INTRODUZIONE
1. La vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. Con la professione dei consigli evangelici i tratti caratteristici di Gesú - vergine, povero ed obbediente - acquistano una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo, e lo sguardo dei fedeli è richiamato verso quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli.
Lungo i secoli non sono mai mancati uomini e donne che, docili alla chiamata del Padre e alla mozione dello Spirito, hanno scelto questa via di speciale sequela di Cristo, per dedicarsi a Lui con cuore «indiviso» (cfr. 1 Cor 7, 34). Anch'essi hanno lasciato ogni cosa, come gli Apostoli, per stare con Lui e mettersi, come Lui, al servizio di Dio e dei fratelli. In questo modo essi hanno contribuito a manifestare il mistero e la missione della Chiesa con i molteplici carismi di vita spirituale ed apostolica che loro distribuiva lo Spirito Santo, e di conseguenza hanno pure concorso a rinnovare la società.
Rendimento di grazie per la vita consacrata
2. Il ruolo della vita consacrata nella Chiesa è tanto rilevante che decisi di convocare un Sinodo per approfondirne il significato e le prospettive, in vista dell'ormai imminente nuovo millennio. Nell'Assemblea sinodale ho voluto che fossero presenti, accanto ai Padri, anche numerosi consacrati e consacrate, affinché non mancasse il loro apporto alla comune riflessione. Siamo tutti consapevoli della ricchezza che, per la comunità ecclesiale, costituisce il dono della vita consacrata nella varietà dei suoi carismi e delle sue istituzioni. Insieme rendiamo grazie a Dio per gli Ordini e gli Istituti religiosi dediti alla contemplazione, alle opere di apostolato, per le Società di vita apostolica, per gli Istituti secolari e per altri gruppi di consacrati, come pure per tutti coloro che, nel segreto del loro cuore, si dedicano a Dio con speciale consacrazione. Al Sinodo si è toccata con mano l'universale diffusione della vita consacrata, presente nelle Chiese di ogni parte della terra. Essa stimola ed accompagna lo sviluppo della evangelizzazione nelle diverse regioni del mondo, dove non solo si ricevono con gratitudine Istituti provenienti da fuori, ma se ne costituiscono di nuovi, con grande varietà di forme e di espressioni. Cosí, se in alcune regioni della terra gli Istituti di vita consacrata sembrano attraversare un momento di difficoltà, in altre essi prosperano con sorprendente vigore, mostrando che la scelta di totale donazione a Dio in Cristo non è per nulla incompatibile con la cultura e la storia di ogni popolo. Né essa fiorisce soltanto dentro la Chiesa cattolica; in realtà la si trova particolarmente viva nel monachesimo delle Chiese ortodosse, quale tratto essenziale della loro fisionomia e sta iniziando o riemergendo nelle Chiese e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, come segno di una grazia comune dei discepoli di Cristo. Da tale constatazione deriva un impulso all'ecumenismo che alimenta il desiderio di una comunione sempre piú piena fra i cristiani, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21).
La vita consacrata, dono alla Chiesa
3. L'universale presenza della vita consacrata e il carattere evangelico della sua testimonianza mostrano con tutta evidenza - se ce ne fosse bisogno - che essa non è una realtà isolata e marginale , ma tocca tutta la Chiesa. I Vescovi nel Sinodo lo hanno piú volte confermato: «de re nostra agitur», «è cosa che ci riguarda». In realtà, la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della vocazione cristiana» e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso l'unione con l'unico Sposo. Al Sinodo è stato piú volte affermato che la vita consacrata non ha svolto soltanto nel passato un ruolo di aiuto e di sostegno per la Chiesa, ma è dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione.
Le attuali difficoltà, che non pochi Istituti incontrano in alcune regioni del mondo, non devono indurre a sollevare dubbi sul fatto che la professione dei consigli evangelici sia parte integrante della vita della Chiesa, alla quale reca un prezioso impulso verso una sempre maggiore coerenza evangelica. Si potrà avere storicamente una ulteriore varietà di forme, ma non muterà la sostanza di una scelta che s'esprime nel radicalismo del dono di sé per amore del Signore Gesú e, in Lui, di ogni componente della famiglia umana. Su questa certezza, che ha animato innumerevoli persone nel corso dei secoli, il popolo cristiano continua a contare, ben sapendo di poter trarre dall'apporto di queste anime generose un validissimo sostegno nel suo cammino verso la patria del cielo.
Raccogliendo i frutti del Sinodo
4. Aderendo al desiderio manifestato dall'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi raccolta per riflettere sul tema «La vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo», intendo proporre in questa Esortazione apostolica i frutti dell'itinerario sinodale e mostrare a tutti i fedeli - Vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e laici -, come pure a quanti vorranno porsi in ascolto, le meraviglie che il Signore anche oggi vuole compiere attraverso la vita consacrata. Questo Sinodo, venendo dopo quelli dedicati ai laici e ai presbiteri, completa la trattazione delle peculiarità che caratterizzano gli stati di vita voluti dal Signore Gesú per la sua Chiesa. Se infatti nel Concilio Vaticano II è stata sottolineata la grande realtà della comunione ecclesiale, nella quale convergono tutti i doni in vista della costruzione del Corpo di Cristo e della missione della Chiesa nel mondo, in questi ultimi anni si è avvertita la necessità di esplicitare meglio l'identità dei vari stati di vita, la loro vocazione e la loro missione specifica nella Chiesa.
La comunione nella Chiesa non è infatti uniformità, ma dono dello Spirito che passa anche attraverso la varietà dei carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto piú utili alla Chiesa e alla sua missione, quanto maggiore sarà il rispetto della loro identità. In effetti, ogni dono dello Spirito è concesso perché fruttifichi per il Signore nella crescita della fraternità e della missione.
L'opera dello Spirito nelle varie forme di vita consacrata
5. Come non ricordare con gratitudine verso lo Spirito l'abbondanza delle forme storiche di vita consacrata, da Lui suscitate e tuttora presenti nel tessuto ecclesiale? Esse si presentano come una pianta dai molti rami, che affonda le sue radici nel Vangelo e produce frutti copiosi in ogni stagione della Chiesa. Quale straordinaria ricchezza! Io stesso, alla fine del Sinodo, ho sentito il bisogno di sottolineare questo elemento costante nella storia della Chiesa: la schiera di fondatori e di fondatrici, di santi e di sante, che hanno scelto Cristo nella radicalità evangelica e nel servizio fraterno, specialmente dei poveri e abbandonati. Proprio in tale servizio emerge con particolare evidenza come la vita consacrata manifesti l'unitarietà del comandamento dell'amore, nell'inscindibile connessione tra amore di Dio e amore del prossimo.
Il Sinodo ha fatto memoria di quest'opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi, e anche per questa via rende perennemente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nello spazio, il mistero di Cristo.
Vita monastica in Oriente e in Occidente
6. I Padri sinodali delle Chiese cattoliche orientali e i rappresentanti delle altre Chiese dell'Oriente hanno messo in risalto, nei loro interventi, i valori evangelici della vita monastica, apparsa già agli inizi del cristianesimo e tuttora fiorente nei loro territori, specialmente presso le Chiese ortodosse.
Fin dai primi secoli della Chiesa vi sono stati uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare la condizione di servo del Verbo incarnato, e si sono posti alla sua sequela vivendo in modo specifico e radicale, nella professione monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione battesimale al mistero pasquale della sua morte e risurrezione. In questo modo, facendosi portatori della Croce (staurophóroi), si sono impegnati a diventare portatori dello Spirito (pneumatophóroi), uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la storia con la lode e l'intercessione continua, con i consigli ascetici e le opere della carità.
Nell'intento di trasfigurare il mondo e la vita in attesa della definitiva visione del volto di Dio, il monachesimo orientale privilegia la conversione, la rinuncia a se stessi e la compunzione del cuore, la ricerca dell'esichia, cioè della pace interiore, e la preghiera incessante, il digiuno e le veglie, il combattimento spirituale e il silenzio, la gioia pasquale per la presenza del Signore e per l'attesa della sua venuta definitiva, l'offerta di sé e dei propri averi, vissuta nella santa comunione del cenobio o nella solitudine eremitica.
Anche l'Occidente ha praticato fin dai primi secoli della Chiesa la vita monastica e ne ha conosciuto una grande varietà di espressioni nell'ambito sia cenobitico che eremitico. Nella sua forma attuale, ispirata specialmente a san Benedetto, il monachesimo occidentale è erede di tanti uomini e donne che, lasciata la vita secondo il mondo, cercarono Dio e a lui si dedicarono, «nulla anteponendo all'amore di Cristo». Anche i monaci di oggi si sforzano di conciliare armonicamente la vita interiore e il lavoro nell'impegno evangelico della conversione dei costumi, dell'obbedienza, della stabilità, e nell'assidua dedizione alla meditazione della Parola (lectio divina), alla celebrazione della liturgia, alla preghiera. I monasteri sono stati e sono tuttora, nel cuore della Chiesa e del mondo, un eloquente segno di comunione, un'accogliente dimora per coloro che cercano Dio e le cose dello spirito, scuole di fede e veri laboratori di studio, di dialogo e di cultura per l'edificazione della vita ecclesiale e della stessa città terrena, in attesa di quella celeste.
L'Ordine delle vergini, gli eremiti, le vedove
7. È motivo di gioia e di speranza vedere che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici. Consacrate dal Vescovo diocesano, esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur restando nel mondo. Da sole o associate, esse costituiscono una speciale immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura, quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l'amore per Cristo Sposo.
Gli eremiti e le eremite, appartenenti ad Ordini antichi o ad Istituti nuovi, o anche dipendenti direttamente dal Vescovo, con l'interiore ed esteriore separazione dal mondo testimoniano la provvisorietà del tempo presente, col digiuno e la penitenza attestano che non di solo pane vive l'uomo, ma della Parola di Dio (cfr. Mt 4, 4). Una tale vita «nel deserto» è un invito per i propri simili e per la stessa comunità ecclesiale a non perdere mai di vista la suprema vocazione, che è di stare sempre con il Signore.
Torna ad essere oggi praticata anche la consacrazione delle vedove, nota fin dai tempi apostolici (cfr. 1 Tim 5, 5. 9-10; 1 Cor 7, 8), nonché quella dei vedovi. Queste persone, mediante il voto di castità perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa.
Istituti dediti totalmente alla contemplazione
8. Gli Istituti completamente ordinati alla contemplazione, composti da donne o da uomini, sono per la Chiesa un motivo di gloria e una sorgente di grazie celesti. Con la loro vita e la loro missione le persone che ne fanno parte imitano Cristo in orazione sul monte, testimoniano la signoria di Dio sulla storia, anticipano la gloria futura.
Nella solitudine e nel silenzio, mediante l'ascolto della Parola di Dio, l'esercizio del culto divino, l'ascesi personale, la preghiera, la mortificazione e la comunione dell'amore fraterno, orientano tutta la loro vita ed attività alla contemplazione di Dio. Offrono cosí alla comunità ecclesiale una singolare testimonianza dell'amore della Chiesa per il suo Signore e contribuiscono, con una misteriosa fecondità apostolica, alla crescita del Popolo di Dio.
È legittimo, pertanto, auspicare che le varie forme di vita contemplativa conoscano una crescente diffusione nelle giovani Chiese come espressione di pieno radicamento del Vangelo, soprattutto in quelle regioni del mondo dove sono piú diffuse altre religioni. Ciò consentirà di testimoniare il vigore delle tradizioni di ascesi e di mistica cristiane e favorirà lo stesso dialogo interreligioso.
La vita religiosa apostolica
9. In Occidente sono fiorite lungo i secoli molteplici altre espressioni di vita religiosa, nelle quali innumerevoli persone, rinunciando al mondo, si sono consacrate a Dio attraverso la professione pubblica dei consigli evangelici secondo uno specifico carisma e in una stabile forma di vita comune, per un multiforme servizio apostolico al popolo di Dio: cosí le diverse famiglie di Canonici regolari, gli Ordini mendicanti, i Chierici regolari ed in genere le Congregazioni religiose maschili e femminili dedite all'attività apostolica e missionaria ed alle molteplici opere che la carità cristiana ha suscitato.
È una testimonianza splendida e varia, nella quale si rispecchia la molteplicità dei doni elargiti da Dio a fondatori e fondatrici che, aperti all'azione dello Spirito Santo, hanno saputo interpretare i segni dei tempi e rispondere in modo illuminato alle esigenze via via emergenti. Sulle loro orme tante altre persone hanno cercato, con la parola e con l'azione, di incarnare il Vangelo nella propria esistenza, per riproporre nel loro tempo la viva presenza di Gesú, il Consacrato per eccellenza e l'Apostolo del Padre. In Cristo Signore religiosi e religiose devono continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera una profonda comunione di sentimenti con Lui (cfr. Fil 2, 5-11), affinché tutta la loro vita sia pervasa dallo spirito apostolico e tutta l'azione apostolica sia compenetrata di contemplazione.
Gli Istituti secolari
10. Lo Spirito Santo, artefice mirabile della varietà dei carismi, ha suscitato nel nostro tempo nuove espressioni di vita consacrata, quasi a voler corrispondere, secondo un provvidenziale disegno, alle nuove necessità che la Chiesa oggi incontra nell'adempimento della sua missione nel mondo.
Il pensiero va innanzitutto agli Istituti secolari, i cui membri intendono vivere la consacrazione a Dio nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici nel contesto delle strutture temporali, per essere cosí lievito di sapienza e testimoni di grazia all'interno della vita culturale, economica e politica. Attraverso la sintesi, che è loro specifica, di secolarità e consacrazione, essi intendono immettere nella società le energie nuove del Regno di Cristo, cercando di trasfigurare il mondo dal di dentro con la forza delle Beatitudini. In questo modo, mentre la totale appartenenza a Dio li rende pienamente consacrati al suo servizio, la loro attività nelle normali condizioni laicali contribuisce, sotto l'azione dello Spirito, all'animazione evangelica delle realtà secolari. Gli Istituti secolari contribuiscono cosí ad assicurare alla Chiesa, secondo la specifica indole di ciascuno, una presenza incisiva nella società.
Una preziosa funzione svolgono anche gli Istituti secolari clericali, in cui sacerdoti appartenenti al presbiterio diocesano, anche quando viene ad alcuni di loro riconosciuta l'incardinazione al proprio Istituto, si consacrano a Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici secondo uno specifico carisma. Essi trovano nelle ricchezze spirituali dell'Istituto a cui appartengono un grande aiuto per vivere intensamente la spiritualità propria del sacerdozio e, in tal modo, essere fermento di comunione e di generosità apostolica tra i confratelli.
Le Società di vita apostolica
11. Speciale menzione meritano, poi, le Società di vita apostolica o di vita comune, maschili e femminili, le quali perseguono, con uno stile loro proprio, uno specifico fine apostolico o missionario. In molte di esse, con vincoli sacri riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, sono espressamente assunti i consigli evangelici. Anche in tal caso, tuttavia, la peculiarità della loro consacrazione le distingue dagli Istituti religiosi e dagli Istituti secolari. È da salvaguardare e promuovere la specificità di questa forma di vita, che nel corso degli ultimi secoli ha prodotto tanti frutti di santità e di apostolato, specialmente nel campo della carità e nella diffusione missionaria del Vangelo.
Nuove espressioni di vita consacrata
12. La perenne giovinezza della Chiesa continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate forme di vita consacrata. In molti casi si tratta di Istituti simili a quelli già esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed apostolici. La loro vitalità deve essere vagliata dall'autorità della Chiesa, alla quale compete l'opportuno esame sia per saggiare l'autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l'eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli. In altri casi si tratta di esperienze originali, che sono alla ricerca di una propria identità nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente riconosciute dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo giudizio.
Queste nuove forme di vita consacrata, che s'aggiungono alle antiche, testimoniano della costante attrattiva che la donazione totale al Signore, l'ideale della comunità apostolica, i carismi di fondazione continuano ad esercitare anche sulla presente generazione e sono pure segno della complementarietà dei doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito, tuttavia, nella novità non si contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di vita consacrata non hanno soppiantato le precedenti. In cosí multiforme varietà s'è potuta conservare l'unità di fondo grazie alla medesima chiamata a seguire, nella ricerca della perfetta carità, Gesú vergine, povero e obbediente. Tale chiamata, come si trova in tutte le forme già esistenti, cosí è richiesta in quelle che si propongono come nuove.
Finalità dell'Esortazione apostolica
13. Raccogliendo i frutti dei lavori sinodali, con questa Esortazione apostolica intendo rivolgermi a tutta la Chiesa, per offrire non solo alle persone consacrate, ma anche ai Pastori e ai fedeli, i risultati di un confronto stimolante, sui cui sviluppi non ha mancato di vegliare lo Spirito Santo con i suoi doni di verità e d'amore.
In questi anni di rinnovamento la vita consacrata ha attraversato, come del resto altre forme di vita nella Chiesa, un periodo delicato e faticoso. È stato un periodo ricco di speranze, di tentativi e proposte innovatrici miranti a rinvigorire la professione dei consigli evangelici. Ma è stato anche un tempo non privo di tensioni e di travagli, in cui esperienze pur generose non sono state sempre coronate da risultati positivi.
Le difficoltà non devono tuttavia indurre allo scoraggiamento. Occorre piuttosto impegnarsi con nuovo slancio, perché la Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e apostolico di una vita consacrata rinnovata e rinvigorita. Con la presente Esortazione postsinodale desidero rivolgermi alle comunità religiose e alle persone consacrate con lo stesso spirito che animava la lettera inviata ai cristiani di Antiochia dal Concilio di Gerusalemme, e nutro la speranza che abbia pure a ripetersi oggi la medesima esperienza registrata allora: «Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento che infondeva» (At 15, 31). Non solo: ma nutro pure la speranza di accrescere la gioia di tutto il popolo di Dio, che, conoscendo meglio la vita consacrata, potrà con piú consapevolezza rendere grazie all'Onnipotente per questo grande dono.
In atteggiamento di cordiale apertura verso i Padri sinodali, ho fatto tesoro dei preziosi contributi emersi durante gli intensi lavori assembleari, ai quali ho voluto essere costantemente presente. Durante tale periodo, ho pure curato di offrire a tutto il Popolo di Dio alcune catechesi sistematiche sulla vita consacrata nella Chiesa. Ho riproposto in esse gli insegnamenti presenti nei testi del Concilio Vaticano II, che è stato luminoso punto di riferimento degli sviluppi dottrinali successivi e della stessa riflessione operata dal Sinodo durante le intense settimane dei suoi lavori.
Mentre confido che i figli della Chiesa, e in particolare le persone consacrate, vorranno accogliere con adesione cordiale anche questa Esortazione, auspico che la riflessione continui per l'approfondimento del grande dono della vita consacrata nella triplice dimensione della consacrazione, della comunione e della missione, e che consacrati e consacrate, in piena sintonia con la Chiesa e il suo Magistero, trovino cosí ulteriori stimoli per affrontare spiritualmente e apostolicamente le sfide emergenti.
CAPITOLO I
“CONFESSIO TRINITATIS”
ALLE SORGENTI CRISTOLOGICO-TRINITARIE DELLA VITA CONSACRATA
L'icona di Cristo trasfigurato
14. Il fondamento evangelico della vita consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesú, nella sua esistenza terrena, stabilí con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad accogliere il Regno di Dio nella propria vita, ma a porre la propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita.
Una tale esistenza «cristiforme», proposta a tanti battezzati lungo la storia, è possibile solo sulla base di una speciale vocazione e in forza di un peculiare dono dello Spirito. In essa, infatti, la consacrazione battesimale è portata ad una risposta radicale nella sequela di Cristo mediante l'assunzione dei consigli evangelici, primo ed essenziale tra essi il vincolo sacro della castità per il Regno dei Cieli. Questa speciale «sequela di Cristo», alla cui origine sta sempre l'iniziativa del Padre, ha, dunque, una connotazione essenzialmente cristologica e pneumatologica, esprimendo cosí in modo particolarmente vivo il carattere trinitario della vita cristiana, della quale anticipa in qualche modo la realizzazione escatologica a cui tutta la Chiesa tende.
Molte sono, nel Vangelo, le parole e i gesti di Cristo che illuminano il senso di questa speciale vocazione. Per coglierne, tuttavia, in una visione d'insieme i tratti essenziali, di singolare aiuto si rivela fissare lo sguardo sul volto raggiante di Cristo nel mistero della Trasfigurazione. A questa «icona» si riferisce tutta un'antica tradizione spirituale, quando collega la vita contemplativa all'orazione di Gesú «sul monte». Ad essa possono inoltre ricondursi, in qualche modo, le stesse dimensioni «attive» della vita consacrata, giacché la Trasfigurazione non è solo rivelazione della gloria di Cristo, ma anche preparazione ad affrontarne la croce. Essa implica un «ascendere al monte» e un «discendere dal monte»: i discepoli che hanno goduto dell'intimità del Maestro, avvolti per un momento dallo splendore della vita trinitaria e della comunione dei santi, quasi rapiti nell'orizzonte dell'eterno, sono subito riportati alla realtà quotidiana, dove non vedono che «Gesú solo» nell'umiltà della natura umana, e sono invitati a tornare a valle, per vivere con lui la fatica del disegno di Dio e imboccare con coraggio la via della croce.
«E fu trasfigurato davanti a loro»
15. «Sei giorni dopo, Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parole e disse a Gesú: 'Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè una per Elia'. Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: 'Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo'. All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesú si avvicinò e, toccatili, disse: 'Alzatevi e non temete'. Sollevando gli occhi non videro piú nessuno, se non Gesú solo. E mentre discendevano dal monte, Gesú ordinò loro: 'Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti'» (Mt 17, 1-9). L'episodio della Trasfigurazione segna un momento decisivo nel ministero di Gesú. È evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore dei discepoli, li prepara al dramma della Croce ed anticipa la gloria della risurrezione. Questo mistero è continuamente rivissuto dalla Chiesa, popolo in cammino verso l'incontro escatologico col suo Signore. Come i tre apostoli prescelti, la Chiesa contempla il volto trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce. Nell'uno e nell'altro caso, essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero, avvolta dalla sua luce.
Da questa luce sono raggiunti tutti i suoi figli, tutti ugualmente chiamati a seguire Cristo riponendo in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter dire con l'Apostolo: «Per me il vivere è Cristo!» (Fil 1, 21). Ma un'esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: «Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt 17, 4). Queste parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia, esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita consacrata: “Come è bello restare con Te, dedicarci a Te, concentrare in modo esclusivo la nostra esistenza su di Te!”. In effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore: Egli è il «piú bello tra i figli dell'uomo» (Sal 45 [44], 3), l'Incomparabile.
«Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!»
16. Ai tre discepoli estasiati giunge l'appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui ogni fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene dall'alto acquista nuova profondità l'invito col quale Gesú stesso, all'inizio della vita pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela, strappandoli alla loro vita ordinaria e accogliendoli nella sua intimità. È proprio da questa speciale grazia di intimità che scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e l'esigenza del dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici. Questi, prima e piú che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa.
