Giorgio La Pira nasce il 9 gennaio 1904 a Pozzallo (RG), in Sicilia. Primogenito di una famiglia di umili condizioni, a prezzo di grandi sacrifici riesce a diplomarsi in Ragioneria e poi a laurearsi in Giurisprudenza.
Trasferitosi a Firenze con il suo maestro, diventa docente di Diritto romano. Tra il 1929 ed il 1939 svolge un'intensa attività di studioso che lo mette in contatto con l'Università Cattolica di Milano: entra cosí in amicizia con figure come padre Gemelli e Giuseppe Lazzati.
Si impegna a fondo nell'Azione Cattolica giovanile e nella pubblicistica cattolica, scrivendo in numerose riviste, tra cui il famoso Frontespizio. Alla vigilia della guerra (1939) fonda e dirige la rivista Principi nella quale - in pieno regime fascista - pone le premesse cristiane per un'autentica democrazia.
Il regime ne vieta la pubblicazione. Tra il 15 luglio e l'8 settembre 1943 crea il foglio clandestino San Marco. Il 23 settembre sfugge alla polizia segreta che lo cerca per arrestarlo. Raggiunta Roma, nel 1944 tiene all'Ateneo Lateranense - su iniziativa dell'Istituto Cattolico Attività Sociali - un corso di lezioni che riscuote molto successo. L'anno successivo le lezioni vengono pubblicate sotto il titolo Le premesse della politica.
Liberata Firenze l'11 agosto 1944, La Pira torna ad insegnare all'Università e collabora al quotidiano del Comitato di Liberazione Nazionale toscano La nazione del popolo. Nel frattempo arricchisce il suo pensiero approfondendo la cultura cattolica francese e l'economia anglosassone. Sostiene il diritto universale al lavoro e l'accesso generalizzato alla proprietà. Frutto di questa riflessione sono alcuni noti volumi come La nostra vocazione sociale: Valore della persona umana.
Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente. Nel 1947, insieme a Dossetti, Fanfani e Lazzati, dà vita a Cronache sociali, la rivista che meglio ha espresso la presenza cristiana nel difficile processo di rinascita della democrazia in Italia. Alla Costituente svolge un'opera di grande rilievo, e da tutti apprezzata, nella Commissione dei 75, in particolare per la formulazione dei principi fondamentali che dovranno reggere la nuova Repubblica Italiana. Nel 1948 è nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro; nel 1950 scrive in Cronache Sociali il famoso saggio L'attesa della povera gente, nel quale dimostra la necessità, e la concreta possibilità, del lavoro e della casa per tutti.
Nel 1951 interviene presso Stalin in favore della pace in Corea. Il 6 luglio è eletto Sindaco di Firenze (1951-1958; 1961-1965). La sua opera di sindaco è punteggiata da notevoli realizzazioni amministrative e da straordinarie iniziative di carattere politico e sociale. Sotto la sua amministrazione, vengono ricostruiti i ponti Alle Grazie, Vespucci e Santa Trinità distrutti dalla guerra; viene creato il quartiere-satellite dell'Isolotto; si gettano le basi per il quartiere di Sorgane; si costruiscono, in varie zone della periferia, moltissime case popolari; si riedifica il nuovo Teatro Comunale; si realizza la Centrale del Latte; viene nuovamente pavimentato il Centro Storico. Con la collaborazione dell'on. Nicola Pistelli, Firenze viene dotata di un numero di scuole tale da ritardare di almeno vent'anni la crisi dell'edilizia scolastica in città. Nello stesso tempo, La Pira conduce una coraggiosa lotta in favore dei lavoratori. Famosa la strenua difesa dell'occupazione per i duemila operai delle officine Pignone, poi della Galileo e della Cure.
Nel 1952 organizza in piena guerra fredda il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un'attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Nel 1955 i sindaci delle capitali del mondo siglano a Palazzo Vecchio un patto di amicizia. Nel 1958 hanno luogo a Firenze i Colloqui Mediterranei cui partecipano rappresentanti arabi ed israeliani. Nel 1959 La Pira, invitato a Mosca, parla addirittura al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo. Rivolge anche un ammonimento ai capi del Cremlino: «Come avete rimosso dal Mausoleo al Cremlino il cadavere di Stalin, cosí dovete liberarvi dal cadavere dell'ateismo. È una ideologia che appartiene al passato ed è ormai irrimediabilmente superata».
Nel 1965 incontra ad Hanoi Ho Chi-Minh con il quale mette a punto una serie di proposte che, se non fossero state osteggiate da esponenti occidentali ostili alla pace, avrebbero anticipato di un decennio la fine della tragica guerra vietnamita. In parallelo a questi contatti diplomatici avvengono i gemellaggi di Firenze con Filadelfia, Kiev, Kioto, Fez e Reims; nonché il conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze al segretario dell'ONU U Thant e al grande architetto Le Corbusier. Nel capoluogo toscano La Pira promuove il Comitato internazionale per le ricerche spaziali; una tavola rotonda sul disarmo; iniziative tese a mettere in luce il valore e l'importanza del terzo mondo e degli emergenti Stati africani (tra l'altro, invita a Firenze il presidente del Senegal Léopold Senghor, uno dei piú prestigiosi leaders cristiani dei movimenti di liberazione). È ancora lui che per primo lancia l'idea dell'Università Europea da istituire a Firenze.
