Nella Pentecoste del 1917, poco prima del termine della Grande Guerra e sotto il pontificato di S. Pio X, la Chiesa pubblicava il Codice di Diritto Canonico, dopo un lavoro di 13 anni, con la collaborazione di tutto il mondo cattolico. I1 Codice che entrava in vigore nella Pentecoste del 1918 sotto il pontificato di Benedetto XV, parlava dei Cappellani militari al can. 451, par. 3 in questi termini: "Circa militum Capellanos sive maiores sive minores, standum peculiaribus Sanctae Sedis praescriptis". Il Codice, in definitiva, non stabiliva niente. In questo la Chiesa ha agito con prudenza e saggezza, in quanto se avesse dettato una disposizione universale avrebbe vincolato ogni membro alla piena osservanza. Una norma generale non era possibile né conveniente dal momento che c'erano necessità diverse, varianti da paese a paese e diverso era pure lo stato degli eserciti. Non viene stabilita neanche la natura dell'ufficio del Cappellano militare, anche se il paragrafo 3 in oggetto è inserito nel can. 451 che tratta espressamente dell'ufficio del parroco. Ciò dimostra la volontà del legislatore a considerare il Cappellano militare nell'ambito degli aventi cura d'anime.

Ciò è dimostrato anche da quanto scrisse, prima ancora dell'uscita del Codice, nel 1914 il Laurentius: "Cura animarum militum recentiore tempore in aliquibus rebuspublicis a iurisdictione Ordinariorum exempta est et propriis Praelatis commissa. Vicari Apostolici militum seu castrenses iurisdictionem episcopalem pro facultatibus sibi a Sancta Sede concessis in personas militiae addictas gerunt. Quare pro quibusdam Statibus in episcopos titulares consecrantur. Ipsis sacerdotes curam in variis partibus exercitus agentes subsunt". (1)

Metteva, altresí, in evidenza che tale giurisdizione esente esisteva già in Spagna, Austria e Germania, nei quali Paesi i Cappellani militari erano a tutti gli effetti considerati parroci personali. (2) Furono del medesimo parere tutti i numerosissimi Autori che si occuparono della questione.

L'attività giurisprudenziale, dopo l'emanazione del codice, fu intensa. Gli studiosi furono, in generale, del medesimo parere nell'affermare che la regolamentazione dei Cappellani militari era sottratta agli Ordinari locali. (3)

I Cappellani militari andavano considerati parroci personali, nel senso che ricevevano i loro sudditi non dal territorio, come è per la parrocchia, ma da qualità personali, tipo la nazionalità, lingua, famiglia, stirpe, condizioni personali particolari, rito, professione. (4)

Dipende, poi, sempre "ex peculiaribus Sanctae Sedis praescriptis" se i Cappellani sono chiamati parroci personali. (5)

Qualcuno fa un ragionamento del genere: un tempo esistevano i Prelati quasi-nullius, con giurisdizione su determinate persone, anche se queste risiedevano su un territorio non soggetto a quei Prelati; a questa categoria sono da assimilarsi i Vicari Castrensi. (6)

Il Cappello pur considerando i Cappellani militari equiparabili ai parroci afferma che non sono tenuti a tutti gli obblighi pastorali, come ad esempio non sono tenuti ad applicare "pro populo". (7)

Pian piano, attraverso i Concordati, "si può dire sia andato sorgendo un vero e proprio diritto comune ecclesiastico castrense". (8)

Tale diritto comune, nel suo svolgersi e soprattutto dopo i periodi di emergenza della Prima e Seconda Guerra Mondiale, ha conosciuto tre tappe fondamentali:

L'Istruzione della S. Congregazione Concistoriale "De Vicariis Castrensibus" del 23 aprile 1951. (9)

L'Istruzione della S. Congregazione dei Religiosi "De Cappellanis militum Religiosis" del 2 febbraio 1955. (10)

La Costituzione Apostolica "Spirituali Militum Curae" del 21 aprile 1986, che ha posto le basi di una vera e propria elaborazione dottrinale e canonica. (11)

In sostanza, prima dell'emanazione della Costituzione Apostolica e sulla scorta del Diritto Canonico del 1917, si può fare una quadruplice distinzione:

a) Dove non ci sono Cappellani militari, i militari sono, a tutti gli effetti legali, considerati "vagi" (can. 91) (12): il loro Ordinario e il loro parroco sono dunque l'Ordinario ed il parroco del luogo dove essi attualmente dimorano. (13)

b) Dove i Cappellani militari sono dipendenti dagli Ordinari locali, per esempio nel Belgio ed in Francia, hanno, sui militari e sui civili addetti alla forza armata, giurisdizione delegata e territoriale.

