Egregi colleghi,
il rapporto del medico con il moralista non è stato sempre facile. Numerosi colleghi di diversi paesi ci chiedono alcune riflessioni per aiutarli a esercitare la professione medica nella certezza morale. Una delle premesse di questa certezza morale è la consultazione frequente di esperti che possano illuminare la nostra coscienza professionale. Questa, per essere efficacemente umana, deve essere ben formata e correttamente informata, nonché frequentemente affinata nella costante ricerca della verità. Vista la natura delle risposte date dagli esperti negli ultimi tempi, è bene fare alcune precisioni sulla loro qualità e la loro portata.
LA LEGGE NATURALE ESISTE
La legge naturale è la capacità della retta ragione umana di conoscere e seguire la verità. Bisogna dire che nessun professionista palpa l’esistenza di questa legge nella misura in cui lo fa il medico.
Sebbene la legge naturale e la legge biologica siano due cose diverse, tutti noi sappiamo perfettamente, per fare un esempio, che se non teniamo conto della fisiologia umana i nostri pazienti peggioreranno. Nessuno può mangiar sassi senza trasgredire alle leggi del corpo e quindi senza ammalarsi. Questo esempio ci può far capire che esiste anche una legge che ci aiuta a valutare la dignità umana. Tutti “sappiamo” che è riprovevole ammazzare un essere umano innocente. O che è biasimevole rubare. Sappiamo che se non consideriamo l’uomo come un essere anche psicologico, spirituale, familiare e sociale, la nostra funzione di trasformare la sofferenza in benessere (i medici sono come nazareni, come cirenei, che aiutano gli altri a sopportare il peso della malattia e del dolore) non raggiungerà appieno i propri obiettivi.
Seppure la maggior parte degli abitanti della Terra creda in un Essere Supremo, nelle società occidentali molti pensatori e opinionisti non credono. Anche a loro possiamo dare delle ragioni naturali su ciò che è bene e ciò che è male per l’uomo. Anzi, a volte sarà con queste ragioni che percepiranno la sublimità del nostro pensiero.
Data l’esistenza di una “legge naturale” e la sua complessità (seppure alcune sue norme siano estremamente semplici), ed essendo a tutti chiaro che gli uomini soffrono serie limitazioni dai tempi di Adamo, ci possiamo chiedere se esiste un’istanza ultima che possa interpretare correttamente questa legge. Numerosi gradi giurisdizionali intermedi aiutano od ostacolano la percezione della legge. La nostra ultima istanza personale è la nostra personale coscienza professionale, che determinerà le decisioni circa i nostri atti medici. Di fatto ognuno, con l’aiuto della propria ragione, può arrivare molto lontano nella ricerca della verità. Esiste però un’istanza sicura, autentica e obiettiva, e quindi utile e buona, per l’interpretazione generale della legge, qualcosa che ci impedisce di commettere gravi errori e che assicura la felicità trascendente delle persone.
Dio è il Creatore dell’universo e dell’uomo. E, come dice qualche costituzione politica, Dio ha creato l’uomo libero. Libero di scegliere la verità e il bene. Ma anche libero di scegliere il male. L’esperienza indica che bene e male si intrecciano in infinite tonalità all’interno delle nostre strutture sanitarie. Se il male esiste, esiste anche la confusione, l’errore. L’errore colpevole o meno (dobbiamo combattere entrambi!). Anzi, è probabile che alcune persone siano particolarmente decise a creare maggior confusione. Il male, inoltre, può dar luogo a vere e proprie “strutture di peccato”, luoghi, strutture o leggi che non sono di alcun vantaggio all’essere umano.
