«Una grande giornata di pace; di pace». Cosí, la sera dell’undici ottobre 1962, Giovanni XXIII definiva l’apertura del Vaticano II pronunciando, dalla finestra del Palazzo apostolico, quello che sarebbe diventato il piú famoso dei suoi discorsi.

Era stata una giornata storica, unica, nuova, che cambiava per sempre il volto della Chiesa. Perché Papa Giovanni la sintetizzava con la parola “pace”? Me lo sono chiesto in questi giorni, preparando il cuore alla sua imminente canonizzazione.

Me lo sono chiesto da fedele profondamente devoto di Papa Giovanni, intuendo come occorra penetrare il senso autentico della pace per penetrare il mistero della sua santità. E me lo sono chiesto da ordinario militare, cioè da pastore di una Chiesa particolare che è profondamente chiamata, direi dedicata alla sfida evangelica della pace. Una Chiesa della quale egli stesso ha fatto parte, da militare prima e da cappellano poi, due esperienze che ne hanno confermato la profonda sensibilità alla pace. D’altronde, la parola “pace” è contenuta nel suo motto episcopale (Oboedientia et pax) dove, in modo significativo, è legata all’obbedienza, alla docilità alla volontà di Dio che si radica in personalità capaci di rinunciare a se stesse e per questo inclini alla pace.

Alla maturazione della personalità di Angelo Roncalli aveva certo contribuito «l’opera costruttiva della disciplina militare, che forma i caratteri, plasma le volontà, educandole alla rinunzia, al dominio di sé, all’obbedienza». Cosí lo stesso Pontefice, in un discorso ai cappellani militari (11 giugno 1959), commentava il tempo del seminario vissuto da soldato, considerandolo di «incalcolabile giovamento» per la sua «preparazione al ministero presbiterale».

In seguito, da sacerdote cappellano militare, egli avrebbe imparato a cogliere «l’universale aspirazione alla pace, sommo bene dell’umanità. Mai come allora - dice ancora nel medesimo discorso - sentimmo quale sia il desiderio di pace dell’uomo, specialmente di chi, come il soldato, confida di prepararne le basi per il futuro col suo personale sacrificio, e spesso con l’immolazione suprema della vita».

 

Sergente Roncalli

Durante la Grande guerra, per oltre tre anni,
Roncalli fu cappellano militare

 

 

Anche il tempo trascorso nella vita militare sembra aver rappresentato, per Papa Giovanni, una preparazione a entrare nel respiro della pace che egli, poi, avrebbe soffiato sull’umanità con parole e gesti semplici ma coraggiosi. E forse egli non ha solo imparato, per contrasto, che è proprio l’orrore della guerra a rendere urgente la pace; ha anche conosciuto militari che vivono il proprio compito come autentico servizio agli altri, tentando di mettere le basi per la costruzione della pace; tanto con la difesa dei popoli, specialmente dei civili innocenti che, proprio a partire dalla Grande guerra, cominciarono a essere coinvolti in modo imponente nei conflitti, quanto per la «possibilità di compiere tanto bene, di essere di esempio ad ufficiali e soldati ». In una parola, testimoniando che si può vivere anche il servizio militare con stile di carità e fraternità.

Ci sono molti modi di servire la pace, quasi come sono molti gli aspetti che compongono la parola ebraica shalom, “pace”, che indica completezza, abbondanza, pienezza. C’è una lotta alla guerra che la denuncia rifiutando profeticamente ogni coinvolgimento nel mondo militare; c’è una lotta alla guerra che cerca di combattere la violenza trasformandola dal di dentro, di instillare nei cuori nuova linfa e nuovo stile, di portare la logica pacifica del Vangelo e la presenza pacificante di Cristo anche tra i militari. Certo, questo non è facile, a volte neppure a comprendersi, ma richiede presenza.

Richiede la presenza della Chiesa e dei suoi sacerdoti, di quei «cappellani militari» nei quali Papa Giovanni riconosce «gli uomini della pace, che con la loro sola presenza portano serenità negli animi». Essi sono «i ministri di quel Gesú, che ha dato al mondo la pace»; essi «svolgono un delicatissimo ministero di pace e di amore, in condizioni spesso ardue e difficili»; essi «vanno verso schiere innumerevoli di anime giovanili, robuste e gagliarde, ma talora esposte a gravi pericoli spirituali, per indirizzarle e formarle al bene ». Un’armonizzazione di diversi: non poteva essere questo a fare dell’inizio del concilio Vaticano II «una grande giornata di pace»? Le parole di Papa Giovanni, quella sera, furono legate a due indimenticabili e commoventi gesti: lo sguardo alla luna e la carezza ai bambini. È proprio cosí. La pace nasce sempre da occhi che contemplano il Cielo, Dio. E la pace si trasmette con mani capaci, in ogni situazione, di avvicinare, sostenere, accompagnare, carezzare.

 

Appunto del cappellano A. G. Roncalli

Appunto di Roncalli per la morte di un giovane soldato

 

 

È quello che tutti, anche i cappellani e i nostri militari, impegnati oggi in operazioni di difesa e sicurezza, di soccorso nelle calamità e di accoglienza degli stranieri, di supporto e ricostruzione nelle missioni internazionali, devono sempre meglio imparare a fare, perché le «lance» diventino «falci» (Isaia, 2, 4); perché, mentre con chiarezza si invoca un disarmo autentico e definitivo, si consenta a quelle armi che non sono ancora eliminate - le armi fisiche, chimiche e nucleari, come pure le armi dell’odio e dell’invidia, dell’avarizia e della gelosia, della superbia e di ogni discriminazione - di essere lentamente trasformate dalla vicinanza, dalla condivisione, dall’amore. È l’amore l’arma del Vangelo che la Chiesa porta sempre, in ogni luogo, situazione e periferia.

L’amore che viene da Dio, come da Dio viene quell’«ordine» nel cui «pieno rispetto» si può instaurare la pace: in questo incipit della Pacem in terris, ultima sua enciclica, l’anelito di Giovanni XXIII raggiunge il mondo e si fa grido, testamento, eredità d’amore.

+ Santo Marcianò, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

 

 

 

 

 

Cfr. MARCIANÒ S., Il Papa della «Pacem in terris». In divisa con l’arma del Vangelo, in L’Osservatore Romano, 27 aprile 2014, 6.

 

N. B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.