Celebrate Humanity - Celebrare l'Umanità
Atene 2004 sarà un evento da ricordare al di là di ogni immancabile polemica e cosí è di ogni olimpiade. Questo per una ragione profondamente umana prima ancora che sportiva. Ad Atene abbiamo visto il mondo sfilare al cospetto del mondo: un'umanità che ha trovato la forza di sorridere e di salutare anche là dove sono palesi le violazioni dei diritti umani, le discriminazioni razziali e i fanatismi religiosi.
Gli atleti sono stati uno spettacolo nello spettacolo: la spontaneità dei giovani protagonisti dei Giochi ha simpaticamente rotto il protocollo ufficiale ma anche questo ha contribuito a sottolineare il grandioso inno alla persona umana che è stato cantato in questa manifestazione.
Gli atleti hanno sfilato fotografando e riprendendo con videocamere il pubblico: il vero protagonista della festa è stato davvero l'essere umano, nella sua molteplicità di opinioni, costumi, fedi religiose e tradizioni. Eventi come i Giochi olimpici sono salutari perchè insegnano, con l'eloquenza delle immagini, che nell'accettazione delle differenze e nella comunione umana c'è vera crescita personale e miglioramento culturale.
Il vero protagonista è l'essere umano
Olympic Anthem - Inno olimpico ufficiale
Immortal Spirit of antiquity, Father of the true, beautiful, and good, Descend, appear, shed over us Thy light Upon this ground and under this sky.
Which has first witnessed Thy imperishable fame. Give life and animation to those noble games! Throw wreaths of fadeless flowers to the victors In the race and in strife!
Create in our breasts, hearts of steel! Shine in a roseate hue and form a vast temple To which all nations throng to adore Thee, O immortal Spirit of antiquity.
Un inno per i Giochi venne composto in occasione della prima edizione svoltasi ad Atene nel 1896. Autore della musica fu il compositore greco Spyros Samaras (1863-1917), sul testo del poeta Kostis Palamas. Fu eseguito per la prima volta in occasione della cerimonia d'apertura, il 6 aprile 1896, suonato da nove complessi bandistici e intonato da un coro. Venne riproposto dieci anni più tardi, nei cosiddetti Giochi intermedi di Atene. Da quel momento, una moltitudine di composizioni si è succeduta fino al 1960.
Sei anni prima, il CIO aveva indetto un concorso mondiale per la scelta di un nuovo inno. I lavori presentati furono 392 e vincitore risultò Michael Spisak, con una composizione atonale, molto moderna, con parole tratte dalle "Odi di Pindaro". Questo inno non divenne mai molto popolare e si decise dunque di tornare al duo Samaras-Palamas. Il loro inno venne suonato alla sessione del CIO del 1958 a Tokyo. Finalmente il principe Axel di Danimarca, membro del Comitato olimpico internazionale, propose di adottarlo come inno ufficiale: la mozione fu approvata all'unanimità. Fu quindi l'edizione di Roma nel 1960 a riproporlo e tale decisione entrò a far parte della Carta olimpica.
Motto olimpico
Il motto olimpico ufficiale è Citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte). Fu adottato da de Coubertin che trasse ispirazione da un religioso domenicano, padre Henri Martin Didon (1840-1900), nato a Le Toupet presso Grenoble, che nel 1890 divenne priore del convitto di Arcueil, intitolato a S. Alberto il Grande.
La struttura versava in condizioni precarie, ma Didon risparmiò soldi licenziando i dipendenti in eccesso, acquistò un terreno adiacente e fece costruire diverse installazioni sportive per gli allievi, inclusa una piscina. Per favorire le competizioni Didon - che a 8 anni aveva partecipato vincendo tre prove ai cosiddetti Giochi Olimpici del Rondeau, un piccolo seminario della valle del Drac, in Francia - fondò nel 1891 l'Associazione Atletica Saint Albert le Grand e la dotò del motto Citius, altius, fortius, da lui stesso composto in latino, che venne scolpito su una lastra di pietra all'ingresso del convitto.