Nell'unità della vita cristiana, infatti, le varie vocazioni sono come raggi dell'unica luce di Cristo «riflessa sul volto della Chiesa». I laici, in forza dell'indole secolare della loro vocazione, rispecchiano il mistero del Verbo Incarnato soprattutto in quanto esso è l'Alfa e l'Omega del mondo, fondamento e misura del valore di tutte le cose create. I ministri sacri, da parte loro, sono immagini vive di Cristo capo e pastore, che guida il suo popolo nel tempo del «già e non ancora», in attesa della sua venuta nella gloria. Alla vita consacrata è affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo come il traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale ogni altra luce impallidisce, l'infinita bellezza che, sola, può appagare totalmente il cuore dell'uomo. Nella vita consacrata, dunque, non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo «piú del padre e della madre, piú del figlio o della figlia» (cfr. Mt 10, 37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere ciò con l'adesione «conformativa» a Cristo dell'intera esistenza, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione escatologica.
Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo». Abbracciando la verginità , egli fa suo l'amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr. Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli restituisce (cfr. Gv 17, 7. 10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr. Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.
Con tale immedesimazione «conformativa» al mistero di Cristo, la vita consacrata realizza a titolo speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana, riconoscendo con ammirazione la sublime bellezza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e testimoniandone con gioia l'amorevole condiscendenza verso ogni essere umano.
I. A LODE DELLA TRINITÀ
A Patre ad Patrem: l'iniziativa di Dio
17. La contemplazione della gloria del Signore Gesú nell'icona della Trasfigurazione rivela alle persone consacrate innanzitutto il Padre, creatore e datore di ogni bene, che attrae a sé (cfr. Gv 6, 44) una sua creatura con uno speciale amore e in vista di una speciale missione. «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mt 17, 5). Assecondando quest'appello accompagnato da un'interiore attrazione, la persona chiamata si affida all'amore di Dio che la vuole al suo esclusivo servizio, e si consacra totalmente a Lui e al suo disegno di salvezza (cfr. 1 Cor 7, 32-34).
Qui sta il senso della vocazione alla vita consacrata: un'iniziativa tutta del Padre (cfr. Gv 15, 16), che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva. L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è a tal punto intima e forte che la persona avverte di dover rispondere con la dedizione incondizionata della sua vita, consacrando tutto, presente e futuro, nelle sue mani. Proprio per questo, seguendo san Tommaso, si può comprendere l'identità della persona consacrata a partire dalla totalità della sua offerta, paragonabile ad un autentico olocausto.
Per Filium: sulle orme di Cristo
18. Il Figlio, via che conduce al Padre (cfr. Gv 14, 6), chiama tutti coloro che il Padre gli ha dato (cfr. Gv 17, 9) ad una sequela che ne orienta l'esistenza. Ma ad alcuni - le persone di vita consacrata, appunto - Egli chiede un coinvolgimento totale, che comporta l'abbandono di ogni cosa (cfr. Mt 19, 27), per vivere in intimità con Lui e seguirlo dovunque Egli vada (cfr. Ap 14, 4).
Nello sguardo di Gesú (cfr. Mc 10, 21), «immagine del Dio invisibile» (Col 1, 15), irradiazione della gloria del Padre (cfr. Eb 1, 3), si coglie la profondità di un amore eterno ed infinito che tocca le radici dell'essere. La persona, che se ne lascia afferrare, non può non abbandonare tutto e seguirlo (cfr. Mc 1, 16-20; 2, 14; 10, 21. 28). Come Paolo, essa considera tutto il resto «una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesú», a confronto del quale non esita a ritenere ogni cosa «come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (Fil 3, 8). La sua aspirazione è di immedesimarsi con Lui, assumendone i sentimenti e la forma di vita. Questo lasciare tutto e seguire il Signore (cfr. Lc 18, 28) costituisce un programma valido per tutte le persone chiamate e per tutti i tempi.
I consigli evangelici, con i quali Cristo invita alcuni a condividere la sua esperienza di vergine, povero e obbediente, richiedono e manifestano, in chi li accoglie, il desiderio esplicito di totale conformazione a Lui. Vivendo «in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità», i consacrati confessano che Gesú è il Modello in cui ogni virtú raggiunge la perfezione. La sua forma di vita casta, povera e obbediente, appare infatti il modo piú radicale di vivere il Vangelo su questa terra, un modo - si può dire - divino, perché abbracciato da Lui, Uomo-Dio, quale espressione della sua relazione di Figlio Unigenito col Padre e con lo Spirito Santo. È questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata. Non si può inoltre negare che la pratica dei consigli costituisca un modo particolarmente intimo e fecondo di prendere parte anche alla missione di Cristo, sull'esempio di Maria di Nazaret, prima discepola, la quale accettò di mettersi al servizio del disegno divino con il dono totale di se stessa. Ogni missione inizia con lo stesso atteggiamento espresso da Maria nell'annunciazione: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).
In Spiritu: consacrati dallo Spirito Santo
19. «Una nube luminosa li avvolse con la sua ombra» (Mt 17, 5). Una significativa interpretazione spirituale della Trasfigurazione vede in questa nube l'immagine dello Spirito Santo. Come l'intera esistenza cristiana, anche la chiamata alla vita consacrata è in intima relazione con l'opera dello Spirito Santo. È Lui che, lungo i millenni, attrae sempre nuove persone a percepire il fascino di una scelta tanto impegnativa. Sotto la sua azione esse rivivono, in qualche modo, l'esperienza del profeta Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (20, 7). È lo Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; è Lui che guida la crescita di tale desiderio, portando a maturazione la risposta positiva e sostenendone poi la fedele esecuzione; è Lui che forma e plasma l'animo dei chiamati, configurandoli a Cristo casto, povero e obbediente e spingendoli a far propria la sua missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino di purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone cristiformi, prolungamento nella storia di una speciale presenza del Signore risorto. Con penetrante intuizione, i Padri della Chiesa hanno qualificato questo cammino spirituale come filocalia, ossia amore per la bellezza divina, che è irradiazione della divina bontà. La persona che dalla potenza dello Spirito Santo è condotta progressivamente alla piena configurazione a Cristo, riflette in sé un raggio della luce inaccessibile e nel suo peregrinare terreno cammina fino alla Fonte inesauribile della luce. In tal modo la vita consacrata diventa un'espressione particolarmente profonda della Chiesa Sposa, la quale, condotta dallo Spirito a riprodurre in sé i lineamenti dello Sposo, Gli compare davanti «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5, 27). Lo stesso Spirito poi, lungi dal sottrarre alla storia degli uomini le persone che il Padre ha chiamato, le pone a servizio dei fratelli secondo le modalità proprie del loro stato di vita, e le orienta a svolgere particolari compiti, in rapporto alle necessità della Chiesa e del mondo, attraverso i carismi propri dei vari Istituti. Da qui il sorgere di molteplici forme di vita consacrata, attraverso le quali la Chiesa è «anche abbellita con la varietà dei doni dei suoi figli, [...] come una sposa adornata per il suo sposo (cfr. Ap 21, 2)» e viene arricchita di ogni mezzo per svolgere la sua missione nel mondo.
I consigli evangelici, dono della Trinità
20. I consigli evangelici sono dunque prima di tutto un dono della Trinità Santissima. La vita consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito compie con il suo amore, la sua bontà, la sua bellezza. Infatti «lo stato religioso [...] manifesta l'elevatezza del Regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza della virtú di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa». Primo compito della vita consacrata è di rendere visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone chiamate. Piú che con le parole, esse testimoniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di un'esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il mondo. Allo stupore degli uomini esse rispondono con l'annuncio dei prodigi di grazia che il Signore compie in coloro che Egli ama. Nella misura in cui la persona consacrata si lascia condurre dallo Spirito fino ai vertici della perfezione, può esclamare: «Vedo la bellezza della tua grazia, ne contemplo in fulgore, ne rifletto la luce; sono preso dal suo ineffabile splendore; sono condotto fuori di me mentre penso a me stesso; vedo com'ero e cosa sono divenuto. O prodigio! Sto attento, sono pieno di rispetto per me stesso, di riverenza e di timore, come davanti a Te stesso; non so cosa fare, poiché mi ha preso la timidezza; non so dove sedermi, a che cosa avvicinarmi, dove riposare queste membra che ti appartengono; per quale impresa, per quale opera impiegarle, queste sorprendenti meraviglie divine». Cosí la vita consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina.
Nei consigli il riflesso della vita trinitaria
21. Il riferimento dei consigli evangelici alla Trinità Santa e santificante rivela il loro senso piú profondo. Essi infatti sono espressione dell'amore che il Figlio porta al Padre nell'unità dello Spirito Santo. Praticandoli, la persona consacrata vive con particolare intensità il carattere trinitario e cristologico che contrassegna tutta la vita cristiana. La castità dei celibi e delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cfr. 1 Cor 7, 32-34), costituisce un riflesso dell'amore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria; amore testimoniato dal Verbo incarnato fino al dono della sua vita; amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5), che stimola ad una risposta di amore totale per Dio e per i fratelli. La povertà confessa che Dio è l'unica vera ricchezza dell'uomo. Vissuta sull'esempio di Cristo che «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8, 9), diventa espressione del dono totale di sé che le tre Persone divine reciprocamente si fanno. È dono che trabocca nella creazione e si manifesta pienamente nell'Incarnazione del Verbo e nella sua morte redentrice. L'obbedienza, praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr. Gv 4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia, che è riflesso nella storia dell'amorosa corrispondenza delle tre Persone divine. La vita consacrata, pertanto, è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre piú sincero e forte in dimensione trinitaria: amore al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l'animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa cosí confessione e segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana. La stessa vita fraterna, in virtú della quale le persone consacrate si sforzano di vivere in Cristo con «un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32), si propone come eloquente confessione trinitaria. Essa confessa il Padre, che vuole fare di tutti gli uomini una sola famiglia; confessa il Figlio incarnato, che raccoglie i redenti nell'unità, indicando la via con il suo esempio, la sua preghiera, le sue parole e soprattutto con la sua morte, sorgente di riconciliazione per gli uomini divisi e dispersi; confessa lo Spirito Santo quale principio di unità nella Chiesa, dove Egli non cessa di suscitare famiglie spirituali e comunità fraterne.
Consacrati come Cristo per il Regno di Dio
22. La vita consacrata «piú fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa», per impulso dello Spirito Santo, la forma di vita che Gesú, supremo consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato ed ha proposto ai discepoli che lo seguivano (cfr. Mt 4, 18-22; Mc 1, 16-20; Lc 5, 10-11; Gv 15, 16). Alla luce della consacrazione di Gesú, è possibile scoprire nell'iniziativa del Padre, fonte di ogni santità, la sorgente originaria della vita consacrata. Gesú stesso, infatti, è colui che «Dio ha consacrato in Spirito Santo e potenza» (At 10, 38), «colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36). Accogliendo la consacrazione del Padre, il Figlio a sua volta si consacra a Lui per l'umanità (cfr. Gv 17, 19): la sua vita di verginità, di obbedienza e di povertà esprime la sua filiale e totale adesione al disegno del Padre (cfr. Gv 10, 30; 14, 11). La sua perfetta oblazione conferisce un significato di consacrazione a tutti gli eventi della sua esistenza terrena. Egli è l'obbediente per eccellenza, disceso dal cielo non per fare la sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato (cfr. Gv 6, 38; Eb 10, 5. 7). Egli rimette il suo modo di essere e di agire nelle mani del Padre (cfr. Lc 2, 49). In obbedienza filiale, adotta la forma del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [...], facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2, 7-8). È in tale atteggiamento di docilità al Padre che, pur approvando e difendendo la dignità e la santità della vita matrimoniale, Cristo assume la forma di vita verginale e rivela cosí il pregio sublime e la misteriosa fecondità spirituale della verginità. La sua piena adesione al disegno del Padre si manifesta anche nel distacco dai beni terreni: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9). La profondità della sua povertà si rivela nella perfetta oblazione di tutto ciò che è suo al Padre. Veramente la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesú come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione della vita e del messaggio del Salvatore.
II. TRA PASQUA E COMPIMENTO
Dal Tabor al Calvario
23. L'evento sfolgorante della Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del Calvario. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesú insieme a Mosè ed Elia, con i quali - secondo l'evangelista Luca - Gesú parla «della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (9, 31). Gli occhi degli apostoli dunque sono fissi su Gesú che pensa alla Croce (cfr. Lc 9, 43-45). Lí il suo amore verginale per il Padre e per tutti gli uomini raggiungerà la sua massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di tutto; la sua obbedienza fino al dono della vita. I discepoli e le discepole sono invitati a contemplare Gesú esaltato sulla Croce, dalla quale «il Verbo uscito dal silenzio», nel suo silenzio e nella sua solitudine, afferma profeticamente l'assoluta trascendenza di Dio su tutti i beni creati, vince nella sua carne il nostro peccato e attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la nuova vita della risurrezione (cfr. Gv 12, 32; 19, 34. 37). Nella contemplazione di Cristo crocifisso trovano ispirazione tutte le vocazioni; da essa traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti i doni e in particolare il dono della vita consacrata. Dopo Maria, Madre di Gesú, questo dono riceve Giovanni, il discepolo che Gesú amava, il testimone che insieme a Maria si trovava ai piedi della Croce (cfr. Gv 19, 26-27). La sua decisione di consacrazione totale è frutto dell'amore divino che lo avvolge, lo sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i primi della lunga schiera di uomini e donne, che dagli inizi della Chiesa fino alla fine, toccati dall'amore di Dio, si sentono chiamati a seguire l'Agnello immolato e vivente, dovunque Egli vada (cfr. Ap 14, 1-5).
Dimensione pasquale della vita consacrata
24. La persona consacrata, nelle varie forme di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della storia, fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto piú immediato e profondo quanto piú si pone sotto la Croce di Cristo. Colui che nella sua morte appare agli occhi umani sfigurato e senza bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il volto (cfr. Is 53, 2-3), proprio sulla Croce manifesta pienamente la bellezza e la potenza dell'amore di Dio. Sant'Agostino lo canta cosí: «Bello è Dio, Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell'invitare alla vita e bello nel non curarsi della morte; bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore della sua bellezza». a vita consacrata rispecchia questo splendore dell'amore, perché confessa, con la sua fedeltà al mistero della Croce, di credere e di vivere dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa contribuisce a tener viva nella Chiesa la coscienza che la Croce è la sovrabbondanza dell'amore di Dio che trabocca su questo mondo, è il grande segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò specialmente nelle difficoltà e nelle prove. È quanto viene testimoniato continuamente e con coraggio degno di profonda ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono spesso in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La loro fedeltà all'unico Amore si mostra e si tempra nell'umiltà di una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per completare ciò che nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso, nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa.
Testimoni di Cristo nel mondo
25. Dal mistero pasquale sgorga anche la missionarietà, che è dimensione qualificante l'intera vita ecclesiale. Essa ha una sua specifica realizzazione nella vita consacrata. Infatti, anche al di là dei carismi propri di quegli Istituti che sono dediti alla missione ad gentes o s'impegnano in attività di tipo propriamente apostolico, si può dire che la missionarietà è insita nel cuore stesso di ogni forma di vita consacrata. Nella misura in cui il consacrato vive una vita unicamente dedita al Padre (cfr. Lc 2, 49; Gv 4, 34), afferrata da Cristo (cfr. Gv 15, 16; Gal 1, 15-16), animata dallo Spirito (cfr. Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 4), egli coopera efficacemente alla missione del Signore Gesú (cfr. Gv 20, 21), contribuendo in modo particolarmente profondo al rinnovamento del mondo. Il primo compito missionario le persone consacrate lo hanno verso se stesse, e lo adempiono aprendo il proprio cuore all'azione dello Spirito di Cristo. La loro testimonianza aiuta la Chiesa intera a ricordare che al primo posto sta il servizio gratuito di Dio, reso possibile dalla grazia di Cristo, comunicata al credente mediante il dono dello Spirito. Al mondo viene cosí annunciata la pace che discende dal Padre, la dedizione che è testimoniata dal Figlio, la gioia che è frutto dello Spirito Santo. Le persone consacrate saranno missionarie innanzitutto approfondendo continuamente la coscienza di essere state chiamate e scelte da Dio, al quale devono perciò rivolgere tutta la loro vita ed offrire tutto ciò che sono e che hanno, liberandosi dagli impedimenti che potrebbero ritardare la totalità della risposta d'amore. In questo modo potranno diventare un vero segno di Cristo nel mondo. Anche il loro stile di vita deve far trasparire l'ideale che professano, proponendosi come segno vivente di Dio e come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo. Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, spesso cosí secolarizzata e tuttavia sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere visibile la sua presenza nella vita quotidiana. Un contributo significativo in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle persone consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una concreta testimonianza della loro appartenenza a Cristo. Poiché l'abito è segno di consacrazione, di povertà e di appartenenza ad una certa famiglia religiosa, insieme con i Padri del Sinodo raccomando vivamente ai religiosi e alle religiose di indossare il proprio abito, opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei luoghi. Dove valide esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle norme del proprio Istituto, potranno anche portare un vestito semplice e decoroso, con un simbolo idoneo, in modo che sia riconoscibile la loro consacrazione. Gli Istituti, che dall'origine o per disposizione delle loro costituzioni non prevedono un abito proprio, abbiano cura che l'abbigliamento dei loro membri risponda, per dignità e semplicità, alla natura della loro vocazione.
Dimensione escatologica della vita consacrata
26. Poiché oggi le preoccupazioni apostoliche appaiono sempre piú urgenti e l'impegno nelle cose di questo mondo rischia di essere sempre piú assorbente, è particolarmente opportuno richiamare l'attenzione sulla natura escatologica della vita consacrata. «Là dove è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6, 21): il tesoro unico del Regno suscita il desiderio, l'attesa, l'impegno e la testimonianza. Nella Chiesa primitiva l'attesa della venuta del Signore era vissuta in modo particolarmente intenso. Questo atteggiamento di speranza la Chiesa non ha, tuttavia, cessato di coltivare col passare dei secoli: essa ha continuato ad invitare i fedeli a guardare verso la salvezza pronta ormai per essere rivelata, «perché passa la scena di questo mondo» (1 Cor 7, 31; cfr. 1 Pt 1, 3-6). . questo orizzonte che meglio si comprende il ruolo di segno escatologico proprio della vita consacrata. In effetti, è costante la dottrina che la presenta come anticipazione del Regno futuro. Il Concilio Vaticano II ripropone questo insegnamento quando afferma che la consacrazione «meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste». Questo fa innanzitutto la scelta verginale, sempre intesa dalla tradizione come un'anticipazione del mondo definitivo, che già fin da ora opera e trasforma l'uomo nella sua interezza. Le persone che hanno dedicato la loro vita a Cristo non possono non vivere nel desiderio di incontrarLo per essere finalmente e per sempre con Lui. Di qui l'ardente attesa, di qui il desiderio di «immergersi nel Focolare d'amore che brucia in esse e che altri non è che lo Spirito Santo», attesa e desiderio sostenuti dai doni che il Signore liberamente concede a coloro che aspirano alle cose di lassú (cfr. Col 3, 1). Fissa nelle cose del Signore, la persona consacrata ricorda che «non abbiamo quaggiú una città stabile» (Eb 13, 14), perché «la nostra patria è nei cieli» (Fil 3, 20). Sola cosa necessaria è cercare «il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore.
Un'attesa operosa: impegno e vigilanza
27. «Vieni Signore Gesú» (Ap 22, 20). Questa attesa è tutt'altro che inerte: pur rivolgendosi al Regno futuro, essa si traduce in lavoro e missione, perché il Regno si renda già presente ora attraverso l'instaurazione dello spirito delle Beatitudini, capace di suscitare anche nella società umana istanze efficaci di giustizia, di pace, di solidarietà e di perdono. Questo è dimostrato ampiamente dalla storia della vita consacrata, che sempre ha prodotto frutti abbondanti anche per il mondo. Con i loro carismi le persone consacrate diventano un segno dello Spirito in ordine ad un futuro nuovo, illuminato dalla fede e dalla speranza cristiana. La tensione escatologica si converte in missione, affinché il Regno si affermi in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: «Vieni, Signore Gesú!», si unisce l'altra invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10). Chi attende vigile il compimento delle promesse di Cristo è in grado di infondere speranza anche ai suoi fratelli e sorelle, spesso sfiduciati e pessimisti riguardo al futuro. La sua è una speranza fondata sulla promessa di Dio contenuta nella Parola rivelata: la storia degli uomini cammina verso il nuovo cielo e la nuova terra (cfr. Ap 21, 1), in cui il Signore «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà piú la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21, 4). La vita consacrata è al servizio di questa definitiva irradiazione della gloria divina, quando ogni carne vedrà la salvezza di Dio (cfr. Lc 3, 6; Is 40, 5). L'Oriente cristiano sottolinea questa dimensione quando considera i monaci come angeli di Dio sulla terra, che annunciano il rinnovamento del mondo in Cristo. In Occidente il monachesimo è celebrazione di memoria e vigilia: memoria delle meraviglie operate da Dio, vigilia del compimento ultimo della speranza. Il messaggio del monachesimo e della vita contemplativa ripete incessantemente che il primato di Dio è per l'esistenza umana pienezza di significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed è inquieto finché in Lui non trova pace.
La Vergine Maria, modello di consacrazione e di sequela
28. Maria è colei che, fin dalla sua concezione immacolata, piú perfettamente riflette la divina bellezza. «Tutta bella» è il titolo con cui la Chiesa la invoca. «Il rapporto con Maria Santissima, che ogni fedele ha in conseguenza della sua unione con Cristo, risulta ancora piú accentuato nella vita delle persone consacrate. [...] In tutti (gli Istituti di vita consacrata) vi è la convinzione che la presenza di Maria abbia un'importanza fondamentale sia per la vita spirituale di ogni singola anima consacrata, sia per la consistenza, l'unità, il progresso di tutta la comunità». Maria, in effetti, è esempio sublime di perfetta consacrazione, nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio. Scelta dal Signore, il quale ha voluto compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione, ricorda ai consacrati il primato dell'iniziativa di Dio. Al tempo stesso, avendo dato il suo assenso alla divina Parola, che si è fatta carne in Lei, Maria si pone come modello dell'accoglienza della grazia da parte della creatura umana. Vicina a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta di Nazaret, presente accanto al Figlio in momenti cruciali della sua vita pubblica, la Vergine è maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio. In Lei, «tempio dello Spirito Santo», rifulge cosí tutto lo splendore della nuova creatura. La vita consacrata guarda a Lei come a modello sublime di consacrazione al Padre, di unione col Figlio e di docilità allo Spirito, nella consapevolezza che aderire «al genere di vita verginale e povera» di Cristo significa far proprio anche il genere di vita di Maria. Nella Vergine la persona consacrata incontra, inoltre, una Madre a titolo del tutto speciale. Infatti, se la nuova maternità conferita a Maria sul Calvario è un dono fatto a tutti i cristiani, essa ha un valore specifico per chi ha consacrato pienamente la propria vita a Cristo. «Ecco la tua madre!» (Gv 19, 27): le parole di Gesú al «discepolo che egli amava» (Gv 19, 26) assumono particolare profondità nella vita della persona consacrata. Essa è chiamata, infatti, con Giovanni a prendere con sé Maria Santissima (cfr. Gv 19, 27), amandola e imitandola con la radicalità propria della sua vocazione e sperimentandone, di rimando, una speciale tenerezza materna. La Vergine le comunica quell'amore che le consente di offrire ogni giorno la vita per Cristo, cooperando con Lui alla salvezza del mondo. Per questo il rapporto filiale con Maria costituisce la via privilegiata per la fedeltà alla vocazione ricevuta e un aiuto efficacissimo per progredire in essa e viverla in pienezza.
