Cenni storici (Taekwon-Do Yoksa)
Il Taekwon-Do che oggi conosciamo è il risultato di plurisecolari e complessi sviluppi. Le sue origini risalgono al 37 a.C. in una Corea dominata dal regno dei Koguryo a cui succederà la potente dinastia dei Koryo, che regnerà per ben 457 anni. Nel 1935 alcuni archeologi ritrovarono alcune tombe reali, appartenenti a Kak-Je Chong, Sam Shil Chong e Mu Yong Chong, arricchite da interessanti affreschi, con scene di vita tipiche dell’epoca della dinastia Koguryo, in cui dei guerrieri si esercitano nel Soo Bak o Taek Kyon. La costruzione di entrambe le tombe risale ad un periodo compreso tra l’anno 3 a.C. e il 427 d.C. perciò è lecito dedurne che tale arte marziale fosse in voga già da alcuni secoli.
Nel 50 a.C. la Corea era suddivisa in tre regni costantemente in guerra per il territorio: Silla, il piú piccolo, situato nella pianura di Kyongju; Koguryo, che si estendeva nella valle del fiume Yalu; Baekje, sviluppatosi a sud-ovest della penisola coreana. Silla, il regno piú piccolo, meno potente e meno armato rispetto ai due confinanti, era sotto la costante minaccia di un’invasione militare e inoltre subiva le continue scorrerie dei pirati giapponesi (gli Wako). Sotto l’impero di Chin Heung, pertanto, furono addestrati uomini, in grado di garantire l’integrità del regno, gli Hwarang (Hwa= fiore, Rang= giovane).
Lo Hwarang-Do (la via della fratellanza fra gli uomini) era un’organizzazione costituita reclutando i giovani tra i 16 e i 20 anni provenienti dalle famiglie nobili e addestrati nell’arte del Taek Kyon. Fra le conoscenze degli Hwarang, guerrieri molto temuti ma anche uomini dalla forte spiritualità, c’erano il Soo Bak insieme all’anatomia umana, al tiro con l’arco e, non ultimi, l’insegnamento della filosofia, della storia, dell’etica e della morale. I principi che ispiravano questo sistema di formazione dovevano la loro origine nei cinque codici di comportamento umano stabiliti dal saggio Wonkang:
- Essere leali alla propria patria.
- Obbedire ai propri genitori.
- Essere leali nei confronti degli amici.
- Non ritirarsi mai in combattimento.
- Non uccidere mai in modo ingiusto.
Questi antichi codici di comportamento sono stati ripresi nei cosiddetti undici comandamenti del Taekwon-Do moderno:
- Lealtà alla propria patria.
- Lealtà al proprio Dojang.
- Rispetto dei propri genitori.
- Fedeltà al coniuge.
- Rispetto dei fratelli e delle sorelle.
- Lealtà agli amici.
- Rispetto degli anziani.
- Rispetto dei propri maestri.
- Non togliere la vita in modo ingiusto.
- Avere uno spirito indomito.
- Portare a termine ciò che si è iniziato.
Legati ai loro usi e costumi i Silla furono gli ultimi ad abbandonare l’organizzazione tribale per costituirsi in regno. Fino al VI secolo infatti si distinsero come una società fortemente conservatrice, vincolata ad antiche consuetudini e restia ad aprirsi agli stranieri. Nonostante questo a partire dal 660, guidato dal sovrano Muyol, il regno conobbe una tale fase di espansione che lo portò, nell’arco di alcuni decenni, a sottomettere i vicini regni con l’appoggio della dinastia cinese dei Tang e a formare il primo regno unitario coreano noto come Grande Silla.
Dopo aver conosciuto una straordinaria fioritura culturale, a partire dal IX secolo esso andò incontro a un periodo di decadenza che culminò nel 935, quando il ribelle Wang Kon obbligò l’ultimo re Silla ad abdicare e si proclamò re del Neo-Koguryo (Koryo), regno che durerà fino al 1392. Durante questo periodo si ebbe un’enorme diffusione del Taek Kyon, quale costante del programma d’addestramento militare. Per motivare ulteriormente le truppe venivano indette delle gare d’abilità e relativi livelli d’idoneità necessari per l’avanzamento di grado.
Il periodo di riforme e prosperità avviato da Wang Kon, ribattezzato re con il nome di Taejo (“Grande progenitore”), si esaurí sotto i suoi successori, incapaci di arginare la corruzione dilagante, le rivalità tra i funzionari politici e militari e le profonde disuguaglianze sociali.
Questo clima di instabilità politica e sociale favorí, a partire dall’XI secolo, le invasioni di diversi popoli nomadi: dopo i Khitan e gli Jurgen, nel XIII secolo arrivarono le devastanti invasioni dei Mongoli, che razziarono il paese fino alla pace siglata con Kublai Khan nel 1270. Questa comportò una netta dipendenza politica dei sovrani coreani nei confronti della dinastia mongola Yuan, gravose conseguenze economiche e fiscali, ma anche un importante risveglio culturale favorito dai nuovi contatti con altri popoli.
Il progressivo declinare degli Yuan nella Cina nel XIV secolo, culminato nel 1368 con l’instaurazione della dinastia Ming, portò al risveglio dello spirito di indipendenza coreano, che trovò il suo maggiore interprete nel re Kongmin, salito al trono nel 1352. Dopo aver espulso i mongoli dal territorio e allontanato l’aristocrazia corrotta, Kongmin fu però assassinato dagli oppositori, che fecero precipitare il regno in un ventennio di lotte per il potere, terminato nel 1392 con la salita sul trono di Yi Söng-gye con il nome regale di Yi Taejo.