L'associazione venne creata su suggerimento di de Coubertin, che conosceva bene padre Didon, il quale divenne poi il suo consigliere spirituale. Nel 1894, al Congresso della Sorbona delle società atletiche francesi, Didon offrì a de Coubertin il suo motto, che il barone accettò e trasformò nel motto del Comitato olimpico.
Per celebrare questa amicizia, Didon condusse ad Atene in treno, in battello e a cavallo, un gruppo di allievi per assistere ai Giochi del 1896. Ad Atene celebrò la Messa nella cattedrale, la prima in spirito ecumenico, in terra ortodossa dall'XI secolo, e fu fra i più applauditi relatori del congresso di Le Havre del 1897. Morì nel 1900 presso Tolosa.
Bandiera olimpica
Il vessillo olimpico ufficiale consiste in un fondo bianco, senza bordi, al centro del quale sono disegnati, su due file, cinque anelli intrecciati. Nella prima fila i colori degli anelli sono, da sinistra, il blu, il nero e il rosso, nella seconda il giallo e il verde. Fu lo stesso de Coubertin a disegnare il simbolo dei cinque anelli nel 1914. Disse di essersi ispirato a un'immagine vista a Delfi nel 1913, ma non c'è alcuna prova di tale simbologia nel periodo greco classico.
Il CIO aveva progettato di creare una bandiera olimpica nel 1910, formando un comitato che fece però proposte poco soddisfacenti, finché de Coubertin non parlò del suo progetto. Nella Rivista Olimpica del 1913 lo stesso barone riferì i cinque anelli ai continenti e i sei colori (incluso il fondo bianco) all'universo delle bandiere di tutto il mondo. Il drappo di de Coubertin fu mostrato alla Sorbona nel 1914 in occasione della celebrazione del ventennale della rinascita dell'idea olimpica.
Venne approvato il 15 giugno, anche se era già apparso sul pennone dello stadio Chatsby di Alessandria d'Egitto, in occasione dei Giochi Panegiziani il 5 aprile dello stesso anno. La bandiera fu presentata anche all'Expo di San Francisco nel 1915 e alla sessione del CIO di Losanna del 1919. Fece il suo debutto olimpico ad Anversa nel 1920.
Questo drappo originale rimase il vessillo olimpico fino al 1988. Anche i Giochi invernali hanno sostituito la loro bandiera originale, con una identica, donata al CIO dalla città di Oslo durante i Giochi del 1952.
La bandiera viene issata durante la cerimonia d'apertura, ammainata alla chiusura, avvolta e consegnata dal sindaco della città che ha appena ospitato i Giochi al presidente del CIO, che la porge al primo cittadino della sede successiva. Viene conservata nel municipio della città fino all'apertura della nuova Olimpiade.
Giuramento olimpico
Nel numero del 1906 della Rivista Olimpica de Coubertin manifestò l'esigenza di istituire una formula da pronunciare prima dei Giochi per garantire la lealtà dei concorrenti. Il giuramento fu finalmente introdotto ad Anversa nel 1920 e affidato a un atleta belga, Victor Boin. Ai Giochi invernali del 1924 tutti i concorrenti pronunciarono collettivamente il giuramento.
La prima versione del giuramento era "Giuriamo di partecipare ai Giochi Olimpici con spirito cavalleresco, per l'onore del nostro paese e la gloria dello sport". Nel 1961 la formula fu modificata: "giuriamo" diventò "promettiamo", e "l'onore del nostro paese" si trasformò in "l'onore delle nostre squadre". Nel 1999 la Commissione per i Giochi 2000 raccomandò una modifica del giuramento, che fu adottata dalla sessione del CIO.
La versione corrente, letta sempre da un atleta partecipante designato dagli organizzatori, è dunque la seguente:
"A nome di tutti gli atleti prometto che parteciperemo ai Giochi, rispettando ed osservando le norme che li regolano, impegnandoci verso uno sport senza doping e senza droghe, in autentico spirito di sportività, per la gloria dello sport e l'onore delle nostre squadre".
Al giuramento pronunciato dagli atleti si è aggiunto, dal 1972, quello letto da un giudice per tutti gli altri: "A nome di tutti i giudici e gli arbitri, prometto che in questi Giochi opereremo con totale imparzialità, rispettando e osservando le regole che li governano, in autentico spirito di sportività".