c) Dove i Cappellani militari ricevono le loro facoltà, direttamente o indirettamente, dalla Santa Sede, l'estensione della loro giurisdizione si dovrà necessariamente desumere dalle lettere di nomina e dalle speciali disposizioni apostoliche comuni a tutti i Cappellani. (14)

d) Dove c'è esenzione dagli Ordinari locali, per esempio in Italia, Germania, Spagna, tutto il complesso di diritti e di doveri, che costituiscono la cura castrense, viene eretto in Prelazia quasi-nullius con giurisdizione a carattere personale. (15)

Come dicevamo all'inizio di questo secondo capitolo, con l'uscita del Codice di Diritto Canonico del 1917 la giurisdizione sui Cappellani militari era demandata alla Santa Sede. (16)

Già prima, però, dell'uscita del Codice la Santa Sede aveva provveduto ad emanare disposizioni particolari. Ciò avvenne in occasione dello scoppio della Prima Grande Guerra del 1915-1918. La Santa Sede dotò l'ufficio dei Cappellani militari di vari privilegi e facoltà per facilitare l'esercizio del loro ministero in favore di tutti i militari.

I Cappellani militari e i sacerdoti soldati, anche prigionieri, potevano celebrare nelle domeniche e nelle feste del Signore la Messa votiva della SS. Trinità e nelle altre feste la Messa votiva della Madonna; negli altri giorni, a scelta, o la Messa della Madonna, con l'imperate "tempore belli", o la votiva "tempore belli" o la Messa dei defunti. (17)

I sacerdoti soldati di sanità potevano celebrare ogni giorno "quocumque decenti loco, etiam sub dio, remoto quovis irreverentiae periculo"; i sacerdoti combattenti solo alla domenica e alle feste di precetto. (18)

I soldati sul fronte erano considerati come in pericolo di morte e potevano, perciò ricevere il Viatico.

I Cappellani militari al seguito degli eserciti in guerra potevano ascoltare le confessioni di tutti i fedeli che ad essi ricorrevano e servirsi anche in loro favore di tutte le facoltà ad essi concesse. (19)

Nell'imminenza del combattimento tutti i soldati potevano essere assolti con la formula generale, recitato l'atto di dolore, ed essere ammessi a ricevere l'Eucaristia, con l'obbligo di confessarsi integralmente appena avessero potuto. (20)

Ogni militare poteva ricevere l'assoluzione da qualsiasi sacerdote "approvato", anche non Cappellano militare (21), e in prossimità della battaglia da qualunque sacerdote anche non "approvato". (22)

Sempre continuando sullo stesso argomento, vediamo come si comportò la Santa Sede nella Seconda Guerra Mondiale del 1939-1945.

L'8 dicembre 1939 la S. Congregazione Concistoriale emanò un elenco di "Facoltà" ai Vicari Castrensi o Cappellani Maggiori degli eserciti dei diversi Paesi, con il potere di subdelegare a tutti i sacerdoti mobilitati, e valevoli per tutto il periodo della guerra. (23)

Tale elenco, data l'estensione dei poteri accordati, superava tutte le facoltà precedentemente accordate dalla Santa Sede.

Il perché di questa larghezza era, evidentemente, da ricercarsi nella vastità del conflitto, che coinvolse quasi tutto il mondo, e nella preoccupazione costante della Chiesa, che é quella della "salus animarum".

Le facoltà di cui ci occupiamo (24) erano, di per sé, dei privilegi da intendersi secondo il canone 66, § 1, privilegi "praeter ius" (25) e perciò erano suscettibili di una interpretazione larga in quanto concedevano favori.

Naturalmente, con esse, si intendevano concessi anche quei poteri che erano necessari o utili al loro esercizio. (26)

L'elenco, nel concedere i favori, dichiarava espressamente che le medesime facoltà erano delegabili a discrezione dei concessionari principali, e prevedeva future necessità anche per quei paesi che, per effetto della guerra, o si sarebbero veduti coinvolti in essa o avrebbero assunto un atteggiamento di vigile attesa con conseguente mobilitazione.

La subdelegazione poteva essere concessa anche ai sacerdoti secolari e religiosi non mobilitati, ma che, per esigenze di ministero, si fossero trovati in qualche modo alle dipendenze dei Vicari Castrensi e dei Cappellani capi.

Le facoltà erano 21 (27) e riguardavano:

- celebrazione della Messa e custodia del Ss. Sacramento (1-12)

- amministrazione dei Sacramenti (13-16)

- riduzione o commutazione della recita del Breviario (17)

- dispensa dal digiuno e dall'astinenza (18)

- estensione del tempo per il precetto pasquale (19)

- benedizione ed indulgenza di oggetti di pietà (20-21).