Il periodo della dinastia Yi, conosciuto anche come età del Regno Choson, si può suddividere in due parti. I primi duecento anni, fino al re Sejong, furono caratterizzati da pace, prosperità e buon governo. I primi sovrani Yi formarono una struttura politica e sociale che fu capace di sopravvivere fino al 1910. Essi edificarono la nuova capitale Hanyang (l’odierna Seoul) e misero al bando il buddhismo, considerato alla stregua di una superstizione, per lasciare posto al cosiddetto neoconfucianesimo, che prescriveva uno stile di vita semplice e rigoroso.
L’ampio spazio lasciato alla cultura, se da un lato favorí l’istruzione del popolo, insieme ad importanti progressi scientifici e letterari, dall’altro portò ad un progressivo indebolimento dell’esercito e a pericolose divisioni all’interno della classe dirigente che compromisero nuovamente la stabilità delle istituzioni.
Proprio la dinastia Yi fu la prima a lasciare degli scritti sull’antica arte marziale coreana che nel tempo aveva mutato il suo nome da Taek Kyon a Soo Bak. Fu in questo periodo che tale disciplina, praticata solo dai nobili durante l’addestramento militare, si diffuse anche fra le classi popolari.
In seguito la breve invasione giapponese alla fine del XVI secolo (1592-1597) segnò per il regno Choson il passaggio ad un periodo di debolezza e caos politico, di cui approfittarono i Manciú che, tra il 1627 e il 1637, ridussero la Corea a stato vassallo della Cina. Seguí un periodo di isolamento ma anche di relativa pace, protrattosi sino alla fine del XVIII secolo, quando profondi cambiamenti economici e sociali tornarono a scuotere le strutture portanti dello stato, anche per effetto del diffondersi del cristianesimo, introdotto nel 1784, che apportò elementi nuovi e inaspettati nella cultura tradizionale.
Il mutare della situazione internazionale alla fine del XIX secolo determinò anche una nuova collocazione politica per la Corea, che entrò gradualmente nella sfera di influenza di Russia, Giappone, Francia e Stati Uniti. Nel 1876 i giapponesi costrinsero il paese a stringere con loro relazioni diplomatiche e commerciali, imponendo l’apertura di alcuni porti. Dopo le vittoriose guerre contro la Cina del 1894-95 e contro la Russia del 1904-1905, Tokyo annetté formalmente la Corea, prima in forma di protettorato e dal 1910 in qualità di colonia con il nome di Governatorato Generale Choson. Fu un triste periodo che si protrasse per circa 36 anni e che portò al declino del Soo Bak.
La dominazione venne tenacemente contrastata da un forte moto di resistenza nazionale, che culminò nel 1919 in una dichiarazione di indipendenza, cui seguí una sollevazione generale, repressa nel sangue dai giapponesi. Fra le due guerre mondiali le misure repressive mirate a soffocare le rivendicazioni indipendentiste si inasprirono, al punto che la pratica di qualunque arte marziale autoctona e la stessa lingua coreana vennero bandite; ciononostante i giapponesi apportarono alcuni miglioramenti alla struttura economico-sociale del paese con nuove infrastrutture sanitarie e scolastiche e con lo sfruttamento di risorse energetiche fino ad allora trascurate.
Questa politica ostile stimolò tuttavia la nascita di nuovi e numerosi gruppi clandestini, a volte vere e proprie scuole, che di fatto continuavano a praticare e studiare assiduamente quest’arte. Il Soo Bak infatti non si spense sotto l’opprimente dominio giapponese, essendo praticato clandestinamente dai gruppi della resistenza coreana, perfino all’interno dei templi. I coreani arruolatisi nell’esercito giapponese poi studiarono le tecniche e i fondamenti delle arti marziali giapponesi traendone preziosi e ulteriori insegnamenti. L’occupazione giapponese cessò solo con la sconfitta subita dal Giappone nella seconda guerra mondiale (1945).
La fine della dominazione giapponese finalmente fece sí che le scuole clandestine emergessero, ognuna però con un suo differente stile sviluppatosi lungo gli anni della dominazione e spesso influenzato dalle arti marziali degli oppressori giapponesi. Fu un periodo in cui ogni Dojang (luogo dove si segue la Via) affermava di insegnare la pratica originaria del Soo Bak, pochi tuttavia potevano vantarsene in quanto la conservazione e la custodia dell’antica ed originaria arte marziale era stata affidata a poche elette famiglie dell’antica nobiltà coreana.
È in questo periodo che acquista importanza la figura del generale Choe Hong-hui, “padre del Taekwon-Do moderno”, profondo cultore dell’arte coreana. L’unificazione di tutti questi differenti stili di Soo Bak avvenne grazie alla sua opera. Nel 1955, dopo aver indetto una storica tavola rotonda, a cui parteciparono i piú prestigiosi maestri coreani, venne finalmente codificata e creata una nuova arte marziale. Il nome della “nuova” ma pur antica arte marziale passò da Soo Bak - Taek Kyon a Taekwon-Do.