LA CHIESA INTERPRETA LA LEGGE NATURALE
Il nostro Creatore ha disposto che sia la Chiesa ad interpretare in modo autentico la “legge naturale”. Essa veglia inoltre su tutto ciò che Egli stesso ha Rivelato e che non si trova nella natura. Gli uomini sono di passaggio e in prova su questo mondo, lontani in un certo qual modo da Lui, ma non certo da Lui abbandonati. Nel Padre nostro diciamo “Padre nostro che sei nei Cieli”, indicando cosí che noi ci troviamo in un altro livello, in un non-Cielo. Le frasi “Venga il tuo Regno” e “liberaci dal male” indicano chiaramente che esiste uno stato migliore che può venire e che non è ancora venuto pienamente e che il Creatore è onnipotente. Nel nostro non essere soli possiamo anche avvalerci del servizio che ci offre il Magistero della Chiesa. La Chiesa parla con linguaggio umano (e in diverse lingue) su tutto ciò che riguarda l’uomo.
Un’altra verità che la nostra esperienza, personale e storica, percepisce è la realtà del progresso della Medicina. E ciò a prescindere dal fatto che ci siano stati sviluppi, retrocessioni e asimmetrie nei diversi paesi e nelle diverse culture. Gli uomini hanno ancora molto da scoprire nella natura e sono in grado di inventare e costruire un’infinità di cose; e tutto questo rende il vivere un’inesauribile e appassionante esperienza.
Il progresso dovrebbe avanzare parallelamente su tutte e due le gambe: la scienza e l’etica. Negli ultimi anni, hanno avuto fortuna il nome e il contenuto di una cosiddetta nuova disciplina: la bioetica. Personalmente, credo che come medici disponessimo già da molti anni di discipline equivalenti. Ho letto di recente dei libri sulla morale medica e sulla deontologia professionale dell’inizio del secolo scorso, che sono a tutti gi effetti dei trattati di bioetica...
IL MAGISTERO ACCOMPAGNA IL PROGRESSO DELLA MEDICINA
Il progresso della Medicina deve essere accompagnato anche da un’attuazione del Magistero della Chiesa. Le nuove tecniche, le nuove scoperte interpellano i medici, che trovano appoggio nel Magistero. Appoggio significa sicurezza. La certezza morale è necessaria nell’esercizio della nostra professione. Il Magistero illumina la coscienza professionale affinché questa possa agire rettamente, adattandosi ai tempi e alle nuove scoperte. Il Magistero interviene dopo aver valutato i dati ottenuti dalle scienze sperimentali. Non ci risparmia lo sforzo di studiare il mondo con le nostre forze. Ci spinge invece a farlo, di fatto e di diritto.
Il buon senso ecclesiale ci dice che, sebbene tutti noi battezzati siamo la Chiesa e tutti apportiamo il nostro piccolo contributo al suo interno, coloro che esercitano il Magistero della Chiesa sono il Papa e i vescovi in comunione con lui. Non può essere altrimenti. L’Onnipotente si è fatto uomo e ha lasciato sulla Terra i suoi rappresentanti, interviene quando vuole e come vuole, ma si adatta alla logica da Lui stesso tracciata. Non è ragionevole che chiunque possa esercitare il Magistero o possa pretendere di interpretare in modo autentico la “legge naturale”.
Cosí, quindi, quando appare un documento papale o episcopale su un tema di interesse proprio della professione, il medico cattolico dovrebbe rivolgere uno sguardo critico alla legione di teologi moralisti che lo interpretano e reinterpretano sui vari mass-media. Come se il Papa non scrivesse in modo chiaro! Come se i medici cattolici non lo potessero capire da soli! Non si può offendere l’intelligenza dei professionisti né delle persone in genere. So bene che alcuni teologi hanno a loro sostegno numerose pubblicazioni, sono da anni professori in prestigiose università o hanno con noi legami di amicizia. L’emotività può far cedere anche menti ben salde, ma può anche far capire in altro modo ciò che non viene compreso per mezzo della ragione.
La maggior parte dei mortali capisce il detto che recita “ubi maior minor cessat”. Ciò dovrebbe bastare a far tacere chi si attribuisce sfacciatamente funzioni che non gli appartengono.
