Recentemente il dibattito sulla futura Costituzione europea si è acceso intorno ai valori fondamentali sui quali dovrà fondarsi ed è ancora lontano dall'essersi concluso. Si tratta di un momento prezioso che ci offre la possibilità e il dovere di operare per un'Europa che non sia solo "economica" ma anche "ideale" e "politica". Un'Europa vera insomma, che abbia finalmente un volto caratteristico e le basi per una reale unità. È evidente che un documento cosí importante come la carta costituzionale, deve anzitutto identificare i valori comuni sui quali la collettività deve basare la sua vita e il suo ordinamento giuridico.

Un ordinamento giuridico autentico non è un sistema preordinato ed artificiosamente applicato ad una comunità, sebbene ispirato da valori positivi. Piuttosto nasce dalla vita concreta della società, dalle sue legittime consuetudini e dalla sapienza del legislatore che sa tradurre tutto ciò in un sistema normativo che è al tempo stesso anche un sistema pedagogico. La norma deve avere, infatti, anche una funzione formativa della comunità e del cittadino e non solo "informativa".

La sapientia legislatoris emerge anzitutto nel discernimento di quelli che sono i valori fondanti dello stesso ordinamento giuridico. Non è necessario citare Benedetto Croce e innumerevoli altri autori in materia di filosofia, storia e diritto perché, onestamente, non c'è chi non riconosca, a meno di voler fare un'operazione marcatamente ideologica, le radici cristiane storiche e culturali dell'Europa.

Paradossalmente - ma neppur tanto - a tale riconoscimento può perfino essere del tutto estranea una qualunque visione di fede. Il riconoscere queste radici è la semplice constatazione di un dato di fatto; è l'atto di una mente intellettualmente e storicamente integra. Non altrettanto si può dire della pretesa "scelta laica" che finora ha guidato l'opera di questa sorta di "costituente europea". Questa forma di laicismo rivela piuttosto il suo vero volto, caratterizzato da una forma di vieto "confessionalismo laico" tanto sconcertante quanto inquietante. Riconoscere le radici cristiane nella Costituzione europea, prima che una forma di rispetto nei confronti della stragrande maggioranza dei cittadini europei, è un atto di onestà umana e culturale.

Non è possibile accettare la giustificazione del pluralismo, ancora una volta artificiosamente allegato, in nome di una futura convivenza di popoli e religioni. Semmai è in corso il tentativo di strumentalizzare altri popoli e altre religioni in funzione politica. E di quale politica?

Non è credibile il rispetto di una minoranza che prende l'avvio dall'aperto disprezzo della maggioranza.

Di maggioranza, infatti, si tratta, benché il movimento laicista si profonda nel farla apparire come minoranza destinata a rapida e prossima estinzione. L'uso mass-mediale delle statistiche potrà ingannare qualche settore dell'opinione pubblica ma non certo la maggior parte dei cittadini. Conosciamo bene i pregi e i limiti, e anche i delitti, che l'illuminismo ha portato nella nostra storia.

Porlo a fondamento della "nostra Costituzione" facendo sparire con un colpo di spugna il cristianesimo è un autentico misfatto storico, giuridico e culturale che non è possibile accettare in silenzio. Non si può accettare una visuale cosí riduttiva, soprattutto non è possibile tacere quando sono in gioco i fondamenti del proprio futuro.

L'Europa non è proprietà privata di una mediocre élite politico-intellettuale e non è possibile restare indifferenti ad un'operazione arbitraria che condurrà solo a un ulteriore impoverimento del nostro patrimonio comune.

L'auspicio è che i cittadini europei e anche gli intellettuali onesti abbiano il coraggio di far sentire la loro voce e di ridare questa Europa agli europei riscattandola da un apparato burocratico e politico che appare sempre meno rappresentativo e credibile.

 

 

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«Concediamo pure (benché non sia vero) che tutti i precetti morali del Vangelo fossero noti ad alcuni, prima...

Ma può ciò significare che questo sia bastato a dare al mondo un'etica completa, la quale fosse per gli uomini regola indiscussa di vita e di comportamento? ...

Non basta che ci siano state, qua e là, massime famose di sapienti, conformi alla retta ragione...

Gli apoftegmi, slegati fra loro, di filosofi e sapienti, per quanto in sé eccellenti, e ben compresi, non possono mai fondare un'etica, da cui il mondo possa essere guidato; non possono mai far nascere la forza della legge, cui l'umanità possa sentirsi sottoposta, con certezza...

Non c'è nessun autore di scritti morali, o compilatore che raccoglie quelli degli altri, il quale possa erigersi a legislatore dell'umanità, a fondatore di norme che siano valide dovunque, sol perché si trovano nei suoi libri, e per l'autorità di questo o quel filosofo... prima di Cristo, che io sappia, nessuno ha fatto una cosa del genere, né si è preoccupato di darci un'etica» (cfr. LOCKE J. La ragionevolezza del Cristianesimo, ediz. it. a cura di A. Sabetti, La Nuova Italia, Firenze, 1976, 154-56).

 

 

 

«Fra tutte le religioni che si dicono rivelate, essa [il cristianesimo] è la sola che lo sia realmente, e perciò la sola che bisogna abbracciare... la religione cristiana è la migliore fra tutte le religioni per gli Stati che hanno la fortuna di vederla associata al loro governo politico... tale religione, benché sembri avere come suo unico scopo la felicità dell'altra vita, è nondimeno, fra tutte le religioni, quella che può maggiormente contribuire alla nostra felicità in questo mondo» (cfr. «Cristianesimo», s.v. in Enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri ordinato da Diderot e D'Alembert, ediz. it. parz. a cura di P. Casini, Roma-Bari, Laterza, 2003, 211, 219, 220).