III. NELLA CHIESA E PER LA CHIESA
«È bello per noi restare qui»: la vita consacrata nel mistero della Chiesa
29. Nella scena della Trasfigurazione, Pietro parla a nome degli altri apostoli: «È bello per noi restare qui» (Mt 17, 4). L'esperienza della gloria di Cristo, che pur gli inebria la mente e il cuore, non lo isola, ma al contrario lo lega piú profondamente al «noi» dei discepoli. Questa dimensione del «noi» ci porta a considerare il posto che la vita consacrata occupa nel mistero della Chiesa. La riflessione teologica sulla natura della vita consacrata ha approfondito in questi anni le nuove prospettive emerse dalla dottrina del Concilio Vaticano II. Alla sua luce s'è preso atto che la professione dei consigli evangelici appartiene indiscutibilmente alla vita e alla santità della Chiesa. Questo significa che la vita consacrata, presente fin dagli inizi, non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura. Ciò appare con evidenza dal fatto che la professione dei consigli evangelici è intimamente connessa col mistero di Cristo, avendo il compito di rendere in qualche modo presente la forma di vita che Egli prescelse, additandola come valore assoluto ed escatologico. Gesú stesso, chiamando alcune persone ad abbandonare tutto per seguirlo, ha inaugurato questo genere di vita che, sotto l'azione dello Spirito, si svilupperà gradualmente lungo i secoli nelle varie forme della vita consacrata. La concezione di una Chiesa composta unicamente da ministri sacri e da laici non corrisponde, pertanto, alle intenzioni del suo divino Fondatore quali ci risultano dai Vangeli e dagli altri scritti neotestamentari.
La nuova e speciale consacrazione
30. Nella tradizione della Chiesa la professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo, l'intima unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si sviluppa nel dono di una conformazione piú compiutamente espressa e realizzata, attraverso la professione dei consigli evangelici. Questa ulteriore consacrazione, tuttavia, riveste una sua peculiarità rispetto alla prima, della quale non è una conseguenza necessaria. In realtà, ogni rigenerato in Cristo è chiamato a vivere, con la forza proveniente dal dono dello Spirito, la castità corrispondente al proprio stato di vita, l'obbedienza a Dio e alla Chiesa, un ragionevole distacco dai beni materiali, perché tutti sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità. Ma il battesimo non comporta per se stesso la chiamata al celibato o alla verginità, la rinuncia al possesso dei beni, l'obbedienza ad un superiore, nella forma propria dei consigli evangelici. Pertanto la professione di questi ultimi suppone un particolare dono di Dio non concesso a tutti, come Gesú stesso sottolinea per il caso del celibato volontario (cfr. Mt 19, 10-12). A questa chiamata corrisponde, peraltro, uno specifico dono dello Spirito Santo, affinché la persona consacrata possa rispondere alla sua vocazione e alla sua missione. Per questo, come testimoniano le liturgie dell'Oriente e dell'Occidente, nel rito della professione monastica o religiosa e nella consacrazione delle vergini, la Chiesa invoca sulle persone prescelte il dono dello Spirito Santo e associa la loro oblazione al sacrificio di Cristo. La professione dei consigli evangelici è uno sviluppo anche della grazia del sacramento della Confermazione, ma va oltre le esigenze normali della consacrazione crismale in forza di un particolare dono dello Spirito, che apre a nuove possibilità e frutti di santità e di apostolato, come dimostra la storia della vita consacrata. Quanto ai sacerdoti che fanno professione dei consigli evangelici, l'esperienza stessa mostra che il sacramento dell'Ordine trova una peculiare fecondità in questa consacrazione, dal momento che essa pone e favorisce l'esigenza di una appartenenza piú stretta al Signore. Il sacerdote che fa professione dei consigli evangelici è particolarmente favorito nel rivivere in sé la pienezza del mistero di Cristo, grazie anche alla spiritualità peculiare del proprio Istituto e alla dimensione apostolica del relativo carisma. Nel presbitero infatti la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata convergono in profonda e dinamica unità. Di incommensurabile valore è anche il contributo recato alla vita della Chiesa dai religiosi sacerdoti integralmente dediti alla contemplazione. Specialmente nella celebrazione eucaristica essi compiono un atto della Chiesa e per la Chiesa, al quale uniscono l'offerta di se stessi, in comunione con Cristo che si offre al Padre per la salvezza del mondo intero.
I rapporti fra i diversi stati di vita del cristiano
31. Le varie forme di vita in cui, secondo il disegno del Signore Gesú, si articola la vita ecclesiale presentano reciproci rapporti sui quali mette conto di soffermarsi. Tutti i fedeli, in virtú della loro rigenerazione in Cristo, condividono una comune dignità; tutti sono chiamati alla santità; tutti cooperano all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo, ciascuno secondo la propria vocazione e il dono ricevuto dallo Spirito (cfr. Rm 12, 3-8). L'uguale dignità fra tutte le membra della Chiesa è opera dello Spirito, è fondata sul Battesimo e sulla Cresima ed è corroborata dall'Eucaristia. Ma è opera dello Spirito anche la pluriformità. È Lui che costituisce la Chiesa in una comunione organica nella diversità di vocazioni, carismi e ministeri. Le vocazioni alla vita laicale, al ministero ordinato e alla vita consacrata si possono considerare paradigmatiche, dal momento che tutte le vocazioni particolari, sotto l'uno o l'altro aspetto, si richiamano o si riconducono ad esse, assunte separatamente o congiuntamente, secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre, sono al servizio l'una dell'altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel mondo. Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il ministero ordinato e la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed una specifica forma di consacrazione, in vista di una missione peculiare. Alla missione dei laici, dei quali è proprio «cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio», è fondamento adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a tutti i membri del Popolo di Dio. I ministri ordinati, oltre a questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione per continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che abbracciano i consigli evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le impegna a fare propria - nel celibato, nella povertà e nell'obbedienza - la forma di vita praticata personalmente da Gesú, e da Lui proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie, manifestazione dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente.
Lo speciale valore della vita consacrata
32. In questo armonioso insieme di doni, a ciascuno dei fondamentali stati di vita è affidato il compito di esprimere, nel suo proprio ordine, l'una o l'altra dimensione dell'unico mistero di Cristo. Se nel far risuonare l'annuncio evangelico all'interno delle realtà temporali ha una particolare missione la vita laicale, nell'ambito della comunione ecclesiale un insostituibile ministero è svolto da coloro che sono costituiti nell'Ordine sacro , in modo speciale dai Vescovi. Questi hanno il compito di guidare il Popolo di Dio con l'insegnamento della Parola, l'amministrazione dei Sacramenti e l'esercizio della sacra potestà a servizio della comunione ecclesiale, che è comunione organica, gerarchicamente ordinata. Quanto alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo. Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente ricca dei beni evangelici e un'attuazione piú compiuta del fine della Chiesa che è la santificazione dell'umanità. La vita consacrata annuncia e in certo modo anticipa il tempo futuro, quando, raggiunta la pienezza di quel Regno dei cieli che già ora è presente in germe e nel mistero, i figli della risurrezione non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli di Dio (cfr. Mt 22, 30). In effetti, l'eccellenza della castità perfetta per il Regno, a buon diritto considerata la «porta» di tutta la vita consacrata, è oggetto del costante insegnamento della Chiesa. Essa peraltro tributa grande stima alla vocazione al matrimonio, che rende i coniugi «testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e in partecipazione di quell'amore, col quale Cristo ha amato la sua Sposa e si è dato per lei». n questo orizzonte comune a tutta la vita consacrata, si articolano vie distinte tra loro ma complementari. I religiosi e le religiose integralmente dediti alla contemplazione sono in modo speciale immagine di Cristo che prega sul monte. Le persone consacrate di vita attiva lo manifestano mentre «annuncia il regno di Dio alle folle, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti». Un particolare servizio all'avvento del Regno di Dio rendono le persone consacrate negli Istituti secolari, che uniscono in una specifica sintesi il valore della consacrazione e quello della secolarità. Vivendo la loro consacrazione nel secolo e a partire dal secolo, esse «si sforzano di permeare ogni realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo». Partecipano a tal fine alla funzione evangelizzatrice della Chiesa mediante la personale testimonianza di vita cristiana, l'impegno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio, la collaborazione nel servizio della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare che è loro proprio.
Testimoniare il Vangelo delle Beatitudini
33. Compito peculiare della vita consacrata è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del Vangelo, testimoniando «in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini». In tal modo la vita consacrata fa continuamente emergere nella coscienza del Popolo di Dio l'esigenza di rispondere con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5), rispecchiando nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel Battesimo, nella Cresima o nell'Ordine. Occorre infatti che dalla santità comunicata nei sacramenti si passi alla santità della vita quotidiana. La vita consacrata, con il suo stesso esistere nella Chiesa, si pone al servizio della consacrazione della vita di ogni fedele, laico e chierico. D'altra parte, non si deve dimenticare che i consacrati ricevono anch'essi dalla testimonianza propria delle altre vocazioni un aiuto a vivere integralmente l'adesione al mistero di Cristo e della Chiesa nelle sue molteplici dimensioni. In virtú di tale reciproco arricchimento, diventa piú eloquente ed efficace la missione della vita consacrata: indicare come meta agli altri fratelli e sorelle, tenendo fisso lo sguardo sulla pace futura, la beatitudine definitiva che è presso Dio.
Immagine viva della Chiesa-Sposa
34. Particolare rilievo ha, nella vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all'esigenza della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni bene. In questa dimensione sponsale, propria di tutta la vita consacrata, è soprattutto la donna che ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il genio speciale del suo rapporto con il Signore. Suggestiva è, al riguardo, la pagina neotestamentaria che presenta Maria con gli Apostoli nel cenacolo in attesa orante dello Spirito Santo (cfr. At 1, 13-14). Vi si può vedere un'immagine viva della Chiesa-Sposa, attenta ai cenni dello Sposo e pronta ad accogliere il suo dono. In Pietro e negli altri Apostoli emerge soprattutto la dimensione della fecondità, quale si esprime nel ministero ecclesiale, che si fa strumento dello Spirito per la generazione di nuovi figli mediante la dispensazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la cura pastorale. In Maria è particolarmente viva la dimensione dell'accoglienza sponsale, con cui la Chiesa fa fruttificare in sé la vita divina attraverso il suo totale amore di vergine. La vita consacrata è sempre stata vista prevalentemente nella parte di Maria, la Vergine sposa. Da tale amore verginale proviene una particolare fecondità, che contribuisce al nascere e al crescere della vita divina nei cuori. La persona consacrata, sulle tracce di Maria, nuova Eva, esprime la sua spirituale fecondità facendosi accogliente alla Parola, per collaborare alla costruzione della nuova umanità con la sua incondizionata dedizione e la sua viva testimonianza. Cosí la Chiesa manifesta pienamente la sua maternità sia attraverso la comunicazione dell'azione divina affidata a Pietro, sia attraverso la responsabile accoglienza del dono divino, tipica di Maria. Il popolo cristiano, per parte sua, trova nel ministero ordinato i mezzi della salvezza, nella vita consacrata lo stimolo a una piena risposta d'amore in tutte le varie forme di diaconia.
IV. GUIDATI DALLO SPIRITO DI SANTITÀ
Esistenza «trasfigurata»: la chiamata alla santità
35. «All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore» (Mt 17, 6). Nell'episodio della Trasfigurazione i sinottici, pur con diverse sfumature, mettono in evidenza il senso di timore che prende i discepoli. Il fascino del volto trasfigurato di Cristo non impedisce che essi si sentano sgomenti di fronte alla Maestà divina che li sovrasta. Sempre, quando l'uomo avverte la gloria di Dio, tocca con mano anche la sua piccolezza e ne trae un senso di spavento. Questo timore è salutare. Ricorda all'uomo la divina perfezione, e al tempo stesso lo incalza con un appello pressante alla «santità». Tutti i figli della Chiesa, chiamati dal Padre ad «ascoltare» Cristo, non possono non avvertire una profonda esigenza di conversione e di santità. Ma, come è stato sottolineato al Sinodo, questa esigenza chiama in causa in primo luogo la vita consacrata. In effetti, la vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a un'esistenza «trasfigurata». Significativo, a questo proposito, è quanto è stato espresso nella Relazione finale della II Assemblea Straordinaria del Sinodo: «I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento nelle piú difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità. Gli Istituti di vita consacrata, mediante la professione dei consigli evangelici, devono essere consapevoli della loro speciale missione nella Chiesa odierna e noi dobbiamo incoraggiarli nella loro missione». A queste valutazioni hanno fatto eco i Padri di questa IX Assemblea sinodale, i quali hanno affermato: «La vita consacrata è stata, lungo la storia della Chiesa, una presenza viva dell'azione dello Spirito, come spazio privilegiato di amore assoluto a Dio e al prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità, all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di Dio». a Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli evangelici una via privilegiata verso la santità. Le stesse espressioni con cui la qualifica - scuola del servizio del Signore, scuola di amore e di santità, via o stato di perfezione - indicano sia l'efficacia e la ricchezza dei mezzi propri di questa forma di vita evangelica, sia il particolare impegno di coloro che la abbracciano. Non a caso sono tanti i consacrati che lungo i secoli hanno lasciato testimonianze eloquenti di santità e compiuto imprese di evangelizzazione e di servizio particolarmente generose ed ardue.
Fedeltà al carisma
36. Nella sequela di Cristo e nell'amore per la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la crescita della santità nella vita consacrata, che meritano di essere messi oggi in speciale evidenza. Anzitutto è richiesta la fedeltà al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio spirituale di ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà all'ispirazione dei fondatori e delle fondatrici, dono dello Spirito Santo, si riscoprono piú facilmente e si rivivono piú fervidamente gli elementi essenziali della vita consacrata. Ogni carisma ha infatti, alla sua origine, un triplice orientamento: verso il Padre, innanzitutto, nel desiderio di ricercarne filialmente la volontà attraverso un processo di conversione continua, in cui l'obbedienza è fonte di vera libertà, la castità esprime la tensione di un cuore insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta quella fame e sete di giustizia che Dio ha promesso di saziare (cfr. Mt 5, 6). In questa prospettiva il carisma di ogni Istituto spingerà la persona consacrata ad essere tutta di Dio, a parlare con Dio o di Dio, come si dice di san Domenico, per gustare quanto sia buono il Signore (cfr. Sal 34 [33], 9) in tutte le situazioni. I carismi di vita consacrata implicano anche un orientamento verso il Figlio, col quale inducono a coltivare una comunione di vita intima e lieta, alla scuola del suo servizio generoso di Dio e dei fratelli. In tal modo, «lo sguardo progressivamente cristificato impara a distaccarsi dall'esteriorità, dal turbine dei sensi, da quanto cioè impedisce all'uomo quella lievità disponibile a lasciarsi afferrare dallo Spirito», e consente cosí di andare in missione con Cristo, lavorando e soffrendo con Lui nel diffondere il suo Regno. Ogni carisma comporta, infine, un orientamento verso lo Spirito Santo, in quanto dispone la persona a lasciarsi guidare e sostenere da Lui, sia nel proprio cammino spirituale che nella vita di comunione e nell'azione apostolica, per vivere in quell'atteggiamento di servizio che deve ispirare ogni scelta dell'autentico cristiano. In effetti, è sempre questa triplice relazione che emerge, pur con i tratti specifici dei vari modelli di vita, in ogni carisma di fondazione, per il fatto stesso che in esso domina «un profondo ardore dell'animo di configurarsi a Cristo, per testimoniare qualche aspetto del suo mistero», aspetto specifico chiamato a incarnarsi e svilupparsi nella piú genuina tradizione dell'Istituto, secondo le Regole, le Costituzioni e gli Statuti.
Fedeltà creativa
37. Gli Istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale. Deve rimanere, comunque, viva la convinzione che nella ricerca della conformazione sempre piú piena al Signore sta la garanzia di ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele all'ispirazione originaria. In questo spirito torna oggi impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa. Un'accresciuta considerazione per la Regola non mancherà di offrire alle persone consacrate un criterio sicuro per ricercare le forme adeguate di una testimonianza che sappia rispondere alle esigenze del momento senza allontanarsi dall'ispirazione iniziale.
Preghiera ed ascesi: il combattimento spirituale
38. La chiamata alla santità è accolta e può essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione davanti all'infinita trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che vedere Dio significa scendere dal monte con un volto cosí raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr. Es 34, 33) [...]; l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e perdono [...]. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di comprendere quella parola». Ciò comporta in concreto una grande fedeltà alla preghiera liturgica e personale, ai tempi dedicati all'orazione mentale e alla contemplazione, all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi spirituali. Occorre anche riscoprire i mezzi ascetici tipici della tradizione spirituale della Chiesa e del proprio Istituto. Essi hanno costituito e tuttora costituiscono un potente aiuto per un autentico cammino di santità. L'ascesi, aiutando a dominare e correggere le tendenze della natura umana ferita dal peccato, è veramente indispensabile alla persona consacrata per restare fedele alla propria vocazione e seguire Gesú sulla via della Croce. È necessario anche riconoscere e superare alcune tentazioni che talvolta, per insidia diabolica, si presentano sotto apparenza di bene. Cosí, ad esempio, la legittima esigenza di conoscere la società odierna per rispondere alle sue sfide può indurre a cedere alle mode del momento, con diminuzione del fervore spirituale o con atteggiamenti di scoraggiamento. La possibilità di una formazione spirituale piú elevata potrebbe spingere le persone consacrate ad un certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli, mentre l'urgenza di legittima e doverosa qualificazione può trasformarsi in una esasperata ricerca di efficienza, quasi che il servizio apostolico dipenda prevalentemente dai mezzi umani, anziché da Dio. Il lodevole desiderio di farsi vicini agli uomini e alle donne del nostro tempo, credenti e non credenti, poveri e ricchi, può portare all'adozione di uno stile di vita secolarizzato o ad una promozione dei valori umani in senso puramente orizzontale. La condivisione delle istanze legittime della propria nazione o cultura potrebbe indurre ad abbracciare forme di nazionalismo o ad accogliere elementi di costume che hanno invece bisogno di essere purificati ed elevati alla luce del Vangelo. Il cammino che conduce alla santità comporta quindi l'accettazione del combattimento spirituale. È un dato esigente al quale oggi non sempre si dedica l'attenzione necessaria. La tradizione ha spesso visto raffigurato il combattimento spirituale nella lotta di Giacobbe alle prese col mistero di Dio, che egli affronta per accedere alla sua benedizione e alla sua visione (cfr. Gn 32, 23-31). In questa vicenda dei primordi della storia biblica le persone consacrate possono leggere il simbolo dell'impegno ascetico che è loro necessario per dilatare il cuore e aprirlo all'accoglienza del Signore e dei fratelli.
Promuovere la santità
39. Un rinnovato impegno di santità da parte delle persone consacrate è oggi piú che mai necessario anche per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione. «È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre piú intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello piú bisognoso». e persone consacrate, nella misura in cui approfondiscono la propria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiutare fratelli e sorelle mediante valide iniziative spirituali, quali scuole di orazione, esercizi e ritiri spirituali, giornate di solitudine, ascolto e direzione spirituale. In questo modo viene agevolato il progresso nella preghiera di persone che potranno poi operare un miglior discernimento della volontà di Dio su di sé e decidersi alle opzioni coraggiose, talvolta eroiche, richieste dalla fede. In effetti, le persone consacrate «con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto di Dio, chiamata alla santità. Di questa santità esse sono testimoni». II fatto che tutti siano chiamati a diventare santi non può che stimolare maggiormente coloro che, per la loro stessa scelta di vita, hanno la missione di ricordarlo agli altri.
«Alzatevi e non temete»: una rinnovata fiducia
40. «Gesú si avvicinò e, toccatili, disse: 'Alzatevi e non temete'» (Mt 17, 7). Come i tre apostoli nell'episodio della Trasfigurazione, le persone consacrate sanno per esperienza che non sempre la loro vita è illuminata da quel fervore sensibile che fa esclamare: «È bello per noi stare qui» (Mt 17, 4). È però sempre una vita «toccata» dalla mano di Cristo, raggiunta dalla sua voce, sorretta dalla sua grazia. «Alzatevi e non temete». Questo incoraggiamento del Maestro è indirizzato, ovviamente, a ogni cristiano. Ma a maggior ragione esso vale per chi è stato chiamato a «lasciare tutto» e, dunque, a «rischiare tutto» per Cristo. Ciò vale in modo speciale ogni qualvolta, col Maestro, si scende dal «monte» per imboccare la strada che dal Tabor porta al Calvario. Dicendo che Mosè ed Elia parlavano con Cristo del suo mistero pasquale, Luca usa significativamente il termine «dipartita» (éxodos): «parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 9, 31). «Esodo»: termine fondamentale della rivelazione, a cui si richiama tutta la storia della salvezza, e che esprime il senso profondo del mistero pasquale. Tema particolarmente caro alla spiritualità della vita consacrata e che ben ne manifesta il significato. In esso è incluso inevitabilmente ciò che appartiene al mysterium Crucis. Ma questo impegnativo «cammino esodale», visto dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra due luci: la luce anticipatrice della Trasfigurazione e quella definitiva della Risurrezione. La vocazione alla vita consacrata - nell'orizzonte dell'intera vita cristiana - nonostante le sue rinunce e le sue prove, ed anzi in forza di esse, è cammino «di luce», sul quale veglia lo sguardo del Redentore: «Alzatevi e non temete».
CAPITOLO II
«SIGNUM FRATERNITATIS»
LA VITA CONSACRATA SEGNO DI COMUNIONE NELLA CHIESA
I. VALORI PERMANENTI
Ad immagine della Trinità
41. Il Signore Gesú nella sua vita terrena chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé e formarli a vivere sul suo esempio per il Padre e per la missione da Lui ricevuta (cfr. Mc 3, 13-15). Egli inaugurava cosí quella nuova famiglia della quale avrebbero fatto parte nel corso dei secoli quanti sarebbero stati pronti a «compiere la volontà di Dio» (cfr. Mc 3, 32-35). Dopo l'Ascensione, per effetto del dono dello Spirito, si costituí intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta nella lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr. At 2, 42-47; 4, 32-35). La vita di tale comunità e, piú ancora, l'esperienza di piena condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono state costantemente il modello a cui la Chiesa si è ispirata, quando ha voluto rivivere il fervore delle origini e riprendere con rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella storia. n realtà, la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La vita fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende cosí nella storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine. Molti sono, nella vita ecclesiale, gli ambiti e le modalità in cui s'esprime la comunione fraterna. La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono «per» Dio e «di» Dio, e proprio per questo possono confessare la potenza dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi disgregatori presenti nel cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.