È fondamentale tener sempre presente che nella Chiesa la dottrina pubblica prevale sulle dottrine private, come nel caso delle apparizioni o rivelazioni personali. La dottrina pubblica della Chiesa sui temi che ci riguardano, quindi, è quella sempre preminente e veritiera. Gli insegnamenti privati dei vari teologi devono sempre essere messi in quarantena se contraddicono il Magistero. O anche se solo sembrano contraddirlo. Uno dei principi della comunicazione nella Chiesa è quello della chiarezza o della non-contraddizione. Nella Chiesa non ci sono segreti. Le grandi verità sono pubbliche e chiare (sono nel Catechismo della Chiesa Cattolica). Quando si proclama un mistero, la dottrina al riguardo è sempre chiara e ben definita.
La vita degli uomini sulla terra tende all'eternità. Non si può misurare l’uomo solo su due dimensioni. La terza dimensione, quella che si protende verso l’alto, è la dimensione che dà senso alle nostre vite.
UN CASO ESEMPLARE
Parliamo della dichiarazione di un gruppo di esperti sulla possibile liceità del trasferimento di nucleo alterato in un ovulo per ottenere cellule madri. Si tratterebbe di alterare il materiale genetico di una cellula in modo che il prodotto della sua combinazione con l’ovulo e la sua attivazione non darebbero luogo ad un essere umano. Qualcosa di simile alla gravidanza molare, proveniente anch’essa da ovulo e spermatozoo alterati, in questo caso per motivi naturali.
L’esemplarità del caso è data dalla saggezza del porsi il problema della sua possibilità, dalla prudenza con cui le opinioni vengono espresse, dalla sincerità degli studiosi nell’ammettere che ognuno di essi è esperto solo in una piccola parte della questione e che nessuno parla a nome della propria Chiesa o dell’istituzione per cui lavora; e anche dal fatto che si proponga di avviare le ricerche sugli animali.
NEL PRENDERE LE DECISIONI BISOGNA METTERE A FUOCO IL PROBLEMA
I medici cattolici si trovano spesso di fronte a dilemmi morali in cui devono prendere una decisione. È quindi importante saper distinguere tra il bene e il male, cosa impossibile da fare senza il sostegno della Chiesa (dobbiamo dire le cose come stanno).
Nel prendere le decisioni sarà bene tener presente il vecchio principio del “primum non nocere” e l’evangelico principio di non imporre “alcun altro peso all’infuori di quello necessario”. E anche il principio di operare stando dalla parte della certezza. Tutto questo ci consente di fare grandi passi avanti, affrontando i problemi con senso di umanità.
Sebbene non siamo in genere responsabili del male commesso da altri, né di trovarci a lavorare all’interno di strutture di peccato, non dobbiamo mai perdere la forza degli ideali giovanili, la freschezza di voler cambiare le cose per quanto radicate esse possano sembrare o la convinzione che non siamo mai soli.
Prima di prendere le sue decisioni il medico fa il punto della situazione di fronte al problema concreto. È bene inquadrare le cose in senso ampio (il “frame”) e con una sana antropologia. Ricordo una volta in cui fui invitato dai mass-media a un dibattito sull’inseminazione artificiale per le donne lesbiche. Supponevo che dovesse esserci un equilibrio tra le diverse opinioni. Ma gli invitati erano un attivista gay, una lesbica, un bisessuale, un libertino e un eterosessuale. Il presentatore e i suoi collaboratori, inoltre, erano lontani anni luce dal pensiero eterosessuale minoritario. Alla mia richiesta di spiegazioni rivolta alla direzione del programma circa una manipolazione cosí grossolana, sentii dire che tutto era stato pensato nel massimo rispetto della parità di opinioni...
In questo caso, la risposta alla domanda non consiste nello stabilire se quel tipo di coppie abbiano o meno diritto all’inseminazione, o se esistano coppie eterosessuali che maltrattano i propri figli. Una prospettiva piú ampia può aiutare il professionista in medicina riproduttiva ad esercitare l’obiezione di coscienza. Perché la situazione ideale, quella in cui milioni di coppie di coniugi e di bambini sono sempre stati felici, è quella in cui i bambini nascono naturalmente nel seno di una famiglia, costituita da un uomo e da una donna. Di questo bisogna parlare, perché questa è la realtà.
SI PUÒ FARE IL MALE PER CONSEGUIRE IL BENE?
