La sessualità come nostalgia del totalmente altro
«La sessualità porta in sé un insopprimibile e inesauribile richiamo alla trascendenza.
Questo richiamo si fonda su due fattori fondamentali: il limite inerente alla sessualità stessa e la vocazione di infinito iscritta nel cuore di ogni essere umano.
Per quanto positiva la sessualità e il suo stesso esercizio portano in sé il limite connaturale ad ogni realtà umana e ad ogni rapporto interpersonale; se è vita (eros), è anche morte (thanatos); se è ricchezza, è anche povertà.
La sessualità è inevitabilmente collegata all'immanenza di questo mondo, mentre il cuore umano conserva in sé il bisogno della trascendenza, la nostalgia di un amore infinito, di una comunione totale e perfetta che non abbia fine.
La ragione di tutto questo sta nel fatto che la creatura umana, in quanto immagine del Dio-infinito, tende ad una realizzazione che vada oltre la sua sola attuazione storica, porta in sé un bisogno di ricongiungersi a Colui di cui è immagine [...].
La sessualità è soggetta alla stessa legge della condizione umana.
Come tale, essa è in sé richiamo e desiderio di unione piena col Dio della vita e dell'amore.
Ciò dice perché, lungi dall'essere una realtà estranea al mondo di Dio, la sessualità sia sotto il segno della sua benedizione e rimandi nella sua realtà più profonda a Dio; spiega anche perché essa esiga un'autentica esperienza di Dio e di preghiera per essere autenticamente integrata in un progetto di amore e di comunione.
Solo in Dio infatti la creatura umana è in grado di realizzare il suo desiderio di amore e di comunione».
Cfr. ROCCHETTA C., Per una teologia della corporeità, Torino 1990, 141-142.