Vita fraterna nell'amore
42. La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale. Essa viene coltivata con particolare cura dagli Istituti religiosi e dalle Società di vita apostolica, ove acquista speciale significato la vita in comunità. Ma la dimensione della comunione fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né alle stesse forme individuali di vita consacrata. Gli eremiti, nella profondità della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo; le vergini consacrate nel secolo attuano la loro consacrazione in uno speciale rapporto di comunione con la Chiesa particolare e universale. Similmente le vedove e i vedovi consacrati. Tutte queste persone, in attuazione del discepolato evangelico, si impegnano a vivere il «comandamento nuovo» del Signore, amandosi gli uni gli altri come Egli ci ha amati (cfr. Gv 13, 34). L'amore ha portato Cristo al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepoli non c'è unità vera senza questo amore reciproco incondizionato, che esige disponibilità al servizio senza risparmio di energie, prontezza ad accogliere l'altro cosí com'è senza «giudicarlo» (cfr. Mt 7, 1-2), capacità di perdonare anche «settanta volte sette» (Mt 18, 22). Per le persone consacrate, rese «un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32) da questo amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5), diventa un'esigenza interiore porre tutto in comune: beni materiali ed esperienze spirituali, talenti e ispirazioni, cosí come ideali apostolici e servizio caritativo: «Nella vita comunitaria l'energia dello Spirito che è in uno passa contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del proprio dono, ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del dono altrui come del proprio». ella vita di comunità, poi, deve farsi in qualche modo tangibile che la comunione fraterna, prima d'essere strumento per una determinata missione, è spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr. Mt 18, 20). Questo avviene grazie all'amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia, purificato nel Sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall'implorazione dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. E proprio Lui, lo Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il Figlio suo Gesú Cristo (cfr. 1 Gv 1, 3), comunione nella quale è la sorgente della vita fraterna. Dallo Spirito le comunità di vita consacrata sono guidate nell'adempimento della loro missione di servizio alla Chiesa e all'intera umanità, secondo la propria ispirazione originaria. In questa prospettiva, particolare importanza rivestono i «Capitoli» (o riunioni analoghe), sia particolari che generali, nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i Superiori o le Superiore secondo le norme stabilite dalle proprie Costituzioni, e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità adeguate per custodire e rendere attuale, nelle diverse situazioni storiche e culturali, il proprio carisma ed il proprio patrimonio spirituale.
Il compito dell'autorità
43. Nella vita consacrata la funzione dei Superiori e delle Superiore, anche locali, ha sempre avuto una grande importanza sia per la vita spirituale che per la missione. In questi anni di ricerche e di mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma occorre riconoscere che chi esercita l'autorità non può abdicare al suo compito di primo responsabile della comunità, quale guida dei fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico. Non è facile, in ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far riconoscere ed accogliere la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti. Si deve, però, riaffermare l'importanza di questo compito, che si rivela necessario proprio per consolidare la comunione fraterna e non vanificare l'obbedienza professata. Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza, chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che tocca all'autorità l'ultima parola, e ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese.
Il ruolo delle persone anziane
44. La cura degli anziani e degli ammalati ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un momento come questo, in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero delle persone consacrate che sono ormai avanti negli anni. L'attenzione premurosa che esse meritano non risponde solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione della consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meritoria, anche quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto abbandonare la loro attività specifica. Essi hanno certamente molto da dare in saggezza ed esperienza alla comunità, se questa sa stare loro vicino con attenzione e capacità di ascolto. In realtà la missione apostolica, prima che nell'azione, consiste nella testimonianza della propria dedizione piena alla volontà salvifica del Signore, una dedizione che si alimenta alle fonti dell'orazione e della penitenza. Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati a vivere la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione della propria condizione, la disponibilità per il servizio di direttore spirituale, di confessore, di guida nella preghiera.
Ad immagine della comunità apostolica
45. La vita fraterna svolge un ruolo fondamentale nel cammino spirituale delle persone consacrate, sia per il loro costante rinnovamento che per il pieno compimento della loro missione nel mondo: lo si deduce dalle motivazioni teologiche che ne stanno alla base, e se ne ha ampia conferma dalla stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le consacrate a coltivarla con impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto dell'insegnamento degli Apostoli, nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia, nella condivisione dei beni di natura e di grazia (cfr. At 2, 42-47). Esorto soprattutto i religiosi, le religiose e i membri delle Società di vita apostolica a vivere senza riserve l'amore vicendevole, esprimendolo nelle modalità consone alla natura di ciascun Istituto, perché ogni comunità si manifesti come segno luminoso della nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21, 3). La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche «di gioia e di Spirito Santo» (At 13, 52). Essa desidera additare al mondo l'esempio di comunità nelle quali l'attenzione reciproca aiuta a superare la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il perdono rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della comunione. In comunità di questo tipo, la natura del carisma dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti del «comandamento nuovo».
Sentire cum Ecclesia
46. Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità, come «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio». Il senso della comunione ecclesiale, sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di comunione, infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria». ei fondatori e nelle fondatrici appare sempre vivo il senso della Chiesa, che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai Pastori, specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di amore verso la Santa Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3, 15), ben si comprendono la devozione di Francesco d'Assisi per «il Signor Papa», l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena verso colui che ella chiama «dolce Cristo in terra», l'obbedienza apostolica e il sentire cum Ecclesia di Ignazio di Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesú: «Sono figlia della Chiesa». Si comprende anche l'anelito di Teresa di Lisieux: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore». Simili testimonianze sono rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e sante, fondatori e fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze fra loro diverse e spesso molto difficili. Sono esempi ai quali le persone consacrate devono fare costante riferimento, per resistere alle spinte centrifughe e disgregatrici, oggi particolarmente attive. Un aspetto qualificante di questa comunione ecclesiale è l'adesione di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va vissuta con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle pubblicazioni, nella catechesi, nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale. Poiché le persone consacrate occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro atteggiamento a questo proposito ha grande rilievo per l'intero Popolo di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza ed incisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine gerarchico. In questo modo, con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzi sempre piú profondamente la sua natura di sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano».
La fraternità nella Chiesa universale
47. Le persone consacrate sono chiamate ad essere fermento di comunione missionaria nella Chiesa universale per il fatto stesso che i molteplici carismi dei rispettivi Istituti sono donati dallo Spirito Santo in vista del bene dell'intero Corpo mistico, alla cui edificazione essi devono servire (cfr. 1 Cor 12, 4-11). Significativamente «la via migliore» (1 Cor 12, 31), la realtà «di tutte piú grande» (1 Cor 13, 13), secondo la parola dell'Apostolo, è la carità, che armonizza tutte le diversità e a tutti infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio apostolico. Proprio a questo tende il peculiare vincolo di comunione, che le varie forme di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero di unità e di universalità missionaria. La storia della spiritualità illustra ampiamente questo vincolo, mostrandone la provvidenziale funzione a garanzia sia dell'identità propria della vita consacrata che dell'espansione missionaria del Vangelo. La vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come pure il saldo radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera cristiana che oggi si registra nelle giovani Chiese, sarebbero impensabili - come i Padri sinodali hanno osservato - senza il contributo di tanti Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica. Essi hanno mantenuto salda lungo i secoli la comunione con i Successori di Pietro, i quali hanno trovato in loro prontezza generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che, all'occorrenza, ha saputo spingersi fino all'eroismo. Emerge cosí il carattere di universalità e di comunione, che è proprio degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per la connotazione sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col ministero petrino, essi sono anche al servizio della collaborazione fra le diverse Chiese particolari, tra le quali possono efficacemente promuovere lo «scambio di doni», contribuendo ad una inculturazione del Vangelo che purifichi, valorizzi ed assuma le ricchezze delle culture di tutti i popoli. Anche oggi la fioritura nelle giovani Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità che questa possiede di esprimere nell'unità cattolica le istanze dei vari popoli e culture.
La vita consacrata e la Chiesa particolare
48. Un ruolo significativo spetta alle persone consacrate anche all'interno delle Chiese particolari. E questo un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla Chiesa come comunione e mistero e sulle Chiese particolari come porzione del Popolo di Dio nelle quali «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica», è stato approfondito e codificato in vari documenti successivi. Alla luce di questi testi appare in tutta evidenza il fondamentale rilievo che la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste per l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono contribuire i carismi della vita consacrata all'edificazione della carità nella Chiesa particolare. Le varie forme in cui vengono vissuti i consigli evangelici, infatti, sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti da fondatori e fondatrici e, come tali, costituiscono una «esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita». L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che tende a consolidarsi in una determinata tradizione, caratterizzata da elementi oggettivi. Per questo la Chiesa ha cura che gli Istituti crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e delle fondatrici e le loro sane tradizioni. Di conseguenza, è riconosciuta ai singoli Istituti una giusta autonomia , grazie alla quale essi possono valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro patrimonio spirituale ed apostolico. E compito degli Ordinari dei luoghi conservare e tutelare tale autonomia. Pertanto ai Vescovi è chiesto di accogliere e stimare i carismi della vita consacrata, dando loro spazio nei progetti della pastorale diocesana. Una particolare premura devono avere per gli Istituti di diritto diocesano, che sono affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una diocesi che restasse senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni spirituali, appropriati luoghi di ricerca di Dio, specifiche attività apostoliche e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente indebolita in quello spirito missionario che è proprio della maggioranza degli Istituti. E pertanto doveroso corrispondere al dono della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie.
Una feconda e ordinata comunione ecclesiale
49. Il Vescovo è padre e pastore dell'intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua carità pastorale accoglierà pertanto il carisma della vita consacrata come grazia che non riguarda soltanto un Istituto, ma rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà cosí di sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale. Da parte loro, le persone di vita consacrata non mancheranno di offrire generosamente la loro collaborazione alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio carisma, operando in piena comunione col Vescovo nell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle parrocchie. Giova ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa universale con quello alla Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare la legittima autonomia e la stessa esenzione, di cui molti di loro godono, per giustificare scelte che di fatto contrastano con le esigenze di organica comunione poste da una sana vita ecclesiale. Occorre invece che le iniziative pastorali delle persone consacrate siano decise ed attuate sulla base di un dialogo cordiale e aperto tra Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La speciale attenzione da parte dei Vescovi alla vocazione e missione degli Istituti e il rispetto, da parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la pronta accoglienza delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita diocesana, rappresentano due forme intimamente connesse di quell'unica carità ecclesiale che impegna tutti al servizio della comunione organica - carismatica e insieme gerarchicamente strutturata - dell'intero Popolo di Dio.
Un costante dialogo animato dalla carità
50. Per promuovere la reciproca conoscenza, presupposto necessario di una fattiva cooperazione soprattutto in ambito pastorale, è quanto mai opportuno un costante dialogo di Superiori e Superiore degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica con i Vescovi. Grazie a questi abituali contatti, Superiori e Superiore potranno informare i Vescovi circa le iniziative apostoliche che intendono avviare nelle loro diocesi, per giungere con essi ai necessari accordi operativi. Allo stesso modo, conviene che persone delegate dalle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori siano invitate ad assistere alle assemblee delle Conferenze dei Vescovi e che, viceversa, delegati delle Conferenze episcopali vengano invitati alle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori, secondo modalità da determinare. In questa prospettiva sarà di grande giovamento che, ove ancora non ci fossero, siano costituite e rese operanti, a livello nazionale, commissioni miste di Vescovi e Superiori e Superiore maggiori che esaminino insieme i problemi di comune interesse. Alla miglior conoscenza reciproca contribuirà pure l'inserimento della teologia e della spiritualità della vita consacrata nel piano di studi teologici dei presbiteri diocesani, come pure la previsione, nella formazione delle persone consacrate, di una adeguata trattazione della teologia della Chiesa particolare e della spiritualità del clero diocesano. È infine consolante ricordare che, al Sinodo, non solo sono stati numerosi gli interventi circa la dottrina della comunione, ma grande è stata anche la soddisfazione per l'esperienza di dialogo vissuta, in un clima di reciproca fiducia ed apertura, tra i Vescovi e i religiosi e le religiose presenti. Ciò ha suscitato il desiderio che «tale esperienza spirituale di comunione e collaborazione si estenda a tutta la Chiesa» anche dopo il Sinodo. È auspicio che faccio mio per la crescita in tutti della mentalità e della spiritualità di comunione.
La fraternità in un mondo diviso e ingiusto
51. La Chiesa affida alle comunità di vita consacrata il particolare compito di far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide. Collocate nelle diverse società del nostro pianeta - società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di unità ma incerte sulle vie da prendere - le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità. Le comunità di vita consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella, che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Queste comunità sono luoghi di speranza e di scoperta delle Beatitudini, luoghi nei quali l'amore, attingendo alla preghiera, sorgente della comunione, è chiamato a diventare logica di vita e fonte di gioia. Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le ricchezze particolari, né l'affermazione di una particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli Istituti internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la sfida dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità.
Comunione fra i diversi Istituti
52. Il fraterno rapporto spirituale e la mutua collaborazione fra i diversi Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica sono sostenuti e alimentati dal senso ecclesiale di comunione. Persone che sono fra loro unite dal comune impegno della sequela di Cristo ed animate dal medesimo Spirito non possono non manifestare visibilmente, come tralci dell'unica Vite, la pienezza del Vangelo dell'amore. Memori dell'amicizia spirituale, che spesso ha legato sulla terra i diversi fondatori e fondatrici, esse, restando fedeli all'indole del proprio Istituto, sono chiamate ad esprimere un'esemplare fraternità, che sia di stimolo alle altre componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza al Vangelo. Sono sempre attuali le parole di san Bernardo, a proposito dei diversi Ordini religiosi: «Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l'osservanza, ma a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo, lo ricevo dagli altri [...]. In questo esilio, la Chiesa è ancora in cammino e, se posso dire cosí, plurale: è una pluralità unica e una unità plurale. E tutte le nostre diversità, che manifestano la ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre, che comporta tante dimore. Adesso c'è divisione di grazie: allora ci sarà distinzione di glorie. L'unità, sia qui che là, consiste in una medesima carità».
Organismi di coordinamento
53. Un notevole contributo alla comunione può essere dato dalle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e dalle Conferenze degli Istituti secolari. Incoraggiati e regolamentati dal Concilio Vaticano II e da documenti successivi, questi organismi hanno per scopo principale la promozione della vita consacrata inserita nella compagine della missione ecclesiale. Per loro tramite, gli Istituti esprimono la comunione tra loro e cercano i mezzi per rafforzarla, nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi, nei quali si rispecchiano il mistero della Chiesa e la multiforme sapienza di Dio. Incoraggio gli Istituti di vita consacrata a collaborare tra di loro, specie in quei Paesi dove, per particolari difficoltà, può essere forte la tentazione di ripiegarsi su di sé, a danno della stessa vita consacrata e della Chiesa. Occorre invece che si aiutino a vicenda nel cercare di capire il disegno di Dio nell'attuale travaglio della storia, per meglio rispondervi con iniziative apostoliche adeguate. In questo orizzonte di comunione aperto alle sfide del nostro tempo, i Superiori e le Superiore, «operando in sintonia con l'episcopato», cerchino di «usufruire dell'opera dei migliori collaboratori di ciascun Istituto e offrire servizi che non solo aiutino a superare eventuali limiti, ma creino uno stile valido di formazione alla vita consacrata». sorto le Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e le Conferenze degli Istituti Secolari a curare anche frequenti e regolari contatti con la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, come manifestazione della loro comunione con la Santa Sede. Un rapporto attivo e fiducioso dovrà pure essere intrattenuto con le Conferenze episcopali dei singoli Paesi. Nello spirito del documento Mutuae relationes, sarà conveniente che tale rapporto assuma una forma stabile, cosí da rendere possibile il costante e tempestivo coordinamento delle iniziative via via emergenti. Se tutto questo sarà attuato con perseveranza e spirito di fedele adesione alle direttive del Magistero, gli organismi di collegamento e di comunione si riveleranno particolarmente utili per trovare soluzioni che evitino incomprensioni e tensioni sul piano sia teorico che pratico;in questo modo saranno di sostegno non solo alla crescita della comunione tra gli Istituti di vita consacrata e i Vescovi, ma anche allo svolgimento della stessa missione delle Chiese particolari.
Comunione e collaborazione con i laici
54. Uno dei frutti della dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare piú efficacemente alla missione ecclesiale. Ciò contribuisce a dare un'immagine piú articolata e completa della Chiesa stessa, oltre che a rendere piú efficace la risposta alle grandi sfide del nostro tempo, grazie all'apporto corale dei diversi doni. I rapporti con i laici, nel caso di Istituti monastici e contemplativi, si configurano come una relazione prevalentemente spirituale, mentre per gli Istituti impegnati sul versante dell'apostolato si traducono anche in forme di collaborazione pastorale. I membri poi degli Istituti secolari, laici o chierici, entrano in rapporto con gli altri fedeli nelle forme ordinarie della vita quotidiana. Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a partecipare in modo piú intenso alla spiritualità e alla missione dell'Istituto medesimo. Si può dire che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi Ordini secolari o Terz'Ordini, è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato.
Per un rinnovato dinamismo spirituale ed apostolico
55. Questi nuovi percorsi di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati per diversi motivi. Potrà infatti derivarne, innanzitutto, un'irradiazione di operosa spiritualità al di là delle frontiere dell'Istituto, che conterà cosí su nuove energie, anche per assicurare alla Chiesa la continuità di certe sue forme tipiche di servizio. Un'altra conseguenza positiva potrà poi essere l'agevolazione di una piú intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione: mossi dagli esempi di santità delle persone consacrate, i laici saranno introdotti all'esperienza diretta dello spirito dei consigli evangelici, e saranno cosí incoraggiati a vivere e a testimoniare lo spirito delle Beatitudini, in vista della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio. a partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un'interpretazione piú spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici. In qualunque attività o ministero siano impegnate, le persone consacrate ricorderanno, pertanto, di dover essere innanzitutto guide esperte di vita spirituale, e coltiveranno in questa prospettiva «il talento piú prezioso: lo spirito». A loro volta i laici offrano alle famiglie religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico servizio.
Laici volontari e associati
56. Una espressione significativa di partecipazione laicale alle ricchezze della vita consacrata è l'adesione di fedeli laici ai vari Istituti nella nuova forma dei cosiddetti membri associati o, secondo le esigenze presenti in alcuni contesti culturali, di persone che condividono, per un certo periodo di tempo, la vita comunitaria e la particolare dedizione contemplativa o apostolica dell'Istituto, sempre che ovviamente l'identità della sua vita interna non ne patisca danno. giusto circondare di grande stima il volontariato che attinge alle ricchezze della vita consacrata; occorre però curarne la formazione, affinché i volontari, oltre alla competenza, abbiano sempre profonde motivazioni soprannaturali nei loro propositi e vivo senso comunitario ed ecclesiale nei loro progetti. E da tener presente poi che iniziative nelle quali siano coinvolti laici anche a livello decisionale, per essere considerate opera di un determinato Istituto, devono perseguirne i fini ed essere attuate sotto la sua responsabilità. Perciò, se dei laici ne assumono la direzione, essi risponderanno di tale conduzione ai Superiori e Superiore competenti. E opportuno che tutto questo sia vagliato e regolato da apposite direttive dei singoli Istituti, approvate dall'Autorità Superiore, in cui siano previste le rispettive competenze dell'Istituto stesso, delle comunità, dei membri associati o dei volontari. Le persone consacrate, inviate dai loro Superiori e Superiore e restando alle loro dipendenze, possono essere presenti con specifiche forme di collaborazione in iniziative laicali, particolarmente in organizzazioni ed istituzioni che si interessano dell'emarginazione e hanno lo scopo di alleviare la sofferenza umana. Tale collaborazione, se è animata e sostenuta da una chiara e forte identità cristiana ed è rispettosa dell'indole propria della vita consacrata, può far brillare la forza illuminante del Vangelo nelle situazioni piú oscure dell'esistenza umana. In questi anni, non poche persone consacrate sono entrate in qualcuno dei movimenti ecclesiali sviluppatisi nel nostro tempo. Da tali esperienze gli interessati traggono in genere beneficio, specialmente sul piano del rinnovamento spirituale. Tuttavia non si può negare che, in alcuni casi, ciò generi disagi e disorientamento a livello personale e comunitario, specialmente quando queste esperienze entrano in conflitto con le esigenze della vita comune e della spiritualità dell'Istituto. Occorrerà pertanto curare che l'adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del carisma e della disciplina del proprio Istituto, col consenso dei Superiori e delle Superiore e nella piena disponibilità ad accoglierne le decisioni.
La dignità e il ruolo della donna consacrata
57. La Chiesa rivela pienamente la sua multiforme ricchezza spirituale quando, superate le discriminazioni, accoglie come una vera benedizione i doni da Dio riversati sia negli uomini che nelle donne, tutti valorizzando nella loro pari dignità. Le donne consacrate sono chiamate in modo tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è vergine, sposa e madre. Tale loro missione non ha mancato di manifestarsi al Sinodo, al quale hanno partecipato numerose, potendo far sentire la loro voce, che è stata ascoltata ed apprezzata da tutti. Grazie anche ai loro contributi sono emerse utili indicazioni per la vita della Chiesa e per la sua missione evangelizzatrice. Certo, non si può non riconoscere la fondatezza di molte rivendicazioni concernenti la posizione della donna in diversi ambiti sociali ed ecclesiali. Ugualmente è doveroso rilevare che la nuova coscienza femminile aiuta anche gli uomini a rivedere i loro schemi mentali, il loro modo di autocomprendersi, di collocarsi nella storia e di interpretarla, di organizzare la vita sociale, politica, economica, religiosa, ecclesiale. La Chiesa, che ha ricevuto da Cristo un messaggio di liberazione, ha la missione di diffonderlo profeticamente, promuovendo mentalità e condotta conformi alle intenzioni del Signore. In questo contesto la donna consacrata, a partire dalla sua esperienza di Chiesa e di donna nella Chiesa, può contribuire ad eliminare certe visioni unilaterali, che non manifestano il pieno riconoscimento della sua dignità, del suo apporto specifico alla vita e all'azione pastorale e missionaria della Chiesa. Per questo è legittimo che la donna consacrata aspiri a veder riconosciuta piú chiaramente la sua identità, la sua capacità, la sua missione, la sua responsabilità sia nella coscienza ecclesiale che nella vita quotidiana. Anche il futuro della nuova evangelizzazione, come del resto di tutte le altre forme di azione missionaria, è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne, specialmente delle donne consacrate.
Nuove prospettive di presenza e di azione
58. E, pertanto, urgente compiere alcuni passi concreti, a partire dall'apertura alle donne di spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione delle decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda. E necessario anche che la formazione delle donne consacrate, non meno di quella degli uomini, sia adeguata alle nuove urgenze e preveda tempo sufficiente e valide opportunità istituzionali per un'educazione sistematica, estesa a tutti i campi, da quello teologico-pastorale a quello professionale. La formazione pastorale e catechetica, sempre importante, assume particolare rilievo in vista della nuova evangelizzazione, che richiede anche dalle donne nuove forme di partecipazione. Si può ritenere che l'approfondimento formativo, mentre aiuterà la donna consacrata a comprendere meglio i propri doni, non mancherà di stimolare la necessaria reciprocità all'interno della Chiesa. Anche nel campo della riflessione teologica, culturale e spirituale ci si attende molto dal genio della donna in ciò che riguarda non solo la specificità della vita consacrata femminile, ma anche l'intelligenza della fede in tutte le sue espressioni. A questo proposito, quanto deve la storia della spiritualità a sante come Teresa di Gesú e Caterina da Siena, le prime due donne insignite del titolo di Dottore della Chiesa, e a tante altre mistiche per quanto concerne l'esplorazione del mistero di Dio e l'analisi della sua azione nel credente! La Chiesa conta molto sulle donne consacrate per un contributo originale nella promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana. Infatti, «le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un “nuovo femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli "maschilisti", sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento». C'è motivo di sperare che da un piú profondo riconoscimento della missione della donna, la vita consacrata femminile tragga una sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo e un'accresciuta dedizione alla causa del Regno di Dio. Ciò potrà tradursi in molteplici opere, quali l'impegno per l'evangelizzazione, l'attività educativa, la partecipazione nella formazione dei futuri sacerdoti e delle persone consacrate, l'animazione della comunità cristiana, l'accompagnamento spirituale, la promozione dei fondamentali beni della vita e della pace. Alle donne consacrate e alla loro straordinaria capacità di dedizione esprimo ancora una volta l'ammirata riconoscenza della Chiesa intera, che le sostiene perché vivano in pienezza e con gioia la loro vocazione e si sentano interpellate dall'alto compito di aiutare a formare la donna di oggi.
