Premessa

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace desidera contribuire con alcune considerazioni alla riflessione intorno alla attuale situazione agricola ed alimentare mondiale. Nell’anno 2000 il piú grande Summit di capi di Stato della storia proclamava solennemente la “Dichiarazione del Millennio” che individuava nel raggiungimento, entro il 2015, di 8 urgenti obiettivi di sviluppo (Millennium Development Goals) il miglioramento delle condizioni di vita dei piú poveri. Il primo obiettivo era dimezzare la povertà estrema e la fame, obiettivo la cui realizzazione a 8 anni di distanza è messa fortemente in dubbio. Infatti, la gravissima crisi alimentare che si sta manifestando in questi mesi in molti paesi con tragiche ricadute sociali, rischia di vanificare gli sforzi fin qui compiuti dalla comunità internazionale.

“Dare da mangiare agli affamati” (cfr. Mt. 25, 35.37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale che risponde agli insegnamenti di solidarietà e condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesú. Inoltre, eliminare la fame nel mondo è divenuta, nell’era della globalizzazione, anche un’esigenza da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta. È in questa prospettiva che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, pur non proponendo soluzioni tecniche, esorta i fedeli laici e gli uomini e le donne di buona volontà a cercare adeguate soluzioni alla crisi in nome della doverosa solidarietà fra i membri dell’unica famiglia umana [1].

 

La crisi alimentare

Il rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità - in modo particolare del settore cerealicolo -, iniziato già a partire dal 2005, ha assunto negli ultimi mesi un ritmo di crescita vertiginoso. I mercati agricoli hanno piú volte sperimentato fenomeni di incremento o abbassamento dei prezzi dei loro prodotti, ma lo scenario attuale presenta delle caratteristiche nuove rispetto al passato: l’incremento dei prezzi colpisce quasi tutti i principali prodotti alimentari, si sta verificando in molti paesi contemporaneamente e sta perdurando per un lasso temporale considerevole.

 

Cause

Il concorso di piú fattori, a carattere congiunturale e strutturale, ha contribuito a determinare questa situazione. Tra le cause congiunturali sottostanti alla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari si colloca, in primo luogo, la scarsità dei raccolti conseguente alle avverse ed estreme condizioni climatiche in molti paesi produttori ed esportatori di cereali, quali la Cina, il Vietnam, ma anche il Bangladesh, l’Indonesia e l’Australia. In secondo luogo, l’aumento dei prezzi dell’energia ha reso piú costosa la produzione agricola facendo lievitare, oltre che la spesa per il trasporto del prodotto dalle campagne ai luoghi di vendita, anche quella per la coltivazione meccanica, e per gli inputs quali le sementi, i fertilizzanti e i pesticidi. L’aumento del prezzo del petrolio ha, inoltre, determinato la convenienza ad ottenere energia dai cosiddetti biocarburanti, inducendo alcuni paesi ad espandere le coltivazioni dei cereali destinate alle bioenergie sottraendo cosí terra alla coltivazione di cereali per uso alimentare.

In terzo luogo, l’aumento del prezzo dei beni alimentari è, in parte, anche determinato dai comportamenti degli investitori internazionali che, di fronte alla crisi dei mercati finanziari, hanno investito in questo settore e speculato su un futuro incremento dei prezzi dei beni primari alimentando cosí ulteriormente l’impennata di questi stessi prezzi.

Per quanto concerne, invece, i fattori strutturali alla base dell’odierna crisi alimentare è possibile distinguerli tra quelli sul lato della domanda e quelli sul lato dell’offerta di beni alimentari. Sul versante della domanda, la crescita della popolazione e lo sviluppo economico di alcuni paesi emergenti ha determinato un incremento dei consumi e, dunque, della domanda di beni alimentari. Tuttavia, l’aumento del reddito in tali paesi ha, soprattutto, prodotto un cambiamento strutturale nella domanda di alimenti da parte delle nuove classi medie: meno cereali, piú alimenti proteici - carne e formaggio. Questo ha indotto gli agricoltori a coltivare cereali in via indiretta per nutrire gli animali distogliendo terra dalla coltivazione di prodotti destinati all’alimentazione umana.

L’incremento della domanda di beni alimentari si è scontrato con una insufficienza dell’offerta a livello mondiale le cui cause si possono rintracciare nelle scelte di politica economica portate avanti sia dalle economie avanzate che dalle istituzioni finanziarie internazionali nei paesi in via di sviluppo negli ultimi 30 anni.

