1. Cenni storici e premesse tecniche generali

Il termine mina, di origine antica, si riferiva in passato ad un complesso sistema di cunicoli sotterranei contenenti una o piú cariche di polvere nera, comunemente realizzato da una forza assediante per far saltare le mura delle fortezze nemiche. La tecnica della mina, portata alla massima perfezione dal Vauban (Saint-Léger-de-Foucheret 1633 - Parigi 1707), veniva contrastata da una rete analoga, detta contromina che, costruita in precedenza, consentiva agli assediati di controllare i lavori di mina degli assedianti e di farli saltare prima che si avvicinassero troppo. Mentre le gallerie di mina erano dritte e relativamente superficiali, quelle di contromina avevano un andamento a zig-zag ed erano situate in genere ad un livello inferiore. I vani o pozzi, in cui venivano collocati i barili catramati pieni di polvere nera, erano detti fornelli. Nel caso vi fosse notevole disponibilità di acqua era previsto anche l'allagamento delle reti di mina o di contromina per renderle inservibili.

Durante la Prima guerra mondiale la tecnica della mina subí un progressivo abbandono, si sviluppò invece quella della mina-torpedine, poi semplicemente mina nell'accezione moderna. I Tedeschi, per contrastare l'avanzata dei primi carri armati inglesi, trovarono utile interrare verticalmente proiettili di artiglieria in modo che la spoletta a percussione affiorasse leggermente e venisse quindi urtata dal cingolo del carro. Verso la fine della guerra furono costruite vere e proprie mine anticarro, costituite da involucri piatti contenenti 2-3 kg di tritolo. L'uso massiccio di mine anticarro si ebbe però nella Seconda guerra mondiale, specialmente in Africa e sul fronte russo.

La mina moderna è un congegno esplosivo, spesso piú sofisticato, impiegato su terraferma o in mare per distruggere o inabilitare truppe, navi o veicoli militari nemici. Le mine possono essere impiegate anche per rendere inaccessibili determinati territori, specifiche rotte navali o per interdire l'accesso ai porti. Oggi esistono centinaia di tipi diversi di mine, in grado di distruggere mezzi navali e terrestri, uccidere o ferire gravemente le persone sia per effetto di un'onda d'urto sia attraverso la proiezione di un ventaglio di frammenti metallici.

 

 

1. 2. Mine terrestri

Un congegno esplosivo progettato per essere nascosto nel terreno viene detto mina terrestre. Può essere costruita con metallo, plastica, vetro o legno e può essere fatta detonare in molti modi diversi:

1) per mezzo della pressione,

2) per trazione di fili,

3) attraverso meccanismi ad azione ritardata. L'esplosivo piú comunemente usato nelle mine è il Trinitrotoluene (TNT).

Le mine anticarro hanno una carica esplosiva variabile approssimativamente da 2,5 a 5 kg di TNT e sono progettate per distruggere i veicoli che vi transitano sopra.

Le mine antiuomo sono normalmente a piccola carica (compresa tra 100 g. e poco meno di 2 kg.) e rilasciano frammenti metallici allo scopo di uccidere o ferire gravemente le persone. Nella Seconda guerra mondiale i tedeschi impiegarono mine antiuomo attivate da un filo a strappo; l'ordigno, prima di esplodere, saltava in aria raggiungendo un'altezza di mezzo metro. Durante la guerra di Corea, le mine terrestri azionate da complesse reti di fili a strappo furono ampiamente usate per proteggere le postazioni da assalti nemici.

Nella guerra del Vietnam per esempio la mina direzionale nota come Claymore venne ampiamente utilizzata. Essa è costituita da un rivestimento in plastica contenente esplosivo ad alto potenziale e un gran numero di sferette di acciaio che, una volta innescata la carica, vengono scagliate entro un raggio di oltre 40 m. Le mine Claymore possono essere nascoste nel suolo o appese agli alberi, a 60-90 cm da terra.

Per mina antipersona si intende precisamente una mina progettata per essere fatta esplodere quando si trova in presenza, prossimità, o contatto di una persona e che sia capace di rendere invalide, di ferire o di uccidere una o piú persone. Le mine progettate in modo tale da esplodere quando si trovano in presenza, prossimità contatto di un veicolo, e che siano dotate di dispositivi anti-handling, non sono considerate mine antipersona proprio per il fatto di essere dotate di questi congegni.

 

 

1. 3. Mine subacquee

 Le mine che galleggiano a pelo d'acqua o che agiscono in fondali piú o meno profondi vengono chiamate mine subacquee. Ne esistono diversi tipi: alcune di esse vengono ancorate al fondo del mare per mezzo di un cavo (torpedini, mine ormeggiate e mine da fondo), altre vengono lasciate alla deriva, altre ancora vengono dotate di sistemi di autopropulsione comandati da un sensore. Le mine subacquee esplodono quando vengono a contatto con lo scafo di una nave, o tramite un meccanismo sensibile ad una massa ferromagnetica. La mina acustica, che è attratta dal rumore prodotto dall'apparato propulsore di un natante, può essere ingannata trainando o lanciando dietro la nave un dispositivo in grado di produrre rumore. Le mine possono essere posizionate da navi appositamente attrezzate, dette posamine, oppure paracadutate da aerei o disseminate da sottomarini.

 

 

1.4. Localizzazione delle mine

1.4.1. Rilevamento delle mine terrestri

I dispositivi per l'individuazione delle mine sono simili ai rivelatori di metallo (metal detector). Una volta rilevate, le mine vengono portate con cautela allo scoperto per essere disinnescate. Alcuni veicoli dispongono di rivelatori automatici che indicano la presenza di mine metalliche nascoste nel terreno, purtroppo le cariche contenute in involucri di plastica o di legno sono molto difficili da individuare e spesso sfuggono a questo tipo di strumenti.

Le operazioni di bonifica dei terreni minati sono particolarmente rischiose e si basano sul metodo dell'osservazione diretta, sull'uso di aste affondate nel terreno e di metal detector. Purtroppo non esiste ancora un metodo di rilevamento valido per ogni tipo di mina e molte nuove tecniche ed equipaggiamenti sono ancora in via di sperimentazione, come l'uso di telecamere ad alto contrasto per evidenziare gli oggetti piú scuri rispetto allo sfondo.

Un efficiente lavoro di bonifica necessita di una combinazione di sensori operanti su varie frequenze, di sistemi radar collocati su aerei per rilevare i limiti dei campi minati e di metodiche analitiche per rilevare le tracce chimiche degli esplosivi contenuti nelle mine.

La delimitazione di un campo minato è una delle prime notevoli difficoltà da affrontare in un'operazione di bonifica. La fotografia all'infrarosso, i radar aerei ad apertura sintetica (SAR) e i radar a banda ultralarga possono favorire il rilevamento dei campi minati e delle mine in materiale plastico. Attualmente i SAR funzionano come i normali radar, in quanto emettono impulsi radio che vengono riflessi da oggetti posti nel terreno, ma sono in grado di elaborare i dati con l'ausilio di un computer, generando immagini multidimensionali dell'area osservata.

 

 

1. 4. 2. Rilevamento delle mine subacquee

 L'individuazione delle mine subacquee è stata agevolata in anni recenti dalla messa a punto di sistemi di rilevamento sottomarino eccezionalmente sensibili. Le mine possono essere rese inoffensive da dispositivi elettronici che neutralizzano il circuito elettrico di gestione del detonatore. Dal 1985 la marina USA, per esempio, ha introdotto un sistema di navi robotizzate per il rilevamento delle mine subacquee. Questi mezzi sono collegati alla nave madre per mezzo di cavi e vengono diretti verso le mine con l'uso di sonar e sistemi video.

