerate le condizioni sociali della sua epoca. La sua fu un'interpretazione stretta del Vangelo che cosí descrive l'itineranza apostolica: «...strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento» (Mt 10,7-10). Il testo del Vangelo di Marco appare un po' piú largo, contempla almeno le calzature: «...ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche» (Mc 6,8-9).

Ma come dobbiamo attualizzare, cioè vivere oggi, questo brano evangelico? Ha ancora motivo di essere la prescrizione della Regola francescana?

C'è un proverbio cinese che dice che quando il saggio indica la Luna lo stolto guarda al dito. No, il Signore certamente non vuole compilare per noi l'elenco di ciò che dobbiamo o non dobbiamo includere nel nostro completo da viaggio. Molto semplicemente, attraverso la concretezza delle immagini, vuole farci comprendere lo spirito che deve animare l'apostolo e il missionario. Egli non deve attaccarsi ai mezzi umani, neppure a quelli essenziali; non deve confidare nel potere e nella ricchezza, né deve cercare di procurarsele sia pure per evangelizzare; non deve pensare a se stesso, deve confidare in Dio solo cercando «prima il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). Assicurati questi imprescindibili principi l'apostolo deve adattarsi intelligentemente ai tempi e ai luoghi.

Perché allora Francesco dà un'interpretazione cosí stretta? Perché nella Regola (RegNB 15,2: FF 41) afferma "non sia loro lecito andare a cavallo"? Perché Francesco vuole imprimere una precisa determinazione alla povertà, cardine principale - come già detto - della dimensione spirituale e apostolica francescana. L'apostolo finalizza tutto al Vangelo, tanto nella povertà quanto nella ricchezza; l'apostolo francescano, prescelta la povertà ed esclusa ogni ricchezza, tutto finalizza al Vangelo. Dove sta allora la differenza fra i due? Che l'uno evangelizza sia nella povertà, sia nella ricchezza - se è data -, l'altro evangelizza scegliendo la povertà come stile di vita e precludendosi positivamente sia la ricchezza, sia la ricerca del benessere. Ma cosa c'è dietro questa rinuncia apparentemente insensata? Solo un atto di fede e di amore solidale con gli ultimi: solo Dio realizza e porta a compimento il nostro essere e solo Dio è il vero attore dell'evangelizzazione. Certamente oggi la preoccupazione di Francesco circa il "cavallo" non ha piú motivo di essere, se non nella scelta di mezzi confacenti ai "minores", cioè a persone che hanno scelto la via della minorità e dell'umiltà.

Questo è lo stile dell'apostolo Paolo:

«Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare? Cosí anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo. Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto! Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro» (1Cor 9,13-23).

Le sue fatiche apostoliche meritano l'elogio del profeta Isaia: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio»» (Is 52,7).

Così appare la generosità, la libertà e il fascino dell'apostolo che serve ed evangelizza tanto nell'indigenza quanto nell'abbondanza: cosí era ieri, cosí è oggi, tutto si integra nel Vangelo, anche quando nella nostra debolezza preghiamo spesso come l'Autore del libro dei Proverbi:

«Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia:
tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza;
ma fammi avere il cibo necessario, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica:
«Chi è il Signore?», oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio» (Pr 30,7-9).

Non di rado l'apostolo sperimenta anche la prosperità scoprendo che la scelta della povertà e della rinuncia ai propri interessi apre i cuori alla generosità dei fratelli, purché nulla resti nelle proprie mani, salvo l'occorrente per vivere e per lavorare: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29).

Ecco dunque, in sintesi, i fondamenti imprescindibili dell'apostolo in cammino, tanto ieri quanto oggi. Ma nel corso dei millenni tante cose sono cambiate e, soprattutto negli ultimi due secoli, non ci si muove piú come prima. Il progresso ha abbattuto i tempi e le distanze ad un ritmo impressionante... e l'annuncio del Vangelo? Sempre avanti, sulle onde del vapore (nell'Ottocento), poi del traffico, dell'elettricità, di Internet... Con la frenesia e la fretta del mondo moderno no... ma con sollecitudine sí! Tutto ciò che giova al bene autentico dell'uomo giova anche alla causa di Dio... e quindi dell'uomo stesso!

 

 Riscoprire un nuovo modo di usare l'auto

Molti dimenticano l'insostituibile funzione che la mobilità ha avuto nel miglioramento della condizione umana.
I suoi crescenti problemi piú che all'auto in sé sono dovuti alla colpevole insufficienza della politica che spesso
non ha saputo e voluto adeguare le città alle esigenze della modernità.