I sussidi alla produzione e all’esportazione dei prodotti agricoli nei paesi avanzati hanno fatto sí che per diversi decenni eccessive quantità di beni primari invadessero il mercato internazionale facendone scendere il prezzo. I prezzi mondiali bassi per i beni agricoli hanno reso poco remunerative le produzioni ed esportazioni dei paesi in sviluppo ed impoverito i contadini, favorendo lo svuotamento delle campagne e l’inurbamento. Senza contare che in molti paesi poveri le politiche pubbliche, sollecitate in tal senso anche dalle istituzioni finanziarie internazionali, hanno sostenuto i settori manifatturieri e la specializzazione nelle culture d’esportazione, rendendo cosí piú debole la loro autonomia alimentare. Il risultato è che la maggior parte dei paesi piú poveri sono divenuti importatori netti di cibo con gravi conseguenze sulla capacità produttiva e di innovazione nel settore agricolo.

 

Effetti

Gli effetti del rincaro dei prodotti alimentari si ripartiscono in maniera diseguale all’interno della popolazione mondiale e fra i diversi paesi, esportatori e importatori di cereali. La crisi alimentare impoverisce le fasce piú deboli della popolazione mondiale, in particolar modo quelle nelle zone urbane che spendono una quota consistente del loro reddito per comprare il cibo. Le prime vittime sono i bambini che vengono privati di una nutrizione adeguata per la loro crescita e della formazione necessaria al pieno sviluppo della loro personalità. Secondo le stime delle Nazioni Unite ad ogni rincaro dell’1% dei generi di prima necessità, 16 milioni di persone precipitano nell’insicurezza alimentare. In pratica da oggi fino al 2015 potrebbero esserci 1 miliardo 200.000 milioni di affamati cronici.

Diversi paesi esportatori di cereali, in specie riso, fra cui l’Indonesia, l’India, il Vietnam, la Cina e di recente anche il Brasile, hanno applicato delle restrizioni alle proprie esportazioni per timore di non riuscire a soddisfare la domanda nazionale e per controllare al loro interno il rialzo dei prezzi alimentari. Tuttavia, il divieto delle esportazioni di beni alimentari, come risposta interventista dei governi all’emergenza alimentare, sta determinando un ulteriore rialzo dei prezzi mondiali delle derrate alimentari e penalizza fortemente i paesi importatori.

 

La risposta alla crisi

La risposta immediata della comunità internazionale alla crisi alimentare mondiale si è per il momento concretizzata in una risposta di tipo emergenziale. Il Presidente della Banca Mondiale ha chiesto ai paesi donatori di aumentare fondi al Programma Alimentare Mondiale dell’ONU per affrontare l’emergenza alimentare. La Commissione europea ha annunciato lo stanziamento di altri 117,25 milioni di euro in aiuti umanitari. Il Direttore Generale della FAO ha convocato un vertice di tutti gli Stati-membri della FAO a Roma dal 3 al 5 giugno per parlare di sicurezza alimentare, cambiamento climatico e bioenergie. Inoltre, per far fronte alla corsa dei prezzi e per calmierare il mercato il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sta cercando di trovare nuove misure economiche. In particolare, sono allo studio prestiti a una decina di Paesi, per lo piú africani, nell’ambito dei programmi per la riduzione della povertà. Il vertice di Berna, in Svizzera, del 28 e 29 aprile 2008, dove si sono riuniti i massimi dirigenti delle Nazioni Unite per studiare interventi contro la crisi alimentare mondiale, si è concluso con la costituzione di una Task Force delle Nazioni Unite che gestirà la risposta della comunità internazionale all’emergenza cibo. Gli aiuti alimentari di emergenza si configurano certamente nel breve periodo - sempre che sussista una effettiva volontà di collaborare da parte delle autorità governative locali con la comunità internazionale - come uno strumento necessario al sostegno dei consumi nelle zone devastate dalla carestia e dalla fame. Tuttavia, non agendo sulle cause profonde della crisi alimentare, questi aiuti possono nel medio e lungo periodo danneggiare i mercati locali e indebolire ulteriormente l’autonomia alimentare dei paesi beneficiari.

Occorre, dunque, affrontare il problema il prima possibile in una prospettiva di lungo periodo eliminando le cause strutturali alla rigidità dell’offerta mondiale di prodotti alimentari. Si rendono, infatti, sempre piú necessarie misure per incrementare la produzione alimentare nel mondo: la Banca Mondiale e le Nazioni Unite invocano un “new deal” per l’alimentazione, un rinascimento agricolo nei paesi in via di sviluppo e in quelli sviluppati.

