«I benefici di Dio eccellono per moltitudine e grandezza e l'amore onde è tratto ad elargirli è piú grande di quel che possano comprendere i pensieri degli uomini. Come l'amore umano quando trabocca e diventa piú forte di coloro che lo ricevono trae gli amanti fuori di sé (= amore ex-tatico), cosí l'amore che Dio ha per gli uomini lo ha svuotato: Dio non invita il servo che ama rimanendo al suo posto, ma lui stesso discende a cercarlo, essendo ricco viene alla dimora del povero, presentandosi dichiara direttamente il suo amore e cerca eguale amore; respinto non si allontana, di fronte all'insolenza non si adira, scacciato sta alla porta e fa di tutto per mostrarsi vero amante, martoriato sopporta e muore.

Due caratteristiche rivelano l'amante e lo fanno trionfare: la prima consiste nel fare del bene all'amato in tutto ciò che è possibile, seconda nello scegliere di soffrire per lui patire cose terribili, se necessario. Quest'ultima prova amore, gran lunga superiore alla prima, non poteva però convenire a Dio impassibile ad ogni male.

Essendo amico degli uomini, Dio poteva colmarli di benefici, ma rimanendone lontano non sopportare per loro il dolore e le piaghe. L'amore dunque era oltre misura, mancava segno che lo rendesse manifesto. Eppure doveva restare nascosto quanto immensamente ci amasse: quindi, darci'esperienza del suo grande mostrare ama un senza limiti, inventa annientamento, realizza fa in modo divenire capace soffrire patire cose terribili.

Cosí, con tutto quello che sopporta, Dio convince gli uomini del suo straordinario amore per loro e li attira nuovamente a sé, essi che fuggivano il Signore buono credendo di essere odiati. La cosa piú straordinaria tuttavia è che non solo tollerò di patire le cose piú terribili e di morire coperto di piaghe, ma che, anche risorto, dopo aver risollevato il corpo dalla corruzione, si cinge ancora di queste ferite, ne porta sul corpo le cicatrici e cosí appare agli occhi degli angeli, le considera un ornamento e si compiace di mostrare che ha sofferto orribilmente.

Egli ha ora un corpo spirituale e perciò si è spogliato di tutte quante le altre qualità del corpo: non gli rimasta gravità, né spessore, alcun'altra passione ma é privato delle piaghe, eliminato cicatrici, al contrario, per amore degli uomini, voluto amarle perché loro mezzo ritrovato colui che era smarrito, con quelle piaghe conquistato l'oggetto suo amore...

Sembra piuttosto che egli avesse desiderio di soffrire molte volte per noi, ma ciò non era possibile, sia perché il suo corpo una volta tutte sfuggito alla corruzione, voleva risparmiare agli uomini tormentarlo ancora, perciò stabilí conservare sul i segni della sua immolazione, portare sempre con sé marchio delle ferite impresso sulla croce sempre. Sicché da allora in poi fosse chiaro veramente servi è stato crocefisso ed ha avuto costato trafitto, e considera un ornamento regale anche quelle ferite, raggio ineffabile gloria.

Che cosa può eguagliare questo amore? Chi mai ha amato tanto l'uomo? Quale padre è cosí tenero? amante dei figli? concepito un amore folle per qualche uomo buono, da sopportare non solo di essere colpito colui che ama, perché e serbare ancora'ingrato, ma persino fare gran conto delle ferite? Proprio si verificato nel caso ci tiene anche in grandissimo onore, se il colmo dell'onore: arrossire infermità della nostra natura, assidersi sul trono regale con quelle piaghe ereditate dall'umana debolezza.

Inoltre egli non onora con tali grazie la natura umana in genere trascurando i singoli, ma invita tutti alla corona celeste, li libera dalla servitú, rende figli adottivi, apre a il cielo e, mostrando via e modo di volare, dà anche le ali. Anzi, si accontenta nemmeno questo, lui stesso guida, sostiene conforta gli infingardi. ho detto cosa piú importante: commercio del Signore coi servi giunge solo fino questo punto, limita farci partecipi dei suoi beni darci mano, ci offre tutto intero sé stesso, perciò siamo tempio Dio vivente. Queste nostre membra sono Cristo, cherubini adorano capo, questi piedi mani dipendono da quel cuore».

 

 

 

 

 

Cfr. NICOLAS CABASILAS, Vita in Cristo, trad. ital. U. Neri, Torino 1981, 284-289.