Il Libano si estende da nord a sud per circa 217 km, con un'ampiezza che varia dai 40 agli 80 km. Una stretta pianura costiera si affaccia sul Mediterraneo, mentre nell'entroterra si innalzano due elevate catene montuose, separate dalla fertile valle della Bekaa. È la catena del Libano che, tagliata da numerose e profonde gole, si erge bruscamente dal bassopiano litoraneo e ospita, nella sua parte settentrionale, il Qornet es-Saouda (3083 m), la vetta più elevata del paese; e l'Antilibano, situato a est, lungo il confine siriano. Il fiume più importante, l'unico navigabile, è il Leonte, che discende lungo la valle della Bekaa; la maggior parte degli altri corsi d'acqua ha un regime stagionale. Buona parte del territorio libanese è costituito dalle cosiddette "terre rosse", mentre lungo la costa, nella valle della Bekaa e nel Nord-Est si estendono terreni alluvionali molto fertili.
Le montagne del Libano, note fin dall'antichità per le loro pregiate foreste, si sono rivelate spesso in passato un rifugio per le minoranze etniche e religiose fin dagli anni immediatamente successivi alla conquista araba della Siria. Lungo i secoli l'area libanese seppe conservare un'autonomia più o meno ampia nei confronti delle potenze che di volta in volta controllavano l'Oriente. L'emiro Fakhr ed-Din II nei primi decenni del Seicento, tentò di sviluppare compiutamente tale tendenza appoggiandosi su alleanze favorite dall'appartenenza della maggior parte dei libanesi alla religione cristiana: ma l'intervento massiccio del sultanato ottomano frantumò il sogno di un Libano indipendente.
Poiché nel 1831 l'emiro del Libano si era schierato a favore dell'Egitto, nel 1840 il ritorno dei Turchi condusse all'instaurazione di un governo diretto. I disordini sociali e religiosi scoppiati negli anni intorno al 1860 sollecitarono l'intervento delle grandi potenze, con in testa la Francia, nella sua qualità di tradizionale protettrice dei cattolici orientali. Dal 1864 al 1914 il Libano godette di uno statuto che gli assicurò una certa pace sociale e un sensibile sviluppo economico. Nel 1920 fu affidato in mandato alla Francia: la potenza mandataria legò all'area a maggioranza cristiana anche alcune regioni esclusivamente mussulmane. Nel 1926 venne introdotta una Costituzione parlamentare e proclamata la Repubblica del Libano, ma l'indipendenza, dichiarata nel 1941, non fu raggiunta che nel 1946, quando le ultime truppe francesi lasciarono il paese.
Nel 1948 il Libano partecipò alla guerra contro Israele, con il quale concluse un armistizio l'anno seguente. Nel 1952 fu superata una difficile crisi interna: Bisharah el-Khuri, dal 1943 presidente della Repubblica, dovette abbandonare il potere. Lo sostituì Camille Shamun con un programma moderatamente riformista. Nel 1958 l'equilibrio fra le diverse confessioni (consacrato da un patto del 1943) fu gravemente compromesso dall'ondata nazionalista filonasseriana che scuoteva allora il mondo arabo; si giunse alla guerra civile tra i sostenitori e gli avversari del presidente, per lo più mussulmani. Per mantenere l'ordine Shamun chiese l'aiuto degli Stati Uniti che intervennero nel luglio, ma fu egualmente messo in disparte: le sorti del Paese furono affidate al generale Fu'ad Shehab, che seppe restaurare un clima di fiducia. La crisi riprese a partire dal 1968, dopo la guerra dei Sei giorni (1967), a causa della presenza di consistenti nuclei di profughi e di guerriglieri palestinesi.
Questa presenza poneva alla classe dominante libanese, in gran parte cristiana, una serie di problemi tra cui, fondamentali, quello dei rapporti con Israele e quello politico-sociale. La popolazione musulmana trovava nel nazionalismo progressista dei palestinesi un naturale alleato. Nel 1975 la crisi sfociava in una nuova, devastante guerra civile, che, conclusa l'anno successivo dall'intervento militare siriano e dalla creazione di una Forza araba di dissuasione, poneva in realtà le basi non solo per una radicalizzazione dei conflitti interni ma per la trasformazione del Libano in campo di battaglia per siriani e israeliani. Questi ultimi, appoggiati dalle milizie cristiano-maronite, procedevano a successive incursioni nel territorio libanese culminate nell'invasione del Libano meridionale del giugno 1982, in seguito alla quale i palestinesi in armi erano costretti a lasciare il Paese.
Nel settembre, l'assassinio del neoeletto presidente Beshir Giumayyil faceva nuovamente precipitare la situazione. La successiva elezione alla presidenza di Amin Giumayyil (fratello di Beshir) e l'invio a Beirut di una Forza multinazionale di pace (composta da statunitensi, francesi, italiani e inglesi) aprivano una nuova fase di tregua. I leaders delle varie fazioni cristiane e mussulmane accettavano di partecipare a una Conferenza a Ginevra (1983), che non diede peraltro risultati apprezzabili; migliori esiti ebbe la Conferenza di Losanna (1984), che consentì la nomina del primo ministro Rashid Karame, sunnita, che formò un nuovo governo composto dai leaders delle principali fazioni e riuscì a varare un piano di sicurezza nazionale. Ritiratesi sia la Forza multinazionale di pace (1984) sia le truppe israeliane (tranne che in una "fascia di sicurezza", profonda circa 5 km, lungo l'intero confine sud), il ruolo della Siria è costantemente cresciuto: suo iniziale tramite sono state le milizie sciite filosiriane di Amal (guidate da Nabil Berri), riuscite a estendere il proprio controllo territoriale con la repressione di ogni altro nucleo di potere, filoiraniano (Hezbollah) ma soprattutto palestinese (assedio dei campi di Sabra e Chatila, poi fino al gennaio 1988 di Bourj al-Barajneh).