 

 

2. I COSTI SOCIALI

In oltre sessanta paesi nel mondo sono stati disseminati oltre un centinaio di milioni di mine lasciate da conflitti come quelli dell'Afghanistan, della Bosnia, della Cambogia, dell'Iraq e del Vietnam (dati stimati al 2003-2004). Si suppone che, nelle sole aree della ex Iugoslavia interessate dalla guerra, sia stato depositato un numero di mine compreso fra due e tre milioni. Lo sviluppo di intere regioni di alcuni paesi (Cambogia, Mozambico, Angola) è gravemente ostacolato dalla presenza delle mine. In tutto il mondo circa 20.000 persone all'anno vengono uccise o menomate dalle mine.

Il problema delle mine continua a condizionare la vita delle popolazioni anche molto tempo dopo la fine di un conflitto. I profughi, al loro ritorno nelle zone che hanno ospitato un teatro di guerra, spesso trovano il territorio non solo devastato ma anche disseminato di questi ordigni. Le operazioni di bonifica manuale richiedono grandissima attenzione e sono molto pericolose e molto lente richiedendosi spesso il disinnesco degli ordigni uno per uno. I problemi sociali causati dalle mine in dettaglio sono i seguenti:

 

 

2.1. Danni al sistema sanitario

La degenza ospedaliera media di un ferito da scoppio di mina è di 22 giorni, circa il 50% in piú di un ferito da altro tipo di scoppio o da proiettile. Ogni paziente ha bisogno mediamente di due o tre interventi chirurgici, perciò questi feriti, che spesso rappresentano circa il 4% dei degenti, assorbono il 25% delle risorse e dei servizi ospedalieri. La vittima di uno scoppio da mina ha bisogno di trasfusioni di sangue due volte maggiori di altre persone ferite da proiettile e questo spesso in paesi dove i servizi di trasfusione sono già insufficienti. Generalmente i servizi di fisioterapia e di fabbricazione delle protesi vanno creati dal nulla con nuovi e crescenti costi. Si tratta di attività che spesso vengono finanziate da aiuti internazionali ma a scapito di altri comparti medico-sanitari altrettanto fondamentali quali l'igiene pubblica, le vaccinazioni, la lotta alle malattie parassitarie, etc.

 

 

2.2. Danni all'agricoltura e all'allevamento.

 La presenza delle mine sconvolge direttamente questi due settori e, conseguentemente, altri importanti settori dell'economia. Spesso una percentuale elevata di terre coltivabili è stata minata e quindi non può essere sfruttata, infatti, il solo timore di una simile presenza può paralizzare ogni attività: la preparazione dei terreni, l'irrigazione, le attività forestali e la pastorizia. Per far funzionare la rete irrigua, per cercare legna, per portare il bestiame al pascolo in zone nuove, sempre piú distanti, queste comunità corrono quotidianamente gravi rischi. L'alternativa sarebbe l'abbandono delle proprie terre con conseguenze economiche e sociali gravissime. Quando si cercano nuovi terreni inoltre si aggravano spesso fenomeni di erosione e deforestazione con conseguenze ambientali altrettanto gravi.

 

 

2.3. Danni alle infrastrutture

 Le strade minate vengono abbandonate, cosí pure i ponti, le ferrovie e le piste di atterraggio; altre vie secondarie vengono utilizzate, ma spesso a costi altissimi per l'economia che si trova privata di un supporto principale, quello della libertà e della rapidità dei trasporti. Quanto all'acqua e all'energia spesso, a causa dei pozzi minati, interi villaggi si spostano, aggravando il fenomeno dell'inurbamento e le condizioni di vita della gente. Generalmente le dighe, le centrali e le linee elettriche vengono prese particolarmente di mira provocandone la paralisi con gravi problemi sia per quanto riguarda lo sminamento che per il loro ripristino.

 

 

2.4. Danni alle strutture culturali

 Le scuole oltre ad essere utilizzate molto spesso come postazioni militari vengono scelte per la posa di mine o di trappole proprio con l'intenzione di colpire le generazione piú giovani del nemico. I danni inflitti ai bambini e ai giovani si ripercuotono in modo ancora piú grave nel futuro di una nazione.

 

 

2.5. Ostacoli al rimpatrio dei rifugiati

 Il rimpatrio spesso viene rallentato e reso problematico proprio dalla presenza delle mine. Il mancato ritorno delle popolazioni nelle proprie terre rallenta cosí la ripresa dello sviluppo a tutti i livelli. I rifugiati e gli sfollati necessitano di opportuna formazione prima del rimpatrio perché, ignari del pericolo costituito dalle mine, sono i piú esposti.

 

 

3. COSTI UMANI

 I costi umani causati da questi strumenti di morte sono estremamente elevati. Organizzazioni di soccorso internazionale come Emergency, attiva sui fronti di guerra, denunciano spesso la tragedia delle mine antiuomo, ordigni piazzati da militari che si fronteggiano in conflitti sanguinosi e che mietono vittime soprattutto tra i civili inermi, spesso bambini che le scambiano per giocattoli. Sempre piú, infatti, nelle guerre odierne i civili sono i destinatari delle azioni belliche decise da vertici politici e militari, costituendo cosí piú del 90% dei morti e dei feriti. Le mine antiuomo inoltre hanno la caratteristica di costituire una minaccia permanente, anche dopo la fine delle ostilità, e perciò sono state definite "armi di distruzione di massa al rallentatore". Nonostante le campagne di sensibilizzazione per la messa al bando delle mine antiuomo sostenute dalle organizzazioni umanitarie, la risoluzione dell'ONU del 1993 e il Trattato internazionale del 1997 firmato da 120 paesi, tra cui l'Italia (ma non da Stati Uniti, Russia, India, Cina, Pakistan, Giappone, Israele, Iran e Iraq), ogni anno si producono dai 5 ai 10 milioni di tali ordigni.

Nella grande maggioranza dei casi i conflitti moderni sono di natura interna anziché internazionale: si tratta di guerre civili, di lotte indipendentiste, di "pulizie" etniche e razziali e di campagne terroristiche. Oggi "eserciti" irregolari senza uniforme combattono spesso con armi devastanti anche in aree densamente abitate, si mescolano alla popolazione civile per evitare di essere identificati, talora usano addirittura i civili come scudi umani. Non di rado le azioni terroristiche sono sistematicamente perpetrate anche come parte integrante di una vera e propria strategia politico-militare. Di conseguenza, i civili sono diventati sempre piú vittime di guerra. Nel primo conflitto mondiale i civili costituivano solo il 15% delle vittime, ma nella Seconda guerra mondiale la quota salí al 65%, considerando anche l'Olocausto degli ebrei. Nelle guerre di oggi piú del 90% delle vittime invece è costituito da civili. Queste cifre sono confermate da numerosi istituti di ricerca, tra i quali il SIPRI di Stoccolma e l'IPRI di Oslo oltre che da numerose organizzazioni umanitarie di assistenza alle vittime.

Uno degli aspetti piú drammatici di questa catastrofica evoluzione, ma sarebbe meglio parlare di involuzione, è il sempre piú diffuso impiego di armi come le mine antiuomo, che hanno la peculiarità di costituire una minaccia indiscriminata e persistente. Le mine antiuomo non distinguono tra un combattente e un bambino che gioca, non riconoscono i cessate-il-fuoco, né gli accordi di pace e, una volta sul terreno, possono uccidere o ferire per un tempo indefinito.