Dal 1966 comincia a ritirarsi dall'attività pubblica, ma continua a mantenere contatti internazionali quale presidente della Federazione mondiale delle città unite. In questa veste, tiene colloqui e conferenze in vari paesi d'Europa, in preparazione alla Conferenza di Helsinki. Nel 1967 ha colloqui con Nasser in Egitto ed Abba Eban in Israele, per collaborare alla pace tra i due grandi gruppi umani usciti dall'unico progenitore Abramo. Trova un inaspettato interesse per questa impostazione di discorso politico fondato sulla tradizione religiosa. Nel 1973 a Houston (USA) parla al Convegno internazionale "I progetti per il futuro" ed delinea i compiti delle nuove generazioni.
Famoso l'inizio del suo discorso: "I giovani sono come le rondini, annunciano la primavera". Nel contesto di queste molteplici iniziative svolge un'intensa attività pubblicistica. Scrive a Capi di Stato, a personalità di ogni continente, ai monasteri di clausura, ai vecchi e ai bambini di Firenze, tiene discorsi, conversazioni, incontri, soprattutto con giovani, che lo seguono con entusiasmo avvertendo la grande forza della sua fede e la purezza dei suoi ideali.
Instancabile proclamatore della profezia di Isaia, ne esalta spesso la sua attualità: «Avverrà che nei tempi futuri il monte della casa del Signore sarà stabilito in cima ai monti e si ergerà al di sopra dei colli. Tutte le genti affluiranno ad esso, e verranno molti popoli dicendo: "Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché c'istruisca nelle sue vie e camminiamo nei suoi sentieri". Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice tra le genti e arbitro di popoli numerosi. Muteranno le loro spade in zappe e le loro lance in falci; una nazione non alzerà la spada contro un'altra e non praticheranno più la guerra. Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore!» (IEP - Is 2,2-5).
È questo ideale che lo sostiene negli ultimi anni, resi difficili da una grave malattia e da un penoso isolamento. Il 5 novembre 1977 in un "sabato senza vespri" come aveva desiderato, conclude il suo pellegrinaggio terreno. È in corso la causa di beatificazione.
Giuseppe Dossetti
Giuseppe Dossetti, figura controversa, fu vicesegretario della Democrazia Cristiana. Dopo un passato fascista, si arruolò nella Resistenza; venne eletto all'Assemblea costituente nel 1946 e fu tra i redattori del testo della Costituzione della Repubblica Italiana.
Riguardo al passatto di Dossetti riveste particolare interesse il libro di Rossana Maseroli Bertolotti La Guerra dentro la guerra (Ed. "Lui") che racconta attraverso una serie di testimonianze il dramma delle vittime dei partigiani comunisti. Nel libro figura una lettera inedita del segretario del Fascio reggiano che nel 1937 definiva il futuro assistente del cardinal Lercaro al Concilio Vaticano II "un ottimo elemento, di provata fede fascista".
In effetti del Dossetti, sedicente antifascista già fin dai primi anni del regime, non v'è traccia né tra le segnalazioni dell’OVRA né tra i reggiani mandati al confino perché oppositori del fascismo, che in quegli anni venivano spediti lontano senza troppe formalità.
Nel 2013 il cardinal Biffi diede alle stampe il libro Don Giuseppe Dossetti, nell’occasione di un centenario, per i tipi delle edizioni Cantagalli. In esso rimproverava a Dossetti lo scarso interesse nel commemorare i preti uccisi dai partigiani comunisti sul finire della guerra cosí come “le sue reticenze e le sue allergie alle ricerche storiche obiettive, quando non servono ad aiutare le sue premesse ideologiche”.
Particolarmente severo il giudizio espresso dal giornalista Andrea Zambrano: "Proprio lui che divenne profeta del cattolicesimo di Sinistra formando generazioni di politici, dall'ex premier Romano Prodi all'attuale braccio destro di Renzi, Graziano Delrio. Dossetti, a differenza della schiera di italiani fascisti per necessità, aveva dunque i suoi scheletri nell'armadio. Alla vigilia della guerra era una delle migliori menti fasciste, convinto, che scrive testi che piacciono ai camerati e che vince concorsi universitari. Un corpo scelto, non come i tanti di quella vasta zona grigia, che con la tessera del fascio in mano per necessità, vennero prelevati dai partigiani comunisti, colpevoli di aver fatto parte della classe dirigente del Ventennio. Proprio come Dossetti, che però fece in tempo a smarcarsi andando a combattere in Montagna solo a febbraio '45" (ZAMBRANO A., Il partigiano Dossetti? Era un bravo camerata, in Il Giornale, 29-03-2014, s. p.).
Dopo la liberazione, Dossetti si interessò particolarmente alle tematiche sociali, diresse la rivista Cronache sociali, vicina alle posizioni del cristianesimo sociale.
Uscito dalla scena politica ma non da quella ecclesiale, nel 1958 si ritirò in una comunità religiosa alle pendici dei colli bolognesi. Uomini come Dossetti, infatti, saranno fra i principali responsabili di un post-concilio fra i più tormentati e dolorosi nella storia della Chiesa.