Scaduto il mandato di Giumayyil (settembre 1988) senza che il Parlamento fosse riuscito a eleggere un nuovo presidente, nel Paese si sono creati due governi contrapposti, quello filosiriano del mussulmano Selim el-Hoss (a Beirut Ovest) e quello del cristiano Michel Aoun (a Beirut Est), che nel marzo 1989 proclamava una guerra di liberazione dagli stranieri (siriani) provocando l'aumento della pressione militare della parte avversa e dei drusi sulla capitale. Dopo sei mesi di scontri la Lega Araba affidava a un Comitato trinazionale arabo (Algeria, Arabia Saudita, Marocco) l'incarico di elaborare un piano di pace; ciò portava a una tregua, durante la quale il Parlamento libanese, riunitosi a Ta'if (Arabia Saudita) per esaminare tale proposta, approvava un documento di intesa nazionale ed eleggeva presidente della Repubblica René Moawad, che veniva però ucciso in un attentato (novembre). Alla carica era allora eletto Elias Hraoui, che confermava a capo del governo Selim el-Hoss, secondo la scelta del predecessore; a causa del mancato riconoscimento delle nuove autorità da parte di Aoun, ulteriori scontri si verificavano a Beirut fra le stesse fazioni cristiane (gennaio-marzo 1990).
Nell'ottobre 1989 negoziatori libanesi si riunirono in Arabia Saudita e si accordarono sull'elezione del nuovo presidente, sul ritiro siriano e su una Costituzione che concedesse maggior potere ai musulmani. Dopo l'emendamento della Costituzione (che imponeva la parità di seggi parlamentari fra cristiani e musulmani in un paese a netta maggioranza cristiana), il 21 settembre veniva proclamata la seconda Repubblica: l'atto sanciva il predominio e l'egemonia politica della Siria, il cui esercito nell'arco di un mese acquistava il controllo della capitale (con disarmo delle milizie), nel clima di relazioni internazionali favorevoli indotto dalla posizione antirachena assunta nella contemporanea questione del Golfo. Il 5 novembre 1989 il Parlamento ratificò la Costituzione ed elesse presidente il cristiano-maronita René Moawad, il quale venne assassinato dopo alcune settimane. L'elezione del nuovo capo di stato Elias Hraoui, appoggiato dalla Siria, provocò ulteriori e violenti scontri. In seguito l'esercito libanese, con l'aiuto siriano, ripristinò il controllo su gran parte del paese, ponendo fine alla guerra che, dal 1975 al 1990, aveva provocato più di 150.000 morti e la distruzione di Beirut, suo principale teatro.
Nel dicembre 1990 subentrava Omar Karame (anch'egli sunnita) che formava un governo di unione nazionale. Fra l'aprile e il luglio 1991 la sovranità dello Stato giungeva infine a riguadagnare l'intero Paese ad eccezione della cosiddetta "fascia di sicurezza" occupata dagli israeliani. Tuttavia, gli scontri tra sciiti e israeliani, la protesta popolare contro la crisi dell'economia e la corruzione del governo inducevano alle dimissioni (maggio 1992) Karame cui succedeva a capo del governo Rashid Solh, ancora un mussulmano sunnita. Tra agosto e settembre dello stesso anno si tenevano nel Paese libere elezioni, dalle quali emergeva un Parlamento frammentato in numerosi gruppi, e solo alla fine di ottobre il primo ministro designato, il sunnita Rafik al-Hariri, presentava al presidente Hraoui il nuovo governo.
Nel 1995 veniva modificato l'art. 49 della Costituzione e veniva di conseguenza prorogato di altri tre anni il mandato presidenziale di Hraoui. Allo stesso tempo si aggravava il conflitto nel sud del paese tra Israeliani e guerriglieri filo-iraniani; l'escalation delle violenze e degli attentati contro le truppe israeliane provocava un raffreddamento dei rapporti diplomatici tra Tel Aviv e la Siria, accusata di favorire le azioni della guerriglia islamica. Le elezioni legislative del settembre 1996 videro il rafforzamento del regime politico incentrato sulle tre personalità protagoniste dell'accordo del 1989: Elias Hraoui, Rafiq al-Hariri e Nabih Berri; tuttavia il paese rimaneva fortemente condizionato dalla dinamica tra le fazioni politiche e i due eserciti stranieri, quello israeliano e quello siriano, ancora presenti nel paese, e soprattutto dal conflitto, ancora lontano da una soluzione, tra i palestinesi e Israele.
Giovanni Paolo II - Lettera Apostolica sulla situazione nel Libano - 7 settembre 1989
Breve cronologia degli eventi bellici connessi all'espansionismo islamico