II. CONTINUITÀ NELL'OPERA DELLO SPIRITO SANTO: FEDELTÀ NELLA NOVITÀ
Le monache di clausura
59. Particolare attenzione meritano la vita monastica femminile e la clausura delle monache, per l'altissima stima che la comunità cristiana nutre verso questo genere di vita, segno dell'unione esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore, sommamente amato. In effetti, la vita delle monache di clausura, impegnate in modo precipuo nella preghiera, nell'ascesi e nel fervido progresso della vita spirituale, «non è altro che un tendere alla Gerusalemme celeste, un'anticipazione della Chiesa escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio». Alla luce di questa vocazione e missione ecclesiale, la clausura risponde all'esigenza, avvertita come prioritaria, di stare con il Signore. Scegliendo uno spazio circoscritto come luogo di vita, le claustrali partecipano all'annientamento di Cristo, mediante una povertà radicale che si esprime nella rinuncia non solo alle cose, ma anche allo «spazio», ai contatti, a tanti beni del creato. Questo modo particolare di donare il «corpo» le immette piú sensibilmente nel mistero eucaristico. Esse si offrono con Gesú per la salvezza del mondo. La loro offerta, oltre all'aspetto di sacrificio e di espiazione, acquista anche quello di rendimento di grazie al Padre, nella partecipazione all'azione di grazie del Figlio diletto. Radicata in questa tensione spirituale, la clausura non è solo un mezzo ascetico di immenso valore, ma un modo di vivere la Pasqua di Cristo. Da esperienza di «morte» essa diventa sovrabbondanza di «vita», ponendosi come gioioso annuncio e anticipazione profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesú (cfr. Rm 6, 11). La clausura evoca dunque quella cella del cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio e con i fratelli e le sorelle, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell'interiorizzazione dei valori evangelici (cfr. Gv 13, 34; Mt 5, 3. 8). Le comunità claustrali, poste come città sul monte e lucerne sul lucerniere (cfr. Mt 5, 14-15), pur nella semplicità della loro vita, raffigurano visibilmente la meta verso cui cammina l'intera comunità ecclesiale che, «ardente nell'azione e dedita alla contemplazione», avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo, quando la Chiesa «col suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr. Col 3, 1-4)», e Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza [...] perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15, 24. 28). A queste carissime Sorelle va, pertanto, la mia riconoscenza con l'incoraggiamento a rimanere fedeli alla vita claustrale secondo il proprio carisma. Grazie al loro esempio, questo genere di vita continua a registrare numerose vocazioni, attratte dalla radicalità di un'esistenza «sponsale», dedicata totalmente a Dio nella contemplazione. Come espressione di puro amore che vale piú di ogni opera, la vita contemplativa sviluppa una straordinaria efficacia apostolica e missionaria. Padri sinodali hanno espresso grande apprezzamento per il valore della clausura, prendendo al tempo stesso in esame le richieste qua e là avanzate quanto alla sua concreta disciplina. Le indicazioni del Sinodo sull'argomento e, in particolare, il voto di una maggiore responsabilizzazione delle Superiore Maggiori in materia di deroghe alla clausura per giusta e grave causa saranno fatte oggetto di organica considerazione, in linea con il cammino di rinnovamento già attuato, a partire dal Concilio Vaticano II. In questo modo la clausura nelle sue varie forme e gradi - dalla clausura papale e costituzionale, alla clausura monastica - corrisponderà meglio alla varietà degli Istituti contemplativi e delle tradizioni dei monasteri. Come lo stesso Sinodo ha sottolineato, sono inoltre da favorire le Associazioni e Federazioni fra monasteri, già raccomandate da Pio XII e dal Concilio Ecumenico Vaticano II, specialmente dove non esistono altre forme efficaci di coordinamento e di aiuto, per custodire e promuovere i valori della vita contemplativa. Tali organismi, salva sempre la legittima autonomia dei monasteri, possono infatti offrire un valido sussidio per risolvere adeguatamente problemi comuni, quali il conveniente rinnovamento, la formazione sia iniziale che permanente, il vicendevole sostegno economico ed anche la riorganizzazione degli stessi monasteri.
I religiosi fratelli
60. Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è né laicale né clericale, e per questo la «consacrazione laicale», tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro. In linea con l'insegnamento del Concilio Vaticano II, il Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di vita consacrata nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della comunità, diversi e preziosi servizi, partecipando cosí alla missione di proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la carità nella vita di ogni giorno. In effetti, alcuni di tali servizi si possono considerare ministeri ecclesiali, affidati dalla legittima autorità. Ciò esige una formazione appropriata e integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale. Secondo la vigente terminologia, gli Istituti che, per determinazione del fondatore o in forza di una legittima tradizione, hanno carattere e finalità che non comportino l'esercizio dell'Ordine sacro, sono chiamati «Istituti laicali». Tuttavia nel Sinodo è stato messo in luce che questa terminologia non esprime adeguatamente l'indole peculiare della vocazione dei membri di tali Istituti religiosi. Infatti essi, pur svolgendo molti servizi che sono comuni anche ai fedeli laici, lo fanno con la loro identità di consacrati ed esprimono cosí lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa, secondo il loro carisma specifico. Per questa ragione i Padri sinodali, al fine di evitare ogni ambiguità e confusione con l'indole secolare dei fedeli laici, hanno voluto proporre il titolo di Istituti religiosi di Fratelli. La proposta è significativa, soprattutto se si considera che il titolo di fratello richiama anche una ricca spiritualità. «Questi religiosi sono chiamati ad essere fratelli di Cristo, profondamente uniti a Lui “primogenito fra molti fratelli” (Rm 8, 29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella cooperazione allo stesso servizio di bene nella Chiesa; fratelli di ogni uomo nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti, specialmente i piú piccoli, i piú bisognosi; fratelli per una piú grande fratellanza nella Chiesa». Vivendo in modo speciale questo aspetto della vita cristiana e insieme consacrata, i «religiosi fratelli» ricordano efficacemente agli stessi religiosi sacerdoti la fondamentale dimensione della fraternità in Cristo, da vivere fra di loro e con ogni uomo e donna, e a tutti proclamano la parola del Signore: «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8). In questi Istituti religiosi di Fratelli niente impedisce, quando il Capitolo generale abbia cosí disposto, che alcuni membri assumano gli Ordini sacri per il servizio sacerdotale della comunità religiosa. Tuttavia il Concilio Vaticano II non offre alcun esplicito incoraggiamento in tal senso, proprio perché desidera che gli Istituti di Fratelli permangano fedeli alla loro vocazione e missione. Ciò vale anche in tema di accesso alla carica di Superiore, considerando che essa riflette in modo speciale la natura dell'Istituto stesso. Diversa è la vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali» perché, secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una legittima tradizione, prevedono l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono riconosciuti dall'autorità della Chiesa. In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del carisma stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La presenza di fratelli costituisce una partecipazione differenziata alla missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero sacerdotale.
Istituti misti
61. Alcuni Istituti religiosi, che nel progetto originario del fondatore si configuravano come fraternità, nelle quali tutti i membri - sacerdoti e non sacerdoti - erano considerati uguali tra di loro, col passare del tempo hanno acquistato una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti, chiamati «misti», valutino, sulla base dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se sia opportuno e possibile tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto che in tali Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'Ordine sacro. Per esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia è stata istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere, per fare poi le opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.
Nuove forme di vita evangelica
62. Lo Spirito, che in tempi diversi ha suscitato numerose forme di vita consacrata, non cessa di assistere la Chiesa, sia alimentando negli Istituti già esistenti l'impegno del rinnovamento nella fedeltà al carisma originario, sia distribuendo nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo, perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi. Segno di questo intervento divino sono le cosiddette nuove Fondazioni, con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle tradizionali. L'originalità delle nuove comunità consiste spesso nel fatto che si tratta di gruppi composti da uomini e donne, da chierici e laici, da coniugati e celibi, che seguono un particolare stile di vita, talvolta ispirato all'una o all'altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della società di oggi. Anche il loro impegno di vita evangelica si esprime in forme diverse, mentre si manifesta, come orientamento generale, un'intensa aspirazione alla vita comunitaria, alla povertà e alla preghiera. Al governo partecipano chierici e laici, in base alle loro competenze, e il fine apostolico si apre alle istanze della nuova evangelizzazione. Se, da una parte, c'è da rallegrarsi di fronte all'azione dello Spirito, dall'altra è necessario procedere al discernimento dei carismi. Principio fondamentale, perché si possa parlare di vita consacrata, è che i tratti specifici delle nuove comunità e forme di vita risultino fondati sopra gli elementi essenziali, teologici e canonici, che sono propri della vita consacrata. Questo discernimento si rende necessario a livello sia locale che universale, allo scopo di prestare una comune obbedienza all'unico Spirito. Nelle diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita e l'ortodossia di fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la sensibilità ecclesiale nell'adempimento della loro missione, i metodi di formazione e i modi di incorporazione alla comunità; valuti con saggezza eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei frutti (cfr. Mt 7, 16), per poter riconoscere l'autenticità del carisma. In special modo a lui è chiesto di stabilire, alla luce di chiari criteri, l'idoneità di quanti in queste comunità domandano di accedere agli Ordini sacri. In forza dello stesso principio di discernimento, non possono essere comprese nella specifica categoria della vita consacrata quelle pur lodevoli forme di impegno che alcuni coniugi cristiani assumono in associazioni o movimenti ecclesiali, quando, nell'intento di portare alla perfezione della carità il loro amore, già «come consacrato» nel sacramento del matrimonio, confermano con un voto il dovere della castità propria della vita coniugale e, senza trascurare i loro doveri verso i figli, professano la povertà e l'obbedienza. La precisazione doverosa circa la natura di tale esperienza non intende sottovalutare questo particolare cammino di santificazione, a cui non è certo estranea l'azione dello Spirito Santo, infinitamente ricco nei suoi doni e nelle sue ispirazioni. Di fronte a tanta ricchezza di doni e di impulsi innovativi, sembra opportuno creare una Commissione per le questioni riguardanti le nuove forme di vita consacrata, allo scopo di stabilire criteri di autenticità, che siano di aiuto nel discernimento e nelle decisioni. Tra gli altri compiti, tale Commissione dovrà valutare, alla luce dell'esperienza di questi ultimi decenni, quali nuove forme di consacrazione l'autorità ecclesiastica possa, con prudenza pastorale e a comune vantaggio, riconoscere ufficialmente e proporre ai fedeli desiderosi di una vita cristiana piú perfetta. Queste nuove associazioni di vita evangelica non sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano ad occupare il posto insigne che la tradizione ha loro assegnato. Le nuove forme sono anch'esse un dono dello Spirito, perché la Chiesa segua il suo Signore in perenne slancio di generosità, attenta agli appelli di Dio che si rivelano mediante i segni dei tempi. Cosí essa si presenta al mondo variegata nelle forme di santità e di servizi, quale «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano». Gli antichi Istituti, tra cui molti passati attraverso il vaglio di prove durissime, sostenute con fortezza lungo i secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni con le fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo. In tal modo il vigore delle varie istituzioni di vita consacrata, dalle piú antiche alle piú recenti, come pure la vivacità delle nuove comunità, alimenteranno la fedeltà allo Spirito Santo, che è principio di comunione e di perenne novità di vita.
III. GUARDANDO VERSO IL FUTURO
Difficoltà e prospettive
63. I mutamenti in corso nella società e la diminuzione del numero delle vocazioni stanno pesando sulla vita consacrata in alcune regioni del mondo. Le opere apostoliche di molti Istituti e la loro stessa presenza in certe Chiese locali sono poste a repentaglio. Come è già accaduto altre volte nella storia, vi sono persino Istituti che corrono il rischio di scomparire. La Chiesa universale è sommamente grata per il grande contributo da essi offerto alla sua edificazione con la testimonianza ed il servizio. L'affanno di oggi non annulla i loro meriti e i frutti maturati grazie alle loro fatiche. Per altri Istituti si pone piuttosto il problema della riorganizzazione delle opere. Tale compito, non facile e non raramente doloroso, esige studio e discernimento, alla luce di alcuni criteri. Occorre, ad esempio, salvaguardare il senso del proprio carisma, promuovere la vita fraterna, essere attenti alle necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di ciò che il mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia, anche se con interventi forzatamente esigui, alle nuove povertà, soprattutto nei luoghi piú abbandonati. e varie difficoltà, derivanti dalla contrazione di personale e di iniziative, non devono in alcun modo far perdere la fiducia nella forza evangelica della vita consacrata, che sarà sempre attuale ed operante nella Chiesa. Se i singoli Istituti non hanno la prerogativa della perennità, la vita consacrata continuerà ad alimentare tra i fedeli la risposta di amore verso Dio e verso i fratelli. Per questo è necessario distinguere la vicenda storica di un determinato Istituto o di una forma di vita consacrata dalla missione ecclesiale della vita consacrata come tale. La prima può mutare col mutare delle situazioni, la seconda è destinata a non venir meno. Ciò è vero sia per la vita consacrata di tipo contemplativo, che per quella dedita alle opere di apostolato. Nel suo complesso, sotto l'azione sempre nuova dello Spirito, essa è destinata a continuare quale testimonianza luminosa dell'unità indissolubile dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, come memoria vivente della fecondità, anche umana e sociale, dell'amore di Dio. Le nuove situazioni di scarsità vanno perciò affrontate con la serenità di chi sa che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l'impegno della fedeltà. Ciò che si deve assolutamente evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che non sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell'adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione. Perseverando fedelmente in essa, si confessa invece, con grande efficacia anche di fronte al mondo, la propria ferma fiducia nel Signore della storia, nelle cui mani sono i tempi e i destini delle persone, delle istituzioni, dei popoli, e dunque anche le attuazioni storiche dei suoi doni. Le dolorose situazioni di crisi sollecitano le persone consacrate a proclamare con fortezza la fede nella morte e risurrezione di Cristo, per divenire segno visibile del passaggio dalla morte alla vita.
Nuovo slancio della pastorale vocazionale
64. La missione della vita consacrata e la vitalità degli Istituti dipendono, certo, dall'impegno di fedeltà con cui i consacrati rispondono alla loro vocazione, ma hanno un futuro nella misura in cui altri uomini e donne accolgono generosamente la chiamata del Signore. Il problema delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa. Si spendono nel campo della pastorale vocazionale grandi energie spirituali e materiali, ma i risultati non sempre corrispondono alle attese e agli sforzi. Capita cosí che, mentre le vocazioni alla vita consacrata fioriscono nelle giovani Chiese e in quelle che hanno subito persecuzione da parte di regimi totalitari, scarseggiano nei paesi tradizionalmente ricchi di vocazioni anche missionarie. Questa situazione di difficoltà mette alla prova le persone consacrate che talvolta si chiedono: abbiamo forse perduto la capacità di attirare nuove vocazioni? E necessario avere fiducia nel Signore Gesú, che continua a chiamare alla sua sequela, ed affidarsi allo Spirito Santo, autore e ispiratore dei carismi della vita consacrata. Mentre dunque ci rallegriamo dell'azione dello Spirito, che ringiovanisce la Sposa di Cristo facendo fiorire la vita consacrata in molte nazioni, dobbiamo rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché invii operai alla sua Chiesa, per far fronte alle urgenze della nuova evangelizzazione (cfr. Mt 9, 37-38). Oltre a promuovere la preghiera per le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi adeguata, per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa, che rende operante la grazia della vocazione. L'invito di Gesú: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39) rimane ancora oggi la regola d'oro della pastorale vocazionale. Essa mira a presentare, sull'esempio dei fondatori e delle fondatrici, il fascino della persona del Signore Gesú e la bellezza del totale dono di sé alla causa del Vangelo. Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate è dunque quello di proporre coraggiosamente, con la parola e con l'esempio, l'ideale della sequela di Cristo, sostenendo poi la risposta agli impulsi dello Spirito nel cuore dei chiamati. All'entusiasmo del primo incontro con Cristo dovrà ovviamente seguire lo sforzo paziente della quotidiana corrispondenza, che fa della vocazione una storia di amicizia con il Signore. A questo scopo la pastorale vocazionale si avvalga di appropriati sussidi, come la direzione spirituale, per alimentare quella risposta di amore personale al Signore che è condizione essenziale per diventare discepoli e apostoli del suo Regno. Intanto, se la fioritura vocazionale che si manifesta in varie parti del mondo giustifica ottimismo e speranza, la scarsità in altre regioni non deve indurre né allo scoraggiamento, né alla tentazione di facili e improvvidi reclutamenti. Occorre che il compito di promuovere le vocazioni sia svolto in modo da apparire sempre piú un impegno corale di tutta la Chiesa. Esso esige, pertanto, l'attiva collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed educatori, quale si conviene a un servizio che è parte integrante della pastorale d'insieme di ogni Chiesa particolare. Ci sia dunque in ogni diocesi questo servizio comune che coordini e moltiplichi le forze, senza tuttavia pregiudicare, ed anzi favorendo, l'attività vocazionale di ciascun Istituto. Tale operosa collaborazione di tutto il Popolo di Dio, sostenuta dalla Provvidenza, non potrà che sollecitare l'abbondanza dei doni divini. La solidarietà cristiana venga largamente incontro alle necessità della formazione vocazionale nei Paesi economicamente piú poveri. La promozione delle vocazioni in queste nazioni sia fatta dai vari Istituti in piena armonia con le Chiese del luogo, sulla base di un attivo e prolungato inserimento nella loro pastorale. Il modo piú autentico per assecondare l'azione dello Spirito sarà quello di investire generosamente le migliori energie nell'attività vocazionale, specialmente con una adeguata dedizione alla pastorale giovanile.
L'impegno della formazione iniziale
65. Particolare attenzione l'Assemblea sinodale ha riservato alla formazione di chi intende consacrarsi al Signore, riconoscendone la decisiva importanza. Obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione. Dire «sí» alla chiamata del Signore assumendo in prima persona il dinamismo della crescita vocazionale è responsabilità inalienabile di ogni chiamato, il quale deve aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; è percorrere con generosità il cammino formativo, accogliendo con fede le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono. a formazione dovrà, pertanto, raggiungere in profondità la persona stessa, cosí che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio. Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesú e alla sua totale oblazione, è soprattutto a questo che deve mirare la formazione. Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata, il metodo che ad essa prepara dovrà assumere ed esprimere la caratteristica della totalità . Dovrà essere formazione di tutta la persona, in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni. E chiaro che, proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l'impegno formativo non cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e alla missione del proprio Istituto. La formazione, per essere totale, comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata. Va prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale, ponendo ogni attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari aspetti. Alla formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per ogni grado della maturazione personale - da quello psicologico e spirituale a quello teologico e pastorale - si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di studi, come parte di un piú ampio percorso formativo.
L'opera di formatori e formatrici
66. Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. Attente all'azione della grazia, esse sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia nel discernimento vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero. Strumento precipuo di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia. Di fronte a compiti tanto delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che assicurino nel loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. Sarà opportuno creare adeguate strutture per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale. In quest'opera formativa, gli Istituti già meglio radicati diano un aiuto agli Istituti di piú recente fondazione, grazie al contributo di alcuni dei loro membri migliori.
Una formazione comunitaria ed apostolica
67. Poiché la formazione deve essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato, per gli Istituti di vita religiosa e le Società di vita apostolica, è la comunità. In essa avviene l'iniziazione alla fatica e alla gioia del vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con colui che Dio gli ha posto accanto, accettandone le caratteristiche positive ed insieme le diversità e i limiti. In particolare, egli impara a condividere i doni ricevuti per l'edificazione di tutti, poiché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor 12, 7). Al tempo stesso, la vita comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca dimensione missionaria della consacrazione. Per questo, durante il periodo della formazione iniziale, negli Istituti di vita consacrata sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo con la cultura circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito di iniziativa. Se, da un lato, è importante che la persona consacrata si formi progressivamente una coscienza evangelicamente critica verso i valori e i disvalori della propria cultura e di quella che incontrerà nel futuro campo di lavoro, dall'altro deve esercitarsi nella difficile arte dell'unità di vita, della mutua compenetrazione della carità verso Dio e verso i fratelli e le sorelle, sperimentando che la preghiera è l'anima dell'apostolato, ma anche che l'apostolato vivifica e stimola la preghiera.
Necessità di una ratio completa ed aggiornata
68. Un periodo esplicitamente formativo, che si estenda fino alla professione perpetua, viene raccomandato anche agli Istituti femminili, nonché a quelli maschili relativamente ai religiosi fratelli. Questo vale sostanzialmente pure per le comunità claustrali, che avranno cura di elaborare un programma adeguato, in vista di un'autentica formazione alla vita contemplativa e alla sua missione peculiare nella Chiesa. I Padri sinodali hanno caldamente sollecitato tutti gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ad elaborare quanto prima una ratio institutionis, cioè un progetto formativo ispirato al carisma istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la spiritualità del proprio Istituto. La ratio risponde oggi a una vera urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere lo spirito dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni geografiche; dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per vivere il medesimo spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo verso la piena maturità della fede in Cristo Gesú. Se dunque è vero che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l'arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un'epoca di crescente emarginazione dei valori religiosi dalla cultura, questo cammino formativo è doppiamente importante: grazie ad esso la persona consacrata non solo può continuare a «vedere» Dio, con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza, ma riesce anche a renderne in qualche modo «sensibile» la presenza mediante la testimonianza del proprio carisma.
La formazione permanente
69. La formazione permanente, sia per gli Istituti di vita apostolica come per quelli di vita contemplativa, è un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il processo formativo, come s'è detto, non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita. Sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come parte della ratio institutionis, la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica, di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e religiosa; cosí come nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, cosí come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona.
