Arte marziale e spiritualità (Jungshin Sooyang)

È un deprecabile luogo comune ritenere che l’arte marziale generi in colui che la pratica spirito di violenza e di sopraffazione. In realtà le arti marziali nascono in seno a culture e tradizioni secolari - se non addirittura millenarie - cariche di saggezza ed esperienza e arricchite da una sensibilità morale ed etica di grande livello. Spesso si tratta di culture proprie di antichi popoli e nazioni che pur non avendo conosciuto la ricchezza del Vangelo esprimono valori che ne sono in certo qual modo l’anticipazione. È significativo al riguardo l’insegnamento che la Chiesa offre a riguardo delle religioni non cristiane:

«Dai tempi antichi fino a oggi, presso i vari popoli si nota quasi una percezione di quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, e anzi talvolta un riconoscimento della divinità suprema o anche del Padre; percezione e riconoscimento che compenetrano la loro vita di un profondo senso religioso. Invece le religioni legate al progresso della cultura, si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni piú raffinate e con un linguaggio piú elaborato. Cosí nell’Induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con l’inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza.

Nel Buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di raggiungere lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema, sia per mezzo dei propri sforzi, sia con l’aiuto venuto dall’alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri. La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia, ed è tenuta ad annunziare, incessantemente Cristo che è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose. Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali, come pure i valori socio-culturali che si trovano presso di loro» (cfr. Concilio Vaticano II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane, Nostra aetate, n. 2).

Non deve destare meraviglia alcuna perciò il fatto che anche nelle religioni non cristiane vi siano numerosi elementi di verità. I principi fondamentali sui quali si basano la morale e l’etica infatti, ma non solo, possono essere conosciuti attraverso il retto uso della ragione:

«La stessa madre Chiesa ritiene e insegna che Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create; infatti, dalla creazione del mondo, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute (cf. Rm 1,20» (cfr. Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica sulla fede cattolica, Dei Filius, c. 2).

Ogni arte marziale contempla un codice morale il cui rispetto è sempre stato riconosciuto come requisito fondamentale e previo alla conoscenza delle relative tecniche e alla loro pratica. Le attitudini morali dell’allievo e perfino della sua famiglia rivestivano tanta importanza da costituire spesso una discriminante inderogabile nell’ammissione al Dojang. L’ampia diffusione che nel corso del tempo le arti marziali hanno ricevuto, soprattutto dopo la loro diffusione in un Occidente ateo e materialista, ne hanno spesso sminuito la natura riducendola ad un mero insieme di tecniche il cui unico metro di valutazione è stato quello dell’efficacia, oppure della spettacolarità, soprattutto nel circuito sportivo e/o olimpico.

Insieme alla privazione dei contenuti etici le arti marziali hanno conosciuto anche una progressiva riduzione a pura pratica sportiva, ciò che le ha impoverite anche nella loro natura originaria, volta alla difesa e alla salvaguardia della vita umana.

Sostenere la spiritualità nel mondo delle arti marziali dunque significa anche custodirne sapientemente e rettamente l’identità originaria a tutto vantaggio della formazione integrale della persona.

 

 

 Taekwondoka contemplation

Taekwondoka contemplation

 

 

 

 

La spiritualità nell’arte del Taekwon-Do

Il patrimonio spirituale del Taekwon-Do, com’è stato concepito alle origini, rivela una sorprendente vicinanza ai valori della spiritualità cristiana. Valori che sono stati condensati in una forma solo apparentemente riduttiva nei cinque principi indicati come: cortesia, integrità, perseveranza, autocontrollo e spirito indomito.

Il principio della cortesia (Ye Uil) richiede al taekwondoka di costruire un carattere nobile promuovendo uno spirito di reciproca benevolenza e disponibilità; esso esige la riprovazione dei propri vizi ma anche la disponibilità ad aiutare gli altri nell’emendarsi; esige un comportamento educato, la sincerità, il senso di giustizia e di umanità, il rispetto degli anziani e della proprietà altrui. L’insieme di queste qualità, nella spiritualità cristiana, appare riassunto e brillantemente esaltato nel capitolo 13 della Lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto: «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1Cor 13,4-8).

Il principio dell’integrità (Yom Chi) richiede al taekwondoka la rettitudine di coscienza sia nell’apprendimento, sia nell’insegnamento dell’arte marziale e raccomanda l’umiltà nei rapporti interpersonali. L’insieme di queste qualità, nella spiritualità cristiana, appare riassunto nella Prima lettera dell’apostolo Pietro: «Chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura [dei nemici], né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. È meglio infatti, se cosí vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male» (1Pt 3,13-17).

Il principio della perseveranza (In Nae) esige dal taekwondoka perseveranza e costanza tanto nello studio dell’arte quanto nelle difficoltà della vita. Questo principio appare riassunto sia nella Lettera dell’apostolo Paolo ai tessalonicesi, sia nel Vangelo di Luca: «State saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese cosí dalla nostra parola come dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesú Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» (2Ts 2,15-17); come pure: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime» (Lc 21,19); e: «Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto» (Lc 16,10).

Il principio dell’autocontrollo (Guk Gi) è richiesto al taekwondoka tanto dentro quanto fuori del Dojang. Secondo tale principio infatti non v’è persona piú forte di colui che vince su se stesso piú che sugli altri, ciò che è insegnato esattamente nel Libro dei Proverbi: «Il paziente val piú di un eroe, chi domina se stesso val piú di chi conquista una città» (Pr 16,32). Il principio similare si trova anche nel Vangelo di Luca, dove è detto: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25).

Il principio dello spirito indomito (Baekjul Boolgool) deve essere una costante nel taekwondoka e si manifesta quando una persona affronta una grave difficoltà con grande determinazione e senza rinunciare ai propri principi. Questo principio appare nella Lettera dell’apostolo Paolo ai filippesi: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione; ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,11-13).

«Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13): quello di Paolo ai filippesi è un testo decisivo ma anche chiarificatore della differenza radicale fra la spiritualità cristiana e quella propria delle filosofie orientali. In essa l’uomo è oggetto dell’amore di Dio il quale conosce e comprende tutte le sue necessità (cfr. Mt 6,8).

Non cosí nelle filosofie orientali dove l’uomo resta solo dinanzi al dramma della vita; egli infatti può contare esclusivamente su di sé, può cercare di radunare tutte le proprie energie fisiche e interiori - se gli è possibile e ne è capace - ma propriamente non può attingere ad alcuna motivazione superiore. È la differenza sostanziale tra la filosofia e la fede infatti a rendere impossibile ogni passo e ogni speranza ulteriore.

La filosofia seppure illumina l’uomo lo lascia inevitabilmente nella sua solitudine ultima; la fede - che pure contempla e assomma la filosofia - illumina sí il cammino dell’uomo ma soprattutto ne dischiude il cuore e le energie alla ricchezza della dimensione soprannaturale, con i suoi doni e carismi, per l’edificazione della comunità (cfr. 1Cor 14,12).

 

 

Lo spirito del Taekwon-Do - The spirit of Taekwon-Do (iniziativa propria)