 

 

4. I danni provocati dalle mine

In termini pratici le mine antiuomo possono essere suddivise in due grandi gruppi:

1) a carica esplosiva,

2) a frammentazione. Le prime, di solito, vengono azionate dalla pressione del piede su un piatto sensibile. Le ferite corporee inflitte da queste mine sono una conseguenza diretta dell'esplosione. Le mine a frammentazione invece sono generalmente attivate da fili di innesco e scagliano una quantità di frammenti metallici verso l'esterno fino a distanze considerevoli. Una parte dei frammenti è contenuta nella mina, mentre i restanti sono il risultato della rottura stessa dell'involucro esterno. Il tipo di mina, le sue caratteristiche operative, la sua posizione nel terreno, la posizione della vittima e le caratteristiche ambientali del sito di esplosione sono fattori che influenzano la natura e l'estensione dei danni provocati da una mina.

Le vittime possono subire un ampio spettro di lesioni tuttavia esse sono riconducibili a quattro schemi generali:

 

1) Tipo A - Le piccole mine a carica esplosiva, di diametro inferiore a 10 centimetri, producono ferite che chiameremo di tipo A. Tra le mine piú comuni in questo gruppo vi sono le mine italiane TS-50 e SB-33, che possono essere disperse a distanza, e le VS-50 e VAR-40, da collocare a mano, le statunitensi M-14 e le cinesi Modello 72. Tipicamente queste armi amputano il piede o la gamba. In alcuni casi risulta spappolata solo una parte del piede, a seconda di come la mina è stata collocata sul terreno e di come viene urtata. Nella maggior parte dei casi le ferite prodotte da questo tipo di ordigno interessano la gamba fino all'altezza del ginocchio e non si riscontrano danni alla parte superiore del corpo o all'altra gamba.

2) Tipo B - Le mine antiuomo a carica esplosiva di dimensioni maggiori, come quelle della serie russa PMN, provocano un altro genere di ferita (di tipo B). In parte la differenza dipende semplicemente dalle maggiori dimensioni della mina. Il diametro della VS-50 è di nove centimetri, mentre quello di una PMN è di 11,2 centimetri. L'onda d'urto provocata dall'esplosione di queste due mine ha la stessa velocità, pari a circa 6800 metri al secondo, ossia sette volte piú alta di quella di una pallottola ad alta velocità. Il cono dell'esplosione di una PMN, invece, ossia il volume sul quale è distribuita la forza esplosiva, è molto piú ampio rispetto a quello della VS-50. Inoltre una PMN-2 contiene 150 grammi di TNT e una PMN 240 grammi, mentre una VS-50 contiene soltanto 42 grammi di RDX-TNT (sia TNT, sia RDX-TNT sono esplosivi di alta qualità). Le vittime che si imbattono in queste grosse mine subiscono inevitabilmente delle amputazioni molto traumatiche. Spesso la parte inferiore della gamba viene completamente maciullata, una parte della tibia sporge dal moncone e i muscoli che restano vengono spappolati e spinti verso l'alto, dando alla lesione l'aspetto di una specie di cavolfiore. A volte lo scoppio distrugge tutta la parte inferiore della gamba incluso il ginocchio. Si possono riscontrare anche gravi ferite alla coscia, ai genitali o alle natiche e in molti pazienti si rilevano danni anche all'altra gamba, di solito si tratta di ferite multiple o di fratture esposte. Talvolta vengono irrimediabilmente perdute parti di entrambe le gambe, mentre meno comuni sono le ferite da penetrazione all'addome o al torace.

3) Tipo C - Le mine russe PFM-1, chiamate anche "mine-farfalla", provocano un terzo tipo di ferita (tipo C). Questi ordigni presentano alette sporgenti che li rendono in grado di planare dolcemente al suolo dopo il lancio da un elicottero; una quantità incredibile di queste "farfalle", per esempio, fu impiegata dalle Forze Armate sovietiche nel conflitto afghano. La PFM-1 è un ordigno particolarmente insidioso perché è un ordigno-giocattolo. Sebbene gli esperti sostengano che la forma della PFM-1 sia ispirata unicamente da criteri di funzionalità, resta il fatto che costituisce un'attrazione per i bambini. La caratteristica unica di queste mine è che si attivano quando le alette vengono distorte oppure per pressione cumulativa. In altre parole, non necessariamente esplodono appena vengono toccate. A volte i bambini raccolgono la mina-farfalla e giocano per ore con i compagni finché all'improvviso avviene l'esplosione. L'espressione mina-giocattolo, dunque, sembra totalmente giustificata. Tecnicamente, la PFM-1 è solo un altro tipo di piccola mina a carica esplosiva collocabile a distanza, ma necessita di una descrizione a parte per il particolare tipo di danno che procura. Per i motivi esposti la PFM-1, quando esplode, di solito si trova fra le mani dalla vittima, che subisce cosí l'amputazione di una o di entrambe le mani all'altezza del polso. In casi meno gravi vengono distrutte solo due o tre dita. Spesso però l'esplosione procura ferite anche al torace e al volto, coinvolgendo in molti casi gli occhi e provocando cecità parziale o totale.

4) Tipo D - Le mine antiuomo a frammentazione provocano il quarto tipo di ferita (tipo D). A questo gruppo appartengono le mine a frammentazione, come l'italiana Valmara-69, la statunitense M16 e la serie russa POMZ. Alcuni di questi ordigni vengono collocati sul terreno ma, quando si attivano, saltano a mezz'aria prima di esplodere, cosicché i frammenti vengono dispersi nel massimo volume possibile con effetti piú devastanti e spesso letali. Anche le mine a frammentazione direzionale - come le russe MON e POMZ "a picchetto" e la statunitense M18A1 (o "Claymore"), che dirigono i loro proiettili verso un bersaglio - fanno parte di questa classe. Tutte queste mine vengono spesso attivate tramite fili d'innesco.

La caratteristica peculiare delle mine a frammentazione è quella di scagliare frammenti metallici su un'area molto vasta. La Valmara-69, per esempio, esplode ad un'altezza compresa tra 50 centimetri e un metro - piú o meno all'altezza del bacino di una persona - e proietta circa 2000 schegge metalliche a 360 gradi. Secondo gli esperti, questa mina è letale in un raggio di 25 metri e può provocare ferite fino a 200 metri di distanza. Le mine a frammentazione possono procurare ferite su tutta la superficie corporea. La dimensione della ferita dipende in parte dalla grandezza della scheggia che è penetrata. Se la vittima è lontana qualche metro dal sito dell'esplosione, molto spesso i frammenti penetrano nell'addome, nel torace o nel cervello, in particolare se la mina è del tipo "a rimbalzo". A distanze inferiori, invece, le ferite somigliano al tipo B. Raramente si deve intervenire per amputazioni traumatiche procurate da mine a frammentazione, perché di solito queste mine uccidono all'istante chi le calpesta.

