1. Si dice che la caduta dell'uomo sia la ragione necessaria della predestinazione di Cristo. Perché Dio - dicono - previde che l'uomo sarebbe caduto, previde ancora che Cristo sarebbe venuto come redentore, e previde, perciò, l'assunzione della natura umana nella persona del Verbo, assunzione che avrebbe tanto glorificato l'uomo.

Io, però, dico che la caduta dell'uomo non fu la causa della predestinazione di Cristo; che anzi, se non fosse caduto né l'Angelo né l'uomo, Cristo sarebbe stato predestinato egualmente, anzi sarebbe stato predestinato anche se non vi fossero stati altri esseri da creare. E lo provo.

a) Chi vuole ordinatamente, vuole prima il fine e immediatamente le cose piú vicine al fine. Ma Dio ordinatissimamente vuole. Dunque, bisogna dire che tutte le cose le ha volute con ordine... Ora fra tutte le cose che sono fuori di lui, la piú immediata a lui è, senza dubbio, l'anima di Cristo. Dunque, prima di qualunque merito e demerito, previde che Cristo si sarebbe unito a lui nell'unità della persona.

b) Di piú: l'ordinazione completa degli eletti alla grazia e alla gloria è anteriore alla predestinazione dei reprobi, perché uno non goda della perdizione dell'altro, come di un lucro fatto. Dunque, prima della previsione della caduta, e prima di qualunque demerito, fu preveduto tutto il processo dell'avvenire di Cristo.

c) Di piú: se la caduta fosse stata la causa della predestinazione di Cristo, ne seguirebbe che la piú grande opera di Dio «Summum opus Dei» è stata soltanto occasionale. La gloria di tutti intensivamente non è tanta quanta è la gloria del Cristo; e intanto Dio avrebbe trascurato un'opera cosí grande nell'ipotesi che Adamο non avesse peccato! Chi non vede quanto ciò sia irragionevole?

 

2. Dico, dunque, cosí: - Dio ama in primo luogo se stesso. In secondo luogo ama se stesso negli altri, e questo amore è santo; in terzo luogo vuole essere amato da colui che può amarlo in grado sommo - io parlo dell'amore di un essere estrinseco a lui o creato -; finalmente prevede l'unione ipostatica di questa natura umana che deve amarlo immensamente, anche se l'uomo non cada.

L'ordine della previsione divina fu questo: Dio prima intese se stesso come sommo bene; in un secondo momento intese tutte le altre creature (possibili); in un terzo momento predestinò alla grazia e alla gloria, trascurandone alcuni; in un quarto momento previde che tutti sarebbero caduti in Adamo; in un quinto momento preordinò e previde il rimedio, come cioè gli uomini sarebbero stati redenti per mezzo della passione del suo Figliuolo. Di modo che il Cristo-Uomo, come tutti gli altri eletti, era previsto e predestinato alla gloria e alla grazia prima che fosse preveduta la sua passione e morte come medicina contro la caduta, a somiglianza del medico il quale desidera la salute dell'uomo prima che ordini la medicina per curarlo.

 

3. Tutte le testimonianze [della Scrittura e dei Padri] le quali sembrano affermare il contrario, cioè che Cristo non si sarebbe mai incarnato se Adamo non avesse peccato, possono essere intese nel senso che Cristo, non sarebbe venuto come redentore, se l'uomo non fosse caduto; forse, in tal caso, non sarebbe venuto in carne passibile, non essendovi necessità che l'anima di Cristo, da principio gloriosa e preordinata da Dio a gloria cosí grande, fosse unita a un corpo passibile.

 

4. Inoltre, non vi era nessuna necessità di redimere il genere umano, e che Cristo, quindi, patisse. La redenzione sarebbe stata necessaria, se l'uomo fosse stato predestinato necessariamente alla gloria, e questa, data la caduta dell'uomo, non si fosse potuta conseguire che mediante la soddisfazione [di Cristo]. Ora la predestinazione dell'uomo alla gloria è contingente e non necessaria: niente opera Dio fuori di sé necessariamente. Quindi Iddio, come ab aeterno contingentemente predestinò l'uomo alla gloria, cosí poteva anche non predestinarlo. Né vi sarebbe nessun inconveniente che l'uomo fosse deluso di tale beatitudine, salvo che non vi fosse predestinato. Dunque, come non vi fu assoluta necessità di predestinare l'uomo alla gloria, cosí nοn era assolutamente necessaria la sua redenzione.

L'uomo, d'altra parte, poteva essere redento diversamente che con la morte di Cristo. Agostino nel XIII libro Della Trinità, c. 10, scrive: A Dio non mancava davvero un altro modo di redimere l'uomo, giacché tutto è sottoposto al suo potere.