Anche se in genere i problemi, nelle decisioni mediche, non si presentano sotto forma di un male che produce un bene, spesso è questa la questione chiave. E il principio di non commettere mai il male per ottenere il bene (il fine non giustifica i mezzi) è basilare.
Le decisioni mediche sono atti morali. Spesso la routine della vita fa sí che non le percepiamo come tali. Forse un giorno ci siamo posti la questione della moralità di una procedura o di un protocollo, abbiamo deciso che era giusto e lo abbiamo applicato indistintamente a diversi pazienti. Gli automatismi fanno parte della natura e ci aiutano a vivere senza sprecare grandi quantità di energie mentali. Eppure a volte - e non solo in casi straordinari - bisogna studiare attentamente l’aspetto morale.
È utile ricorrere al consueto esame dell’atto morale in oggetto, sei suoi fini e delle circostanze. Un atto buono richiede la simultanea bontà di questi tre elementi costitutivi della moralità degli atti umani. A volte dobbiamo aguzzare l’ingegno per considerare le cose nel loro giusto valore e per individuare chiaramente l’oggetto che stiamo valutando; in definitiva, di ciò di cui stiamo veramente parlando.
Per esempio, ci si può ubriacare (atto biasimevole) per togliersi dei denti cariati (fini lodevoli) in assenza di medicine (circostanza favorevole all’atto)? Ciò non significa che il fine giustifica i mezzi o che si può compiere un’azione cattiva (ubriacarsi) per raggiungere un fine buono (la salute)? La risposta a questo apparente dilemma, che può essere applicata a molti altri casi, ma non a tutti, è che abbiamo catalogato l’atto come “ubriacarsi” ma in fondo si tratta di un atto “anestetico”. L’alcool è un anestetico, seppure di seconda categoria. La nostra ragione pratica, con un po’ di formazione e di allenamento, ci aiuterà a catalogare debitamente l’atto morale.
Ci sono scelte che per loro stessa natura sono sempre errate. Nel caso dell’aborto, per esempio, non si può affermare che sacrificare il figlio per favorire la vita della madre sia un atto buono. Qualunque sia il punto di vista da cui lo si esamina.
IL DOPPIO EFFETTO
La teoria del doppio effetto è mal vista in Europa a causa del discredito che hanno acquisito i cosiddetti “danni collaterali” nelle recenti guerre. Uno bombarda un nemico e, senza volerlo, la sua azione arreca danno a civili innocenti. Terribile.
Eppure, la Medicina si sostiene perché accettiamo questa teoria. La chemioterapia mira ad eliminare le cellule cancerogene anche a costo di danneggiare le cellule sane. Estirpiamo un utero malato anche se la donna perderà per sempre la fertilità. Vacciniamo migliaia di bambini sebbene qualcuno di essi morirà per gli effetti secondari.
È chiaro che dobbiamo fare tutto il possibile per ridurre al minimo gli effetti secondari, come pure bisogna fare tutto il possibile per evitare una guerra. Nel doppio effetto non si tratta di compiere il male per conseguire il bene. Il male non lo si vuole affatto. Appare come un convitato di pietra attaccaticcio e insistente.
Nel caso del cosiddetto aborto terapeutico o di quello eugenetico, perché sia chiaro a tutti che non è valida la teoria del doppio effetto e che il primo obiettivo dell’azione è l’embrione, lo stesso Giovanni Paolo II ha affermato che non si può mai legittimare la morte di un innocente.
Nel caso dell’aborto indiretto, pur essendo lecito curare una madre aspettandoci come effetto secondario la morte dell’embrione o del feto, alcune persone hanno dato una soluzione a determinati problemi morali attenendosi alla soluzione moralmente più certa. È il caso della dottoressa Gianna Beretta, che rifiutò alcune cure mediche per non arrecare danno al feto. Essa morì e suo figlio vive.
