NEL NOME DEL SIGNORE INCOMINCIA LA VITA DEI FRATI MINORI
La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesú Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa Romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
II
Di coloro che vogliono intraprendere questa vita
e come devono essere ricevuti
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ricevere i frati. I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fino alla fine; e non hanno moglie o, qualora l'abbiano, essa sia già entrata in monastero o abbia dato loro il permesso con l'autorità del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità, e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto ; dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che vadano e vendano tutto quello che hanno (cfr. Mt 19,21) e procurino di darlo ai poveri. Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà.
E si guardino i frati e i loro ministri di essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle medesime liberamente secondo l'ispirazione del Signore. Se tuttavia si chiedesse loro un consiglio, i ministri li potranno mandare da persone timorate di Dio perché con il loro aiuto diano i loro beni ai poveri.
Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo, se ai ministri non sembrerà diversamente secondo Dio.
Terminato l'anno della prova siano ricevuti all'obbedienza promettendo di osservare sempre questa vita e la Regola. E in nessun modo sarà lecito di uscire da questa Religione secondo il decreto del signor Papa; poiché, come dice il Vangelo, nessuno che pone la mano all'aratro e poi si volge indietro è atto al regno di Dio (Lc 9,62).
E quelli che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un'altra senza, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili che possono rattoppare con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. I quali ammonisco ed esorto di non disprezzare e di non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usano cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso.
III
Del divino ufficio e del digiuno, e come i frati debbono andare per il mondo
I chierici recitino il divino ufficio secondo il rito della santa Chiesa Romana eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari.
I laici dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti.
E digiunino dalla festa di tutti i santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni e che il Signore santificò con il suo digiuno, coloro che volontariamente la passano nel digiuno siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la passino digiunando. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdí. Nei casi di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.
Consiglio poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesú Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le dispute di parole (cfr. 2Tm 2,14; Tt 3,2), né giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente Con tutti, cosí come conviene. E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità.
In qualunque casa entreranno prima dicano: Pace a questa casa (Lc 10,5-8). E secondo il santo Vangelo potranno mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati.
IV
Che i frati non ricevano denari
Ordino fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia direttamente o per interposta persona. Tuttavia per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, i ministri soltanto e i custodi per mezzo di amici spirituali, abbiano sollecita cura secondo i luoghi, la circostanza, il clima delle regioni, cosí come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre, come è stato detto, che non ricevano in nessuna maniera denaro o pecunia.
V
Del modo di lavorare
Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, cosí che allontanato l'ozio, nemico dell'anima, non spengano lo spirito (cfr. 1Ts 5,19) della santa orazione e devozione al quale devono servire tutte le altre cose temporali. Come ricompensa del lavoro per sé e per i loro frati ricevano le cose necessarie al corpo, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.
VI
Che i frati di niente si approprino, e del chiedere l'elemosina e dei frati infermi
I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri (Sal 38,13; 1Pt 2,11) in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l'elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero (cfr. 2Cor 8,9) per noi in questo mondo. Questa è, fratelli miei carissimi, l'eccellenza dell'altissima povertà, che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli, facendovi poveri di cose e ricchi di virtú. Questa sia la vostra porzione che vi conduce alla terra dei viventi (cfr. Sal 141,6). E a questa povertà, fratelli carissimi, totalmente uniti, non vogliate aver altro sotto il cielo, per sempre, nel nome del Signore nostro Gesú Cristo.
E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, con quanto piú affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?
E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti.
VII
Della penitenza da imporsi ai frati che peccano
Se alcuni frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi quanto prima potranno senza indugio.
I ministri poi, se sono sacerdoti, impongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell'Ordine, cosí come sembrerà piú opportuno secondo Dio.
E devono guardarsi di non adirarsi né risentirsi per il peccato commesso da un frate, poiché l'ira e il risentimento impediscono in sé e negli altri la carità.
VIII
Della elezione del Ministro generale
di questa fraternità e del Capitolo di Pentecoste
Tutti i frati siano tenuti sempre ad avere uno dei frati di quest'Ordine come ministro generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire. Alla sua morte l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad intervenire dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, cosí come dal predetto ministro sarà ordinato.
E se talora ai ministri provinciali e ai custodi all'unanimità sembrasse che detto ministro non fosse idoneo al servizio e al comune bene dei frati, i predetti ministri e custodi, ai quali è commessa l'elezione, siano tenuti nel nome del Signore ad eleggersi un altro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste i singoli ministri e custodi possono, se vogliono e lo credono opportuno, radunare nello stesso anno, una volta i loro frati a capitolo.
IX
Dei predicatori
I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo fosse loro proibito. E nessun frate osi predicare al popolo se prima non sia stato esaminato e approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia ricevuto dal medesimo l'ufficio della predicazione.
Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che nella loro predicazione le loro parole siano ponderate e caste (cfr. Sal 11,7; 18,15) a utilità e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtú, la pena e la gloria con brevità di discorso poiché il Signore disse sulla terra parole brevi (Rm 9,28).
X
Dell'ammonizione e della correzione dei frati
I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li correggano con umiltà e carità, non ordinando ad essi niente che sia contro alla loro anima e alla nostra Regola.
I frati poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà. Per cui fermamente ordino loro di obbedire ai ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono contrarie all'anima e alla nostra Regola.
E ovunque ci siano dei frati che sapessero e conoscessero di non potere spiritualmente osservare la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro ministri. E i ministri li accolgano con carità e benevolenza e mostrino ad essi tanta familiarità che quelli possano parlare e fare con essi cosí come parlano e fanno i padroni con i loro servi, infatti cosí deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati.
Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesú Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, dalle cure e dalle preoccupazioni di questo mondo (cfr. Lc 12,15; Mt 13,22; Lc 21,34), dalla detrazione e dalla mormorazione.
E se non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni cosa: avere lo Spirito del Signore e le sue opere, pregare sempre con cuore puro e avere umiltà, pazienza nelle persecuzioni e nelle infermità e amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano (Mt 5,44). Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). E chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo (Mt 10,22).
XI
Che i frati non entrino nei monasteri delle monache
Ordino fermamente a tutti i frati di non avere vicinanza o colloqui con donne tali da ingenerare sospetto e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è stata data dalla Sede Apostolica una speciale licenza.
Né si facciano padrini di uomini o di donne, affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati e dai frati.
XII
Di coloro che vanno in missione tra i saraceni e tra gli altri infedeli
Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I ministri poi non diano a nessuno il permesso se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati.
Per obbedienza, inoltre, ordino ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della santa Chiesa Romana il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità; affinché sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa, stabili nella fede (cfr. Col 1,23) cattolica, osserviamo la povertà, l'umiltà e il santo Vangelo del Signor nostro Gesú Cristo, che abbiamo fermamente promesso.
P. Domenico Stella (1881-1956) - Cantico delle creature
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