«Tutte le Religioni (Ordini religiosi) sono fondate per tendere alla perfezione e hanno avuto nel principio tanto del rigore e dell'alto, che con gran fatica la fragilità umana vi poteva arrivare; ma di poi a poco a poco sono venute declinando a tanta bassezza che ci è poca differenza tra religiosi e secolari. E questo ha causato tante riforme, ché se non fossero state riformate del tutto sarebbero annichilate. Ma perché il Signore Iddio non vuole che le sante Religioni manchino, di tempo in tempo, siccome è piaciuto alla Maestà sua, ha suscitato alcuni servi suoi che le hanno ritirate in alto.
E questo ne è causa perché la vita nostra fu magagnata nella radice del padre nostro Adamo, e per sì fatto modo debilitata che ci è più fatica il ben fare che il male; cioè più inclinata la natura nostra all'andare al basso che non è a levarsi, come dice il Profeta, sopra se stessa a dimorar con la mente e col cuore nei supremi beni dell'aura vita. Dice che bisogna levarsi sopra se stesso, per dimostrarci che non è moto naturale il tendere alle cose dell'altra vita e tenere una vita contemplativa e soprannaturale. Per questo dice Aristotele, parlando del moto naturale e violento, che il moto naturale è debole in principio e gagliardo in ultimo.
E dà l'esempio d'un sasso che si spiccasse d'un'alta torre, che nel principio facilmente si riterrebbe, ma, cascando, piglia nel cadere tanto del gagliardo che, opponendosegli un trave o qualche altra cosa, del tutto la sfracassa e quanto è più lungo lo spazio, tanto piglia più del gagliardo, che un piccolo sassetto potrebbe ammazzare un uomo. II moto violento è gagliardo in principio e debole nell'ultimo. Questo ce lo dimostra che, uscendo un sasso dalla mano d'un uomo gagliardo, potrebbe ammazzare un uomo; ma quando ha finito il corso, è tanto debole che appena ammazzerebbe una mosca. Moto naturale è dunque l'andare al basso; moto violento il far bene e vivere di vita religiosa e in uno stato di perfezione.
Vediamo che questo moto si è sempre conosciuto nella Chiesa d'Iddio, la quale nel principio e nella primitiva Chiesa con quel moto di spirito e violento alla natura nostra prese molto dell'alto; ma di poi, ripigliando il moto naturale, è venuta la Chiesa e tutta la cristianità a tanta bassezza che, se in diversi tempi non fosse stata da santi uomini col moto violento ritirata in alto, saremmo del tutto allargati che non ci sarebbe più sembianza di cristianità. Ma non senza causa il nostro Signore vuole che nella Chiesa sua di continuo si predichi il Vangelo suo; di più ordina Vescovi e Prelati che, a guisa dell'ortolano, vadino sempre purgando delle mall'erbe le loro pecorelle. E questo è il maggior carico e di più importanza che sia nella cura pastorale: attender sempre a riformare.
Per questo la Chiesa dal principio ha usato di ritirare in alto la vera dottrina di Cristo e purgarla dalle false dottrine degli eretici coi sacri concili. Che se non si fosse per questa via purgata, sarebbe del tutto persa di Pietro la fede, se essere potesse, essendo che per nessuna potenza, governata da Cristo, la può mancare. Moto violento fu dunque il fondare tutte le sante Religioni, che ripieni i santi fondatori di Spirito santo incominciarono con tanta austerità e strettezza e povertà delle cose necessarie per sostentamento della natura nostra, che parevano più tosto angeli che uomini.
E tanto in loro fu illustrata la vita evangelica e manifestata al mondo la vita apostolica e come voleva il nostro Signore che vivessero tutti quei che seguitare lo volevano, che non poco dichiararono a quei bassi intelletti come voleva che fosse nel mondo rappresentato il patire e morte di nostro Signore, che infiniti per il loro esempio con gran fervore li seguitarono, e in pochissimo tempo fu ripieno il mondo di tanti santi uomini, che con l'esempio, dottrina e miracoli illustrarono tutto l'universo mondo, che ne fu arricchito il cielo e la terra; imperocché diedero sì fatto favore alla Chiesa di Cristo, che insino ad oggi si vede essere sostenuta da queste sante colonie; e con la dottrina purgata e difesa dalle perfide dottrine degli eretici seminate da Lucifero in molti uomini carnali e rilasciati.