Gen. Choe Hong-hui, fondatore del Taekwon-Do moderno
«Spero sinceramente che attraverso il Taekwon-Do ogni uomo possa acquisire la forza sufficiente per arrivare ad essere il guardiano della giustizia, opponendosi ai conflitti sociali e coltivando lo spirito umano al livello piú alto possibile. È con questo spirito che mi sono dedicato all’arte del Taekwon-Do per tutti i popoli del mondo» (Generale Choe Hong-hui).
Il Generale Choe Hong-hui
Nella lunga e complessa storia del Taekwon-Do, al di là di considerazioni politiche e culturali contingenti, ormai in buona parte legate al passato, è doveroso ricordare l’uomo che dedicò tutta la sua vita allo sviluppo e all’affermazione di questa arte tanto antica quanto nobile: il generale Choe Hong-hui.
Choe nacque il 9 novembre 1918 nell’attuale Corea del Nord. Fin dalla gioventú manifestò uno spirito forte e indipendente tanto che all’età di dodici anni fu espulso dalla scuola a motivo delle agitazioni suscitate contro l’autorità giapponese. Iniziò cosí quello che sarebbe diventato il movimento d’indipendenza degli studenti di Kwangju.
Dopo l’espulsione dalla scuola, il padre del giovane Choe, avviò il figlio allo studio della calligrafia affidandolo ad uno degli insegnanti piú famosi della Corea, il maestro Han Il Dong, noto anche come maestro di Taek Kyon, un’antica arte marziale coreana a quei tempi vietata.
Nel 1937, Choe si trasferí in Giappone allo scopo di approfondire la propria cultura personale. Poco prima di lasciare la Corea tuttavia ebbe un serio contrasto con un lottatore professionista: fu l’occasione che dette un deciso slancio all’addestramento del giovane nelle arti marziali.
In Giappone, a Kyoto, Choe venne in contatto con un coreano, Him, che insegnava Karate. In due anni di intenso allenamento Choe raggiunse il grado di cintura nera primo Dan. Quelle tecniche, unite a quelle del Taek Kyon, furono in effetti alla base del Taekwon-Do moderno che egli giungerà a codificare anni dopo.
Negli anni universitari trascorsi a Tokyo l’allenamento e la pratica nelle nuove tecniche di lotta si intensificarono fino al raggiungimento della cintura nera secondo Dan in Karate; un risultato conseguito anche grazie all’insegnamento in una palestra cittadina.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Choe fu costretto, contro la sua volontà, ad arruolarsi nell’esercito imperiale giapponese.
Ritornato in patria, a Pyongyang, fu accusato d’essere l’ispiratore del movimento d’indipendenza coreano e fu internato in una prigione giapponese. Mentre era in prigione Choe continuò ad esercitarsi nell’arte marziale, anche nella solitudine della sua cella. In breve tempo i compagni di prigionia divennero i suoi allievi che, coinvolgendo gli altri detenuti, trasformarono la prigione in un’enorme palestra. La disfatta del Giappone e la conseguente liberazione della Corea nell’agosto del 1945, risparmiarono a Choe i restanti sette anni di prigionia.
Nel gennaio 1946 Choe divenne sottotenente nel nuovo esercito coreano, ciò che gli permise di diffondere il Taekwon-Do in un nuovo contesto. Divenne comandante di compagnia del 4° Reggimento Fanteria di Kwanju, dove insegnò le tecniche apprese ai suoi uomini. In seguito fu promosso tenente e trasferito a Tae Jon nel 2° Reggimento di Fanteria. Successivamente egli iniziò ad insegnare la sua arte marziale non soltanto ai soldati coreani ma anche a quelli americani.
Choe Hong-hui
Nel 1947 Choe iniziò una rapida carriera giungendo in breve al grado di maggiore. Nel 1948 fu inviato a Seul come ufficiale responsabile della logistica e diventò istruttore di Taekwon-Do nella locale scuola americana di polizia militare.
Alla fine dell’anno fu promosso tenente colonnello e infine colonnello, nel 1949. Per la prima volta ebbe l’occasione di visitare gli Stati Uniti, dove frequentò la Scuola militare di Fort Riley, ed ebbe l’occasione di far conoscere pubblicamente la sua arte.
Poco prima della fine del conflitto nell’area del Pacifico, Stati Uniti e Unione Sovietica, potenze uscite vincitrici dalla guerra, divisero la penisola coreana lungo il 38° parallelo e definirono le rispettive zone d’azione, mantenendo in loco le proprie forze armate nel tentativo di sostenere un governo politicamente favorevole. Benché l’aspirazione alla riunificazione fosse comune a tutti i coreani, il clima dell’incipiente Guerra Fredda fece fallire le conferenze promosse a tal fine dalle due superpotenze nel 1946-47. Si giunse cosí alla creazione di due regimi separati, formalizzati nell’estate del 1948 con la costituzione della Repubblica di Corea (Corea del Sud), con capitale Seoul, e della Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del Nord), con capitale Pyongyang.
Il 25 giugno del 1950 le forze nordcoreane violarono il confine del 38° parallelo nel tentativo di conquistare l’intero paese, dando cosí inizio alla cosiddetta guerra di Corea (1950-1953). La guerra civile che ne seguí sancí invece la divisione della penisola coreana, esasperando le tensioni e i conflitti tra i due stati, che purtroppo perdurano ancora.
