Monsignor Giulio Facibeni è ricordato soprattutto come fondatore dell'Opera Madonnina del Grappa e come "padre" degli orfani. Un personaggio che la Chiesa fiorentina non ha dimenticato, per la testimonianza di fede, per il modo in cui egli la incarnò nella società, fra i bisognosi e gli ultimi. Monsignor Facibeni fu anche Cappellano Militare nel primo conflitto mondiale, decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare.

Come si compenetrarono questi ruoli diversi - cappellano militare, parroco, uomo di carità - in una persona che fu straordinariamente umile e votata al servizio cristiano? La risposta è semplice: nella vocazione ad amare tutti gli uomini, sempre e comunque.

Don Giulio, nato in provincia di Forlí nel 1884. Dopo gli studi e l'ordinazione sacerdotale, divenne parroco a Santo Stefano in Pane nel quartiere industriale fiorentino dove la propaganda anticristiana era molto forte. Don Giulio cominciò a svolgere il suo ministero in silenzio e senza proclami, ma prestando grande attenzione e cura alle persone che incontrava quotidianamente.

Fu cosí che arrivò il 1915, l'anno dell'entrata in guerra dell'Italia: gli uomini partirono per il fronte e le donne si avviarono a sostituirli nelle fabbriche e nelle botteghe, lasciando di conseguenza incustoditi i loro figli. Don Giulio aprí il "nido per i figli dei richiamati", dando il via ad un'opera che sarebbe diventata ben piú grande ed importante di quanto egli potesse immaginare.

Passò poco tempo ed anche il giovane parroco venne chiamato al fronte, prima come ufficiale e poi come cappellano militare. Fu con la IV Armata sul Grappa, assisté i feriti e i moribondi, offrendo tutto se stesso in questo servizio. Fu per i soldati un padre amorevole, come lo era stato per i loro figli.

Ai moribondi che a lui raccomandavano la famiglia, don Giulio rispondeva con una promessa: "Sta tranquillo, ci sarà chi ci pensa, ci sarò io...".

Cosí, per le tante promesse fatte ai soldati morti e per una fatta alla Madonnina del Grappa, nacque l'Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa", destinata a raccogliere gli orfani di guerra e, in seguito, tanti orfani.

A questa iniziativa, Monsignor Giulio Facibeni dedicò il resto della sua esistenza, mai dimentico delle promesse che avevano reso meno doloroso il trapasso di tanti uomini al fronte.

Il suo animo viene ben definito nelle motivazioni della Medaglia di Argento al Valor Militare: "Con profondo sentimento di pietà e alto concetto della propria missione, durante intere giornate di sanguinosi combattimenti rimaneva costantemente sulla linea di fuoco a prestare con attività indefessa la sua opera pietosa e, dando mirabile esempio delle piú nobili virtú usciva, anche solo, dalla nostra trincea spingendosi in terreno scoperto e battuto dal fuoco nemico per raccogliere feriti e ricuperare salme di Caduti". Questo era Monsignor Giulio Facibeni, sul fronte insanguinato della guerra, come nella piccola parrocchia fiorentina dove si mise al servizio dei piú umili.

 

 

Cfr. VALENTINI G., Monsignor Giulio Facibeni e l'opera Madonnina del Grappa, in Il Cursore 11 (2006), 8.  

 

 

 

 

 

 

 

Breve profilo biografico

 

 

 

Di famiglia modestissima, Giulio Facibeni nasce a Galeata (FC) il 29 luglio 1884. Compie gli studi nel seminario di Faenza, dopo la licenza liceale si iscrive alla facoltà di lettere nell'Istituto di Studi Superiori di Firenze dove si mantiene facendo l'assistente nel semiconvitto delle Scuole Pie Fiorentine. La convivenza con gli Scolopi sarà determinante nella sua formazione, sarà presso di loro, infatti, che risolverà il problema della vocazione sacerdotale dedicandosi in particolar modo all'apostolato giovanile.

Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1907, fa le sue prime esperienze di apostolato tra i figli dei carcerati, nelle scuole parrocchiali serali e soprattutto tra gli studenti. Nel maggio 1910 fonda il Circolo degli studenti secondari cattolici proponendosi la diffusione della cultura religiosa e la formazione dei principi cristiani nell'ambiente della scuola: lo chiamerà "Italia Nova".

Nell'ottobre 1912, dall'arcivescovo Mistrangelo, don Facibeni viene inviato come vicario nella Pieve a Santo Stefano a Pane. Il quartiere operaio di Rifredi rappresentava allora il fallimento della pastorale tradizionale. Don Facibeni organizzò un'attenta azione pastorale costituendo associazioni cattoliche, doposcuola, scuola serale per operai e promuovendo iniziative di carità. Per stabilire un legame con tutti avviò subito la pubblicazione di un bollettino parrocchiale.

Nel giugno 1915 fondò il "nido per i figli dei richiamati", un asilo gratuito gestito dai volontari della parrocchia. Nacque cosí la prima di una serie d'iniziative a sostegno dei soldati al fronte e delle loro famiglie. Don Giulio venne richiamato alle armi nel 1916. Divenne cappellano militare sul fronte dell'Isonzo e poi sul Grappa dove venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare per essere più volte uscito da solo dalla trincea, sotto il fuoco del nemico, a raccogliere i feriti e recuperare le salme dei caduti.