 

 

 

La crisi dell'auto

Cosí oggi, uno degli aiuti piú validi nell'apostolato (sempre più spesso itinerante) è dato dall'automobile... e ciò è tanto piú vero quanto piú le esigenze del ministero impongono al sacerdote una molteplicità di incarichi pastorali che lo portano spesso lontano dalla sede assegnatagli. Se poi l'apostolo in questione ha anche le stellette tutto si complica, essendo la mobilità una caratteristica determinante della realtà militare. Per un cappellano militare la doppia patente (civile e militare, e spesso di categoria superiore) è la norma.

Ma oggi, venute meno molte situazioni di povertà che ne avrebbero sconsigliato l'uso nell'apostolato, l'auto è in crisi e subisce un'antistorica e demagogica criminalizzazione, quasi fosse un'inutile passione. Cosí molti dimenticano l'insostituibile funzione che la mobilità ha avuto nel miglioramento della condizione umana. I suoi crescenti problemi piú che all'auto in sé sono dovuti alla colpevole insufficienza della politica che spesso non ha saputo e voluto adeguare le città alle esigenze della modernità. Se i piani urbanistici e infrastrutturali sono indietro di decine d'anni la colpa non è certo dell'auto ma dell'imprevidenza della pubblica amministrazione sia nel programmare l'evoluzione urbana e viaria sia nel reprimere la speculazione e l'abusivismo edilizio che spesso hanno creato centri e periferie ad alta densità abitativa con pessime strutture viarie, spazi verdi e spazi di parcheggio pressoché inesistenti.

Si dice che l'auto abbia reso impossibile la vita nei contesti urbani inquinandone l'aria, ma anche questa, in fondo, è una parziale falsità. I ritardi accumulati nella sensibilità ecologica sono anch'essi colpa di una politica che non ha saputo e voluto assumere un ruolo guida nel progresso tecnologico e industriale; non ha saputo e voluto ricercare alternative valide ai combustibili fossili e non solo nel campo della mobilità. Cosí oggi il mondo politico criminalizza automobile e automobilisti, con una fiscalità equivoca, tentando di occultare le sue evidenti malefatte. L'auto inquina, certamente, ma molto meno delle industrie e dei sistemi di riscaldamento rozzi e obsoleti che tuttavia non possono essere schedati e sottoposti ai rigori del fisco con pari efficacia. No, ad inquinare davvero è la politica e non solo in senso materiale, con la sua legislazione tardiva e spesso inadeguata, ma anche - e peggio - in senso morale, disinformando e deformando le coscienze dei cittadini.

È giusto dunque rifiutare questa facile e ingiusta colpevolizzazione a patto di guardare all'auto con una coscienza rinnovata. Non si tratta perciò di rinunciarvi sic et simpliciter ma di usarla a ragion veduta, soprattutto nell'ambiente urbano. È giusto ed è doveroso quindi scegliere un mezzo che offra delle garanzie di salvaguardia dell'ambiente facendo anche scelte coraggiose e, se necessario, economicamente piú impegnative. Un'auto sicura, non inquinante, silenziosa, ergonomica ed esteticamente bella migliora la qualità della vita e la migliora a tutti, non solo a se stessi.

 

 

Il troglodita morale

Riscoprire un nuovo modo di usare l'auto aiuta anche a riconciliarsi con la vita. Non basta tuttavia scegliere un'auto di per sé rispettosa dell'ambiente naturale e, più specificamente, umano (quindi sempre piú sicura); occorre anche una gestione attenta dell'auto e qui entra in gioco l'elemento umano, ossia l'automobilista. Che tipo di automobilista siamo? Qual è il nostro stile di guida? A poco serve un'auto sicura se chi la conduce adotta un comportamento a rischio. Un'auto sofisticatissima, ad alto contenuto tecnologico, con un troglodita morale al posto di guida sarà sempre un'auto pericolosa e pure tendenzialmente inquinante. Ma che tipo di persona è costui?

Non stiamo certo parlando di un carrettiere dei secoli addietro, di un uomo spesso ignorante senza sua colpa, dalle maniere semplici ma non per questo volgari, anzi dotato non di rado di una sensibilità umana genuina al pari della sua povertà. Il moderno troglodita urbano non manca certo di mezzi tecnologicamente avanzati o di cultura, anche di livello medio alto, manca di qualcosa di molto piú importante e qualificante dal punto di vista umano: manca di coscienza, di responsabilità, di lealtà, di signorilità, in una parola di dignità e stile. Costui è un tipo di persona che confonde spesso l'auto con un simbolo di status e il suo comportamento può sconfinare in un attimo nel crimine.