Fu proprio nel 1951 che Choe divenne brigadier generale e organizzò la scuola a Pusan in qualità di assistente del comandante e responsabile del dipartimento accademico. Nel 1952 divenne capo di stato maggiore del 1° Corpo d’armata dove incontrò il famoso generale MacArthur in visita a Kang Nung. Nel 1953 si raggiunse l’armistizio e al generale Choe venne affidato il comando della 5a Divisione di Fanteria.
L’anno 1953 fu un anno particolare per Choe, sia per la sua carriera militare sia per il progresso della nuova arte marziale. Egli organizzò la 29a Divisione di Fanteria nell’isola di Cheju; diede nuovo slancio alla pratica del Taekwon-Do e ideò l’Oh Do Kwan (che tradotto alla lettera significa Ginnastica a modo mio) grazie al quale riuscí anche a sviluppare una moderna tecnica marziale dove il Taek Kyon e il Karate si fondevano insieme. In tutto ciò gli fu di grande aiuto il suo braccio destro Nam Tae Hi. Alla fine dell’anno poi fondò la Chong Do Kwan (che significa Ginnastica dell’onda blu), una delle piú grandi palestre civili della Corea.
Nel 1954 Choe fu promosso al grado di Maggior Generale e pubblicò un importante contributo sull’attività di intelligence in Corea.
Il 1955 segnò tecnicamente l’inizio del Taekwon-Do quale moderna arte marziale nella storia coreana. Egli costituí una commissione che includeva maestri, istruttori, storici e altri notabili. Furono proposti diversi nomi per la nuova arte marziale, ma l’11 aprile la commissione decise per il nome “Taekwon-Do”, caro al Generale Choe. Questo nome sostituí tutti quelli usati in precedenza, spesso fonte di confusione, quali: Dang Soo, Gong Goo, Taek Kyon, Kwon Bup, etc...
Nel 1959 il Taekwon-Do si allargò al di fuori dei confini coreani. Il Generale Choe con al seguito diciannove maestri fece un tour nell’Estremo Oriente, in particolare nel Vietnam del Sud e in Taiwan. Fu un successo mediatico che colpí il pubblico, entusiasmato dalle tecniche spettacolari mai viste prima.
Nello stesso anno Choe divenne il Presidente della nuova associazione coreana di Taekwon-Do e Comandante del 2° Corpo d’Armata a Tae Gu. Il Generale Choe pubblicò il primo testo coreano sul Taekwon-Do che diventò un testo di riferimento anche per l’edizione del 1965.
Intanto nel 1960 il Generale partecipò ad un corso di aggiornamento sui nuovi armamenti in Texas. Qui, a Sant’Antonio, ebbe l’occasione di incontrare John Rhee, primo istruttore della nuova disciplina negli USA, convincendolo a passare definitivamente dal Karate al Taekwon-Do. Choe ritornò nella Corea del Sud in qualità di capo dell’Intelligence dell’Esercito coreano. In seguito egli assunse la guida del Comando operativo (Combat Armed Command) comprendente le forze di fanteria, le forze di artiglieria, i reparti corazzati e le scuole delle trasmissioni e dell’aeronautica.
A partire dal 1961, grazie anche al comando dei piú grandi centri di addestramento coreani, poté dare un nuovo impulso alla sua arte marziale. Ottenuto anche il 6° Corpo d’Armata e la 7a Divisione di Fanteria USA, posta sotto il suo controllo operativo, la nuova arte marziale si diffuse anche nelle forze armate degli Stati Uniti. Attraverso i suoi allievi, il Taekwon-Do venne introdotto anche nell’Accademia militare di West Point. Nello stesso anno, Choe lo rese obbligatorio per le forze di polizia della Corea del Sud.
Nel 1962, il Generale venne nominato ambasciatore in Malesia, ciò che gli offrí l’occasione per divulgare ulteriormente il Taekwon-Do nei paesi asiatici.
Nel 1963 avvenne la prima dimostrazione a New York, presso il palazzo delle Nazioni Unite. Nello stesso anno, Choe fece un viaggio in Vietnam allo scopo di far conoscere anche lí la disciplina e perfezionarla ulteriormente. Dopo anni di ricerca e di dedizione il Taekwon-Do superò totalmente le vecchie tecniche ereditate dal Karate.
Alla fine dell’anno Choe fu confermato alla presidenza della federazione coreana di Taekwon-Do da cui epurò i circoli politici e ideologici emergenti.
Nel 1965 Choe si congedò dalle Forze Armate mantenendo il rango di Maggior generale e successivamente venne designato quale ambasciatore della Repubblica della Corea. Visitò cosí la Germania, l’Italia, la Turchia, l’Arabia Saudita, la Malesia e Singapore. Furono occasioni preziose per far conoscere al resto del mondo la nuova arte. In Corea il Taekwon-Do venne dichiarato ufficialmente quale arte marziale nazionale.
Il 22 marzo 1966 venne costituita la International Taekwon-Do Federation (ITF) con le associazioni di: Corea, Vietnam, Malesia, Singapore, Repubblica Federale di Germania, Stati Uniti, Turchia, Italia, Arabia Saudita ed Egitto.