IL MALE MINORE
È diventato di moda parlare del male minore, come se fosse qualcosa di auspicabile. E invece no. Non è mai lecito compiere una cattiva azione, per quanto piccola essa sia o venga considerata. È sempre male compiere il male. La teoria del male minore non riguarda il fare, ma il tollerare. Il male minore lo pone in essere una terza persona, o altre persone, senza il nostro intervento. Dobbiamo tollerare certi mali perché non siamo come tanti Don Chisciotte pronti a scagliarsi contro tutto, oltre al fatto che l’uomo è libero anche di usare male della sua libertà. Il nostro dovere è quello di non fare mai il male. Di fare sempre il maggior bene possibile. E non dobbiamo comunque mai abituarci a tollerare il male inflitto alle persone innocenti. Questo non è mai un male minore!
LA COLLABORAZIONE CON IL MALE
Visto come va il mondo, siamo costretti a porci spesso il problema di evitare o meno di collaborare con persone o strutture che attentano alla dignità dell’uomo. Anche se pensiamo che queste persone troveranno comunque altri disposti a collaborare con il male, non rendiamoci mai disponibili. Non dobbiamo mai permettere che ci venga imputata un’azione del genere; e, se possibile, dovremmo cercare di ricondurre la situazione verso la retta via.
A volte avremo dei dubbi, soprattutto se la collaborazione è remota. La collaborazione remota, anche se effettiva, non è imputabile a noi, se noi non la vogliamo. È bene evitare lo scandalo e non farci coinvolgere. Non possiamo però chiuderci dentro una campana di vetro e rinunciare ad essere lievito buono nel mondo che ci circonda.
LIBERTÀ E CERTEZZA MORALE
Il medico cattolico esercita la propria professione con grande libertà. Siamo dotati di intelligenza e dobbiamo farla rendere al massimo. Del resto, possiamo raggiungere la certezza di agire correttamente (certezza morale) con una minima formazione etica, attenendoci al Magistero e consultando in alcuni casi i colleghi più esperti o alcuni sacerdoti di chiara dottrina. Migliaia di medici in tutto il mondo esercitano ogni giorno la propria professione nella certezza di agire bene.
Come medici cattolici, abbiamo grandi modelli a cui fare riferimento. Questi personaggi non hanno fatto altro che identificarsi perfettamente con colui che è il principio dell’etica: Christus medicus. San Luca, San Cosma, San Damiano, San Giuseppe Moscati, Santa Gianna Beretta, San Riccardo Pampuri, il beato Padre Tarrés, il beato László Batthyány-Strattmann e molti altri che ci hanno preceduto e che sono diventati giganti della Medicina. Curiosamente, spesso i pazienti li venerano piú di quanto non facciamo noi medici...
ALCUNE RIFLESSIONI SU TEMI CONCRETI
I preservativi
L’affaire dei preservativi per evitare il contagio dell’AIDS o le gravidanze non desiderate sono un altro problema spinoso per i medici cattolici militanti. Non dobbiamo però lasciarci trascinare su terreni che non sono i nostri. La sessualità è uno dei doni del matrimonio, dentro il quale si esprime al massimo. I cattolici vivono intensamente la sessualità all’interno del matrimonio. La sessualità fuori del matrimonio, quella tra uomini o quella poligamica non fanno parte della nostra antropologia. Non si può accusare la Chiesa di diffondere l’AIDS (si dimenticano quasi sempre le altre 29 malattie a trasmissione sessuale) quando predica l’astinenza, la fedeltà e l’attesa. Queste sono condotte utili per evitare malattie o gravidanze nelle adolescenti. Ma lo scopo principale della castità non è quello di combattere le epidemie, quanto quello di promuovere la virtú e di procurare la felicità.
È ovvio che i medici cattolici, che esercitano in un mondo in cui c’è di tutto e in cui spesso le stesse strutture sanitarie sono pervertite, si troveranno davanti anche persone che vorranno continuare a praticare la poligamia sequenziale o l’omosessualità. Non sarà ingenuo, nel contesto di un buon rapporto medico-paziente, presentare loro le nostre proposte. Se la persona insiste, in modo implicito o esplicito, a mantenere le proprie abitudini, il medico le parlerà della “barriera” piú o meno imperfetta che è il preservativo, senza presentarlo, e tanto meno raccomandarlo, come un bene. E infine, se la persona in questione risulterà già contagiata, la tratterà con cordialità e professionalità.