 

 

 

4.2. Alcuni tipi di mine in dettaglio

 

Mina PFM-1

 Mina PFM-1

Mina PFM-1

 

 

La mina sovietica PFM-1 è stata usata estesamente in Afghanistan ed è anche nota come "mina-farfalla", a causa della sua forma che sfortunatamente attira i bambini che la scambiano per un giocattolo. La mina viene prodotta nelle varie sfumature di marrone, verde, bianco, etc... La versione PFM-1S di questa mina è uno dei rari modelli che includono un meccanismo di auto distruzione, infatti, esplode circa 24 ore dopo la posa. La mina è nota anche come "pappagallo verde", nome coniato dagli anziani dei villaggi afghani che la vedevano planare giú dal cielo. Le PFM-1 infatti vengono sganciate dagli elicotteri, le due alette le consentono di planare dolcemente e di ricoprire un'ampia porzione di territorio rispetto al punto di lancio. Si tratta di una delle mine piú odiose proprio perché studiata per colpire i bambini. A differenza delle mine precedenti, essa non viene interrata e non viene fatta in modo da mimetizzarsi con il terreno (ne esistono infatti anche di color rosa, giallo o azzurro), il suo compito è quello di essere ben visibile e di incuriosire la vittima.  

La detonazione avviene a causa della ripetuta pressione esercitata sull'aletta rigonfia e spugnosa di cui è dotata e che contiene un liquido esplosivo che, raggiunto il corpo centrale dove è sistemato il detonatore, lo innesca. Lo scoppio può avvenire dopo una ventina di minuti o dopo poche ore, in base al tipo di pressione che viene esercitata. Questo scoppio ritardato serve a massimizzare gli effetti della mina, ferendo oltre al corpo la psiche delle piccole vittime. La speranza diabolica di chi progetta queste mine è che il bambino abbia il tempo di condividere la nuova scoperta con i suoi piccoli amici colpendo cosí piú bambini in un colpo solo. La PFM-1 causa amputazioni agli arti superiori e colpisce spesso gli occhi della vittima che quasi sempre resta cieca.

 

 

 

 

Mina Type 72

 Mina Type 72

Mina Type 72

 

 

Mina ad esplosione, fabbricata in Cina.

Diametro di 78 mm., altezza di 38 mm., peso di 125 gr.

Colore verde. Innesco a pressione.

Produce un'amputazione traumatica del piede o della gamba.

 

 

 

 

Mina Valmara 69

 Mina Valmara 69

Mina Valmara 69

 

 

Mina a frammentazione, fabbricata in Italia.

Diametro di 105 mm., altezza di 205 mm., peso di 3.300 gr.

Colore verde o sabbia. Innesco dato dalla tensione di un filo metallico collegato a una delle punte.

Quando la mina viene innescata salta a 80 cm da terra per poi esplodere e sparare circa 2.000 frammenti metallici a 360 gradi.

Può essere letale fino a 27 m. e ferire fino a 200 m. di distanza. Produce spesso lesioni al torace o all'addome.

 

 

 

 

Mina M-14

 Mina M-14

Mina M-14

 

 

Mina ad esplosione, fabbricata negli USA.

Diametro di 56 mm., altezza di 40 mm., peso di 158 gr.

Colore oliva. Innesco a pressione.

Produce l'amputazione traumatica del piede o della gamba.

 

 

 

 

Mina PMN

 Mina PMN

Mina PMN

 

 

Mina ad esplosione, fabbricata in Russia.

Diametro di 112 mm., altezza di 56 mm., peso di 550 gr.

Colore nero. Innesco a pressione.

Mina ad alto contenuto esplosivo, produce un'amputazione traumatica mono o bilaterale degli arti inferiori e infligge lesioni alle natiche e ai genitali.

 

 

 

 

Mina SB-33

 Mina SB-33

Mina SB-33

 

 

Mina ad esplosione, fabbricata in Italia.

Diametro di 88 mm., altezza di 35 mm., peso di 140 gr.

Colore grigio, di forma irregolare che la fa assomigliare ad un sasso.

Innesco a pressione.

Produce un'amputazione traumatica del piede o della gamba.

 

 

 

 

Mina Claymore

 Mina tipo Claymore

 

Claymore

 

Le mine Claymore (M18A1 Claymore Antipersonnel Mine) sono mine antiuomo di fabbricazione USA. A differenza delle altre mine esse sono dotate di sensori che innescano la detonazione al passaggio del nemico. Ciò che fa della Claymore un'arma bellica particolarmente temibile, più che la forza di detonazione, sono i proiettili contenuti nell'involucro, letali entro il suo raggio d'azione. La Claymore si presenta come una scatoletta ricurva con astine pieghevoli che ne agevolano il posizionamento sul terreno. La parte ricurva da rivolgere verso il nemico emette i frammenti in un arco di circa 60 gradi. Essa è divisa un due parti: la prima contenente del C4 (esplosivo plastico ad alto potenziale); la seconda contenente oltre 600 biglie d'acciaio, che vengono scagliate contro l'obiettivo. Le Claymore si possono piazzare ai lati della zona interessata creando un angolo di 45 gradi o su due file parallele per colpire il bersaglio con un fuoco incrociato.

 

 

 

 

Mina Vp12

 Mina Vp12

Mina Vp12

 

Centralina elettronica per il comando di mine a distanza, fabbricata nell'ex Unione sovietica. È attivata da sensori sensibili alle vibrazioni e può azionare mine antiuomo a funzionamento elettrico della serie MON e OZM. È dotata di una carica di autodistruzione che si attiva qualora si tenti di neutralizzarla.

 

 

 

 

Mina MON 50 - 120

 Mina MON 50 - 120

Mina MON 50

 

La 50 e la 120 sono mine antiuomo in plastica fabbricate nell'ex Unione Sovietica. Si attivano a trazione o elettricamente con un comando a distanza. L'esplosione si sviluppa in un arco di 60° ed è efficace fino a 120 metri di distanza.

 

 

 

 

Mina OZM

 Mina OZM

Mina OZM

 

Mina antiuomo metallica fabbricata nell'ex Unione Sovietica e nei Paesi dell'ex Patto di Varsavia. Funziona a trazione o tramite comando elettrico. Quando esplode si solleva dal terreno e ha un effetto letale fino a circa 50 metri di distanza.

 

 

 

 

Mina M16

 Mina M16

Mina M16

 

 

La mina M16, di fabbricazione americana, è una mina a frammentazione più sofisticata della M-14. La mina viene azionata a pressione o a trazione. Quando esplode una prima carica solleva l'ordigno a circa 1 metro di altezza, successivamente una seconda carica spara frammenti di acciaio nell'arco di 360°.

 

 

 

 

Mina MRUD

 Mina MRUD

Mina MRUD

 

Mina antiuomo in plastica fabbricata nell'ex Yugoslavia. Funziona a trazione o a comando elettrico ed ha un effetto direzionale in un raggio di 60° e fino ad una distanza di 120 metri.

 

 

 

 

Mina PROM-1

 Mina Prom-1

Mina Prom-1

 

 

La mina PROM-1, fabbricata nell'ex Yugoslavia, è un ordigno anti-persona. Il corpo cilindrico contiene un fuso inserito nella sua sommità. Nel funzionamento è molto simile alla mina tedesca S-mine. L'eplosione è letale anche a grande distanza. La mina esplodendo proietta frammenti pericolosi a distanze di 100 metri o più, con effetti sicuramente letali a 50 metri circa.

 

 

 

 

Mina PRB M409

 Mina PRB M409

Mina PRB M409

 

 

La mina PRB M409 è una mina anti-persona di plastica di forma circolare. La mina esplodendo spara delle schegge letali.

 

 

 

 

Mina T79

 Mina T79

Mina T79

 

 

La T79 è una piccola mina anti-persona circolare, progettata per l'aviolancio, tuttavia può essere anche posizionata manualmente. La mina è resistente allo scoppio, ciò che complica alquanto la sua eliminazione, essendo inutili le tradizionali tecniche di bonifica massive (explosive countermeasures).