In un dinamismo di fedeltà
70. C'è una giovinezza dello spirito che permane nel tempo: essa si collega col fatto che l'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico d'essere, di servire e d'amare. ella vita consacrata i primi anni del pieno inserimento nell'attività apostolica rappresentano una fase di per se stessa critica, segnata dal passaggio da una vita guidata ad una situazione di piena responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani persone consacrate siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una sorella, che le aiuti a vivere in pieno la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo. La fase successiva può presentare il rischio dell'abitudine e la conseguente tentazione della delusione per la scarsità dei risultati. E necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla luce del Vangelo e dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non confondendo la totalità della dedizione con la totalità del risultato. Ciò consentirà di dare nuovo slancio e nuove motivazioni alla propria scelta. E la stagione della ricerca dell'essenziale. La fase dell'età matura, insieme alla crescita personale, può comportare il pericolo d'un certo individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione permanente ha qui lo scopo d'aiutare non solo a recuperare un tono piú alto di vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la peculiarità di tale fase esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti della personalità, l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e generosità, e ricade su fratelli e sorelle piú pacata e discreta ed insieme piú trasparente e ricca di grazia. E il dono e l'esperienza della paternità e maternità spirituale. L'età avanzata pone problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un oculato programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione, in taluni casi la malattia e la forzata inattività, costituiscono un'esperienza che può divenire altamente formativa. Momento spesso doloroso, esso offre tuttavia alla persona consacrata anziana l'opportunità di lasciarsi plasmare dall'esperienza pasquale, configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la volontà del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo spirito. Tale configurazione è un modo nuovo di vivere la consacrazione, che non è legata all'efficienza di un compito di governo o di un lavoro apostolico. Quando poi giunge il momento di unirsi all'ora suprema della passione del Signore, la persona consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa quel misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà allora attesa e preparata come l'atto supremo d'amore e di consegna di sé. E necessario aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi della vita, ogni età può conoscere situazioni critiche per l'intervento di fattori esterni - cambio di posto o di ufficio, difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico, incomprensione o emarginazione, ecc. - o di fattori piú strettamente personali - malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di rapporti interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità, sensazione di insignificanza, e simili. Quando la fedeltà si fa piú difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e di un piú intenso amore, sia a livello personale che comunitario. E necessaria allora, innanzitutto, la vicinanza affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure dall'aiuto qualificato di un fratello o di una sorella, la cui presenza premurosa e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso dell'alleanza che Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata giungerà cosí ad accogliere purificazione e spogliamento come atti essenziali della sequela di Cristo crocifisso. La prova stessa apparirà come strumento provvidenziale di formazione nelle mani del Padre, come lotta non solo psicologica, condotta dall'io in rapporto a se stesso e alle sue debolezze, ma religiosa, segnata ogni giorno dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!
Dimensioni della formazione permanente
71. Se soggetto della formazione è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6, 5) e il prossimo come se stesso (cfr. Lv 19, 18; Mt 22, 37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può costantemente ispirare il cammino di crescita e di fedeltà. La vita nello Spirito ha un suo ovvio primato. In essa la persona consacrata ritrova la propria identità ed una serenità profonda, cresce nell'attenzione alle provocazioni quotidiane della Parola di Dio e si lascia guidare dall'ispirazione originaria del proprio Istituto. Sotto l'azione dello Spirito vengono difesi con tenacia i tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si implora dall'Alto con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni giorno (cfr. Sap 9, 10). La dimensione umana e fraterna richiede la conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne opportuno stimolo e sostegno nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente importanti, nel contesto odierno, sono la libertà interiore della persona consacrata, la sua integrazione affettiva, la capacità di comunicare con tutti, specialmente nella propria comunità, la serenità dello spirito e la sensibilità verso chi soffre, l'amore per la verità, la coerenza lineare tra il dire e il fare. La dimensione apostolica apre la mente e il cuore della persona consacrata, e la dispone ad un continuo sforzo operativo, quale segno dell'amore del Cristo che la spinge (cfr. 2 Cor 5, 14). In pratica, ciò significherà l'aggiornamento di metodi e scopi delle attività apostoliche nella fedeltà allo spirito e alla finalità del fondatore o della fondatrice e alle tradizioni successivamente maturate, con costante attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali, generali e locali, dell'ambiente ove si opera. La dimensione culturale e professionale, sulla base di una salda formazione teologica che renda capaci di discernimento, implica un aggiornamento continuo e una particolare attenzione ai diversi campi ai quali ciascun carisma indirizza. E dunque necessario mantenersi aperti mentalmente e il piú possibile duttili, perché il servizio sia concepito e reso secondo le esigenze del proprio tempo avvalendosi degli strumenti forniti dal progresso culturale. Nella dimensione del carisma, infine, si trovano raccolte tutte le altre istanze, come in una sintesi che esige un continuo approfondimento della propria speciale consacrazione nelle sue varie componenti, non solo in quella apostolica, ma anche in quella ascetica e mistica. Ciò comporta per ciascun membro uno studio assiduo dello spirito dell'Istituto d'appartenenza, della sua storia e della sua missione, per migliorarne l'assimilazione personale e comunitaria.
CAPITOLO III
«SERVITIUM CARITATIS»
LA VITA CONSACRATA EPIFANIA DELL'AMORE DI DIO NEL MONDO
Consacrati per la missione
72. Ad immagine di Gesú, Figlio diletto «che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36), anche coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per imitarne l'esempio e continuarne la missione. Fondamentalmente, questo vale per ogni discepolo. In modo speciale, tuttavia, vale per quanti, nella forma caratteristica della vita consacrata, sono chiamati a seguire Cristo «piú da vicino», e a fare di Lui il «tutto» della loro esistenza. Nella loro chiamata è quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione ; anzi, la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo che è all'origine di ogni vocazione e di ogni carisma, diventa missione, come lo è stata tutta la vita di Gesú. La professione dei consigli evangelici, che rende la persona totalmente libera per la causa del Vangelo, rivela anche da questo punto di vista la sua rilevanza. Si deve dunque affermare che la missione è essenziale per ogni Istituto, non solo in quelli di vita apostolica attiva, ma anche in quelli di vita contemplativa.
La missione, infatti, prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida, questo il compito primario della vita consacrata! Piú ci si lascia conformare a Cristo, piú lo si rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona consacrata è «in missione» in virtú della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio Istituto. Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali, è ovvio che testimonianza di vita ed opere di apostolato e di promozione umana sono ugualmente necessarie: entrambe raffigurano Cristo, che è insieme il consacrato alla gloria del Padre e l'inviato al mondo per la salvezza dei fratelli e delle sorelle. a vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà perciò tanto piú apostolica quanto piú intima ne sarà la dedizione al Signore Gesú, piú fraterna la forma comunitaria di esistenza, piú ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto.
A servizio di Dio e dell'uomo
73. La vita consacrata ha il compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini, come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall'attenta lettura dei segni dell'azione provvidente di Dio nella storia. E progetto di un'umanità salvata e riconciliata (cfr. Col 2, 20-22). Per compiere opportunamente questo servizio, le persone consacrate devono avere una profonda esperienza di Dio e prendere coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso teologico profondo mediante il discernimento operato con l'aiuto dello Spirito. In realtà, negli avvenimenti storici si cela spesso l'appello di Dio a operare secondo i suoi piani con un inserimento attivo e fecondo nelle vicende del nostro tempo. l discernimento dei segni dei tempi, come afferma il Concilio, deve essere condotto alla luce del Vangelo, perché si «possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto». E necessario, pertanto, aprire l'animo agli interiori suggerimenti dello Spirito che invita a cogliere in profondità i disegni della Provvidenza. Egli chiama la vita consacrata ad elaborare nuove risposte per i nuovi problemi del mondo di oggi. Sono sollecitazioni divine, che solo anime abituate a cercare in tutto la volontà di Dio sanno raccogliere fedelmente e poi tradurre coraggiosamente in scelte coerenti sia col carisma originario che con le esigenze della situazione storica concreta. Di fronte ai numerosi problemi ed urgenze che sembrano talvolta compromettere e persino travolgere la vita consacrata, i chiamati non possono non avvertire l'impegno di portare nel cuore e nella preghiera le molte necessità del mondo intero, operando al tempo stesso alacremente nei campi attinenti al carisma di fondazione. La loro dedizione dovrà essere, ovviamente, guidata dal discernimento soprannaturale, che sa distinguere ciò che viene dallo Spirito da ciò che gli è contrario (cfr. Gal 5, 16-17. 22; 1 Gv 4, 6). Esso, mediante la fedeltà alla Regola e alle Costituzioni, conserva la piena comunione con la Chiesa. n questo modo la vita consacrata non si limiterà a leggere i segni dei tempi, ma contribuirà anche ad elaborare ed attuare nuovi progetti di evangelizzazione per le odierne situazioni. Tutto questo nella certezza di fede che lo Spirito sa dare anche alle domande piú difficili le risposte appropriate. Sarà bene, a tal proposito, riscoprire quanto hanno sempre insegnato i grandi protagonisti dell'azione apostolica: occorre confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui e, al tempo stesso, impegnarsi generosamente come se tutto dipendesse da noi.
Collaborazione ecclesiale e spiritualità apostolica
74. Tutto dev'esser fatto in comunione e in dialogo con le altre componenti ecclesiali. Le sfide della missione sono tali da non poter essere efficacemente affrontate senza la collaborazione, sia nel discernimento che nell'azione, di tutti i membri della Chiesa. Difficilmente i singoli posseggono la risposta risolutiva: questa può invece scaturire dal confronto e dal dialogo. In particolare, la comunione operativa tra i vari carismi non mancherà di assicurare, oltre che un arricchimento reciproco, una piú incisiva efficacia nella missione. L'esperienza di questi anni conferma ampiamente che «il dialogo è il nuovo nome della carità», specie di quella ecclesiale; esso aiuta a vedere i problemi nelle loro reali dimensioni e consente di affrontarli con migliori speranze di successo. La vita consacrata, per il fatto stesso di coltivare il valore della vita fraterna, si propone come esperienza privilegiata di dialogo. Essa pertanto può contribuire a creare un clima di accettazione reciproca, nel quale i vari soggetti ecclesiali, sentendosi valorizzati per quello che sono, convergono in modo piú convinto nella comunione ecclesiale, tesa alla grande missione universale. Gli Istituti impegnati nell'una o nell'altra forma di servizio apostolico devono infine coltivare una solida spiritualità dell'azione, vedendo Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Infatti «bisogna sapere che come la vita ben ordinata tende a passare dalla vita attiva a quella contemplativa, cosí per lo piú l'animo ritorna utilmente dalla vita contemplativa a quella attiva, per conservare in modo piú perfetto la vita attiva per quello che la vita contemplativa ha acceso nella mente. La vita attiva deve, quindi, trasferirci nella contemplativa e qualche volta, da ciò che vediamo interiormente, la contemplazione deve richiamarci meglio all'azione». Gesú stesso ci ha dato l'esempio perfetto di come si possa unire la comunione col Padre con una vita intensamente attiva. Senza la costante tensione a questa unità, il pericolo del collasso interiore, del disorientamento, dello scoraggiamento è continuamente in agguato. La stretta unione tra contemplazione e azione permetterà, oggi come ieri, di affrontare le missioni piú difficili.
I. L'AMORE SINO ALLA FINE
Amare col cuore di Cristo
75. «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si alzò da tavola [...] e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto» (Gv 13, 1-2. 4-5). Nella lavanda dei piedi Gesú rivela la profondità dell'amore di Dio per l'uomo: in Lui Dio stesso si mette a servizio degli uomini! Egli rivela, al tempo stesso, il senso della vita cristiana e, a maggior ragione, della vita consacrata, che è vita d'amore oblativo, di concreto e generoso servizio. Ponendosi alla sequela del Figlio dell'uomo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20, 28), la vita consacrata, almeno nei periodi migliori della sua lunga storia, s'è caratterizzata per questo «lavare i piedi», ossia per il servizio specialmente ai piú poveri e ai piú bisognosi. Se, da una parte, essa contempla il mistero sublime del Verbo nel seno del Padre (cfr. Gv 1, 1), dall'altra segue lo stesso Verbo che si fa carne (cfr. Gv 1, 14), si abbassa, si umilia per servire gli uomini. Le persone che seguono Cristo nella via dei consigli evangelici anche oggi intendono andare dove è andato Cristo e fare ciò che Egli ha fatto. Continuamente Egli chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr. Rm 5, 5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli cosí a servire gli altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A Pietro, che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama: «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17, 4), è rivolto l'invito a tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio: «Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore». Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell'apostolo l'impegno per l'uomo; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la deturpa. La ricerca della divina bellezza spinge le persone consacrate a prendersi cura dell'immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna. La vita consacrata mostra cosí, con l'eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo dell'amore gratuito ed operoso. Ne era ben convinto S. Vincenzo de Paoli quando indicava alle Figlie della Carità questo programma di vita: «Lo spirito della Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore e servirlo nella persona dei poveri materialmente e spiritualmente, nelle loro case e altrove, per istruire le povere giovanette, i bambini, in generale tutti coloro che la divina Provvidenza vi manda». Fra i diversi possibili ambiti della carità, certamente quello che a titolo speciale manifesta al mondo l'amore «sino alla fine» è, oggi, l'annuncio appassionato di Gesú Cristo a coloro che ancora non Lo conoscono, a coloro che L'hanno dimenticato e, in modo preferenziale, ai poveri.
Contributo specifico della vita consacrata all'evangelizzazione
76. Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo. Nell'opera della salvezza, infatti, tutto viene dalla partecipazione all'agape divina. Le persone consacrate rendono visibile, nella loro consacrazione e totale dedizione, la presenza amorevole e salvifica di Cristo, il consacrato del Padre, inviato in missione. Esse, lasciandosi conquistare da Lui (cfr. Fil 3, 12), si dispongono a divenire, in certo modo, un prolungamento della sua umanità. La vita consacrata dice eloquentemente che quanto piú si vive di Cristo, tanto meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della missione, e assumendo i piú grandi rischi.
La prima evangelizzazione: annunciare Cristo alle genti
77. Chi ama Dio, Padre di tutti, non può non amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti fratelli e sorelle. Proprio per questo egli non può restare indifferente di fronte alla constatazione che molti di loro non conoscono la piena manifestazione dell'amore di Dio in Cristo. Nasce di qui, in obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio missionario ad gentes, che ogni cristiano consapevole condivide con la Chiesa, per sua natura missionaria. E slancio avvertito soprattutto dai membri degli Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva. Le persone consacrate, infatti, hanno il compito di rendere presente anche tra i non cristiani il Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario. Restando dinamicamente fedeli al loro carisma, esse, in virtú della piú intima consacrazione a Dio, non possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione con l'attività missionaria della Chiesa. Il desiderio tante volte espresso da Teresa di Lisieux, «amarti e farti amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che molti, «studiando le scienze, meditassero sul conto che Dio nostro Signore chiederà di loro stessi e del talento loro concesso, si smuoverebbero, ricorrendo a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e sentire dentro le proprie anime la volontà divina e cosí, uniformandosi ad essa piú che non alle proprie inclinazioni, direbbero: 'Signore, sono qui, che vuoi che io faccia? Mandami dove vuoi'», ed altre simili testimonianze di innumerevoli anime sante, manifestano l'insopprimibile tensione missionaria, che distingue e qualifica la vita consacrata.
Presenti in ogni angolo della terra
78. «L'amore del Cristo ci spinge» (2 Cor 5, 14): i membri di ogni Istituto dovrebbero poterlo ripetere con l'Apostolo, perché compito della vita consacrata è di lavorare in ogni parte della terra per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche nelle regioni piú lontane. Di fatto, la storia missionaria testimonia il grande contributo da essi dato all'evangelizzazione dei popoli: dalle antiche Famiglie monastiche fino alle piú recenti Fondazioni impegnate in maniera esclusiva nella missione ad gentes, dagli Istituti di vita attiva a quelli dediti alla contemplazione, innumerevoli persone hanno speso le loro energie in questa «attività primaria della Chiesa, essenziale e mai conclusa», perché rivolta alla moltitudine crescente di coloro che non conoscono Cristo. Anche oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: l'annuncio del Vangelo di Cristo attende da loro il massimo contributo possibile. Anche gli Istituti che sorgono o operano nelle giovani Chiese sono invitati ad aprirsi alla missione fra i non cristiani, all'interno e fuori della loro patria. Nonostante le comprensibili difficoltà che alcuni di essi possono attraversare, è bene ricordare a tutti che come «la fede si rafforza donandola», cosí la missione rafforza la vita consacrata, le dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni, sollecita la sua fedeltà. Da parte sua, l'attività missionaria offre larghi spazi per accogliere le svariate forme di vita consacrata. La missione ad gentes presenta speciali e straordinarie opportunità alle donne consacrate, ai religiosi fratelli e ai membri di Istituti secolari per un inserimento in un'azione apostolica particolarmente incisiva. Questi ultimi, poi, con la loro presenza nei vari ambiti tipici della vocazione laicale, possono svolgere un'opera preziosa di evangelizzazione degli ambienti, delle strutture e delle stesse leggi che regolano la convivenza. Inoltre, essi possono testimoniare i valori evangelici a fianco di persone che non hanno ancora conoscenza di Gesú, dando cosí uno specifico contributo alla missione. E da sottolineare che, nei paesi dove sono radicate religioni non cristiane, la presenza della vita consacrata, tanto con attività educative, caritative e culturali, quanto con il segno della vita contemplativa, assume enorme importanza. Per questo è particolarmente da incoraggiare la fondazione nelle nuove Chiese di comunità dedite alla contemplazione, dato che «la vita contemplativa interessa la presenza della Chiesa nella forma piú piena». E, poi, necessario promuovere con mezzi adeguati un'equa distribuzione della vita consacrata nelle varie forme per suscitare un nuovo impulso evangelizzatore, sia con l'invio di missionari e missionarie, sia con il doveroso aiuto degli Istituti di vita consacrata alle diocesi piú povere.
Annuncio di Cristo e inculturazione
79. L'annuncio di Cristo «ha la priorità permanente nella missione della Chiesa» e mira alla conversione, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo ed al suo Vangelo. Nel quadro dell'attività missionaria rientrano anche il processo di inculturazione e il dialogo interreligioso. La sfida dell'inculturazione va accolta dalle persone consacrate come appello a una feconda collaborazione con la grazia nell'approccio con le diverse culture. Ciò suppone seria preparazione personale, mature doti di discernimento, fedele adesione agli indispensabili criteri di ortodossia dottrinale, di autenticità e di comunione ecclesiale. Col sostegno del carisma dei fondatori e delle fondatrici, molte persone consacrate hanno saputo avvicinarsi alle diverse culture nell'atteggiamento di Gesú che «spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7) e, con un paziente ed audace sforzo di dialogo, hanno stabilito contatti proficui con le genti piú varie, a tutte annunciando la via della salvezza. Anche oggi quante di loro sanno cercare e trovare, nella storia delle singole persone e di interi popoli, tracce della presenza di Dio, che guida tutta l'umanità verso il discernimento dei segni della sua volontà redentrice. Tale ricerca si rivela vantaggiosa per le stesse persone consacrate: i valori scoperti nelle diverse civiltà possono spingerli, infatti, ad accrescere il proprio impegno di contemplazione e di preghiera, a praticare piú intensamente la condivisione comunitaria e l'ospitalità, a coltivare con maggiore diligenza l'attenzione alla persona ed il rispetto per la natura. Per un'autentica inculturazione sono necessari atteggiamenti simili a quelli del Signore, quando si è incarnato ed è venuto, con amore e umiltà, in mezzo a noi. In questo senso la vita consacrata rende le persone particolarmente adatte ad affrontare il complesso travaglio dell'inculturazione, perché le abitua al distacco dalle cose e persino da tanti aspetti della propria cultura. Applicandosi con questi atteggiamenti allo studio e alla comprensione delle culture, i consacrati possono meglio discernere in esse gli autentici valori e il modo in cui accoglierli e perfezionarli con l'aiuto del proprio carisma. Non si deve comunque dimenticare che, in molte antiche culture, l'espressione religiosa è cosí profondamente integrata, che la religione rappresenta spesso la dimensione trascendente della cultura stessa. In questo caso una vera inculturazione comporta necessariamente un serio e aperto dialogo interreligioso, «che non è in contrapposizione con la missione ad gentes e che non dispensa dall'evangelizzazione».
L'inculturazione della vita consacrata
80. Da parte sua la vita consacrata, di per sé portatrice di valori evangelici, là dove è vissuta con autenticità può offrire un contributo originale alle sfide dell'inculturazione. Essendo infatti un segno del primato di Dio e del Regno, essa diventa una provocazione che, nel dialogo, può scuotere la coscienza degli uomini. Se la vita consacrata mantiene la forza profetica che le è propria, diventa all'interno di una cultura fermento evangelico capace di purificarla e farla evolvere. E quanto dimostra la storia di numerosi santi e sante, che in epoche diverse hanno saputo immergersi nel loro tempo senza farsene sommergere, ma additando alla loro generazione nuovi cammini. Lo stile di vita evangelico è una fonte importante per la proposta di un nuovo modello culturale. Quanti fondatori e fondatrici, cogliendo alcune esigenze del loro tempo, pur con tutti i limiti da essi stessi riconosciuti, hanno dato loro una risposta che è diventata proposta culturale innovativa! Le comunità degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica possono, infatti, offrire concrete e significative proposte culturali, quando testimoniano il modo evangelico di vivere l'accoglienza reciproca nella diversità e di esercitare l'autorità, la condivisione dei beni sia materiali che spirituali, l'internazionalità, la collaborazione inter-congregazionale, l'ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il modo di pensare e di agire di chi segue Cristo piú da vicino, infatti, dà origine ad una vera e propria cultura di riferimento, serve a mettere in luce ciò che è disumano, testimonia che Dio solo dà ai valori forza e compimento. Un'autentica inculturazione aiuterà, a sua volta, le persone consacrate a vivere il radicalismo evangelico secondo il carisma del proprio Istituto e il genio del popolo col quale entrano in contatto. Da questo fecondo rapporto scaturiranno stili di vita e metodi pastorali che potranno rivelarsi un'autentica ricchezza per tutto l'Istituto, se risulteranno coerenti con il carisma di fondazione e con l'azione unificante dello Spirito Santo. In questo processo, fatto di discernimento e di audacia, di dialogo e di provocazione evangelica, una garanzia di retto cammino è offerta dalla Santa Sede, alla quale spetta incoraggiare l'evangelizzazione delle culture nonché autenticarne gli sviluppi e di sancirne gli esiti in ordine all'inculturazione: compito, questo, «difficile e delicato poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al Vangelo e alla tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle culture».
La nuova evangelizzazione
81. Per affrontare adeguatamente le grandi sfide che alla nuova evangelizzazione pone la storia attuale, è necessaria innanzitutto una vita consacrata che si lasci continuamente interpellare dalla Parola rivelata e dai segni dei tempi. Il ricordo delle grandi evangelizzatrici e dei grandi evangelizzatori, che furono prima grandi evangelizzati, rivela che per affrontare il mondo di oggi occorrono persone amorosamente dedite al Signore e al suo Vangelo. «Le persone consacrate, per la loro vocazione specifica, sono chiamate a far emergere l'unità tra autoevangelizzazione e testimonianza, tra rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra essere e agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo elemento del binomio». a nuova evangelizzazione, come quella di sempre, sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto nell'intimità con il Signore. Per essa sono richieste solide personalità, animate dal fervore dei santi. La nuova evangelizzazione esige da consacrati e consacrate piena consapevolezza del senso teologico delle sfide del nostro tempo. Queste sfide vanno esaminate con attento e corale discernimento, in vista del rinnovamento della missione. Il coraggio dell'annuncio del Signore Gesú deve accompagnarsi con la fiducia nell'azione della Provvidenza, che opera nel mondo e che «dispone tutto, anche le umane avversità, per il maggior bene della Chiesa». Elementi importanti per un proficuo inserimento degli Istituti nel processo della nuova evangelizzazione sono la fedeltà al carisma di fondazione, la comunione con quanti nella Chiesa sono impegnati nella stessa impresa, specialmente con i Pastori, e la cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà. Ciò esige un serio discernimento degli appelli che lo Spirito rivolge ad ogni Istituto, sia in quelle regioni ove non si prevedono immediatamente grandi progressi, sia nelle altre regioni ove si preannuncia una consolante rinascita. In ogni luogo e situazione, le persone consacrate siano annunciatrici ardenti del Signore Gesú, pronte a rispondere con sapienza evangelica alle domande poste oggi dall'inquietudine del cuore umano e dalle sue urgenti necessità.