Criminalità omicida... a quattro e spesso a due ruote.

Infatti è criminale ed è potenzialmente omicida guidare senza rispettare le norme della precedenza, senza rispettare intelligentemente i limiti di velocità (supplendo cioè alla non rara inettitudine dei gestori delle strade).

È criminale e potenzialmente omicida sorpassare senza criterio alcuno.

È criminale e potenzialmente omicida tagliare la strada agli altri e non tener conto della distanza di sicurezza, muovendosi o svoltando senza segnalarlo.

È criminale e potenzialmente omicida usare il cellulare o distrarsi mentre si è alla guida.

È criminale e potenzialmente omicida guidare dopo aver bevuto alcolici o comunque senza avere tutti i necessari requisiti psicofisici.

Chi fa questo potenzialmente è un assassino anche se non ha ancora dovuto renderne conto alla giustizia. Il fatto che, per un insieme di circostanze fortuite, egli non abbia ancora mietuto una vittima è di ben poca consolazione. Troppo spesso la guida diventa esibizione di meschinità e grettezza alla ricerca convulsa del metro in piú, soprattutto quando basterebbe incolonnarsi disciplinatamente per agevolare il flusso del traffico. È singolare come molti individui intelligenti concorrano a formare una massa ottusa dove l'intero non raggiunge nemmeno la semplice somma delle parti. Enigmi della psicologia collettiva o carenze formative? Perché si concepisce la formazione dell'automobilista quale individuo e quasi mai quale elemento operante in un contesto prettamente collettivo? Quando arriveremo a concepire davvero una guida coordinata con gli altri utenti della strada e concepita nella logica della dinamica di gruppo? In ogni incrocio, ad ogni semaforo, su ogni tratto di strada opera una squadra, non un gruppo di individui isolati e, quel che è peggio, concepiti come concorrenti.

Membri di una grande squadra: può partire solo da qui la rivoluzione della mobilità e dell'ancora obsoleta "scuola guida".

Troppo spesso il traffico mette a nudo la povertà interiore di chi vi è immerso con tutte le tragedie che ne conseguono. La profonda povertà morale del motociclista (e ancor più del giovane ciclomotorista) e dell'automobilista della nostra epoca, le loro innumerevoli vittime, con il triste corteo di drammi umani e familiari, sono il segno di un malessere profondo nel quale cova una tendenza suicida e omicida che la potenza del mezzo meccanico rende tragicamente possibile: la macchina sembra moltiplicare la nostra positività o la nostra perversità di parecchie volte. In fondo, a ben guardare, la macchina con il suo potere, non fa altro che enfatizzare e manifestare il nostro essere interiore. Ecco perché bisogna impedire al troglodita morale di condurre un'auto o una moto sulle nostre strade. È la peggiore forma di inquinamento - quella morale - che la politica e la cultura mediatica di questi ultimi decenni hanno troppe volte favorito. È sempre più importante rivedere i requisiti morali previsti per l'assegnazione della patente di guida: ormai occorre andare oltre le valutazioni puramente giuridiche considerando le reali qualità morali ed etiche della persona. Qualità che devono essere adeguate al contenuto tecnologico e alla potenza del mezzo da condurre:

«Dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima [scrive l'apostolo Paolo ai cristiani di Efeso], l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri. Nell'ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasione al diavolo. [...] Nessuna parola cattiva esca piú dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» (Ef 4,22-28;30-32).

 

 

Riconciliare l'uomo con il progresso

C'è un modo nuovo, diverso, di vivere il progresso, ed è quello di viverlo pienamente da uomini, non nell'arroganza squallida di una competitività sempre più insensata e asociale, ma nella dignità consapevole di colui che sa di appartenere ad una civiltà ed è responsabile di sé e di ogni uomo che incrocia nel proprio cammino. Vivere e guidare cosí vuol dire scoprire anche un nuovo senso estetico di sé e del proprio agire attraverso un mezzo tecnologico tanto docile alla propria volontà quanto perfetto e sicuro. Guidare può essere un piacere, tutti i giorni, a patto di riconciliare l'uomo con il progresso; quel progresso simboleggiato dall'atomica e dall'eugenetica che la cultura laicista e materialista ha svincolato troppo spesso dalla subordinazione alla dignità umana, rendendolo ostile alla civiltà. La chiave di questa riconciliazione è profondamente spirituale e sta nella riacquistata consapevolezza della dignità propria e altrui garantita da una fede autentica e sincera che si incrocia con la fiducia nell'uomo e nelle sue possibiità.