Nel 1967 si aggiunse anche l’associazione di Hong Kong. Choe ricevette dal governo del Vietnam la First Class Distinguished Service Medal e fu coadiuvato nel creare la Korea-Vietnam Taekwon-Do Foundation, presieduta poi dal Gen. Tran van Dong. In agosto Choe partecipò ad un tour di Taekwon-Do a Chicago, in Illinois, e operò per l’espansione e l’unificazione delle varie associazioni sorte negli Stati Uniti. Choe incontrò anche Robert Walson, cintura nera quarto Dan, una delle prime autorità non coreane in fatto di Taekwon-Do a pubblicare un testo in materia. Dall’incontro, il 26 novembre 1967, sorse la U.S. Taekwon-Do Association con sede a Washington, D.C. Alla fine del 1967, Choe invitò Il Maestro Oyama alla sede dell’I.T.F. a Seoul convincendolo a rinnovare le sue tecniche sulla base del Taekwon-Do. Nello stesso anno, il Presidente dell’I.T.F. designò cinque istruttori per le Forze Armate di Taiwan, su richiesta del Generale Chiang Kai-Shek.
Nel 1968 Choe visitò la Francia come delegato principale del governo coreano dove a Parigi partecipò ad un simposio militare internazionale sulle discipline sportive: il Taekwon-Do venne inserito all’ordine del giorno. I delegati di 32 paesi assistettero ad una dimostrazione della squadra di Taekwon-Do che riscosse un grande favore. Nello stesso anno nacque l’associazione del Regno Unito. In seguito Choe si recò anche in Spagna, Paesi Bassi, Canada, Belgio e India. Al ritorno in patria gli fu attribuito il primo Sports Research Award per il costante impegno rivolto alla promozione dell’arte marziale coreana.
Nel 1969, Choe fece un tour per l’Asia sud orientale dove seguí i preparativi dei vari paesi al primo torneo asiatico di Taekwon-Do poi tenutosi a settembre ad Hong Kong. Subito dopo Choe si sottopose ad un altro tour, in ventinove paesi diversi, allo scopo di visitare i suoi istruttori e raccogliere fotografie per la prima edizione del libro sul Taekwon-Do (il copyright è del 1972).
Nell’agosto del 1970, il Generale Choe visitò venti paesi in un tour che toccò l’Asia Sud orientale, il Canada, l’Europa e il Medio Oriente, dove tenne numerosi corsi e seminari per i suoi istruttori.
Nel marzo 1971 assistette al secondo torneo asiatico di Taekwon-Do tenutosi nello stadio di Negara in Malesia. Nello stesso anno selezionò degli istruttori, su richiesta del Gen. Kim Jong Hyun, allo scopo di istruire le forze armate iraniane.
Nel 1972 spostò la sede dell’International Taekwon-Do Federation a Toronto, in Canada, impegnandosi a promuovere la sua arte fra la gioventú di tutto il mondo. Fu cosí che il Taekwon-Do si diffuse nelle università d’Europa, d’America, del Medio e dell’Estremo Oriente.
Nei mesi di novembre e dicembre del 1973, Choe selezionò un apposito Team dimostrativo visitando tredici paesi dall’Europa all’Africa, dal Medio Oriente all’Estremo Oriente. Piú di 100.000 persone assistettero alle sue dimostrazioni: il mondo dello sport ormai aveva preso atto della nuova arte. Il 1973 è l’anno del primo campionato mondiale, a Montreal in Canada. In novembre e dicembre il Demo Team toccò la Giamaica, Curaçao, la Costa Rica, la Colombia, il Venezuela e il Suriname.
Nel 1975 il Taekwon-Do si diffonde a Sydney, in Australia. Nello stesso anno il Generale Choe andò in Olanda, ad Amsterdam, dove inaugurò il primo campionato europeo.
Nel settembre 1977, Choe visitò la Malesia, la Nuova Zelanda e l’Austria. A Tokyo denunciò pubblicamente il presidente della Corea del Sud, Park Jung Hee, che tentò di asservire la nuova arte ai suoi scopi politici.
Nel settembre 1978 si ebbe il secondo campionato mondiale di Taekwon-Do in Oklahoma, negli Stati Uniti.
Nel giugno 1979 viene costituita ad Oslo, in Norvegia, l’AETF (All European Taekwon-Do Federation).
Nel 1980 il Taekwon-Do venne introdotto ufficialmente nella Corea del Nord, paese di nascita del Generale Choe. Nel novembre 1980 si tenne il primo AETF Championship, a Londra, che vide 18 nazioni partecipanti.
Nel gennaio 1981, Choe venne chiamato in Australia per l’inaugurazione del primo campionato della zona del Pacifico.
Nel gennaio del 1982 nacque finalmente l’associazione giapponese di Taekwon-Do, un sogno che il Generale si era proposto di perseguire fin dal 1967. Nello stesso anno, Choe assistette al primo campionato intercontinentale tenutosi a dicembre a Napoli.
Nei mesi di marzo, aprile e maggio 1983 Choe fece un tour a Santa Barbara, in California, in Europa e in Corea che poi gli fruttò la stesura definitiva dell’Enciclopedia del Taekwon-Do, obiettivo costante di tutti i suoi studi. In aprile 1984 inaugurò il quarto campionato mondiale a Glasgow, in Scozia e in settembre si riuní a Pyongyang, con i maestri coreani, per completare la pubblicazione dell’Enciclopedia. Nella medesima sede si optò per il trasferimento della sede generale dell’ITF a Vienna, in Austria, ciò che effettivamente si attuò a dicembre. In ottobre inaugurò il terzo campionato europeo.