La predilezione per i poveri e la promozione della giustizia
82. Agli inizi del suo ministero, nella sinagoga di Nazaret, Gesú proclama che lo Spirito lo ha consacrato per portare ai poveri un lieto messaggio, per annunciare ai prigionieri la liberazione, restituire ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore (cfr. Lc 4, 16-19). La Chiesa, assumendo come propria la missione del Signore, annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna, facendosi carico della loro salvezza integrale. Ma con un'attenzione speciale, una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si trovano in situazione di maggiore debolezza, e pertanto di piú grave bisogno. «Poveri», nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come «ultimi» nella società. L'opzione per i poveri è insita nella dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore piú da vicino, imitando i suoi atteggiamenti, non possono non sentirsene coinvolti in modo tutto particolare. La sincerità della loro risposta all'amore di Cristo li conduce a vivere da poveri e ad abbracciare la causa dei poveri. Ciò comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l'adozione di uno stile di vita, sia personale che comunitario, umile ed austero. Forti di questa testimonianza vissuta, le persone consacrate potranno, nei modi consoni alla loro scelta di vita e rimanendo libere nei confronti delle ideologie politiche, denunciare le ingiustizie che vengono compiute verso tanti figli e figlie di Dio, ed impegnarsi per la promozione della giustizia nell'ambiente sociale in cui operano. In questo modo, anche nelle attuali situazioni, si rinnoverà, attraverso la testimonianza di innumerevoli persone consacrate, la dedizione che fu propria di fondatori e fondatrici che spesero la loro vita per servire il Signore presente nei poveri. Infatti Cristo «si trova sulla terra nella persona dei suoi poveri [...]. Come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre eppure quaggiú tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo». l Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà al Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può considerare una esegesi vivente della parola di Gesú: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piú piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). Molti Istituti, specie in età moderna, sono nati proprio per venire incontro all'una o all'altra necessità dei poveri. Ma anche quando tale finalità non è stata determinante, l'attenzione e la premura per i bisognosi, espressa attraverso la preghiera, l'accoglienza, l'ospitalità, si sono sempre accompagnate con naturalezza alle varie forme di vita consacrata, anche di quella contemplativa. E come potrebbe essere diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri? La storia della vita consacrata è ricca, in questo senso, di esempi meravigliosi e talvolta geniali. San Paolino di Nola, dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri per consacrarsi pienamente a Dio, innalzò le celle del suo monastero sopra un ospizio destinato appunto agli indigenti. Egli gioiva al pensiero di questo singolare «scambio di doni»: i poveri, da lui assistiti, rinsaldavano con la loro preghiera le «fondamenta» stesse della sua casa, tutta dedita alla lode di Dio. S. Vincenzo de' Paoli, da parte sua, amava dire che, quando si è costretti a lasciare la preghiera per assistere un povero in necessità, in realtà non la si interrompe, perché «si lascia Dio per Dio». Servire i poveri è atto di evangelizzazione e, nello stesso tempo, sigillo di evangelicità e stimolo di conversione permanente per la vita consacrata, poiché - come dice san Gregorio Magno - «quando la carità si abbassa amorosamente a provvedere anche agli infimi bisogni del prossimo, allora divampa verso le piú alte vette. E quando benignamente si piega alle estreme necessità, allora vigorosamente riprende il volo verso le altezze».
La cura degli ammalati
83. Seguendo una gloriosa tradizione, un gran numero di persone consacrate, soprattutto donne, esercitano il loro apostolato negli ambienti sanitari, secondo il carisma del proprio Istituto. Molte, lungo i secoli, sono state le persone consacrate che hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle vittime di malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita consacrata. La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante persone consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti, contribuiscono in maniera significativa alla sua missione. Esse continuano il ministero di misericordia di Cristo, che «passò beneficando e sanando tutti» (At 10, 38). Sulle orme di Lui, divino Samaritano, medico delle anime e dei corpi, e sull'esempio dei rispettivi fondatori e fondatrici, le persone consacrate, che a ciò sono orientate dal carisma del loro Istituto, perseverino nella loro testimonianza d'amore verso i malati, dedicandosi a loro con profonda comprensione e partecipazione. Privilegino nelle loro scelte gli ammalati piú poveri e abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malati terminali, le vittime della droga e delle nuove malattie contagiose. Favoriscano nei malati l'offerta del proprio soffrire in comunione con Cristo crocifisso e glorificato per la salvezza di tutti, anzi alimentino in loro la coscienza di essere, con la preghiera e la testimonianza della parola e della condotta, soggetti attivi di pastorale attraverso il peculiare carisma della croce. a Chiesa, inoltre, ricorda ai consacrati e alle consacrate che fa parte della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione dei valori evangelici, il modo di vivere, soffrire e morire degli uomini del nostro tempo. E loro impegno dedicarsi all'umanizzazione della medicina e all'approfondimento della bioetica, a servizio del Vangelo della vita. Promuovano perciò innanzitutto il rispetto della persona e della vita umana dal concepimento al termine naturale, in piena conformità con l'insegnamento morale della Chiesa, istituendo per questo anche centri di formazione e collaborando fraternamente con gli organismi ecclesiali della pastorale sanitaria.
II. UNA TESTIMONIANZA PROFETICA DI FRONTE ALLE GRANDI SFIDE
Il profetismo della vita consacrata
84. Il carattere profetico della vita consacrata è stato messo in forte risalto dai Padri sinodali. Esso si configura come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo, comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio. E un profetismo inerente alla vita consacrata come tale, per il radicalismo della sequela di Cristo e della conseguente dedizione alla missione che la caratterizza. La funzione di segno, che il Concilio Vaticano II riconosce alla vita consacrata, si esprime nella testimonianza profetica del primato che Dio ed i valori del Vangelo hanno nella vita cristiana. In forza di tale primato nulla può essere anteposto all'amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. a tradizione patristica ha visto un modello della vita religiosa monastica in Elia, profeta audace e amico di Dio. Viveva alla sua presenza e contemplava nel silenzio il suo passaggio, intercedeva per il popolo e proclamava con coraggio la sua volontà, difendeva i diritti di Dio e si ergeva a difesa dei poveri contro i potenti del mondo (cfr. 1 Re 18-19). Nella storia della Chiesa, accanto ad altri cristiani, non sono mancati uomini e donne consacrati a Dio che, per un particolare dono dello Spirito, hanno esercitato un autentico ministero profetico, parlando nel nome di Dio a tutti ed anche ai Pastori della Chiesa. La vera profezia nasce da Dio, dall'amicizia con Lui, dall'ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia. Il profeta sente ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel dialogo della preghiera la parola, la proclama con la vita, con le labbra e con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male ed il peccato. La testimonianza profetica richiede la costante e appassionata ricerca della volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione ecclesiale, l'esercizio del discernimento spirituale, l'amore per la verità. Essa si esprime anche con la denuncia di quanto è contrario al volere divino e con l'esplorazione di vie nuove per attuare il Vangelo nella storia, in vista del Regno di Dio.
Sua rilevanza per il mondo contemporaneo
85. Nel nostro mondo, dove sembrano spesso smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte testimonianza profetica da parte delle persone consacrate. Essa verterà innanzitutto sull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri , quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle. La stessa vita fraterna è profezia in atto nel contesto di una società che, talvolta senza rendersene conto, ha un profondo anelito ad una fraternità senza frontiere. Alle persone consacrate è chiesto di offrire la loro testimonianza con la franchezza del profeta, che non teme di rischiare anche la vita. Un'intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza fra l'annuncio e la vita. Le persone consacrate saranno fedeli alla loro missione nella Chiesa e nel mondo, se saranno capaci di rivedere continuamente se stesse alla luce della Parola di Dio. In tal modo potranno arricchire gli altri fedeli dei beni carismatici ricevuti, lasciandosi a loro volta interpellare dalle provocazioni profetiche provenienti dalle altre componenti ecclesiali. In questo scambio di doni, garantito dalla piena sintonia col Magistero e la disciplina della Chiesa, risplenderà l'azione dello Spirito che «la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici».
Una fedeltà fino al martirio
86. In questo secolo, come in altre epoche della storia, uomini e donne consacrati hanno reso testimonianza a Cristo Signore con il dono della propria vita. Sono migliaia coloro che, costretti alle catacombe dalla persecuzione di regimi totalitari o di gruppi violenti, osteggiati nell'attività missionaria, nell'azione a favore dei poveri, nell'assistenza agli ammalati ed agli emarginati, hanno vissuto e vivono la loro consacrazione nella sofferenza prolungata ed eroica, e spesso con l'effusione del proprio sangue, pienamente configurati al Signore crocifisso. Di alcuni di essi la Chiesa ha già riconosciuto ufficialmente la santità onorandoli come martiri di Cristo. Essi ci illuminano con il loro esempio, intercedono per la nostra fedeltà, ci attendono nella gloria. E vivo il desiderio che la memoria di tanti testimoni della fede rimanga nella coscienza della Chiesa come incitamento alla celebrazione e all'imitazione. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica contribuiscano a quest'opera raccogliendo i nomi e le testimonianze di tutte le persone consacrate, che possono essere iscritte nel Martirologio del ventesimo secolo.
Le grandi sfide della vita consacrata
87. Il compito profetico della vita consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte alla stessa Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme nuove, e forse piú radicali, dalla società contemporanea, almeno in alcune parti del mondo. Esse toccano direttamente i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, stimolando la Chiesa e, in particolare, le persone consacrate a metterne in luce e a testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta di questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di valori autenticamente umani, si propone piuttosto come una loro trasfigurazione. I consigli evangelici non vanno considerati come una negazione dei valori inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio di disporre di beni materiali e di decidere autonomamente di sé. Queste inclinazioni, in quanto fondate nella natura, sono in se stesse buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è dal peccato originale, è esposta al rischio di tradurle in atto in modo trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza diventa monito a non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato originale e, pur affermando il valore dei beni creati, li relativizza additando Dio come il bene assoluto. Cosí coloro che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per se stessi, propongono, per cosí dire, una «terapia spirituale» per l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in qualche modo visibile il Dio vivente. La vita consacrata, specie nei tempi difficili, è una benedizione per la vita umana e per la stessa vita ecclesiale.
La sfida della castità consacrata
88. La prima provocazione è quella di una cultura edonistica che svincola la sessualità da ogni norma morale oggettiva, riducendola spesso a gioco e a consumo, e indulgendo con la complicità dei mezzi di comunicazione sociale a una sorta di idolatria dell'istinto. Le conseguenze di ciò sono sotto gli occhi di tutti: prevaricazioni di ogni genere, a cui s'accompagnano innumerevoli sofferenze psichiche e morali per gli individui e le famiglie. La risposta della vita consacrata sta innanzitutto nella pratica gioiosa della castità perfetta, quale testimonianza della potenza dell'amore di Dio nella fragilità della condizione umana. La persona consacrata attesta che quanto è creduto impossibile dai piú diventa, con la grazia del Signore Gesú, possibile e autenticamente liberante. Sí, in Cristo è possibile amare Dio con tutto il cuore, ponendolo al di sopra di ogni altro amore, ed amare cosí, con la libertà di Dio, ogni creatura! E questa una testimonianza oggi piú che mai necessaria, proprio perché cosí poco compresa dal nostro mondo. Essa è offerta ad ogni persona - ai giovani, ai fidanzati, ai coniugi, alle famiglie cristiane - per mostrare che la forza dell'amore di Dio può operare grandi cose proprio dentro le vicende dell'amore umano. E una testimonianza che va incontro anche a un crescente bisogno di limpidezza interiore nei rapporti umani. E necessario che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità vissuta da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, maturità psicologica ed affettiva. Grazie a questa testimonianza, viene offerto all'amore umano un sicuro punto di riferimento, che la persona consacrata attinge dalla contemplazione dell'amore trinitario, rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero, essa si sente capace di un amore radicale e universale, che le dà la forza della padronanza di sé e della disciplina necessarie per non cadere nella schiavitú dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare cosí come esperienza di gioia e di libertà. Illuminata dalla fede nel Signore risorto e dall'attesa dei cieli nuovi e della terra nuova (cfr. Ap 21, 1), essa offre preziosi stimoli anche per l'educazione alla castità doverosa in altri stati di vita.
La sfida della povertà
89. Altra provocazione è, oggi, quella di un materialismo avido di possesso, disattento verso le esigenze e le sofferenze dei piú deboli e privo di ogni considerazione per lo stesso equilibrio delle risorse naturali. La risposta della vita consacrata sta nella professione della povertà evangelica, vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da un attivo impegno nella promozione della solidarietà e della carità. Quanti Istituti si dedicano all'educazione, all'istruzione e alla formazione professionale, mettendo in grado giovani e non piú giovani di diventare protagonisti del loro futuro! Quante persone consacrate si spendono senza risparmio di energie per gli ultimi della terra! Quante di esse si adoperano a formare futuri educatori e responsabili della vita sociale, in modo che si impegnino ad eliminare le strutture oppressive e a promuovere progetti di solidarietà a vantaggio dei poveri! Esse lottano per sconfiggere la fame e le sue cause, animano le attività del volontariato e le organizzazioni umanitarie, sensibilizzano organismi pubblici e privati per favorire un'equa distribuzione degli aiuti internazionali. Le nazioni devono veramente molto a questi intraprendenti operatori e operatrici di carità, che con la loro instancabile generosità hanno dato e danno un sensibile contributo per l'umanizzazione del mondo.
La povertà evangelica a servizio dei poveri
90. In realtà, prima ancora di essere un servizio per i poveri, la povertà evangelica è un valore in se stessa, in quanto richiama la prima delle Beatitudini nell'imitazione di Cristo povero. Il suo primo senso, infatti, è testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per questo essa contesta con forza l'idolatria di mammona, proponendosi come appello profetico nei confronti di una società che, in tante parti del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e il significato stesso delle cose. Per questo, oggi piú che in altre epoche, il suo richiamo trova attenzione anche tra coloro che, consci della limitatezza delle risorse del pianeta, invocano il rispetto e la salvaguardia del creato mediante la riduzione dei consumi, la sobrietà, l'imposizione di un doveroso freno ai propri desideri. Alle persone consacrate è chiesta dunque una rinnovata e vigorosa testimonianza evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di vita fraterna ispirata a criteri di semplicità e di ospitalità, anche come esempio per quanti rimangono indifferenti di fronte alle necessità del prossimo. Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente all'amore preferenziale per i poveri e si manifesterà in modo speciale nella condivisione delle condizioni di vita dei piú diseredati. Non sono poche le comunità che vivono e operano tra i poveri e gli emarginati, ne abbracciano la condizione e ne condividono le sofferenze, i problemi e i pericoli. Grandi pagine di storia di solidarietà evangelica e di dedizione eroica sono state scritte da persone consacrate, in questi anni di profondi cambiamenti e di grandi ingiustizie, di speranze e di delusioni, di importanti conquiste e di amare sconfitte. E pagine non meno significative sono state e sono tuttora scritte da altre innumerevoli persone consacrate, le quali vivono in pienezza la loro vita «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3, 3) per la salvezza del mondo, all'insegna della gratuità, dell'investimento della propria vita in cause poco riconosciute e meno ancora applaudite. Attraverso queste forme diverse e complementari, la vita consacrata partecipa all'estrema povertà abbracciata dal Signore e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua incarnazione e della sua morte redentrice.
La sfida della libertà nell'obbedienza
91. La terza provocazione proviene da quelle concezioni della libertà che sottraggono questa fondamentale prerogativa umana al suo costitutivo rapporto con la verità e con la norma morale. In realtà, la cultura della libertà è un autentico valore, intimamente connesso col rispetto della persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi conseguenze di ingiustizia e persino di violenza porta, nella vita dei singoli e dei popoli, l'uso distorto della libertà? Una risposta efficace a tale situazione è l'obbedienza che caratterizza la vita consacrata. Essa ripropone in modo particolarmente vivo l'obbedienza di Cristo al Padre e, proprio partendo dal suo mistero, testimonia che non c'è contraddizione tra obbedienza e libertà. In effetti, l'atteggiamento del Figlio svela il mistero della libertà umana come cammino d'obbedienza alla volontà del Padre e il mistero dell'obbedienza come cammino di progressiva conquista della vera libertà. E proprio questo mistero che la persona consacrata vuole esprimere con questo preciso voto. Con esso intende attestare la consapevolezza di un rapporto di figliolanza, in forza del quale desidera assumere la volontà paterna come cibo quotidiano (cfr. Gv 4, 34), come sua roccia, sua letizia, suo scudo e baluardo (cfr. Sal 18 [17], 3). Dimostra cosí di crescere nella piena verità di se stessa rimanendo collegata con la fonte della sua esistenza ed offrendo perciò il messaggio consolantissimo: «Grande pace per chi ama la tua legge nel suo cammino non trova inciampo» (Sal 119 [118], 165).
Compiere insieme la volontà del Padre
92. Questa testimonianza delle persone consacrate assume nella vita religiosa particolare significato anche per la dimensione comunitaria che la caratterizza. La vita fraterna è il luogo privilegiato per discernere e accogliere il volere di Dio e camminare insieme in unione di mente e di cuore. L'obbedienza, vivificata dalla carità, unifica i membri di un Istituto nella medesima testimonianza e nella medesima missione, pur nella diversità dei doni e nel rispetto delle singole individualità. Nella fraternità, animata dallo Spirito, ciascuno intrattiene con l'altro un prezioso dialogo per scoprire la volontà del Padre, e tutti riconoscono in chi presiede l'espressione della paternità di Dio e l'esercizio dell'autorità ricevuta da Dio, a servizio del discernimento e della comunione. a vita di comunità poi è, in modo particolare, il segno, di fronte alla Chiesa e alla società, del legame che viene dalla medesima chiamata e dalla volontà comune di obbedire ad essa, al di là di ogni diversità di razza e d'origine, di lingua e di cultura. Contro lo spirito di discordia e di divisione, autorità e obbedienza risplendono come un segno di quell'unica paternità che viene da Dio, della fraternità nata dallo Spirito, della libertà interiore di chi si fida di Dio nonostante i limiti umani di quanti Lo rappresentano. Attraverso questa obbedienza, assunta da alcuni come regola di vita, viene sperimentata ed annunciata a vantaggio di tutti la beatitudine promessa da Gesú a «coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 28). Inoltre, chi obbedisce ha la garanzia di essere davvero in missione, alla sequela del Signore e non alla rincorsa dei propri desideri o delle proprie aspettative. E cosí è possibile sapersi condotti dallo Spirito del Signore e sostenuti, anche in mezzo a grandi difficoltà, dalla sua mano sicura (cfr. At 20, 22 s.).
Un deciso impegno di vita spirituale
93. Una delle preoccupazioni piú volte manifestate nel Sinodo è stata quella di una vita consacrata che si alimenti alle sorgenti di una spiritualità solida e profonda. Si tratta, in effetti, di un'esigenza prioritaria, inscritta nell'essenza stessa della vita consacrata, dal momento che, come ogni altro battezzato, ed anzi con motivi anche piú stringenti, chi professa i consigli evangelici è tenuto a tendere con tutte le sue forze verso la perfezione della carità. E un impegno fortemente richiamato dagli innumerevoli esempi di santi fondatori e fondatrici e di tante persone consacrate, che hanno testimoniato la fedeltà a Cristo fino al martirio. Tendere alla santità: ecco in sintesi il programma di ogni vita consacrata, anche nella prospettiva del suo rinnovamento alle soglie del terzo millennio. Il punto di avvio del programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr. Mt 4, 18-22; 19, 21. 27; Lc 5, 11) preferendo Lui ad ogni cosa, per poter partecipare pienamente al Suo mistero pasquale. Lo aveva ben capito san Paolo che esclamava: «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesú [...]. E questo perché io possa conoscere Lui, la potenza della Sua risurrezione» (Fil 3, 8. 10). E la via segnata fin dall'inizio dagli Apostoli, come ricorda la tradizione cristiana in Oriente e in Occidente: «Coloro che attualmente seguono Gesú abbandonando tutto per Lui, rievocano gli Apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciano a tutto il resto. Perciò tradizionalmente si è soliti parlare della vita religiosa come di apostolica vivendi forma». La stessa tradizione ha anche messo in evidenza, nella vita consacrata, la dimensione della peculiare alleanza con Dio, anzi dell'alleanza sponsale con Cristo, di cui san Paolo fu maestro col suo esempio (cfr. 1 Cor 7, 7) e col suo insegnamento, proposto sotto la guida dello Spirito (cfr. 1 Cor 7, 40). Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena comunione di amore e di servizio nella Chiesa. Tutti questi elementi, calati nelle varie forme di vita consacrata, generano una peculiare spiritualità, cioè un progetto concreto di rapporto con Dio e con l'ambiente, caratterizzato da particolari accenti spirituali e scelte operative, che evidenziano e ripresentano ora l'uno ora l'altro aspetto dell'unico mistero di Cristo. Quando la Chiesa riconosce una forma di vita consacrata o un Istituto, garantisce che nel suo carisma spirituale e apostolico si trovano tutti i requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria. La vita spirituale dev'essere dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in modo che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica. Da questa opzione prioritaria, sviluppata nell'impegno personale e comunitario, dipendono la fecondità apostolica, la generosità nell'amore per i poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni. E proprio la qualità spirituale della vita consacrata che può scuotere le persone del nostro tempo, anch'esse assetate di valori assoluti, trasformandosi cosí in affascinante testimonianza.
In ascolto della Parola di Dio
94. La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante. E per questo che la lectio divina, fin dalla nascita degli Istituti di vita consacrata, in particolar modo nel monachesimo, ha ricevuto la piú alta considerazione. Grazie ad essa, la Parola di Dio viene trasferita nella vita, sulla quale proietta la luce della sapienza che è dono dello Spirito. Benché tutta la Sacra Scrittura sia «utile per insegnare» (2 Tm 3, 16) e «sorgente pura e perenne della vita spirituale», meritano particolare venerazione gli scritti del Nuovo Testamento, soprattutto i Vangeli, che sono «il cuore di tutte le Scritture». Gioverà pertanto alle persone consacrate fare oggetto di assidua meditazione i testi evangelici e gli altri scritti neotestamentari che illustrano le parole e gli esempi di Cristo e della Vergine Maria e la apostolica vivendi forma. Ad essi si sono costantemente riferiti fondatori e fondatrici nell'accoglienza della vocazione e nel discernimento del carisma e della missione del proprio Istituto. Di grande valore è la meditazione comunitaria della Bibbia. Realizzata secondo le possibilità e le circostanze della vita di comunità, essa porta alla gioiosa condivisione delle ricchezze attinte alla Parola di Dio, grazie alle quali fratelli e sorelle crescono insieme e si aiutano a progredire nella vita spirituale. Conviene anzi che tale prassi venga proposta anche agli altri membri del Popolo di Dio, sacerdoti e laici, promovendo nei modi consoni al proprio carisma scuole di preghiera, di spiritualità e di lettura orante della Scrittura, nella quale Dio «parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33, 11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3, 38) per invitarli e ammetterli alla comunione con sé». alla meditazione della Parola di Dio, e in particolare dei misteri di Cristo, nascono, come insegna la tradizione spirituale, l'intensità della contemplazione e l'ardore dell'azione apostolica. Sia nella vita religiosa contemplativa che in quella apostolica sono sempre stati uomini e donne di preghiera a realizzare, quali autentici interpreti ed esecutori della volontà di Dio, opere grandi. Dalla frequentazione della Parola di Dio essi hanno tratto la luce necessaria per quel discernimento individuale e comunitario che li ha aiutati a cercare nei segni dei tempi le vie del Signore. Essi hanno cosí acquisito una sorta di istinto soprannaturale, che ha loro permesso di non conformarsi alla mentalità del secolo, ma di rinnovare la propria mente, «per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).