La prima facoltà riguardava la binazione della Messa non solo nei giorni festivi, ma anche nei giorni feriali "urgente necessitate" (28). Per urgente necessità si intendeva il caso in cui dei militari avessero chiesto la Comunione, nell'imminenza della battaglia, onde necessitava la celebrazione della Messa. Al celebrante veniva chiesto l'osservanza delle rubriche e il digiuno, che a quel tempi, era dalla mezzanotte. È chiaro che "urgente necessitate" il celebrante celebrava comunque, digiuno o non digiuno. (29)

La seconda facoltà riguardava il privilegio dell'altare portatile, indispensabile ad ogni Cappellano militare, che doveva essere collocato in "loco honesto et decenti etiam sub dio et in navi". (30)

Nell'elenco venivano, poi l'indulto di celebrare Messe votive piú corte, ciò che riguardava i paramenti, la pietra sacra, di celebrare senza inserviente, di omettere il "Passio" quand'era previsto, di conservare il SS. Sacramento, con tutte le cautele richieste, nelle Cappelle stabili delle varie Armi. (31)

I Cappellani capi, o quei sacerdoti che erano stati da loro delegati, potevano assolvere tutto il personale delle Forze Armate (militari, suore, civili), i prigionieri di guerra e perfino gli abitanti delle zone di guerra da tutte le censure.

Tutti i sacerdoti, poi, anche privi dell'autorizzazione di confessare, nell'imminenza o nel corso della battaglia, potevano assolvere da ogni censura. (32)

Come è sempre stato prassi della Chiesa, restava l'obbligo ai confessori di avvisare i penitenti che se fossero stati assolti da censure "specialissimo modo" riservate alla Santa Sede o da quella censura contenuta del Decreto della Sacra Penitenzieria "Lex Sacri coelibatus" del 18 aprile 1936, che, "sub poena reincidentiae", essi dovevano ricorrere alla Santa Sede nello spazio di sei mesi dal termine del conflitto. (33)

Le concessioni, da quel che si nota, avevano tutte lo scopo ben preciso di favorire al massimo la ricezione dei Sacramenti a beneficio spirituale dei riceventi. Per questa ragione, in accordo con le risposte della S. Penitenzieria del 18 marzo 1912 e del 29 maggio 1915 (34), si concedeva a tutti gli abitanti di un paese in guerra di essere considerati in pericolo di morte, con tutte le agevolazioni che il caso comportava.

Per costoro qualsiasi sacerdote, anche non approvato per le confessioni, poteva dare un'assoluzione collettiva e generale, se per l'urgenza del caso o per la moltitudine, non si potevano confessare, premesso l'atto di dolore, e ammetterli alla S. Comunione in forma di Viatico. Naturalmente, per chi era assolto in questa forma, restava l'obbligo di confessarsi integralmente appena possibile. (35)

Le suddette concessioni si potevano pure usare durante le incursioni aeree sulle città particolarmente indifese, in favore di tutti i fedeli che si trovassero nelle medesime.

 

 

 

 

 

 

 

Note

_______________________

 

 

 

(1) Laurentius, G., Institutiones iuris ecclesiastici (Friburgi-Brisgoviae 1914), 202. Tale era anche il pensiero di molti canonisti. Cf. Cocchi, F., Commentarium in Codicem Iuris Canonici (Romae 1940), 391.

(2) Augustine, C., A Commentary on Canon Law, II (St. Louis 1919), 512. De Meester, I., Iuris Canonici et Iuris Canonico-Civilis Compendium, II (Brugis 1923), 248.

(3) Augustine, C., Idem: "All regulations concerning military chaplains must emanate directly the Holy See, the bishop not being competent in this matter".

(4) Blat, A., Commentarium textus Codicis Iuris Canonici, De Personis (Romae 1919), 419. BADII, C., Institutiones Iuris Canonici, I (Florentiae 1920), 250. Orio Giacchi, Cappellani militari in "Nuovo Digesto Italiano" (Torino 1958), 852.

(5) Conte A Coronata, M., Institutiones, I (Taurini 1939), 547.

(6) Wernz-Vidal, Ius Canonicum, II (Romae 1928), 600.