Nel 1985 venne finalmente alla luce l’Enciclopedia del Taekwon-Do. In novembre Choe visitò la Norvegia dove inaugurò i campionati scandinavi di Taekwon-Do.
Nel mese di giugno del 1986 il suo Demo Team visitò la Repubblica Popolare Cinese.
Nel mese di maggio del 1987 inaugurò il quinto campionato mondiale di Taekwon-Do, ad Atene in Grecia, nonostante l’interferenza del regime dittatoriale instauratosi anche nella Corea del Sud.
Nel 1988 l’Ungheria ospitò il sesto campionato mondiale e per la prima volta la nuova disciplina venne trasmessa anche via satellite in tutta l’Europa.
La tomba del generale Choe Hong-hui nel cimitero dei Martiri in Pyongyang
Il generale Choe Hong-hui continuò a divulgare la sua arte marziale sino all’ultimo, con lo stesso spirito indomito che manifestò lungo tutta la sua vita. Un’esistenza spesa per un grande sogno: “Spero sinceramente - scrisse - che attraverso il Taekwon-Do ogni uomo possa acquisire la forza sufficiente per arrivare ad essere il guardiano della giustizia, opponendosi ai conflitti sociali e coltivando lo spirito umano al livello piú alto possibile. È con questo spirito che mi sono dedicato all’arte del Taekwon-Do per tutti i popoli del mondo”.
Il Generale Choe spirò a Pyongyang il 15 giugno 2002 all’età di 83 anni lasciando al mondo intero la sua inestimabile eredità.
Appunti di storia recente del Taekwon-Do e nascita della WTF
Attualmente il Taekwon-Do si differenzia in tre stili fondamentali: lo stile denominato ITF (International Taekwon-Do Federation) lo stile noto come GTF (Global Taekwon-Do Federation) e lo stile WTF (World Taekwon-Do Federation).
Lo stile ITF - da alcuni autori indicato anche come tradizionale - deriva direttamente dal fondatore, il generale Choe Hong-hui.
Lo stile GTF viene fondato dal maestro Jung Tae Park, già promotore della ITF, distaccatosi da essa al fine di creare una federazione apolitica: due organismi uniti dalle stesse tradizioni ma con ottiche diverse. Contrariamente ai tradizionalisti del Taekwon-Do Park sosteneva che l’arte dovesse continuare ad evolversi e creò piú di una dozzina di nuove forme e tecniche. Nel 1995 ideò la forma piú lunga, la Jook-am, con 95 movimenti, che può richiedere oltre dieci minuti per essere completata. Il maestro Park morí l’11 aprile 2002, a 58 anni, a causa di gravi problemi di salute.
Lo stile WTF invece fu sviluppato durante il periodo storico in cui la Corea del Sud, governata dal dittatore Syngman Rhee, vide il generale Choe costretto ad emigrare in Canada dove poi trovò asilo. Lo stile ITF e GTF si differenziano poco sia sotto l’aspetto marziale, sia sotto quello sportivo, mentre le differenze rispetto allo stile WTF sono piú marcate per quanto riguarda entrambi gli aspetti.
La World Taekwon-Do Federation viene fondata nel 1973. Nel 1974 ottenne il riconoscimento del GAISF, nel 1976 del CISM, nel 1980 quello del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) e piú recentemente dalla FISU. Attualmente il Taekwon-Do è inserito in tutti gli eventi multisportivi ufficiali quali l’Asian Games, Pan Am Games, African Games, CISM - Military Games, etc... Nel 1988 (Olimpiadi di Seoul) e nel 1992 (Olimpiadi di Barcellona) venne inserito nel programma dimostrativo, in seguito nel 1994 il Congresso del CIO di Parigi ammise definitivamente il Taekwon-Do quale sport olimpico ufficiale. Notevole il consenso riscosso ai giochi di Sydney 2000 sia tra i dirigenti sportivi internazionali, sia tra il pubblico. Dal 2003 il Taekwon-Do è stato inserito anche nelle Universiadi (manifestazione sportiva multidisciplinare biennale corrispondente ai Giochi olimpici; vi partecipano studenti iscritti a tutte le università del mondo. Il nome “Universiade” racchiude i tre significati di sport, università e universalità). Attualmente la disciplina viene praticata in tutti i continenti in 167 nazioni (47 in Europa) e conta circa 50 milioni di aderenti.
Kukkiwon, the world headquarters of Taekwon-Do
Cenni storici sul Taekwon-Do italiano
La storia del Taekwon-Do in Italia inizia nel 1965 grazie al maestro Park Sun Jae. Grazie a lui si formarono i primi nuclei di praticanti che consentirono alla disciplina di affermarsi gradualmente ma costantemente in tutta l’Italia, a cominciare dal centro e dal meridione.
L’interesse crescente suggerí la creazione della FITKD (Federazione Italiana Taekwon-Do) affiliata alla ITF. Nel 1974 ai mondiali ITF di Montreal, in Canada, la giovane squadra azzurra, alle prove di forma, combattimento e potenza conquista il primo posto, un segno significativo della bontà di un cammino tanto breve quanto valido.
Nel 1975 la WTF appare ormai una valida alternativa allo stile ITF sia sul piano dei regolamenti, sia sul piano organizzativo, ciò che convince il maestro Park ad attuare una svolta.
