Qualche anno fa mi trovavo a Lourdes per assistere gli ammalati al seguito di un pellegrinaggio internazionale dell'Ordine di Malta. In quell'occasione incontrai il Cardinale O'Connor. Eravamo in sacrestia ed il cardinale si stava preparando a presiedere una concelebrazione.
Ad un certo punto, davanti a sacerdoti decisamente divertiti alle sue battute scherzose e ad un segretario, decisamente meno divertito, con un balzo giovanile il Card. si siede su un tavolo, a gambe penzoloni, continuando imperterrito la sua diatriba con il suddetto segretario, sull'argomento: «Mitria si, mitria no», per poi calcarsela sul capo dicendo: «Ma si, mettiamola, in fin dei conti alla gente piace!» Chiede quindi ai concelebranti di presentarsi, desiderando conoscerli personalmente e sapere qualcosa sui rispettivi impegni pastorali.
Ero l'ultimo della fila, sicuramente il più impacciato, anche all'idea del mio inglese da marinaio, più adatto ad un esercizio di sopravvivenza, che ad una conversazione con un Principe della Chiesa. Ecco il mio turno: dopo due parole ha indovinato che sono italiano, e mi chiede subito nella stessa lingua: «Di che diocesi sei? Che fai nella tua parrocchia?» Gli rispondo semplicemente che la mia parrocchia «naviga», perché ero imbarcato sulle navi della Prima Divisione con sede a La Spezia. O'Connor si toglie gli occhiali, scende dal suo pulpito improvvisato, mi abbraccia. "Oh Dio, mi ha scambiato per qualche suo amico. E adesso? Mi immaginavo l'imbarazzo reciproco, le scuse, gli sguardi incuriositi e un po' invidiosi dei presenti... Ero preparato al peggio. «Anch'io sono di Marina! Ho trascorso quasi trent'anni nella Marina degli Stati Uniti.
Non accettare mai di diventare vescovo, senno poi non navigherai più, e guarda come ci si riduce»! Mi chiede notizie di strade e piazze di La Spezia, che spesso aveva visitato arrivando con le sue navi ed uscendo «in franchigia». Conclude: «com'è che dite voi militari italiani per affermare che siete amici, ma un po' di più»? Azzardo un «fra». Ecco si, mi risponde illuminandosi: «noi due siamo "fra"». «Ed ogni volta che ci si incontrava, attraversando la Prairie o per la strada, da lontano, con chiunque fosse, con il più americano dei sorrisi mi diceva: «ciao fra»! Così andò il mio primo incontro con O'Connor, il «mito» per ogni cappellano di Marina. La piccola discussione sulla mitria, avuta con il suo segretario, mi riportò ad un episodio citato sul «Catholic New York», che mi sembra esprima altrettanto bene lo stile diretto e spontaneo del Cardinale.
Durante la prima Messa solenne, che O'Connor celebrò nella Cattedrale di St. Patrick, come Arcivescovo metropolita di New York, egli chiamò sul pulpito, durante l'omelia, un chierichetto di 11 anni, suo omonimo, John O'Connor, studente della «Visitation School» nel Bronx. Qualche giorno prima, il bambino gli aveva inviato una lettera di auguri che finiva dicendo: «voglio essere proprio come te!». Davanti alla gente divertita e al piccolo O'Connor imbarazzato e non poco intimidito, il Cardinale, con un suo tipico gesto teatrale, gli impose sulla testa la sua mitria arcivescovile. Chi era presente, ricorda ancora oggi, con simpatia, quell'episodio, che peraltro segnò l'inizio di una bella amicizia tra i due O'Connor, che continuò con un costante rapporto epistolare, attraverso cui il Cardinale seguiva il suo giovanissimo amico.