È importante essere coscienti del fatto che non è compito della Chiesa quello di trovare i rimedi affinché l’uomo possa perseverare in condotte scorrette. Non dobbiamo assolutamente permettere che i mass-media ci utilizzino per promuovere comportamenti indegni.
Ci sono conoscenze scientifiche che non è possibile avere dalla lettura della sezione scientifica dei giornali. Sapere che esistono gli ermafroditi, che la sindrome post-aborto è frequente e dolorosa o che gli omosessuali possono cambiare lo si impara leggendo le pubblicazioni specializzate oppure dalla bocca di esperti con una lunga esperienza sulle spalle.
È bene tenere sempre a mente la sana antropologia e pensare che i mass-media comprendono meglio le cose semplici, per cui sono costretti ad usare titoli ad effetto e raramente possono affrontare bene un dibattito morale.
Il giuramento di Ippocrate (manoscritto bizantino - XI
secolo)
(Biblioteca Apostolica Vaticana)
L’eutanasia: non è lo stesso morire che essere ammazzati
Non dobbiamo privare di assistenza un malato terminale, non possiamo accanirci con lui e non lo possiamo ammazzare. L’unica cosa degna che possiamo fare è procurargli delle cure palliative di qualità, tenendo sempre conto delle sue dimensioni bio-psico-sociale, spirituale e familiare. È questo il cammino da seguire.
L’eutanasia uccide la libertà: è una decisione presuntamente libera che farà sí che la persona in questione non possa mai piú prendere decisioni libere. Neanche l’umanissima decisione di pentirsi. L’eutanasia, la sua diffusione o depenalizzazione si situano nel lato oscuro della nostra professione, chiunque sia il loro promotore.
Sono frequentissimi i casi di consultazione sulla proporzionalità o meno dei trattamenti sui malati terminali. La Medicina non può rifiutare mai l’idratazione, la nutrizione, l’igiene, l’ossigenazione, le cure essenziali. Recentemente, un anziano presentava un’insufficienza cardiaca e il comitato di etica del suo ospedale raccomandò solo un trattamento con morfinici, in attesa che morisse. Ma il medico che lo seguiva risolse il caso con un diuretico, l'ossigeno e la digossina. Il vero saggio fu il suo medico curante.
Gli anticoncezionali orali
Gli esseri umani sono stati creati apposta incompleti da Dio. L’uomo ha bisogno della donna per realizzarsi e la donna ha bisogno dell’uomo per essere felice. Anzi, l’uomo e la donna hanno bisogno anche dei figli per trovare la loro completezza nella famiglia. I coniugi avranno tutti i figli che possono mantenere ed educare. Il numero di figli dipende da molti fattori e dovrebbe essere ispirato alla generosità. Le famiglie numerose sono una gioia per la società e per la Chiesa. A mio parere, prescindere dall’altro sesso sarebbe innaturale nell’essere umano maturo, a meno che non si tratti di un bene soprannaturale, come nel caso del celibato per il Regno dei cieli. Naturalmente, esistono cause di forza maggiore o imponderabili per le quali una persona, in alcuni casi, non può completarsi con un’altra.
L’atto sessuale implica una pulsione tale che non lascia indifferente nessuno e che ha sempre delle conseguenze. Unisce come nient’altro l’uomo e la donna. La sua realizzazione deve avvenire in un contesto di maturità, impegno ed esclusività: il matrimonio. L’uomo e la donna si danno tutto l’uno all’altra, compresa la capacità di generare nuove vite umane. E questo è un bene.
Ci sono dei momenti in cui, obiettivamente, per motivi medici, sociali, familiari, il senso di responsabilità porta i genitori ad evitare una nuova nascita. Questa possibilità è già prevista nella “legge naturale”. La donna è fertile solo pochi giorni al mese. I metodi naturali di regolazione della fertilità (Billings, sintotermici, ecc.) consentono di utilizzare questi periodi infecondi affinché gli sposi possano restare in comunione con i rapporti sessuali e perché con questi superino la malsana attrazione di altri rapporti.