 

 

 

 

Mina No. 4

 Mina No. 4

Mina No. 4

 

 

La mina No.4, di fabbricazione israeliana, è un ordigno anti-persona attivabile dalla pressione. Si tratta di una versione aggiornata, in plastica, della versione No. 3 in legno. Una pressione adeguata sul coperchio in rilievo della scatola attiva l'innesco che fa esplodere la mina.

 

 

 

 

Mina VS-Mk2

 Mina VS-Mk2

Mina VS-Mk2

 

 

La mina VS-Mk2 è una piccola mina anti-persona di forma circolare, in plastica, di fabbricazione italiana. Pur essendo progettata per essere lanciata da elicotteri spesso viene piazzata manualmente sottoterra. Essendo resistente agli scoppi crea notevoli problemi essendo inutili le tradizionali tecniche massive di bonifica (explosive countermeasures).

 

 

 

 

Mina POMZ-2

 Mina POMZ

Mina POMZ-2

 

 

La POMZ-2 è una mina a frammentazione consistente in un cilindro metallico pre-frammentato contentente una carica di 75 grammi di TNT, un dispositivo MUV-type tripwire, ed un paletto di legno. Questa mina viene collocate fra la vegetazione con la sommità dell'ordigno a circa 30 cm. dal terreno. Il dispositivo MUV-type di solito viene collegato ad un oggetto fisso tramite un cavetto. Più ordigni possono essere collegati ad un cavetto, oppure un singolo ordigno può essere collegato a più cavetti per facilitarne l'attivazione.

 

 

 

 

4.3. Effetti in dettaglio sulla persona

 Quando una persona poggia il piede su una mina innesca lo scoppio che genera un'onda d'urto di circa seimila metri al secondo. La temperatura al momento dello scoppio arriva a quattromila gradi e il rumore è di molto superiore al limite di sopportazione dell'orecchio umano. L'onda d'urto risale dal piede alla gamba e all'anca, le ossa del piede e della gamba si sgretolano, mentre il piede, la gamba e la coscia opposti, il basso ventre, talvolta il volto e gli occhi, rimangono lesi dalle schegge delle mine e da una moltitudine di materiali (sassi, pulviscolo, etc.) proiettati dallo scoppio. Quando la vittima cade al suolo, se non finisce su una seconda mina, si trova in un grave stato di shock, con abbondante perdita di sangue. Quelle descritte sono le conseguenze di una mina a pressione ad effetto locale; le mine ad azione estesa e direzionale, come per esempio quelle a frammentazione, che esplodono proiettando migliaia di piccole schegge, sono ancora piú micidiali e provocano quasi sempre la morte della persona che si trova nel raggio di azione. La descrizione degli effetti concreti di una mina favorisce la comprensione della complessità dei traumi fisici, psicologici e sociali che occorre prendere in considerazione quando si affrontano i problemi della cura, della riabilitazione fisica, del riadattamento del corpo e delle relazioni interpersonali di queste vittime.

Il chirurgo spesso è obbligato ad amputare l'arto colpito, talvolta molto al di sopra della ferita stessa, anche per il ritardo con cui frequentemente vengono effettuati gli interventi. Considerate le difficoltà per raggiungere i centri chirurgici, le ferite degenerano spesso nella cancrena. Nel migliore dei casi le vittime riescono ad avere una protesi e a ricevere delle terapie riabilitative. L'aspetto psicologico e sociale invece è ben piú complesso. La persona ferita percepisce la propria immagine mutilata, degradata, spesso in modo insopportabile; accettare lo sguardo altrui sul proprio corpo mutilato richiede un lavoro psicologico profondo e radicale che non è facile attuare.

Nei casi frequentissimi in cui l'incidente avviene dopo la fine del conflitto, la vittima civile non riceve alcun riconoscimento sociale, come avviene invece per gli ex combattenti o per quelli che, colpiti in combattimento, vengono riconosciuti come eroi. La vittima cosí spesso resta sola, abbandonata al suo destino. Anche la famiglia, l'intera comunità locale, viene colpita dalla presenza di una persona invalida che non produce ma consuma. Se pure la famiglia e la comunità accolgono e accettano la vittima essa resta sempre un problema, tanto piú in ambito urbano dove piú forte è la distinzione di ruoli tra produttore e consumatore. Non di rado il mutilato perde gradualmente la qualità di membro della famiglia per diventare sempre piú un peso ed un intralcio. Tutto ciò richiede una serie di programmi medico-riabilitativi e di reinserimento sociale, come programmi di formazione ad attività produttive, che siano in grado di generare un certo reddito o comunque si rivelino socialmente utili.

 

 

5. L'assistenza medica alle vittime

Il dolore che accompagna la vita delle vittime dello scoppio da mina, in particolare quello da arto fantasma (phantom limb pain, PLP), è forse la piú grave delle sofferenze che vengono inflitte. Nei paesi piú poveri, dove gran parte della popolazione è costituita da contadini e agricoltori, gli infortuni e l'invalidità rappresentano dei gravissimi disagi. Le terapie mediche richiedono un trattamento acuto iniziale e la gestione a lungo termine della riabilitazione e del dolore, in particolare del PLP. Molti fattori però possono limitare l'efficacia dei trattamenti. Tra questi ci sono le difficoltà geografiche e territoriali, i pericoli insiti negli spostamenti successivi alla Medevac (Medical evacuation), soprattutto durante i conflitti, e la frequente devastazione dei centri di assistenza sanitaria.

Le cosiddette sensazioni fantasma vengono percepite a livello dell'arto mancante come se esso fosse ancora presente. Come il PLP, esse possono iniziare al momento dell'intervento o molto piú tardi. Esse variano da sensazioni intense a sensazioni vaghe e fisse, come se il paziente, per esempio, sentisse ancora la presenza delle dita congiunte al moncone (telescoping). Il dolore del moncone invece viene avvertito solo nel moncone e non nell'arto mancante. Nel caso del dolore da arto fantasma (PLP) a volte i pazienti, sia i bambini che gli adulti, non parlano di queste sensazioni per timore di essere ridicolizzati. Il PLP varia ampiamente in frequenza ed intensità, anche le emozioni possono aumentare o attenuare il dolore. Il dolore, generalmente, viene avvertito nella parte piú distale dell'arto amputato (le dita) ed è stato descritto da Jensen e da altri (SHERMAN R. A., Phantom Pain, New York 1997) come di natura esterocettiva (sensazione di bruciore, pugnalata) o propiocettiva (schiacciante, crampiforme). Esso può essere continuo o intermittente e di intensità da lieve a lancinante. Le sensazioni fantasma, il dolore del moncone e il PLP sono comunque strettamente associati. Il PLP di solito è meno grave negli amputati che non avvertono sensazioni fantasma o dolore del moncone. Esso sembra essere meno frequente quando l'amputazione iniziale è stata trattata efficacemente e quando viene applicata tempestivamente una protesi.

La difficoltà nel reperire i dati non consente di avere un quadro preciso e completo sugli effetti che le mine hanno sulla salute, tuttavia si possono fare delle stime. Vari studi hanno cercato di documentare le conseguenze sociali e la frequenza degli infortuni causati dalle mine (AMERICAN PAIN SOCIETY, Quality of Care Committee, JAMA 1995 (274), 1874-1880). Tutti i dati disponibili suggeriscono che l'impatto delle mine è probabilmente molto sottostimato, dato che solo i sopravvissuti in condizioni migliori ricevono un trattamento.