A Pasqua ed a Natale, la famiglia al completo del piccolo John era ospite fissa presso la residenza arcivescovile, per trascorrere con il Cardinale le feste. «A New York ci voglio uno che sia proprio come me», pare abbia detto Giovanni Paolo il quando 1984, nominò John O'Connor Arcivescovo della «Grande Mela». E, davvero, i due avevano molto in comune: l'età alle origini, dalle convinzioni al carattere. O'Connor nacque lo stesso anno del Papa, il 1920 in un'umile casa di Philadelphia e da genitori, il cui status sociale era poco differente da quello di una famiglia della lontana Polonia, che avrebbe dato i natali al futuro pontefice. Come preti crebbero «assieme», anche se O'Connor si scelse una parrocchia piuttosto inusuale:
Le Forze Armate. Per 27 anni fu il Cappellano della U.S. Navy. Da quell'esperienza imparò, per dirla con le sue parole: «il mal di mare e della guerra», e apprese cosa significa essere sotto il fuoco e «Vedere uomini morire dissanguati». Con il grado di Ammiraglio, «Signore del mare», ha concluso il suo servizio in Marina, che l'aveva portato a vivere, sulla propria pelle, i lunghi periodi d'imbarco e soprattutto i conflitti in Corea e Vietnam. Dopo la sua morte, i giornali USA hanno cercato di sintetizzare nei titoli la storia e la personalità di O'Connor. Uno, tra tutti, mi ha profondamente colpito: «O'Connor, coscienza della U.S. Navy» con il sottotitolo stupendo: «Ha donato ai suoi militari un pezzo del suo cuore».
Quest'ultima affermazione è espressa anche sul suo stemma episcopale: nella parte sinistra c'è una stella che rappresenta la Stella del mare, titolo della Beata Vergine, e lo sfondo è blu intenso, con il mare che ricorda il suo servizio sulle navi per ventisette anni. Il motto: «Non c'è amore senza giustizia», ha veramente animato tutto il suo ministero di Cappellano, nei vari gradi, ed infine il suo apostolato come Arcivescovo di New York. Nel Suo intervento all'Assemblea conclusiva del Sinodo della nostra Chiesa Militare, aveva sottolineato due aspetti della Sua vita di Cappellano: l'importanza d'insegnare la morale e la comunione fraterna in particolare tra le persone di diverse religioni.
Concludendo: «Qualche volta penso che i vescovi si dimentichino dei soldati e dei loro bisogni spirituali [...] è sempre più difficile prestare un sacerdote alle Forze Armate [...] i cappellani militari devono essere certi che alle loro spalle c'è il sostegno della Chiesa [...] andate a visitare i cappellani, dovunque si trovino. Se non potete andare, almeno scrivetegli, per far sapere che siete vicini». Questione di coerenza! Un ex Cappellano della Marina, il vescovo John McNamara, ha raccontato così il suo primo incontro con il Card. O'Connor: «Padre O'Connor, Cappellano di Divisione dei Marines, proveniva dal Vietnam. Ricordo le prime parole che mi rivolse: «Sono John O'Connor, che cosa posso fare per lei?». Ho spesso ripensato a quell'incontro perché quelle parole «che cosa posso fare per lei?» caratterizzano e personificano il John O'Connor, che ho conosciuto per 35 anni».
Dall'Omelia del Card. Bernard Francis Law, Arcivescovo di Boston, leggiamo: «Non c'era fardello troppo pesante né problema troppo complesso per la sua comprensione autentica e per il suo desiderio di aiutare il prossimo [...]. Amministrava nella persona di Cristo. La sua vita era configurata a quella di Cristo, quale sacerdote e quale vittima. Entrò nella vita di migliaia di persone identificandosi con le loro sofferenze, in comunione con Cristo. Fu così dunque che interpretò la sua malattia finale. Si vide solidale con gli altri malati di cancro e offrì le sofferenze della sua malattia con le sofferenze di Cristo».
Il Card. Sodano, Segretario di Stato, che presiedeva la liturgia funebre in St. Patrick, ha ricordato il commento del Papa all'annuncio della morte del Card. O'Connor: «Attraverso gli anni, egli mi è stato davvero di grande aiuto e sostegno nel servizio alla Chiesa universale». L'Ammiraglio O'Connor non avrebbe saputo immaginare ed augurarsi migliori «note caratteristiche».
Cfr. VIGO A., John J. O'Connor, principe della Chiesa e Signore del mare in Il Cursore 5 (2000), 7.