Il Papa Paolo VI, nell’enciclica Humanae vitae, ammonisce i medici e il personale sanitario a considerare quale proprio dovere professionale la ricerca di tutta la scienza necessaria in questo campo per poter dare agli sposi che ci consultano quei saggi consigli e quelle sane direttive che da noi si aspettano.
Gli anticoncezionali violano diversi diritti umani: il diritto alla vita (nei casi della pillola abortiva o del giorno dopo), il diritto alla salute (hanno effetti secondari, diversamente dai metodi naturali), il diritto all’educazione (le persone devono conoscere la propria fertilità) e quello alla parità tra i sessi (il peso dell’anticoncezionale in genere ricade sempre sulla donna).
Nel luglio del 2005, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Lione, Francia), dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha evidenziato la cancerogenicità degli anticoncezionali a base di estrogeni e progestageni combinati, sulla base delle conclusioni di un gruppo di lavoro internazionale costituito “ad hoc”. Questi prodotti sono stati classificati come cancerogeni del Gruppo 1.
Purtroppo, cari colleghi, non siamo attualmente in grado di offrire i metodi naturali a tutti coloro che ne hanno bisogno. I bassi indici di fecondità in paesi a maggioranza cattolica (Spagna, Italia), insieme alla scarsa conoscenza di tali metodi, ci dicono che molte coppie di sposi usano metodi artificiali. Se consideriamo che si tratta di paesi relativamente ricchi, non possiamo neanche dire che siano particolarmente generosi con il numero di figli. E qui ci si presenta dinanzi una grande sfida. Non dobbiamo mai spegnere la fiamma accesa a favore dei metodi naturali.
Purtroppo, la contraccezione non è l’unica sfida per la Medicina e per la società. Non siamo neanche capaci (né noi, né tutte le nazioni in generale) di fornire i mezzi per combattere la denutrizione, la malaria o la trasmissione verticale dell’AIDS. Abbiamo le conoscenze e alcuni mezzi, ma non possiamo metterle alla portata di tutti coloro che ne hanno bisogno. Il lavoro da fare quindi non manca.
Senza giudicare le coppie di sposi che usano gli anticoncezionali artificiali - il nostro compito non è quello di giudicare - non dobbiamo mai dimenticare il nostro dovere professionale di offrire i mezzi naturali e di dissuadere le persone dall’uso di quelli artificiali. È segno di progresso comprendere a fondo la natura e aiutarla per quanto è possibile. Il mondo è incompiuto. Abbiamo molto lavoro da fare. E quando lo facciamo, il progresso è evidente.
L’aborto procurato
C’è qualcosa di peggio che strappare un figlio dal ventre della madre? Si può spiegare ad un bambino di cinque anni l’aborto procurato? La donna che perde un figlio in un aborto spontaneo, non piange come se avesse perduto un figlio? Facciamo tutto il possibile, come medici, per trasformare le sofferenze dei genitori in gioia e allegria? Il medico cattolico esercita l’opzione preferenziale a favore delle madri. Non esclusiva né escludente, ma preferenziale.
Sappiamo pochissimo sull’origine fisica della specie umana. Senza cadere nello scientismo, dovranno passare decenni prima che la scienza ci illumini su questo aspetto. Non si sa né come, né quando si passi da una specie all’altra, se è quello che succede. Gran parte di quanto è stato scritto sull’argomento è provvisorio e incompleto.
L’amniocentesi
Come sapete, salvo in casi eccezionalissimi, l’amniocentesi viene effettuata per provocare l’aborto in caso di sospetta malformazione del feto. Quindi, poiché questa pratica non si fa per il bene del feto e della madre, non può essere considerata un atto medico corretto.
La riproduzione artificiale
Il medico può e deve aiutare i coniugi infertili, ma si non può sostituire a loro. Questo è un principio utilissimo per comprendere che, nonostante la grande popolarità delle tecniche di “riproduzione assistita”, non possiamo cedere alle tentazioni facili e al lucro. Tutti gli sforzi devono essere applicati a migliorare gli studi sulla fertilità delle coppie e a curare il curabile, che è già molto. Data la fissazione che hanno molte cliniche per la fecondazione in vitro, sarà bene spiegare ai coniugi che sostituirsi ad essi non rientra nelle funzioni del medico, che l’amniocentesi la si fa quasi sempre per abortire, che gli embrioni in sovrannumero vengono spesso eliminati e gli embrioni congelati.