Le tre cause principali di incidente sono le seguenti:

 

I. Passaggio su mina interrata (30%). La vittima subisce l'amputazione traumatica dell'arto inferiore e, talvolta, anche lesioni all'altro arto inferiore o ai genitali.

II. Passaggio su mina a frammentazione, esplodente all'altezza dell'addome (50%). Le lesioni sono mortali nel raggio di 25 m., lo scoppio infligge comunque ferite entro un raggio di 200 m. Le lesioni alla testa, al collo, al torace o all'addome sono spesso fatali.

III. Maneggiamento di una mina (5%). La vittima, spesso un bambino, subisce gravi danni agli arti superiori associati a lesioni facciali, spesso oculari.

Il restante 15% delle vittime non rientra in uno dei suddetti gruppi. Le lesioni croniche conseguenti possono riguardare spesso occhi e nervi periferici.

I tipi di ferita sopra descritti individuano la distribuzione prevalente delle lesioni che un paziente può subire, ma non corrispondono in modo netto a una scala di gravità. Un'amputazione traumatica del piede accompagnata da una lieve ferita alla coscia (ferita di tipo A) può rappresentare un serio pericolo di vita se viene coinvolta l'arteria femorale. Di solito il paziente che ha subito una ferita da mina antiuomo è in condizioni critiche. Spesso vengono lesi direttamente organi vitali, oppure le ferite (incluse le amputazioni traumatiche) sono cosí estese che il paziente rischia uno shock emorragico. In tale situazione di emergenza la capacità di identificare un tipo di ferita, dovuto ad una particolare categoria di mine, può offrire informazioni utili all'équipe medica e anche a chi si dovrà occupare successivamente dello sminamento.

La chirurgia delle ferite da mina, per diverse ragioni, è una disciplina delicata e complessa. Molte volte l'équipe medica deve operare in zone pericolose, durante i combattimenti; le strutture disponibili sono spesso essenziali; la scarsità di risorse, la mancanza di condizioni igieniche adeguate e talvolta persino l'assenza di acqua ed elettricità, contribuiscono a rendere il lavoro estremamente difficoltoso. I chirurghi inoltre devono essere capaci di trattare qualsiasi tipo di emergenza vascolare, toracica, addominale, ortopedica, etc... In uno scoppio da mina anche i frammenti ossei, per esempio, possono diventare "proiettili secondari" ferendo gravemente la vittima. Si danno casi in cui un'arteria viene recisa da un osso proveniente dal piede del paziente stesso, tranciato dall'esplosione.

Dal punto di vista tecnico l'operazione chiave è il debridement, ovvero l'escissione chirurgica della ferita. Quando una mina a carica esplode il pietrisco, il fango, l'erba e anche parti degli abiti o delle calzature del paziente possono essere spinti in profondità all'interno dei tessuti. La rimozione di tutti i corpi estranei dalle lesioni e, soprattutto, l'asportazione di tutti i tessuti necrotizzati sono di importanza vitale nella prevenzione delle infezioni post-operatorie che sono potenzialmente letali.

La riabilitazione inizia non appena possibile con movimenti passivi e con la mobilizzazione attiva tramite l'uso di grucce. In caso di amputazione a carico degli arti inferiori, per riacquistare la funzionalità è necessaria l'applicazione di protesi, rendendo cosí inutile l'uso delle grucce. Frequentemente il PLP impedisce l'uso di protesi, instaurando un circolo vizioso di depressione, di isolamento e di sofferenza continua. La riabilitazione psicologica e il recupero dell'autostima dipendono molto dal livello di integrazione sociale. L'impiego di protesi è comunque vitale per il processo riabilitativo della persona. A causa della continua crescita ossea poi, specie nei bambini, le protesi devono essere riadattate ogni sei mesi. A volte il distacco della cute provocato dalla crescita ossea rende necessaria una nuova amputazione.

La discussione pubblica sulle mine finora è stato un dialogo piú politico che medico. Per le altre fonti di dolore, come il cancro, le ustioni o la chirurgia, la prospettiva sociale si sta evolvendo dal paziente, considerato come ospite anonimo di un processo fisiopatologico, al paziente visto come soggetto centrale nella struttura e nell'azione sanitaria. Mentre tale evoluzione avanza, l'importanza del controllo del dolore per una migliore qualità della vita e la riabilitazione a lungo termine si rendono ovvie. In maniera parallela, il bisogno cruciale, non ancora soddisfatto, di un adeguato controllo del dolore tra le vittime dello scoppio da mine deve ricevere una maggiore attenzione da parte degli specialisti di tutto il mondo.

 

 

6. L'inquinamento da mine

Dall'inizio del secolo, le mine sono state utilizzate in vari modi, ma la filosofia bellica si è evoluta nel tempo per farne un impiego sempre piú scaltro. Oggi le mine non sono piú viste solo come mezzi per interdire ad un nemico alcuni territori, o per dirottare verso strade obbligate i movimenti delle truppe avversarie, o ancora per proteggere installazioni belliche di importanza strategica. Al contrario, le mine vengono spesso disseminate per impedire ai civili l'accesso alle strade, alle sorgenti d'acqua, ai depositi di legna da ardere o di carburante e perfino ai cimiteri. In molti paesi sono stati usati elicotteri, batterie di artiglieria a lunga gittata e altri mezzi per spargere mine su villaggi o terreni coltivati, a fini terroristici, nei confronti delle popolazioni residenti.

In termini tecnici una mina antiuomo (o APM, dall'inglese Anti-Personnel Mine) può essere definita come un dispositivo progettato per uccidere o ferire chi lo aziona. Invece le mine anti-carro (o ATM, dall'inglese Anti-Tank Mine) sono specificamente progettate per far esplodere carri armati e autoveicoli, per innescarle, infatti, occorrono pressioni dell'ordine delle centinaia di chilogrammi. Le APM hanno un diametro piuttosto piccolo, spesso inferiore a una decina di centimetri, e sono difficili da rivelare. In alcuni casi il colore e la forma rendono questi ordigni pressoché invisibili allo sguardo.

In anni recenti, la tecnologia delle mine si è evoluta in modo significativo. Lo sviluppo di mine in materiale plastico, o che contengono minime quantità di metallo, ha reso queste armi meno costose, piú affidabili, piú durature e piú difficilmente rilevabili e disinnescabili. I sistemi di collocamento a distanza (per esempio da elicottero) consentono di disseminare in pochi minuti migliaia di ordigni su un vasto territorio, inoltre, delle mine sparse in questo modo non viene registrata l'esatta posizione, cosicché risulta pressoché impossibile rintracciarle successivamente.

Purtroppo la tecnologia necessaria per produrre le mine è semplicissima e il prezzo estremamente basso (la maggior parte di esse costa da 3 a 13 euro al pezzo). Di conseguenza queste armi sono state costruite e vendute da un numero via via crescente di nazioni, tra le quali si annoverano molti paesi in via di sviluppo. I paesi produttori ed esportatori di mine antiuomo sono circa 50 e oggi sono disponibili almeno 350 diversi modelli che possono essere acquistati non solo gli eserciti regolari ma praticamente da qualsiasi parte belligerante o fazione armata, sia direttamente sia tramite abili triangolazioni internazionali.