 

 Riconciliare l'uomo con il progresso

Guidare può essere un piacere, tutti i giorni, a patto di riconciliare l'uomo con il progresso;
quel progresso - simboleggiato dall'atomica e dall'eugenetica - che la cultura laicista e materialista
ha svincolato troppo spesso dalla subordinazione alla dignità umana, rendendolo ostile alla civiltà.

 

 

 

Impressioni di guida

«Com'è bello guidare i cavalli, e trottare per strade e per calli, poi dal taverniere, bere un buon bicchiere, e trincato il Chianti su a cassetta avanti, fila via cocchier!!» (NOVELLI A., L'acqua cheta, commedia in 3 atti, 1908).

Nella sua simpatica commedia il Novelli descrive cosí la bellezza della guida, purché a trincar il Chianti non sia proprio il cocchier! Guidare è bello, soprattutto se lo si fa nel tempo libero per scoprire luoghi e paesaggi sempre diversi. Viaggiare continuamente per lavoro lo è un po' meno ma conserva comunque molti aspetti gradevoli. Anche per il cappellano militare visitare costantemente i Reparti costa, tuttavia è sempre piacevole rivedere ambienti diversi, situazioni umane sempre varie, amici e colleghi. Il suo viaggiare forse non potrà sempre corrispondere all'essenzialità del testo di Marco ma in un certo senso la tensione è la stessa... «...ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche» (Mc 6,8-9). A parte l'auto spesso non occorre altro, talvolta nemmeno denaro (che nella vita quotidiana dentro la caserma non serve a molto). Clima permettendo anche l'abbigliamento è semplice, con un occhio al decoro e uno alla praticità.

Magari arriva il giorno in cui - messa onorevolmente in congedo la vecchia auto, carica di anni e di chilometri - entra in servizio quella nuova o quasi. Meglio se con un generoso cinque cilindri, potente ed economico, nonostante la potenza. E che dire se è un'auto che si fa apprezzare subito, originale nelle forme, potente e agile? Anche l'occhio vuole la sua parte... e le linee contribuiscono a rendere l'auto piú bella e più solida, con un tocco equilibrato di sportività senza nulla togliere alla classicità elegante di una berlina adatta finalmente anche a lunghe e lunghissime percorrenze.

Ancora più gradevole è stare al posto di guida e scoprire il comfort di un'auto. Un comfort che va sempre insieme alla sicurezza, meglio se con un cambio automatico che consente di dedicarsi solo alla guida, senza perdere tempo in manovre irrazionali che se possono avere senso in un circuito non lo hanno piú su strada dove la sicurezza deve prevalere decisamente su una sportività fine a se stessa. Fattore non meno importante poi, nelle lunghe ore di guida, la climatizzazione automatica che in qualche minuto crea la temperatura ottimale. E perché no? Un ottimo impianto audio, all'altezza di una musica di eccezione... Beethoven, Strauss, Tchaikovsky... Vangelis... per poterli gustare rincorrendo la calda luce del sole al tramonto, verso l'orizzonte lontano.

Anche il cruise control ha un ruolo importante in un'auto che ormai potrebbe quasi viaggiare da sola, non appena la tecnologia regalerà gli ultimi sensi elettronici che ancora le mancano. L'auspicio è che presto venga incentivato e reso obbligatorio il warning collision: quante vite umane verrebbero risparmiate, ben piú che con l'ABS e l'ESP. Un'auto così invita ad una guida distinta, serena, riposante, anche se all'occorrenza il propulsore può toglierci d'impaccio in tutte le situazioni. Perfino sotto il cofano regna l'estetica: il propulsore è bello anche da vedere, bello da sentire, come un felino che fa le fusa nascondendo la sua forza impetuosa pronta a scatenarsi.

Quando si ha in mano un mezzo, un oggetto tecnologicamente superiore, bello ed elegante, si è invogliati a tirar fuori il meglio di sé. È cosí che la perfezione e la potenza della meccanica, la prontezza e l'intelligenza dell'elettronica assecondano l'intelligenza e la volontà, esprimendo come in un magico accordo armonia interiore ed esteriore.

Forse verrà un giorno in cui i propulsori non emetteranno piú rumori ma solo suoni puri. Forse non siamo tanto lontani dal giorno in cui la perfezione meccanica, estetica e perfino acustica, si fonderanno in una cosa sola e allora guidare sarà come comporre uno spartito, una musica da ascoltare e apprezzare sul filo del vento.

Buon viaggio.

 

 

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