I ginecologi cattolici sono gli eroi della Medicina odierna. La loro assistenza e la loro promozione sono delle priorità assolute per le associazioni dei medici cattolici e per la FIAMC. Anche i medici generici e gli altri specialisti possono dare saggi consigli sui problemi della fertilità.
Il rispetto dell’embrione. Le cellule madri
Sinceramente, credo che la posizione piú coerente con le conoscenze che abbiamo sull’embrione sia il suo scrupoloso rispetto sin dal concepimento. Oltre ad essere una posizione che evita il maggior numero di problemi. La nostra coerenza risplende quando i difensori delle balene e delle foche, gli oppositori della pena di morte, gli attivisti dei diritti umani e i filantropi di vario genere accettano la distruzione dell’embrione senza batter ciglio (sempre con fini terapeutici, è ovvio).
Il concepimento dura un momento, ma il processo è iniziato e il rispetto per l’integrità dell’embrione comincia da molto prima: comincia con il rispetto per l’unione fra l’uomo e la donna, evitando i concepimenti in vitro. L’umanità non deve introdurre caos nel bios.
Parafrasando l’inizio del vangelo di San Giovanni, possiamo dire che in principio esiste il messaggio genetico, e il messaggio genetico è in vita e il messaggio genetico è la vita. Quando esiste un messaggio genetico umano completo, esprimibile e che si esprime in modo continuo, coordinato e graduale, inarrestabile se non per fattori esterni avversi, lí esiste un essere umano unico ed irripetibile, da rispettare. Viene da noi e i suoi (noi) devono riconoscerlo e accoglierlo.
Si capisce quindi che benché una cellula qualsiasi, per esempio una cellula della nostra pelle, contenga il messaggio genetico umano completo, non è di per sé un essere umano. L’espressione di questo messaggio, che è parziale, stabilisce che non si tratta di un essere umano. Ma l’ovulo fecondato agisce già come un essere umano! In principio, siamo un messaggio unico ed irripetibile circondato da membrane, RNA, riserve di energia e altri servizi. Finora, nessun ricercatore ha “creato” la vita. Gli uomini sono solo capaci di trasmetterla, in modo corretto oppure no.
Le cellule madri dell’embrione esistono per dar vita all’embrione. E le cellule adulte esistono per rigenerare i tessuti. È cosi semplice.
In senso stretto, l’essere umano non ha diritto alla vita. La vita è un regalo che riceve. Prima di esistere non eravamo niente, quindi non eravamo soggetto di diritti. Ora abbiamo il diritto che un altro essere umano non ci tolga la vita!
Cari colleghi,
la nostra professione è forse la piú ammirata del mondo e quella da cui le persone si aspettano di piú. Io vi raccomando di non smettere mai di studiare, di tenere sempre presente la promessa e la preghiera del medico (www.fiamc.org), di non cadere nella tentazione di venerare il dio Denaro e di prendere in considerazione la possibilità di portare nuovi colleghi nelle associazioni di medici cattolici già esistenti.
Cordiali saluti,
José María Simón
1-XII-2006
P.S. Ringrazio Mons. Maurizio Calipari, assistente ecclesiastico della FIAMC, per i consigli che mi ha offerto per dare a questa lettera la sua versione definitiva. Pur trovandosi, le Organizzazioni Internazionali Cattoliche come quella che presiedo, sotto la supervisione della Gerarchia, il Codice di diritto canonico dà loro ampia autonomia. La FIAMC è di diritto pubblico nella Chiesa universale, e quindi “parla e opera a nome della Chiesa”. È un chiaro segno di fiducia ecclesiale nei laici.
N. B. Considerati i refusi presenti nella versione originale italiana si è optato per una libera traduzione dal testo originale spagnolo.
Il testo originale è reperibile nel sito Web della FIAMC.