Nonostante gli ottimi rapporti e la posizione favorevole dell’Italia in seno all’ITF il Maestro (e Presidente) decide di affiliare la FITKD alla WTF, organizzazione sostenuta anche dalle autorità della Corea del Sud e affermatasi in modo decisivo nell’ambito sportivo mondiale. Nel 1975 l’Italia andrà in Corea, al secondo campionato mondiale WTF, abbandonando cosí regolamenti e tecniche ITF giudicate ormai obsolete e inadatte alle moderne attività sportive. La FITKD intanto progredisce conseguendo risultati sportivi di tutto riguardo. Al secondo campionato europeo (tenutosi nel 1978 in Germania, a Monaco di Baviera) la squadra azzurra sale per ben due volte sul podio conquistando una medaglia d’oro e una d’argento.
Nel 1980 il Taekwon-Do italiano ha già colto risultati di particolare rilievo sia in campo nazionale, sia internazionale. La FITKD, affiliata alla ETU (European Taekwon-Do Union) ed alla WTF è l’unico referente politico-organizzativo significativo nel panorama italiano del Taekwon-Do. Nel frattempo a livello internazionale la situazione evolve significativamente: il movimento olimpico si interessa sempre piú al Taekwon-Do e la WTF, ufficialmente affiliata al GAISF (General Assembly of International Sports Federation), si appresta ad essere riconosciuta dal CIO.
Per la disciplina significa entrare nel mondo delle Olimpiadi. Le singole Federazioni nazionali pertanto devono trovare un ambito ufficiale nei rispettivi paesi. È cosí che nel 1980 la FITKD è costretta a sciogliersi uscendo dall’ambito privato ed entrando nella FIKDA (Federazione Italiana Karate e Discipline Affini) che, tramite la FILPJ (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo), era all’epoca l’unica struttura riconosciuta ufficialmente in Italia per le discipline di combattimento. Venne costituito cosí il settore Taekwon-Do alla cui direzione venne nominato il maestro Park Sun Jae. Fu un passaggio difficile, non unanimemente condiviso, ma che si rivelerà decisivo nella storia dello sport italiano.
Nel 1982 la FIKDA si evolverà nella FIKTEDA (Federazione Italiana Karate Taekwon-Do e discipline associate) sempre associata alla FILPJ. Finalmente, nel Congresso di Berlino del 1985, il CIO vota a favore dell’introduzione del Taekwon-Do tra le discipline a carattere dimostrativo e ne fissa il debutto in Corea, dove nel 1988 vennero programmati i Giochi di Seoul.. In quell’occasione la nazionale italiana conquistò un Argento, grazie a Luigi D’Oriano, primo occidentale a conquistare un titolo olimpico nel Taekwon-Do.
Fu una promozione importante, ancorché la disciplina fosse stata ammessa solo come sport dimostrativo, non ancora ufficiale. Il Presidente della FILPJ (dr. Matteo Pellicone) volendo operare una svolta propose la candidatura del maestro Park Young Ghil a Presidente della FIKTEDA, decisione non condivisa nel mondo del Karate.
Dopo un breve periodo apparve ormai necessaria la creazione di una nuova e distinta federazione. Dalla nuova unione nacque la FITAK (Federazione Italiana Taeckwon-Do Karate) di cui rimase Presidente il maestro Park Young Ghil.
Nel 1995, in campo internazionale, il Taekwon-Do appare sempre piú come l’astro nascente degli sport moderni e in pochi anni conquista posizioni di rilievo. Il Dr. Kim Un Yong, Presidente della WTF, divenne membro del Consiglio esecutivo e poi vice presidente del CIO. Alle XXV Olimpiadi di Barcellona (1992) gli atleti azzurri conquistarono un Argento e due Bronzi.
Nel 1994 arrivò l’ambita ammissione: al Congresso di Parigi il CIO adottò il Taekwon-Do come sport ufficiale, il cui debutto venne annunciato per le Olimpiadi di Sydney 2000. Fu un traguardo - benché controverso - che entusiasmò milioni di praticanti in tutto il mondo.
Sorse cosí anche in Italia la necessità di una struttura organizzativa indipendente e dedicata solo al Taekwon-Do, realtà già affermata in molti paesi del mondo. Perciò, quando il settore Karate decise di entrare nella FILPJ e di formare un quarto settore al suo interno, il Taekwon-Do WTF italiano chiese e ottenne dal CONI di costituire una federazione associata direttamente al Comitato Olimpico Nazionale. Ancora una volta, grazie al maestro Park Young Ghil, nel 1995 nacque la Federazione Italiana Taekwon-Do (FITA).
Nel 1995 il CONI riconobbe la FITA come disciplina associata. Nel dicembre del 2000 il CIO confermò il Taekwon-Do ai Giochi Olimpici di Atene 2004 e nel contempo il CONI riconobbe la FITA ai fini sportivi come Federazione Sportiva Nazionale. Nel luglio 2001 la FITA venne inserita anche nel registro delle persone giuridiche e nell’agosto 2001 il suo Presidente partecipò per la prima volta, con diritto di voto, al Consiglio Nazionale del CONI.
Taekwondo CSEN
Il Taekwon-Do italiano oggi non è rappresentato solo dalla FITA ma anche da nuove entità come Taekwondo CSEN (ente di promozione sportiva) e altre ancora. Chi vive con passione questa arte marziale intuisce come la nascita di queste nuove realtà non faccia altro che esprimere la profonda e insopprimibile vitalità che l’anima.