«Deporre l'abito talare per indossare la veste del soldato - ebbe a dire più volte - non era neanche un'interruzione del ministero sacerdotale; un po' di quella misteriosa relazione che intercorre tra la vita del sacerdote e quella del soldato, ambedue impegnati in questo dono di sé per i fratelli, fino alla immolazione suprema».

Dopo la guerra tornò a Rifredi nel 1919. Per assistere gli orfani e costituire un punto d'incontro fondò cosí l'Unione "Salviamo i fanciulli" (1919), rilanciò il bollettino parrocchiale chiamandolo "Voce Paterna" a sottolineare il proposito di paternità verso tutti.

A Firenze, già in quegli anni, gli verrà riconosciuto un ruolo particolare: Facibeni diventerà l'uomo dal quale tutti attenderanno il messaggio vibrante nelle manifestazioni cattoliche e nei congressi, nel direttivo dell'Unione popolare, nell'Unione donne, nell'Unione reduci, inoltre come animatore del movimento giovanile e dell' associazione delle madrine di guerra.

Nell'anno 1923 don Facibeni, con il presentimento di esser chiamato da Dio ad iniziare un nuovo cammino, pose la prima pietra dell'Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa". Intendeva cosí attuare una forma di carità umile, nascosta, al fine di essere per tutti un segno della paternità di Dio, rovesciando il criterio della catechesi e della pastorale, partendo da Dio solo. Da tale intento deriva il riferimento alla divina Provvidenza mostrando i lineamenti inconfondibili delle opere di Dio. L'Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa" venne inaugurata ufficialmente il 4 novembre 1924: nacque cosí la famiglia dei senza famiglia e, insieme, la piccola chiesa missionaria adunata dalla carità in mezzo al rione operaio di Rifredi.

La sua spiritualità si ispirava a quella del Cottolengo, il suo motto fu: "Credidimus caritati". Da Rifredi l'Opera si spostò a Cadenzano, S. Miniato, Montecatini, Fucecchio, Rovezzano. Ancora una volta don Giulio Facibeni divenne un punto di riferimento nei giorni dell'emergenza bellica assistendo ricercati, soldati, ed ebrei. Amava definirsi "il povero facchino della Provvidenza Divina", i suoi parrocchiani, l'intera città di Firenze e i suoi innumerevoli figli tuttavia a partire dal 1939 preferirono chiamarlo semplicemente "Padre". Una definizione capace piú di ogni altra di esprimere il segreto della sua pastorale, della sua pedagogia, della sua spiritualità: la paternità fu davvero il suo grande carisma.

Negli ultimi dieci anni della sua vita una forma gravissima di morbo di Parkinson gli rese impossibile provvedere da sé alle esigenze fisiche piú elementari. Nel 1955 il card. Elia Dalla Costa, preoccupato da tempo per il futuro dell'Opera e della parrocchia, lo costrinse a rinunciare alla Pieve, tentando anche di dare un assetto giuridico alla sua comunità senza però riuscirvi del tutto.

Giorgio La Pira, appena nominato sindaco, gli conferí il titolo di cittadino benemerito di Firenze (1951).

Gronchi, neo-eletto Presidente della Repubblica, visitò l'opera rendendogli omaggio il 29 maggio 1955.

L'Università di Firenze gli assegnò la medaglia d'oro per i suoi meriti in campo educativo il 21 dicembre 1957.

Don Facibeni muore il 2 giugno 1958, nel popolare rione fiorentino di Rifredi. Ai suoi funerali l’intera città di Firenze si ferma e si raccoglie con folla immensa, piú che un funerale fu un'apoteosi. Cosí disse La Pira:

"Ebbe un amore sconfinato per l'uomo. Fece cose incalcolabili, non solo per il numero rilevante dei ragazzi, ma per la qualità dell'Opera, per il disegno di essa. [...] Siamo tutti quanti figli suoi, alimentati dalla sua carità, dalla sua speranza, dalla sua fede. Apparteniamo a Rifredi. È certo che il cuore di Firenze è a Rifredi".

P. David Maria Turoldo ricorda: «...Io non dimenticherò mai i giorni del 2, 3 e 4 giugno del 1958; i giorni della morte di don Giulio Facibeni; e quando lui era esposto in Santa Maria del Fiore; e poi tutta la città raccolta in preghiera o muta dietro la sua bara. E non si sapeva se piangere o godere per la morte di questo prete da nulla, in apparenza, ma che tutta la città sentiva come padre; o godere, dicevo, per lo spettacolo d’amore di tutti questi figli cosí difficili che spontaneamente accompagnavano un prete al cimitero. Ed era tutta la città; e qualche quartiere era imbandierato a lutto come se fosse morto uno di casa; e dei negozi avevano abbassato la saracinesca: e operai e giovani e donne e uomini di ogni partito e di ogni tendenza si erano ritrovati dietro la stessa bara di un omino neppure bello, di un vecchietto, di un prete insomma, che aveva amato. Io credo che nessun fiorentino quel giorno non abbia detto una preghiera o non abbia avuto almeno un pensiero d’amore per quel povero prete...».

 

 

 

 

 

Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa