Perché la Chiesa non fa di più per i giovani?
Per i giovani la Chiesa impegna tante energie, però una cosa è certa: non farà mai abbastanza! Investire energie, risorse e tempo nei giovani significa investire nel futuro e questo è molto importante, anzi, diciamo vitale. Lavorare nel mondo giovanile però non è facile e neppure esaltante come spesso si crede. Dobbiamo avere il coraggio di sfatare qualche "mito": quello del giovane buono e sempre disponibile per definizione, sempre aperto alla novità, libero dall'egoismo. Non è sempre così. I giovani non sono immuni... dal peccato originale e hanno sostanzialmente le stesse debolezze di fondo e tendono ad essere egoisti come gli adulti. Il loro punto di forza non sta tanto nell'essere intrinsecamente migliori degli adulti quanto nell'essere ancora disponibili per creare un futuro diverso, nel non essersi ancora compromessi con quelle scelte spesso ambigue che il mondo cerca continuamente di imporci, nella capacità di mettersi in discussione, di rimettere tutto in gioco.
Altro elemento che caratterizza spesso il giovane è quello della libertà/povertà. Libertà in quanto il giovane - non essendo ancora inserito in modo determinante in un sistema che lo lega a delle funzioni e a delle responsabilità - ha una maggiore libertà d'azione, sia pure frustrata da una minore credibilità da parte del sistema sociale e politico; povertà in quanto il giovane spesso, non essendo titolare di un patrimonio economico, di un'immagine, sociale e politica, può facilmente mettere in discussione ciò che ha acquisito e darsi un nuovo indirizzo. Ciò che è possibilissimo ad un giovane di 14 anni, che deve ancora strutturarsi, è problematico per un trentenne, arduo per un quarantenne e pressoché impossibile per un cinquantenne. Ovviamente questo è un discorso generico. Molte cose possono cambiare in relazione al luogo, alla cultura e alla condizione sociale e personale.
Una persona adulta, che ha ormai un'età anche ragguardevole, non sarà in grado di cambiare sostanzialmente il suo ruolo sociale e le sue abitudini, tuttavia potrà elaborare un nuovo stile di vita e di visione del mondo più di quanto non si creda: una rivoluzione più spirituale che materiale forse, ma pur sempre una vera e profonda innovazione. La scoperta o la riscoperta di una fede autentica, per esempio, sono in grado di operare un simile mutamento. A volte si hanno molte più soddisfazioni nel lavorare con gli anziani che con i giovani. Ci sono degli anziani che nascondono un'incredibile forza interiore e un grande desiderio di autentica libertà.
Nel mondo giovanile spesso si semina e si resta a mani vuote (cosa che l'operaio evangelico naturalmente deve sempre mettere in conto); spesso ci si scontra con la dura realtà dell'egoismo, della vanità, dell'orgoglio e della paura, in un modo disarmante. La verità è che l'uomo non è buono perché è giovane, ma è giovane (dentro ma spesso anche fuori) se e in quanto ha fatto una scelta importante: quella di amare. Questa è la chiave di una giovinezza perenne e sempre nuova! Questo non deve demoralizzare i giovani o togliere loro la stima, quasi che la Chiesa non li amasse e non li prendesse in considerazione: li ama, ma non vuole farne né degli idoli, né dei supporter senza cervello; li ama ma vuole servirli e non servirsene. Vuole amarli senza demagogia, senza sconti, senza cadere nei comodi raggiri di una pastorale superficiale e disimpegnata; vuole amarli offrendo loro il Vangelo fino in fondo con quanto ha di bello ma anche di scomodo, di esigente, di crocifiggente: una crocifissione che però è garanzia di salvezza e di risurrezione.
Attenzione a quella che può essere definita - con buona pace dei cultori della musica e degli scout, peraltro benemeriti - "la pastorale della chitarra e del campeggio". Sia chiaro, sono cose buone, ma se la pastorale si ferma a questi aspetti esteriori dello stare insieme, se tutto si riduce a sentimentalismo, se manca una formazione profonda (impegnativa e quindi anche scomoda) della persona, servirà a ben poco. È bene ricordare che in passato un certo modo di fare associazionismo giovanile ha fornito non pochi elementi all'eversione politica e sociale. Se un cammino formativo non porta a qualcosa di serio alla fine resta il vuoto: ma chi o che cosa poi occuperà quel vuoto? Se amiamo i giovani, cerchiamoli per servirli e per servirli bene dunque, stando attenti a non servire invece solo noi stessi. Nel giovane amiamo il bambino che era ieri e amiamo l'adulto che sarà domani.
Stare fra i giovani, ancor più fra giovanissimi, è gratificante perché non contestano mai il loro "idolo", lo applaudono sempre. Una volta che hanno accettato una persona come leader, gli garantiscono il loro affetto e la loro amicizia: è un rischio questo, è una tentazione ed è importante dunque interrogarsi spesso sulla correttezza del nostro rapporto nei loro confronti. Lavoriamo è preghiamo perché nella Chiesa ci sia sempre questa purezza, questa giovinezza interiore capace di generare nuove vite al Vangelo, alla fede e al futuro.
«Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati rimessi i peccati in virtù del suo nome. Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è fin dal principio. Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il maligno. Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è fin dal principio. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno» (1Gv 2,12-14).