Quanto concordi con la natura degli uomini il rispetto dei segreti, appare evidente anzitutto dal fatto che molte cose, benché siano da trattare esternamente, traggono tuttavia origine e sono meditate nell'intimo del cuore e vengono prudentemente esposte soltanto dopo matura riflessione.

Perciò tacere, cosa davvero assai difficile, come pure parlare pubblicamente con riflessione sono doti dell'uomo perfetto: infatti c'è un tempo per tacere e un tempo per parlare (cf. Eccle 3,7) ed è un uomo perfetto chi sa tenere a freno la propria lingua (cf. Gc 3,2).

Questo avviene anche nella Chiesa, che è la comunità dei credenti, i quali, avendo ricevuto la missione di predicare e testimoniare il Vangelo di Cristo (cf. Mc 16, 15; At 10,42), hanno tuttavia il dovere di tenere nascosto il sacramento e di custodire nel loro cuore le parole, affinché le opere di Dio si manifestino in modo giusto e ampio, e la sua parola si diffonda e sia glorificata (cf. 2 Ts 3, 1).

A buon diritto, quindi, a coloro che sono chiamati al servizio del popolo di Dio vengono confidate alcune cose da custodire sotto segreto, e cioè quelle che, se rivelate o se rivelate in tempo o modo inopportuno, nuocciono all'edificazione della Chiesa o sovvertono il bene pubblico oppure infine offendono i diritti inviolabili di privati e di comunità (cf. Communio et progressio, 121).

Tutto questo obbliga sempre la coscienza, e anzitutto dev'essere severamente custodito il segreto per la disciplina del sacramento della penitenza, e poi il segreto d'ufficio, o segreto confidato, soprattutto il segreto pontificio, oggetto della presente istruzione. Infatti è chiaro che, trattandosi dell'ambito pubblico, che riguarda il bene di tutta la comunità, spetta non a chiunque, secondo il dettame della propria coscienza, bensí a colui che ha legittimamente la cura della comunità stabilire quando o in qual modo e gravità sia da imporre un tale segreto.

Coloro poi che sono tenuti a tale segreto, si considerino come legati non da una legge esteriore, quanto piuttosto da un'esigenza della loro umana dignità: devono ritenere un onore l'impegno di custodire i dovuti segreti per il bene pubblico.

Per quanto riguarda la Curia Romana, gli affari da essa trattati a servizio della Chiesa universale, sono coperti d'ufficio dal segreto ordinario, l'obbligo morale del quale dev'essere stabilito o da una prescrizione superiore o dalla natura e importanza della questione. Ma in taluni affari di maggiore importanza si richiede un particolare segreto, che viene chiamato segreto pontificio e che dev'essere custodito con obbligo grave.

Circa il segreto pontificio la segreteria di stato ha emanato una istruzione in data 24 giugno 1968; ma, dopo un esame della questione da parte dell'assemblea dei cardinali preposti ai dicasteri della Curia Romana, è sembrato opportuno modificare alcune norme di quella istruzione, affinché con una piú accurata definizione della materia e dell'obbligo di tale segreto, il rispetto del medesimo possa essere ottenuto in modo piú conveniente.

Ecco dunque qui di seguito le norme.

 

 

 

 

Art. I

Materia del segreto pontificio

 

 

Sono coperti dal segreto pontificio:

1) La preparazione e la composizione dei documenti pontifici per i quali tale segreto sia richiesto espressamente.

2) Le informazioni avute in ragione dell'ufficio, riguardanti affari che vengono trattati dalla Segreteria di stato o dal Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, e che devono essere trattati sotto il segreto pontificio;

3) Le notificazioni e le denunce di dottrine e pubblicazioni fatte alla Congregazione per la dottrina della fede, come pure l'esame delle medesime, svolto per disposizione del medesimo dicastero;

4) Le denunce extra-giudiziarie di delitti contro la fede e i costumi, e di delitti perpetrati contro il sacramento della penitenza, come pure il processo e la decisione riguardanti tali denunce, fatto sempre salvo il diritto di colui che è stato denunciato all'autorità a conoscere la denuncia, se ciò fosse necessario per la sua difesa. Il nome del denunciante sarà lecito farlo conoscere solo quando all'autorità sarà parso opportuno che il denunciato e il denunciante compaiano insieme;

