L'avversario si presenta come un interrogativo venuto dal "di fuori" o "da lontano" per la nostra vita, che critica, aumenta, limita, demistifica, esalta la nostra prestazione. Egli è, per ogni atleta, la sua vocazione ma anche colui che lo condanna. Ogni competizione ha bisogno di un avversario, di un estraneo come uno che tuttavia è necessario: la mia prestazione deve misurasi inevitabilmente con lui. L'esperienza dell'avversario è innanzitutto l'esperienza di un limite. L'atleta incontra delle resistenze che gli delimitano uno spazio; tale opposizione rimette in questione una sicurezza e una volontà delle proprie capacità che hanno bisogno di mettersi alla prova. Se è vero che è una presenza necessaria per la gara quella di un avversario essa è, al tempo stesso, una minaccia. Essa chiede risposte ma nello stesso tempo cerca di distruggere ciò che risveglia.
Vuol dire impegnarsi in una gara e decidere la tattica migliore, ma incontrare dinanzi a sé la presenza di qualcun altro "ostile". [...] La realtà di una gara invita a perseguire il sogno di una vittoria con una lotta con un avversario. Essa non distrugge, tuttavia, l'esigenza di una pace e di una amicizia comune. Solamente, ne modifica l'espressione. Questa esigenza non si presenta piú come l'affermazione di un "ideale", bensí come un reciproco rispetto, anche se intralcia l'interesse per la vittoria. Al dovere mio della vittoria si contrappone lo stesso diritto dell'avversario. L'obbligo di difendere l'interesse che gli è assegnato vale per ognuno nello stesso modo. La coscienza del diritto alla vittoria fondato sulle capacità personali, esige il rispetto di un diritto equivalente presso gli altri. Ecco allora le regole: tali tensioni fissano i limiti imposti dalla reciprocità di questo diritto alla vittoria e dall'interesse dello sport.
Rispettare le regole significa solidarizzare con l'avversario, gareggiare ad armi pari. Il riferimento alle regole implica il confronto leale fra i concorrenti e i giocatori. Il loro richiamo è essenziale per evitare l'imbarbarimento dei contendenti, che possono essere tentati di ricorrere alla violenza e/o all'inganno per vincere la gara. Giovanni Paolo II cosí definisce la solidarietà: "La determinazione ferma e perseverante d'impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti" (Sollicitudo rei socialis, 30-12-1987). Vuol dire creare quel complesso di condizioni che consentono a ciascuno di realizzarsi nella sua umanità. Ogni atleta, indipendentemente dalla sua cultura, razza, stato sociale, . ha il diritto/dovere di realizzarsi nella vittoria e le regole sono al suo servizio. Trasgredirle o insegnare a trasgredirle non è solo andare contro lo sport, ma anche contro l'uomo. La prima regola dello sport chiede il rispetto dell'avversario.
Cfr. CEI - Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero e sport, Glorificate Dio nel vostro corpo. Sussidio per la celebrazione del Giubileo degli sportivi, (Documenti: chiese locali 91), EDB, Bologna 2000, 22-23.