Infatti, il boom dei prezzi dei beni alimentari potrebbe anche trasformarsi in un’opportunità di crescita per i paesi piú poveri del mondo, qualora la comunità internazionale e i governi nazionali si impegnino efficacemente nel promuovere lo sviluppo agricolo dei paesi piú poveri, promuovere la loro capacità di provvedere al sostentamento primario della popolazione senza dipendere eccessivamente dall’apporto esterno e promuovere una loro maggiore produttività agricola mediante investimenti in infrastrutture rurali, sistemi di irrigazione, trasporti, organizzazione dei mercati, finanziamento dei raccolti, formazione e diffusione di tecniche agricole e di stoccaggio. I contadini poveri nei paesi in via di sviluppo devono essere aiutati a produrre di piú e a far sí che i loro prodotti raggiungano il mercato. Essi devono avere accesso ai mezzi basilari per coltivare: terra, sementi, fertilizzanti ed acqua per irrigare.

In tal senso, potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle biotecnologie in ambito agricolo. Al tempo stesso, non dovrebbe venir trascurata la questione della riforma agraria nei paesi in via di sviluppo affinché conferisca la proprietà della terra ai contadini e favorisca cosí l’utilizzo di migliaia di ettari di terra coltivabili. A tale riguardo nel 1997 il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato un documento dal titolo “Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria”. che si propone di sollecitare, a tutti i livelli, una forte presa di coscienza dei drammatici problemi umani, sociali ed etici, che solleva il fenomeno della concentrazione e dell’appropriazione indebita della terra.

I paesi avanzati dovranno forse riconsiderare, anche in occasione del prossimo vertice del G8 in Giappone, l’opportunità della produzione delle bioenergie nell’attuale contesto di penuria di prodotti agricoli. Gli Stati sono, infatti, chiamati a operare sulla base di ponderate considerazioni aventi come obiettivo essenziale la tutela e l’attuazione del diritto all’alimentazione, per cui non è pensabile diminuire la quantità di prodotti agricoli da collocare sul mercato degli alimenti o da tenere in riserva per le emergenze che potrebbero verificarsi, in favore di altri pur accettabili fini che non soddisfano però un diritto fondamentale come è quello all’alimentazione [2].

Le politiche pubbliche dei maggiori produttori di biocarburanti (Stati Uniti, Brasile, ma anche Unione Europea) stanno dirottando mediante incentivi e sussidi i terreni dalla coltivazione di beni primari alla coltivazione di combustibili di origine vegetale. La presenza di simili ingerenze governative ostacola il corretto funzionamento del mercato, dove l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, connesso all’incremento del prezzo del petrolio, dovrebbe avere un suo normale decorso attraverso l’aggiustamento fra la domanda e l’offerta. Un contributo al necessario aumento di quest’ultima potrebbe derivare da un ritorno alla coltivazione di un gran numero di terreni che sono stati lasciati a riposo in questi anni, specie negli Stati Uniti ed in Europa.

Sul versante delle previsioni, la Banca Mondiale, pur stimando che i prezzi primari rimangano alti fino al 2015, spera in una ripresa dell’offerta alimentare a livello mondiale fra il 2009-2010 che consenta di frenare il rialzo dei prezzi. Inoltre, l’attuale crisi alimentare, determinata anche dalla speculazione finanziaria sulle cosiddette commodities - materie prime e prodotti primari - chiama in causa una regolamentazione di questa tipologia di comportamento finanziario che incide fortemente sulla realizzazione del diritto primario all’alimentazione proprio di ogni essere umano. Non manca, infine, chi facendo ancora una volta ricorso alle inaccettabili tesi malthusiane, vede nell’aumento demografico l’inevitabile causa dell’emergenza alimentare in atto, e ne ravvisa, quindi, la soluzione nella diminuzione delle nascite nei paesi poveri.

 

Conclusione

Nell’anno in cui la comunità internazionale celebra il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, la crisi alimentare mondiale minaccia il perseguimento del diritto primario di ogni persona ad essere “libera dalla fame”. Il diritto all’alimentazione riveste un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare, innanzitutto, dal diritto fondamentale alla vita. È necessario, pertanto, che fra i Membri della Famiglia delle Nazioni maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione come un diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni. Urge che a questa presa di coscienza faccia seguito un impegno comune e concreto in cui tutti i membri della società si sentano chiamati a cooperare per rendere possibile il diritto all’alimentazione [3].

 

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, “Famiglia umana, comunità di pace”, 1 gennaio 2008.

[2] Intervento della Santa Sede alla XXX sessione della Conferenza Regionale della Fao per l’America Latina e i Caraibi, svoltasi a Brasilia dal 14 al 18 aprile 2008.

[3] Cfr. Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2007.

 

 

 

 

 

 

 

N.B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.