(7) Cappello, F. M., Summa Iuris Canonici, II (Romae 1930), 16. Quanto il Cappello scrisse nel 1930 oggi non è piú vero. La Instructio "De Vicariis Castrensibus" AAS 43 (1951), 562-5651 all'art. XI prescrive: "Cappellani militum sicut et Vicarius Castrensis minime tenentur obbligationes applicandi Missam pro populo; si vero stipem vel notabile emolumentum ex officio percipient, Vicarius Castrensis imponere eis valebit ut Sacrificium Missae applicent saltem diebus Can. 306 C.I.C. statutis; quod et ipsi sit norma". Il Can. 306 del C.I.C. del 1917 dice: "Missae sacrificium pro populis sibi commissis applicare debent saltem in sollemnitatibus Nativitatis Domini, Epiphaniae, Paschatis, Ascensionis, Pentecostes, Sanctissimi Corporis Christi, Immaculatae Conceptionis et Assumptionis Beatae Mariae Virginis, Sancti Ioseph eius Sponsi, Sanctorum Apostolorum Petri ed Pauli, Omnium Sanctorum". A comporre definitivamente la questione ora c'é la Costituzione Apostolica "Spirituali Militum Curae" AAS 78 (1986), 481-486, la quale, all'articolo VII, stabilisce che i Cappellani militari sono parroci a tutti gli effetti: "Intra ambitum sibi designatum et erga personas sibi commissas, sacerdotes qui in Ordinariatu cappellani nominantur parochorum iuribus gaudent et officiis tenentur".

(8) Gorino-Causa, Parrocchia, in "Athenaeum" 1 (Roma 1938), 5.

(9) Cf. AAS 43 (1951), 562-565.

(10) Cf. AAS 47 (1955), 93-97.

(11) Cf. AAS 78 (1986), 481-486.

(12) De Meester, Iuris Canonici et Iuris Canonico-Civilis compendium, II (Brugis 1923), 248. Il can. 91 recita: "vagus, si nullibi domicilium habeat vel quasi-domicilium". Per comprendere il senso canonico del domicilio e del quasi-domicilio vedasi il De Meester alla pagina citata.

(13) Cf. Can. 94, § 2 del C.I.C. del 1917: "Proprius vagi parochus vel Ordinarius est parochus vel Ordinarius loci in quo vagus actu commoratur".

(14) Cappello, F. M., Summa Iuris Canonici, II (Romae 1930), 15-16.

(15) Pugliese, F. A., Storia e legislazione sulla cura spirituale alle Forze Armate, (Roma 1956), 36.

(16) Codice di Diritto Canonico, can. 451, § 3, del 1917: "Circa militum Cappellanos sive maiores sive minores, standum peculiaribus Sanctae Sedis praescriptis".

(17) S. Congregazione dei Riti, in AAS 7 (1915), 265.

(18) S. Congregazione dei Sacramenti, in AAS 7 (1915), 97.

(19) S. Penitenzieria Apostolica, in AAS 6 (1914), 712.

(20) S. Penitenzieria Apostolica, in AAS 7 (1915), 72.

(21) Idem, 282.

(22) Idem, 281.

(23) S. Congregazione Concistoriale, 8 dicembre 1939, in AAS 31 (1939), 710-713.

(24) S. Congregazione Concistoriale, AAS 31 (1939), 710-713.

(25) Codice di Diritto Canonico del 1917, can. 66, § 1: "Facultates habituales quae conceduntur vel in perpetuum vel ad praefinitum tempus aut certum numerum casuum, accensentur privilegiis praeterius".

(26) Codice di Diritto Canonico del 1917, can. 66, §3: "Concessa facultas secumfert alias quoque potestates quae ad illius usum sunt necessariae; quare in facultate dispensandi includitur etiam potestas absolvendi a poenis ecclesiasticis, si quae forte obstent, sed ad effectum dumtaxat dispensationis consequendae". Canone 200, § 1: "Potestas iurisdictionis ordinaria et ad universitatem negotiorum delegata, late interpretanda est; alia quaelibet stricter cui tarnen delegata potestas est, ea quoque intelliguntur concessa sine quibus eadem exerceri non posset".

(27) S. Congregazione Concistoriale, AAS 31 (1939), 710-713.

(28) Cf. quanto, in quei tempi, si intendeva per digiuno, Costituzione Apostolica "Christus Dominus", AAS 20 (1953), 47-56 e Castellano, M., La nuova disciplina del digiuno eucaristico e delle Messe vespertine (Roma 1954).

(29) S. Congregazione Concistoriale, AAS 31 (1939), 710.

(30) Idem, 711.

(31) Idem, 711.

(32) S. Congregazione Concistoriale, AAS 31 (1939), 712.

(33) S. Penitenzieria Apostolica, in AAS 7 (1915), 282.

(34) S. Congregazione Concistoriale, AAS 31 (1939), 711.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cfr. BUSATO E. O., Il Cappellano Militare. Studio comparato fra l'ordinamento canonico e quello italiano, Dissertatio ad Lauream in Facultate Iuris Canonici apud Pontificiam Universitatem S. Thomae in Urbe, Romae 1990, 53-67.