Nel corso degli anni il miraggio olimpico ha trascinato questa disciplina in una seria crisi di identità; una crisi forse salutare ma che ha visto crollare il numero di praticanti da varie decine di migliaia a poche migliaia; una crisi che ha rinvigorito in molti il desiderio di restituire piena dignità a questa nobile arte.
Il Taekwon-Do non è riducibile ad alcuna ambizione, neppure olimpica, ma diventa anzitutto momento di crescita e di aggregazione capace di fare di una palestra un luogo vivo, stimolante, dove è bello confrontarsi con coraggio, mettersi in discussione, soffrire accettando nobilmente le sconfitte, esultare per le meritate vittorie e tifare per la propria squadra.
Ormai da tempo numerosi maestri sentivano questa esigenza e desideravano aprirsi a realtà nuove, valorizzando le loro esperienze e promuovendo la pratica del Taekwon-Do in tutti i suoi aspetti, non piú come disciplina sminuita nel suo aspetto marziale e finalizzata alle olimpiadi.
Con questo spirito sono stati ripresi aspetti come la difesa personale e le tecniche di rottura (Kyukpa) con particolare riguardo a quell’attività fondamentale che è l’educazione degli atleti ai valori essenziali dell’arte e alla dimensione sociale.
Il Taekwondo CSEN è stato fondato dal Maestro Maurizio D’Oriano, cintura nera 6° Dan, nel settembre del 2006 per lanciare proprio questo messaggio e restituire al Taekwon-Do il suo posto tra gli sport e le arti marziali piú amate del mondo.
Le arti marziali nel contesto olimpico
Fin dalla loro rinascita, nel 1896, le Olimpiadi hanno avuto l’indubbio merito di aver portato alla ribalta lo sport nella vita moderna contribuendo cosí alla sua pratica e alla sua diffusione. La questione cruciale tuttavia è se le Olimpiadi abbiano avuto il medesimo effetto positivo nella pratica delle arti marziali soprattutto per quanto concerne la loro identità. Pur prescindendo dai fenomeni deleteri che il mondo politico, economico e mediatico mosso dalle Olimpiadi ingenera nello sport, non si può negare che l’impatto nel mondo delle arti marziali sia stato in parte negativo e ciò appare evidente anche nella pratica del Taekwon-Do. È accettabile che una mera sovrastruttura come quella olimpica esiga modifiche spesso radicali nelle norme e nelle tecniche marziali, in nome di criteri di sicurezza accessori o di convenienza e che riducono l’arte a semplice fenomeno sportivo?
In realtà il principio dovrebbe essere del tutto opposto: le Olimpiadi sono per lo Sport, non lo Sport per le Olimpiadi. Il fatto che nel corso del tempo le parti e i ruoli si siano invertiti non può che sollecitare un giudizio sfavorevole.
Quante volte si è constatato l’asservimento dello Sport alla “politica dello sport”? Ciò è tanto piú vero in un sistema notoriamente legato al mondo della politica tout court, alla speculazione economica e al mondo dei mass media con il suo corollario fatto di doping, corruzione e criminalità.
Non c’è dubbio alcuno che la struttura olimpica possa e debba gestire e organizzare l’attività sportiva per ciò che concerne gli aspetti strettamente legati all’evento stesso; tutto ciò però non dovrebbe intaccare quelli che sono gli statuti e l’identità propri di ogni disciplina sportiva, ciò che è vero in modo particolare per le arti marziali che si qualificano profondamente per uno stile di vita che precede e informa l’attività atletica ad esso collegata.
La struttura olimpica, cosí come si è affermata, pare seguire di fatto una logica verticistica ingenerando nello sport una pesante e indebita finalizzazione a traguardi in ultima analisi marginali, necessariamente ristretti ad un esiguo numero di partecipanti d’élite, selezionati con criteri che non sembrano essere sempre quelli della pura sportività.
L’organizzazione olimpica, cosí come ormai numerosi organismi sovranazionali, appare sempre piú come un’agenzia etica portatrice di una serie di ideologie, come quella del gender, per esempio, sempre piú lesive dell’identità e della dignità umana. Per agenzia etica si intende quella che, riconoscendosi autonomamente un ruolo etico, si organizza su un’intrinseca visione della realtà, cioè su una visione delle cose partorita da sé medesima. “Etica” dunque, in questo contesto, non sta a significare un’entità che si limita a riconoscere una morale naturale, oggettiva e valida per tutti, cui attenersi doverosamente, bensí un’entità che esige di creare linee guida morali; un’entità incapace di lasciarsi giudicare e quindi di ammettere un giudizio al di fuori di sé. Questo stato di cose comincia a porre delle problematiche etiche che per il futuro appaiono destinate ad acuirsi in modo preoccupante.
La speranza è che il mondo del Taekwon-Do WTF compia un grande gesto di dignità esigendo dal CIO l’accettazione integrale di tutte le sue regole e tradizioni marziali. Ma forse sarebbe auspicabile una scelta ancor piú coraggiosa e radicale: l’abbandono dell’attuale contesto olimpico con le sue ingannevoli promesse economiche e mediatiche: in nome dello Sport, della sua identità, della sua autonomia e della sua libertà da ogni politica e da ogni ideologia.
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