La redenzione, mediante la morte di Cristo, fu necessaria solo perché Dio preordinò che cosí avvenisse; però Dio non preordinò questo necessariamente, ma contingentemente. Quindi la morte e la passione di Cristo fu necessaria di una necessità di conseguenza; come, per esempio, se corro, mi muovo: il muovermi è una conseguenza del mio correre; ma il correre è, senza dubbio, un atto antecedente contingente, e cosí l'atto conseguente del muoversi è anch'esso essenzialmente contingente.

Nel IV libro delle Sentenze (trattato della Penitenza) si cerca se l'uomo possa riconciliarsi con Dio senza dare nessuna soddisfazione. Ma dato pure che la soddisfazione fosse stata necessaria [per la redenzione umana], non si richiedeva, però, necessariamente che il soddisfattore fosse un Dio.

 

5. Si dice: - Non si soddisfa a Dio, se non s'offre a Dio qualche cosa che essenzialmente sia piú grande dell'offesa fatta a lui; quindi l'offerente dev'essere piú grande di ogni creatura nella dignità e nella perfezione.

Ma ciò, con tutto il rispetto a chi lo dice, nοn è vero; giacché, per soddisfare a Dio, sarebbe bastato solo offrire a lui un bene maggiore del male commesso dal primo uomo. Onde se Adamo, con la grazia e la carità datagli da Dio e con uno sforzo di volontà superiore a quellο fatto nel compiere il peccato, avesse fatto uno o piú atti di amore perfetto verso Dio, tale dilezione sarebbe stata sufficiente alla remissione del suo peccato, e avrebbe cosí soddisfatto...

Come per l'amore della creatura l'uomo non avrebbe dovuto peccare, cosí nel soddisfare [per il suo peccato] avrebbe dovutο offrire a Dio, per mezzo di un atto di amore oggettivamente perfetto, qualche cosa che fosse piú grande dell'amore della creatura che l'ha indotto a peccare: l'amore perfetto sorpassa l'amore di qualunque creatura, come Dio sorpassa la creatura. E cosí come l'uomo peccò amando sconfinatamente l'oggetto piú ignobile, doveva soddisfare amando infinitamente l'oggetto piú nobile, ch'è Dio. Ciò poteva bastare alla soddisfazione.

Un puro uomo avrebbe potuto soddisfare per tutti se fosse stato concepito senza peccato per opera e virtú dello Spirito Santo - cosa possibile a verificarsi - come fu Cristo, e Dio gli avesse donato la grazia piú grande di cui fosse stato capace, come la diede a Cristo, senza meriti precedenti, per sua liberalità. Tale uomo avrebbe potuto meritare cosí la distruzione del peccato come la felicità eterna.

È falso che in questo caso noi saremmo tenuti a quest'uomo, quanto siamo tenuti a Dio; che anzi saremmo tenuti semplicemente a Dio e non a lui, giacché ciò che egli aveva era dono di Dio. Saremmo tenuti a quest'uοmο come siamo tenuti ai Santi e alla Vergine che meritarono per noi, riferendo, però, sempre, finalmente e in grado sommo a Dio tutto, come a Colui dal quale procedono i beni degli altri.

Inoltre, (parlo sempre di possibilità) sembra che ciascuno possa soddisfare per se stesso. Come, mediante la grazia che vien data a ciascuno gratuitamente, ciascuno può meritare la beatitudine, benché figlio dell'ira, cosí può meritare la distruzione della sua cοlpa.

 

6. D'altronde non era assolutamente necessario che la soddisfazione fosse fatta dall'uomo. Chi non è debitore può soddisfare per un altro come può pregare per lui. Per il che come Cristo, innocente, non debitore, soddisfece, cosí, se fosse piaciuto a Dio, poteva soddisfare un Angelo buono, offrendo per nοi a Dio qualche cosa che gli fosse riuscito grato e che avesse potuto accettare per tutti i peccati, giacché tanto vale la cosa offerta per quanto Dio l'accetta, non piú.

 

7. La conclusione, dunque, è questa: tutto ciò ch'è stato fatto da Cristo per la nostra redenzione non fu necessario se non presupposta l'ordinazione divina che volle cosí; fu quindi una necessità di conseguenza soltanto che Cristo patisse. Ma tutto fu essenzialmente contingente, l'antecedente (cioè la preordinazione) e il conseguente (cioè il fatto).

Per il che molto siamo obbligati a Cristo: noi potevamo essere redenti diversamente, ed Egli volle liberamente redimerci cosí. Gli siamo obbligati piú che se fosse stato necessario redimerci cosí, e non altrimenti. Io credo che volle redimerci cosí principalmente per avvincerci al suo amore, e perché l'uomo si sentisse maggiormente obbligato verso di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

Cfr. SCARAMUZZI D., Duns Scoto Summula, Firenze [1931?] (rist. Firenze 1990), 172-183.