Ed insinché le sante Religioni si sono mantenute in alto con quel moto violento, sempre hanno fatto frutti molto grati e degni di sua Maestà. Ma quando le sante Religioni hanno ripreso il moto naturale lasciando il rigore della penitenza e dell'alta contemplazione, e si sono ravvolte a loro stesse ripigliando l'amor proprio, a poco a poco sono rivenute tanto al basso che non più frutti buoni né meriti di loro si vede, ma scandali e mal'esempi al mondo. E tanto col moto naturale si ravvolgono a loro stesse, che si può dire quel che disse il nostro Signore per l'Apostolo Paolo: Omnes quaerunt quae sua sunt, et non quae Jesu Christi (Phil. 11, 21).
E questo è la causa di tante riforme, che se non fossero le sante Religioni col moto violento e con belle riforme ritirate in alto, in poco tempo del tutto mancherebbero. Ma perché il nostro Signore vuole che esse perseverino per utilità della Chiesa sua, di tempo in tempo, siccome gli è piaciuto, ha suscitato uomini santi che con belle riforme le hanno ridotte a quella perfezione di osservanza che le furono dai loro fondatori principiate; essendo che riformare una cosa non vuol dire altro che rimetterla nella sua propria forma, che le fu data.
Moto violento fu, e dallo Spirito Santo guidato il negozio, il dar principio il nostro Serafico Padre San Francesco alla sua santa Religione, quando che con tanta altezza di vita fu da esso nostro Padre e da tutti suoi Compagni e quei primi Padri [fondata], che quantunque dippoi molte riforme siano uscite in essa Religione, nessuna nondimeno ha potuto arrivare allo spirito, fervore e perfetta osservanza del Santo Evangelio di Cristo che si vide in quei primi Padri (II, 37-40).
E quantunque molte se ne siano levate di riforme, nondimeno in poco tempo, ripigliando il moto naturale, sono andate al basso in poco tempo, insino alla riforma ultima che noi Cappuccini speriamo essere la nostra, per essersi fatta nello spirito del fondatore e per volontà di Dio (II, 43)».
Cfr. MELCHIORRE DA POBLADURA, La bella e santa riforma dei Frati Minori Cappuccini, Roma 19632, 3-5.
Queste parole furono scritte dal P. Melchiorre da Pobladura, noto storico dell'Ordine Cappuccino, in un testo che potremmo definire "apologetico" della stessa famosa riforma.
Si tratta di parole realistiche - e in un certo senso profetiche - ma anche limitate nella lettura dei segni dei tempi. Il movimento vitale sorto dallo Spirito, tramite il carisma di Francesco d'Assisi, infatti, non può essere esaurito dalle riforme francescane succedutesi nel corso dei secoli.
La straordinaria vitalità del francescanesimo trae linfa dalla perenne novità del Vangelo ed esisteranno sempre uomini nuovi che al di là delle istituzioni sapranno donare alla Chiesa il gusto della verità e la gioia della fraternità. È proprio l'inesauribile giovinezza del Vangelo a muovere uomini e donne di tutti i tempi alla continua ricerca della perfezione.
È proprio di colui che ama la verità e ha un cuore retto e sincero valutare il presente, trarne degli interrogativi ed esigere - de sé in primo luogo e dalle istituzioni in cui vive e opera - delle risposte credibili.
Il Concilio Vaticano II ha auspicato per tutti gli istituti di vita consacrata il ritorno allo spirito del Fondatore: "Il rinnovamento della vita religiosa comporta insieme il continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana e all'ispirazione primitiva degli istituti e il loro adattamento alle mutate condizioni dei tempi" (Perfectae Caritatis 2).
Questa ricerca costante delle fonti non può ridursi ad un'operazione di pura "archeologia spirituale" ma deve essere anzitutto una continua ricerca del dono vivo dello Spirito. Ciò che rinnova la Chiesa e la "faccia della terra" (Sal 104,30) non è la conoscenza teorica delle radici del francescanesimo ma l'essere e l'agire di uomini nuovi capaci di vivere oggi lo spirito di Francesco.
Uno spirito che non può essere un deludente e nostalgico ritorno al passato ma si esprime anzitutto nel coraggio di affrontare il presente per il futuro.
È proprio vero infatti ciò che è detto nel libro dell'Apocalisse: ecce nova facio omnia (Ap 21,5), perché... "ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52).