Tutto ciò ha fatto sí che il numero di mine inesplose sparse per il mondo sia pressoché ignoto. Secondo alcune fonti (tra cui l'ONU, lo US State Department e diverse organizzazioni umanitarie), ve ne sarebbero almeno 100 milioni distribuite in 64 paesi. Tuttavia poiché né i produttori, né gli utilizzatori solitamente ne tengono un registro, queste cifre, molto probabilmente, sono una sottostima della situazione reale. In ogni caso una frazione significativa di paesi nel mondo soffre di quello che si può considerare un vero e proprio "inquinamento da mine".

Le associazioni che offrono assistenza alle vittime o che si occupano di sminamento stimano che queste armi feriscano o uccidano almeno 25.000 persone all'anno. L'80 per cento di queste vittime è costituito da civili. Effettivamente le cifre reali sono forse anche piú alte, poiché molti incidenti avvengono in zone isolate e prive di strutture sanitarie e perciò non vengono documentati. In un'area minata, molte delle normali attività quotidiane - come la raccolta di legna o di cibo, l'approvvigionamento di acqua, la coltivazione dei campi, l'allevamento o il gioco - diventano attività ad alto rischio.

 

 Sminatore

Operazione di sminamento

 

 

7. Un'eredità mortale

La maggior parte dei pazienti ricoverati per incidenti da mina non riacquista mai realmente la propria integrità, né la possibilità di prendere parte attiva alla vita familiare e sociale. La riabilitazione di questi pazienti purtroppo è un problema spesso insormontabile. Molte vittime vivono in paesi in via di sviluppo, dove le condizioni di vita rendono anche piú difficile l'impresa di superare handicap fisici e psicologici. In piú, oltre al tremendo costo umano, le mine impongono un gravoso carico economico sulla struttura sociale di interi paesi. La decisione di minare le terre coltivate ha effetti devastanti a lungo termine sulle comunità agricole, per le quali la disponibilità di terra è una questione di sopravvivenza. La presenza di mine antiuomo funge da deterrente per i rifugiati che sono spesso riluttanti a tornare nelle loro case. Gli sfollati tendono cosí a diventare rifugiati permanenti, sovraccaricando le strutture economiche e sociali delle regioni piú o meno vicine in cui si insediano.

Il mondo si troverà cosí di fronte ad un'eredità terribile. Molte mine hanno una vita media effettiva di secoli, quindi, anche se in futuro non dovessero piú essere impiegate, quelle già presenti sul terreno provocheranno una tragedia di proporzioni immani. È urgente che la comunità internazionale ponga a livello di massima priorità la questione delle mine antiuomo e stanzi i fondi necessari per garantire le attività umanitarie essenziali. L'assistenza chirurgica d'emergenza e la riabilitazione delle vittime - cosí come le operazioni di sminamento e l'educazione delle popolazioni ad evitare i pericoli - sono le uniche possibilità per alleviare la sofferenza di centinaia di migliaia di persone. Anche per un consumato chirurgo di guerra, gettare lo sguardo sul corpo dilaniato di un bambino è un'esperienza sconvolgente e rivoltante. La carneficina provocata dalle mine antiuomo non ha nulla a che vedere con alcuna politica militare credibile e trova una ragione solo in una deliberata e incomprensibile scelta di odio, volta ad infliggere indiscriminatamente sofferenze mostruose. Quello delle mine antiuomo è un crimine contro l'umanità che merita le piú severe sanzioni del diritto penale militare di guerra.

 

 

8. Messa al bando delle mine antiuomo

 Gli accordi internazionali, come le Convenzioni di Ginevra e Ottawa, proibiscono l'uso delle armi che causano una mutilazione indiscriminata ed inutile (ICRC, The Geneva Conventions of August 12, 1949, Ginevra 1986). Malgrado ciò ogni anno si fabbricano nel mondo da 5 a 10 milioni di mine antiuomo che vengono impiegate ovunque facendo ancora innumerevoli vittime.

Nel 1980 l'ONU adottò quella che è conosciuta come la Convenzione sulle armi inumane. Sebbene questa convenzione ed i suoi protocolli intendessero garantire una protezione ai civili, gli eventi che si sono succeduti nel corso del tempo hanno mostrato chiaramente la sua inadeguatezza. Negli ultimi anni piú di quattrocento organizzazioni umanitarie, in una trentina di paesi, hanno lanciato delle campagne per stimolare l'opinione pubblica internazionale sugli effetti disastrosi delle mine antiuomo, esercitando pressioni sull'ONU e sui governi nazionali per la messa al bando della loro produzione, della loro vendita, dell'esportazione e del loro impiego. Le campagne hanno spesso dato risultati significativi facendo sí che diversi paesi abbiano deciso di arrestare la produzione o l'esportazione di mine, almeno in via provvisoria.

A partire dagli anni Novanta, fortunatamente, sono aumentate le pressioni per una messa al bando globale di questi ordigni. Nel dicembre 1993 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione non vincolante che auspicava una messa al bando delle mine antiuomo. La legge internazionale che ne limita l'uso, il Protocollo sulle mine del 1981, ratificato da soli 39 paesi, ne regolava l'impiego in guerra ma non nei conflitti interni. Da quel momento sono stati creati altri campi minati, ad esempio in Georgia, Armenia, Azerbaigian e Tagikistan, come pure in molti territori della ex Iugoslavia.

Nel 1995 si riuní a Vienna una Conferenza di revisione sulla Convenzione. La diplomazia internazionale focalizzò la discussione sui vari aspetti tecnici e militari delle mine antiuomo ma dopo tre settimane la Conferenza venne aggiornata senza giungere ad un accordo. Da un punto di vista umanitario fu un fallimento. La totale messa al bando di queste armi indiscriminate - che sarebbe l'unica reale soluzione del problema - non venne praticamente presa in considerazione. Un accordo di emendamento del Protocollo è stato sottoscritto invece nel maggio 1996 da 49 paesi in una conferenza internazionale tenutasi a Ginevra. Pur fallendo l'obiettivo del bando totale, l'accordo impone che tutte le mine antiuomo prodotte dal gennaio 1997 in poi siano rilevabili (incorporino cioè una sufficiente quantità di materiale ferroso) ed estende il Protocollo precedente anche ai conflitti interni. Oggi la maggior parte degli Stati e dei cittadini del mondo ha ben presenti gli orrori delle armi nucleari e le aborrisce, è stupefacente invece che non si sollevino obiezioni davanti al massacro quotidiano di civili innocenti perpetrato con le mine antiuomo.

Altre condizioni imposte dall'accordo comprendono la proibizione di mine progettate per causare "danni superflui", o per esplodere quando vengono rilevate. Inoltre si richiede che le mine depositate a distanza siano progettate in modo tale da autodistruggersi dopo un certo tempo (per adempiere a quest'ultima condizione sono stati dati nove anni di tempo). Nel 1997 dunque sono stati fatti grandi progressi verso l'interdizione delle mine antiuomo. Nel settembre dello stesso anno è stata approvata in Norvegia, dai rappresentanti di 97 paesi, tra cui l'Italia, la bozza del Trattato internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo. In dicembre il trattato è stato firmato a Ottawa, in Canada, dai rappresentanti di 120 paesi. Tra i paesi che non hanno dato la loro adesione vi sono gli Stati Uniti, la Russia, l'India, la Cina, il Pakistan, il Giappone, seguiti da Israele, Iran e Iraq.

In Italia, nell'ottobre del 1997 è stata approvata una legge che dispone il divieto di produrre, detenere ed esportare mine antiuomo, nonché la distruzione di tutte le mine presenti sul territorio nazionale. Nello stesso mese l'Accademia di Svezia ha assegnato il premio Nobel per la pace a Landmine Campaign, l'organizzazione da anni impegnata nella lotta alle mine antiuomo.