5) I rapporti redatti dai legati della Santa Sede su affari coperti dal segreto pontificio;

6) Le informazioni avute in ragione dell'ufficio, riguardanti la creazione di cardinali;

7) Le informazioni avute in ragione dell'ufficio, riguardanti la nomina di vescovi, di amministratori apostolici e di altri ordinari rivestiti della dignità episcopale, di vicari e prefetti apostolici, di legati pontifici, come pure le indagini relative;

8) Le informazioni avute in ragione dell'ufficio, riguardanti la nomina di prelati superiori e di officiali maggiori della Curia Romana;

9) Tutto ciò che riguarda i cifrari e gli scritti trasmessi in cifrari.

10) Gli affari o le cause che il Sommo Pontefice, il cardinale preposto a un dicastero e i legati della Santa Sede considereranno di importanza tanto grave da richiedere il rispetto del segreto pontificio.

 

 

 

 

Art. II

Le persone tenute al segreto pontificio

 

 

Hanno l'obbligo di custodire il segreto pontificio:

1) I cardinali, i vescovi, i prelati superiori, gli officiali maggiori e minori, i consultori, gli esperti e il personale di rango inferiore, cui compete la trattazione di questioni coperte dal segreto pontificio;

2) I legati della Santa Sede e i loro subalterni che trattano le predette questioni, come pure tutti coloro che sono da essi chiamati per consulenza su tali cause;

3) Tutti coloro ai quali viene imposto di custodire il segreto pontificio in particolari affari;

4) Tutti coloro che in modo colpevole, avranno avuto conoscenza di documenti e affari coperti dal segreto pontificio, o che, pur avendo avuto tale informazione senza colpa da parte loro, sanno con certezza che essi sono ancora coperti dal segreto pontificio.

 

 

 

 

Art. III

Sanzioni

 

 

1) Chi è tenuto al segreto pontificio ha sempre l'obbligo grave di rispettarlo.

2) Se la violazione si riferisce al foro esterno, colui che è accusato di violazione del segreto sarà giudicato da una commissione speciale, che verrà costituita dal cardinale preposto al dicastero competente, o, in sua mancanza, dal presidente dell'ufficio competente; questa commissione infliggerà delle pene proporzionate alla gravità del delitto e al danno causato.

3) Se colui che ha violato il segreto presta servizio presso la Curia Romana, incorre nelle sanzioni stabilite nel regolamento generale.

 

 

 

 

Art. IV

Giuramento

 

 

Coloro che sono ammessi al segreto pontificio in ragione del loro ufficio devono prestar giuramento con la formula seguente:

«Io... alla presenza di..., toccando con la mia mano i sacrosanti vangeli di Dio, prometto di custodire fedelmente il segreto pontificio nelle cause e negli affari che devono essere trattati sotto tale segreto, cosicché in nessun modo, sotto pretesto alcuno, sia di bene maggiore, sia di causa urgentissima e gravissima, mi sarà lecito violare il predetto segreto.

Prometto di custodire il segreto, come sopra, anche dopo la conclusione delle cause e degli affari, per i quali fosse imposto espressamente tale segreto.

Qualora in qualche caso mi avvenisse di dubitare dell'obbligo del predetto segreto, mi atterrò all'interpretazione a favore del segreto stesso.

Parimenti sono cosciente che il trasgressore di tale segreto commette un peccato grave.

Che mi aiuti Dio e mi aiutino questi suoi santi vangeli che tocco di mia mano».

Il Sommo Pontefice Paolo VI, nell'udienza concessa il 4 febbraio 1974 al sottoscritto, ha approvato la seguente istruzione ed ha comandato che venga pubblicata, ordinando che entri in vigore a partire dal 14 marzo del medesimo anno, nonostante qualsiasi disposizione contraria.

+ Jean card. Villot - Segretario di Stato

 

 

 

 

 

Cfr. EV 98-106.

 

N.B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.