Chi produce e fa uso delle armi raramente prende in considerazione il loro effetto a lungo termine sulla salute umana. Da un punto di vista militare, le mine continuano ad essere considerate delle armi efficaci, visti i loro costi contenuti e le loro capacità deterrenti. Porre un divieto completo sulla produzione, sulla vendita, sull'accumulo e sull'utilizzo di tali armi si è dimostrato alquanto difficile se non impossibile, come nel caso delle armi biologiche e chimiche. Secondo la WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) ci vorrebbero piú di dieci secoli per rimuovere tutte le mine già sparse in tutto il globo. Le misure di prevenzione nei paesi afflitti dal problema consistono in programmi di consapevolezza sul rischio del maneggiamento e in programmi di recupero delle mine incentivati da un guadagno commerciale. Il trattamento e la riabilitazione delle vittime continueranno tuttavia a costituire la prima esigenza umanitaria. La riabilitazione e la terapia del dolore per i sopravvissuti non hanno riscosso, fino ad oggi, il successo sperato. La formazione sanitaria relativa alla terapia del dolore post-amputazione e del PLP dovrebbero essere piú accessibili a tutte le organizzazioni sanitarie ed ai singoli operatori.

Infine si ritiene ancora e troppo spesso che in guerra tutto sia lecito, in realtà niente è piú pericoloso e dannoso di una simile opinione, anche da un punto di vista strettamente militare. L'uso delle mine antiuomo, oltre alle gravissime violazioni morali ed etiche già rilevate, comporta anche la disonorevole trasgressione di molte delle regole fondamentali del combattente che dovrebbero animare ogni conflitto armato:

 

1) L'uso delle mine crea sofferenze inutili che, lungi dall'attenuare la volontà di battersi del nemico, lo spingono alla vendetta.

2) L'uso delle mine va contro la regola che impone di combattere solo contro i nemici e gli obiettivi militari.

3) Le mine procurano spesso danni maggiori di quelli richiesti dall'assolvimento del compito affidato.

4) Le mine colpiscono anche il nemico che si è arreso o che è fuori combattimento.

5) Le mine sono spesso strumenti di vendetta che possono innescare una spirale di odio e di distruzione crescente.

6) Le mine possono danneggiare le persone ed i beni della Croce Rossa, della protezione dei beni culturali, della protezione civile e di altre organizzazioni umanitarie.

7) L'uso delle mine viola spesso il rispetto dovuto alle proprietà ed ai beni altrui.

Coloro che ordinano l'uso di ordigni bellici come le mine antiuomo, o che di fatto le adoperano, si assumono tutte le responsabilità morali dei danni e delle sofferenze da esse successivamente inflitte. Ancora piú gravi e inescusabili poi sono coloro che per interesse e guadagno si prestano a realizzare armi cosí crudeli e barbare. Su coloro che le inventano o ne accrescono gli effetti, su coloro che le fabbricano e le commerciano ricadono, davanti a Dio ed alla storia, tutte le responsabilità del male causato dal loro impiego. Quanti concepiscono strumenti di guerra cosí disumani, infatti, si rendono responsabili dello scandalo piú grave che si possa dare: lo scandalo del male. Dice il Vangelo: «Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Mt 18,7).

 

 

 

 

 

IL MAGISTERO ECCLESIASTICO E LA GUERRA

 

Testo del C.C.C. nn. 2307-2317

 

 

2307

Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi dall'antica schiavitú della guerra (GS 81).

 

2308

Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre. «Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa» (GS 79).

 

2309

Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

- Che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo.

- Che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci.

- Che ci siano fondate condizioni di successo.

- Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini piú gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della «guerra giusta». La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

 

2310

I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale. Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace (GS 79).

 

2311

I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana (GS 79).

 

2312

La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. «Né per il fatto che una guerra è... disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto» (GS 79).

 

2313

Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri. Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono dei crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Cosí lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come un peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un genocidio.

 

2314

«Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato» (GS 80). Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.

 

2315

L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il piú efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti (cfr. PAOLO VI, lett. enc. Populorum progressio, 53); ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause dei conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.

 

2316

La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.

 

2317

Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra: «Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: «Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà piú le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno piú per la guerra (Is 2,4)» (GS 78).

 

 

 

 

BREVE BIBLIOGRAFIA

Documenti Ufficiali - Convenzioni e Trattati

reperibili nella sezione specifica

 

 

Dichiarazione di rinuncia all'uso, in tempo di guerra, di tipi particolari di proiettili esplosivi. San Pietroburgo 29 Novembre - 11 Dicembre 1868.

Seconda convenzione sulle leggi e le consuetudini della guerra terrestre e annesso Regolamento concernente le leggi e le consuetudini della guerra terrestre.

L'Aia 1899 - Quarta convenzione sulle leggi e le consuetudini della guerra terrestre e annesso Regolamento concernente le leggi e le consuetudini della guerra terrestre.

Protocollo per la proibizione dell'uso di gas asfissianti, tossici o di altri gas, e degli strumenti di guerra batteriologici. Ginevra 17 Giugno 1925.

Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati degli eserciti in campo. Ginevra 27 Luglio 1929.

Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle Forze Armate in campo. Ginevra 12 Agosto 1949.

Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle Forze Armate in mare. Ginevra 12 Agosto 1949.

Convenzione relativa al trattamento dei prigionieri di guerra.

Ginevra 12 Agosto 1949 - Convenzione relativa alla tutela dei civili in tempo di guerra.

Ginevra 12 Agosto 1949 - Primo protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 12 Agosto 1949 relativo alla tutela delle vittime dei conflitti armati internazionali.

Ginevra 8 giugno 1977 - Secondo protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 12 Agosto 1949 relativo alla tutela delle vittime dei conflitti armati non internazionali.

Ginevra 8 giugno 1977 - Convenzione sul divieto e le restrizioni relative all'uso di certi tipi di armi convenzionali che possono essere considerati eccessivamente dannose o possono avere effetti indiscriminati. Nazioni Unite 10 ottobre 1980.

Protocollo sul divieto o le registrazioni relative all'uso di mine, trappole esplosive e altri congegni simili. Nazioni Unite, emendato il 3 maggio 1996.

Convenzione sul divieto di usare, accumulare, produrre e trasferire mine antipersona e sulla loro distruzione. Nazioni Unite 18 settembre 1997 - Trattato di Ottawa.

 

 

Pubblicazioni varie

 

CAPPELLANO F. - TERMENTINI F., Le mine antiuomo nelle guerre italiane del '900, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto 2000.

CAZZANI M., Kurdistan: paradiso minato, Emergency, 1999.

GRASSELLI M., Mine l'inferno sotto i piedi, ETS, Pisa 1999.

GUTMAN R. - RIEFF D., Crimini di guerra. Quello che tutti dovrebbero sapere, 1999.

STRADA G., Pappagalli Verdi. Cronache di un chirurgo di guerra, prefazione di Moni Ovadia, Feltrinelli 1999.

STRADA G., L'orrore delle mine anti-uomo, Le Scienze 133 (1996).

TERRERI F., Produzione commercio ed uso delle mine terrestri. Il ruolo dell'Italia, Comune di Firenze - Edizioni Comune Aperto, 1996.

WHO, Guidance for Surveillance of Injuries due to Landmines and Unexploded Ordinance, Ginevra 2000.

WHO, Injury. A Leading Cause of the Global Burden of Disease, Ginevra 1999.

 

 

 

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