In comunione con Cristo
95. Mezzo fondamentale per alimentare efficacemente la comunione col Signore è senza dubbio la santa liturgia, in modo speciale la Celebrazione eucaristica e la Liturgia delle Ore. Innanzitutto l'Eucaristia, nella quale «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e Pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita»all'umanità. Cuore della vita ecclesiale, essa lo è anche della vita consacrata. La persona chiamata, nella professione dei consigli evangelici, a scegliere Cristo come unico senso della sua esistenza, come potrebbe non desiderare di instaurare con Lui una comunione sempre piú profonda mediante la partecipazione quotidiana al Sacramento che lo rende presente, al sacrificio che ne attualizza il dono d'amore del Golgota, al convito che alimenta e sostiene il popolo di Dio pellegrinante? L'Eucaristia sta per sua natura al centro della vita consacrata, personale e comunitaria. Essa è viatico quotidiano e fonte della spiritualità del singolo e dell'Istituto. In essa ogni consacrato è chiamato a vivere il mistero pasquale di Cristo, unendosi con Lui nell'offerta della propria vita al Padre mediante lo Spirito. L'adorazione assidua e prolungata di Cristo presente nell'Eucaristia consente in qualche modo di rivivere l'esperienza di Pietro nella Trasfigurazione: «E bello per noi stare qui». E nella celebrazione del mistero del Corpo e del Sangue del Signore si consolida ed incrementa l'unità e la carità di coloro che hanno consacrato a Dio l'esistenza. Accanto all'Eucaristia, e in intimo rapporto con essa, la Liturgia delle Ore, celebrata comunitariamente o personalmente secondo l'indole di ciascun Istituto, in comunione con la preghiera della Chiesa, esprime la vocazione alla lode e all'intercessione, che è propria delle persone consacrate. Alla medesima Eucaristia dice profonda relazione l'impegno di conversione continua e di necessaria purificazione, che le persone consacrate sviluppano nel sacramento della Riconciliazione. Mediante l'incontro frequente con la misericordia di Dio esse purificano e rinnovano il loro cuore e, attraverso l'umile riconoscimento dei peccati, rendono trasparente il proprio rapporto con Lui; la gioiosa esperienza del perdono sacramentale, nel cammino condiviso con i fratelli e le sorelle, rende il cuore docile e stimola l'impegno ad una crescente fedeltà. E di grande sostegno per progredire nel cammino evangelico, specialmente nel periodo di formazione e in certi momenti della vita, il ricorso fiducioso e umile alla direzione spirituale, grazie alla quale la persona è aiutata a rispondere alle mozioni dello Spirito con generosità e ad orientarsi decisamente verso la santità. Esorto, infine, tutte le persone consacrate, secondo le proprie tradizioni, a rinnovare quotidianamente l'unione spirituale con la Vergine Maria, ripercorrendo con lei i misteri del Figlio, particolarmente con la recita del Santo Rosario.
III. ALCUNI AREOPAGHI DELLA MISSIONE
Presenza nel mondo dell'educazione
96. La Chiesa ha sempre percepito che l'educazione è un elemento essenziale della sua missione. Suo Maestro interiore è lo Spirito Santo, il quale penetra le profondità piú inaccessibili del cuore di ogni uomo e conosce il segreto dinamismo della storia. Tutta la Chiesa è animata dallo Spirito e con Lui svolge la sua opera educatrice. All'interno della Chiesa, tuttavia, un compito specifico spetta in questo campo alle persone consacrate, le quali sono chiamate a immettere nell'orizzonte educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno, proposti ad ogni uomo nell'attesa dell'incontro definitivo col Signore della storia. Per la loro speciale consacrazione, per la peculiare esperienza dei doni dello Spirito, per l'assiduo ascolto della Parola e l'esercizio del discernimento, per il ricco patrimonio di tradizioni educative accumulato nel tempo dal proprio Istituto, per la approfondita conoscenza della verità spirituale (cfr. Ef 1, 17), le persone consacrate sono in grado di sviluppare un'azione educativa particolarmente efficace, offrendo uno specifico contributo alle iniziative degli altri educatori ed educatrici. Munite di questo carisma, esse possono dar vita ad ambienti educativi permeati dallo spirito evangelico di libertà e di carità, nei quali i giovani sono aiutati a crescere in umanità sotto la guida dello Spirito. In questo modo la comunità educativa diventa esperienza di comunione e luogo di grazia, dove il progetto pedagogico contribuisce ad unire in sintesi armonica il divino e l'umano, il Vangelo e la cultura, la fede e la vita. La storia della Chiesa, dall'antichità ai nostri giorni, è ricca di ammirevoli esempi di persone consacrate che hanno vissuto e vivono la tensione alla santità mediante l'impegno pedagogico, proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa. Di fatto, molte di esse hanno realizzato la perfezione della carità educando. Questo è uno dei doni piú preziosi che le persone consacrate possono offrire anche oggi alla gioventú, facendola oggetto di un servizio pedagogico ricco di amore, secondo il sapiente avvertimento di san Giovanni Bosco: «I giovani non siano solo amati, ma conoscano anche d'essere amati».
Necessità di rinnovato impegno nel campo educativo
97. Consacrati e consacrate manifestino, con delicato rispetto unito a coraggio missionario, che la fede in Gesú Cristo illumina tutto il campo dell'educazione, non pregiudicando, ma piuttosto confermando ed elevando gli stessi valori umani. In tal modo essi si fanno testimoni e strumenti della potenza dell'Incarnazione e della forza dello Spirito. Questo loro compito è una delle espressioni piú significative di quella maternità che la Chiesa, ad immagine di Maria, esercita verso tutti i suoi figli. per questo che il Sinodo ha esortato insistentemente le persone consacrate a riprendere con nuovo impegno, là dove è possibile, la missione dell'educazione con scuole di ogni tipo e grado, Università e Istituti superiori. Facendo mia l'indicazione sinodale, invito caldamente i membri degli Istituti dediti all'educazione ad essere fedeli al loro carisma originario ed alle loro tradizioni, consci che l'amore preferenziale per i poveri trova una sua particolare applicazione nella scelta dei mezzi atti a liberare gli uomini da quella grave forma di miseria che è la mancanza di formazione culturale e religiosa. Data l'importanza che le Università e le Facoltà cattoliche ed ecclesiastiche assumono nel campo dell'educazione e dell'evangelizzazione, gli Istituti che ne hanno la conduzione siano consci della loro responsabilità, facendo sí che in esse, mentre si dialoga attivamente con l'attuale contesto culturale, sia conservata la peculiare indole cattolica, in piena fedeltà al Magistero della Chiesa. Inoltre, secondo le circostanze, i membri di questi Istituti e Società siano pronti ad entrare nelle strutture educative statali. A questo tipo di intervento sono particolarmente chiamati, per loro specifica vocazione, i membri degli Istituti secolari.
Evangelizzare la cultura
98. Gli Istituti di vita consacrata hanno sempre avuto un grande influsso nella formazione e nella trasmissione della cultura. Ciò è accaduto nel medioevo, quando i monasteri divennero luoghi di accesso alle ricchezze culturali del passato e di elaborazione di una nuova cultura umanistica e cristiana. Ciò si è avverato ogni qualvolta la luce del Vangelo ha raggiunto nuovi popoli. Molte persone consacrate hanno promosso la cultura, e spesso hanno investigato e difeso le culture autoctone. Il bisogno di contribuire alla promozione della cultura, al dialogo fra cultura e fede, è avvertito oggi nella Chiesa in modo tutto particolare. consacrati non possono non sentirsi interpellati da questa urgenza. Anch'essi sono chiamati a individuare, nell'annuncio della Parola di Dio, metodi piú appropriati alle esigenze dei diversi gruppi umani e dei molteplici ambiti professionali, perché la luce di Cristo penetri ogni settore umano ed il fermento della salvezza trasformi dall'interno il vivere sociale, favorendo l'affermarsi di una cultura permeata di valori evangelici. Anche attraverso tale impegno, alla soglia del terzo millennio cristiano, la vita consacrata potrà rinnovare la sua corrispondenza ai desideri di Dio, il quale viene incontro a tutte le persone che, consapevolmente o inconsapevolmente, vanno come a tentoni cercando la Verità e la Vita (cfr. At 17, 27). Ma al di là del servizio rivolto agli altri, anche all'interno della vita consacrata c'è bisogno di rinnovato amore per l'impegno culturale, di dedizione allo studio come mezzo per la formazione integrale e come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di fronte alla diversità delle culture. Diminuire l'impegno per lo studio può avere pesanti conseguenze anche sull'apostolato, generando un senso di emarginazione e di inferiorità o favorendo superficialità e avventatezza nelle iniziative. Nella diversità dei carismi e delle reali possibilità dei singoli Istituti, l'impegno dello studio non si può ridurre alla formazione iniziale o al conseguimento di titoli accademici e di competenze professionali. Esso è piuttosto espressione del mai appagato desiderio di conoscere piú a fondo Dio, abisso di luce e fonte di ogni umana verità. Per questo, tale impegno non isola la persona consacrata in un astratto intellettualismo, né la rinchiude nelle spire di un soffocante narcisismo; è invece sprone al dialogo e alla condivisione, è formazione alla capacità di giudizio, è stimolo alla contemplazione e alla preghiera, nella continua ricerca di Dio e della sua azione nella complessa realtà del mondo contemporaneo. La persona consacrata, lasciandosi trasformare dallo Spirito, diventa capace di ampliare gli orizzonti degli angusti desideri umani e, nello stesso tempo, di cogliere le dimensioni profonde di ogni individuo e della sua storia, al di là degli aspetti piú vistosi ma spesso marginali. Innumerevoli sono oggi i campi di sfida che emergono dalle varie culture: ambiti nuovi o tradizionalmente frequentati dalla vita consacrata, con i quali urge mantenere fecondi rapporti, in atteggiamento di vigile senso critico ma anche di fiduciosa attenzione verso chi affronta le difficoltà tipiche del lavoro intellettuale, specie quando, in presenza degli inediti problemi del nostro tempo, occorre tentare analisi e sintesi nuove. Una seria e valida evangelizzazione dei nuovi ambiti, ove si elabora e si trasmette la cultura, non può essere operata senza un'attiva collaborazione con i laici ivi impegnati.
Presenza nel mondo della comunicazione sociale
99. Come nel passato le persone consacrate hanno saputo porsi con ogni mezzo al servizio dell'evangelizzazione, affrontando genialmente le difficoltà, cosí oggi sono interpellate in modo nuovo dall'esigenza di testimoniare il Vangelo attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Tali mezzi hanno assunto una capacità di irradiazione cosmica mediante potentissime tecnologie, in grado di raggiungere ogni angolo della terra. Le persone consacrate, soprattutto quando per carisma istituzionale operano in questo campo, sono tenute ad acquisire una seria conoscenza del linguaggio proprio di tali mezzi, per parlare in modo efficace di Cristo all'uomo d'oggi, interpretandone «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce», e contribuire cosí all'edificazione di una società in cui tutti si sentano fratelli e sorelle in cammino verso Dio. Occorre tuttavia essere vigili nei confronti dell'uso distorto di questi mezzi, a motivo dello straordinario potere di persuasione di cui dispongono. E bene non nascondersi i problemi che possono derivarne alla stessa vita consacrata; occorre piuttosto affrontarli con illuminato discernimento. La risposta della Chiesa è soprattutto educativa: mira a promuovere un atteggiamento di corretta comprensione delle dinamiche soggiacenti ed una attenta valutazione etica dei programmi, come pure l'adozione di sane abitudini nella loro fruizione. In questo compito educativo, volto a formare sapienti recettori ed esperti comunicatori, le persone consacrate sono chiamate ad offrire la loro particolare testimonianza sulla relatività di tutte le realtà visibili, aiutando i fratelli a valorizzarle secondo il disegno di Dio, ma anche a liberarsi dalla cattura ossessiva della scena di questo mondo che passa (cfr. 1 Cor 7, 31). Ogni sforzo in questo importante e nuovo campo apostolico va incoraggiato, affinché il Vangelo di Cristo risuoni anche attraverso questi mezzi moderni. I vari Istituti siano pronti a collaborare, con l'apporto di forze, mezzi e persone, per realizzare progetti comuni nei vari settori della comunicazione sociale. Le persone consacrate, inoltre, specie i membri degli Istituti secolari, prestino volentieri il loro servizio, secondo le opportunità pastorali, anche per la formazione religiosa dei responsabili e degli operatori della comunicazione sociale pubblica o privata, affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati dall'uso viziato dei mezzi e dall'altra venga promossa una superiore qualità delle trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge morale e ricchi di valori umani e cristiani.
IV. IMPEGNATI NEL DIALOGO CON TUTTI
Al servizio dell'unità dei cristiani
100. La preghiera di Cristo al Padre prima della Passione, perché i suoi discepoli rimangano nell'unità (cfr. Gv 17, 21-23), continua nella preghiera e nell'azione della Chiesa. Come potrebbero non sentirsene coinvolti i chiamati alla vita consacrata? La ferita della disunione tuttora esistente fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e lavorare per promuovere l'unità di tutti i cristiani sono state particolarmente avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di consacrati e consacrate è ravvivata anche dalla consapevolezza che in altre Chiese e Comunità ecclesiali si conserva ed è fiorente il monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali, o si rinnova la professione dei consigli evangelici, come nella Comunione anglicana e nelle Comunità della Riforma. Il Sinodo ha messo in luce il profondo legame della vita consacrata con la causa dell'ecumenismo e l'urgenza di una testimonianza piú intensa in questo campo. Se infatti l'anima dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione, non v'è dubbio che gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno un particolare dovere di coltivare questo impegno. E urgente, pertanto, che nella vita delle persone consacrate si aprano spazi maggiori alla orazione ecumenica ed alla testimonianza autenticamente evangelica, affinché con la forza dello Spirito Santo si possano abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi tra i cristiani.
Forme di dialogo ecumenico
101. La condivisione della lectio divina nella ricerca della verità, la partecipazione alla preghiera comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza (cfr. Mt 18, 20), il dialogo dell'amicizia e della carità che fa sentire come è bello che i fratelli vivano insieme (cfr. Sal 133 [132]), la cordiale ospitalità praticata verso i fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane, la mutua conoscenza e lo scambio dei doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico, espressioni gradite al Padre comune e segni della volontà di camminare insieme verso l'unità perfetta sulla via della verità e dell'amore. Anche la conoscenza della storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività caritativa e apostolica degli altri cristiani non mancherà di giovare ad un'azione ecumenica sempre piú incisiva. Voglio incoraggiare quegli Istituti che, per nativo carattere o per successiva chiamata, si dedicano alla promozione dell'unità dei cristiani e per essa coltivano iniziative di studio e di azione concreta. In realtà, nessun Istituto di vita consacrata deve sentirsi dispensato dal lavorare per questa causa. Rivolgo inoltre il mio pensiero alle Chiese orientali cattoliche auspicando che, anche attraverso il monachesimo maschile e femminile, la cui fioritura è grazia che va costantemente implorata, esse possano giovare all'unità con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della carità e alla condivisione della comune spiritualità, patrimonio della Chiesa indivisa del primo millennio. Affido in modo particolare l'ecumenismo spirituale della preghiera, della conversione del cuore e della carità ai monasteri di vita contemplativa. A questo scopo incoraggio la loro presenza là dove vivono comunità cristiane di varie confessioni, affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario» (cfr. Lc 10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza del mondo, unitamente alla loro testimonianza di vita evangelica, secondo i propri carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad immagine della Trinità, in quella unità che Gesú ha voluto e chiesto al Padre per tutti i suoi discepoli.
Il dialogo interreligioso
102. Dal momento che «il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa», gli Istituti di vita consacrata non possono esimersi dall'impegnarsi anche in questo campo, ciascuno secondo il proprio carisma e seguendo le indicazioni dell'autorità ecclesiastica. La prima forma di evangelizzazione nei confronti di fratelli e sorelle di altra religione sarà la stessa testimonianza di una vita povera, umile e casta, permeata di amore fraterno per tutti. Nel medesimo tempo, la libertà di spirito che è propria della vita consacrata favorirà quel «dialogo di vita»in cui si attua un modello fondamentale di missione e di annuncio del Vangelo di Cristo. Per favorire la mutua conoscenza, il vicendevole rispetto e la carità, gli Istituti religiosi potranno inoltre coltivare opportune forme di dialogo, improntate a cordiale amicizia e reciproca sincerità, con gli ambienti monastici di altre religioni. Un altro ambito di collaborazione con uomini e donne di diversa tradizione religiosa è costituito dalla comune sollecitudine per la vita umana, che va dalla compassione per la sofferenza fisica e spirituale, all'impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. In questi settori saranno soprattutto gli Istituti di vita attiva a cercare l'intesa con i membri di altre religioni, in quel «dialogo delle opere»che prepara la via ad una condivisione piú profonda. Un campo particolare di incontro operoso con persone di altre tradizioni religiose è pure quello della ricerca e della promozione della dignità della donna. Nell'ottica dell'uguaglianza e della giusta reciprocità tra uomo e donna, un servizio prezioso può essere reso soprattutto dalle donne consacrate. Questi e altri impegni delle persone consacrate a servizio del dialogo interreligioso esigono una adeguata preparazione nella formazione iniziale e nella formazione permanente, come pure nello studio e nella ricerca, dal momento che in questo non facile settore occorre profonda conoscenza del cristianesimo e delle altre religioni, accompagnata da fede solida e da maturità spirituale ed umana.
Una risposta di spiritualità alla ricerca del sacro e alla nostalgia di Dio
103. Quanti abbracciano la vita consacrata, uomini e donne, si pongono, per la natura stessa della loro scelta, come interlocutori privilegiati di quella ricerca di Dio che da sempre agita il cuore dell'uomo e lo conduce a molteplici forme di ascesi e di spiritualità. Tale ricerca oggi, in molte regioni, emerge con insistenza come risposta a culture tendenti, se non sempre a negare, certo ad emarginare la dimensione religiosa dell'esistenza. Le persone consacrate, vivendo con coerenza e in pienezza gli impegni liberamente assunti, possono offrire una risposta agli aneliti dei loro contemporanei, affrancandoli da soluzioni per lo piú illusorie e spesso negatrici dell'incarnazione salvifica del Cristo (cfr. 1 Gv 4, 2-3), quali, ad esempio, vengono proposte dalle sette. Praticando un'ascesi personale e comunitaria, che purifica e trasfigura l'intera esistenza, esse testimoniano, contro la tentazione dell'egocentrismo e della sensualità, i caratteri dell'autentica ricerca di Dio ed ammoniscono a non confonderla con la sottile ricerca di se stessi o con la fuga nella gnosi. Ogni persona consacrata è impegnata a coltivare l'uomo interiore, che non si estrania dalla storia né si ripiega su di sé. Vivendo in ascolto obbediente della Parola, di cui la Chiesa è custode e interprete, essa addita nel Cristo sommamente amato e nel Mistero trinitario l'oggetto dell'anelito profondo del cuore umano e l'approdo di ogni itinerario religioso sinceramente aperto alla trascendenza. Per questo le persone consacrate hanno il dovere di offrire generosamente accoglienza e accompagnamento spirituale a quanti, mossi dalla sete di Dio e desiderosi di vivere le esigenze della fede, si rivolgono a loro.
CONCLUSIONE
La sovrabbondanza della gratuità
104. Non sono pochi coloro che oggi si interrogano perplessi: Perché la vita consacrata? Perché abbracciare questo genere di vita, dal momento che vi sono tante urgenze, nell'ambito della carità e della stessa evangelizzazione, a cui si può rispondere anche senza assumersi gli impegni peculiari della vita consacrata? Non è forse, la vita consacrata, una sorta di «spreco» di energie umane utilizzabili secondo un criterio di efficienza per un bene piú grande a vantaggio dell'umanità e della Chiesa? Queste domande sono piú frequenti nel nostro tempo, perché stimolate da una cultura utilitaristica e tecnocratica, che tende a valutare l'importanza delle cose e delle stesse persone in rapporto alla loro immediata «funzionalità». Ma interrogativi simili sono esistiti sempre, come dimostra eloquentemente l'episodio evangelico dell'unzione di Betania: «Maria, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesú e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempí del profumo dell'unguento» ( Gv 12, 3). A Giuda che, prendendo a pretesto il bisogno dei poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesú rispose: «Lasciala fare!» (Gv 12, 7). E questa la risposta sempre valida alla domanda che tanti, anche in buona fede, si pongono circa l'attualità della vita consacrata: Non si potrebbe investire la propria esistenza in modo piú efficiente e razionale per il miglioramento della società? Ecco la risposta di Gesú: «Lasciala fare!». A chi è concesso il dono inestimabile di seguire piú da vicino il Signore Gesú appare ovvio che Egli possa e debba essere amato con cuore indiviso, che a Lui si possa dedicare tutta la vita e non solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune attività. L'unguento prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di là di ogni considerazione «utilitaristica», è segno di una sovrabbondanza di gratuità, quale si esprime in una vita spesa per amare e per servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo mistico. Ma è da questa vita «versata» senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e impreziosita dalla presenza della vita consacrata. Quello che agli occhi degli uomini può apparire come uno spreco, per la persona avvinta nel segreto del cuore dalla bellezza e dalla bontà del Signore è un'ovvia risposta d'amore, è esultante gratitudine per essere stata ammessa in modo tutto speciale alla conoscenza del Figlio ed alla condivisione della sua divina missione nel mondo. «Se un figlio di Dio conoscesse e gustasse l'amore divino, Dio increato, Dio incarnato, Dio passionato, che è il sommo bene, gli si darebbe tutto, si sottrarrebbe non solo alle altre creature, ma perfino a se stesso e con tutto se stesso amerebbe questo Dio d'amore fino a trasformarsi tutto nel Dio-uomo, che è il sommo Amato».
La vita consacrata al servizio del Regno di Dio
105. «Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi»? Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio nel suo essere sovrabbondanza di gratuità e d'amore, e ciò tanto piú in un mondo che rischia di essere soffocato nel vortice dell'effimero. «Senza questo segno concreto, la carità che anima l'intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il «sale» della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione». La vita della Chiesa e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio. La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale». In essa trova nuovo slancio e forza l'annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C'è bisogno infatti di chi presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa, di chi metta in gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e speranza. Alla Chiesa sono necessarie persone consacrate le quali, prima ancora di impegnarsi a servizio dell'una o dell'altra nobile causa, si lascino trasformare dalla grazia di Dio e si conformino pienamente al Vangelo. La Chiesa intera trova nelle sue mani questo grande dono e in atteggiamento di gratitudine si dedica a promuoverlo con la stima, la preghiera, l'invito esplicito ad accoglierlo. E importante che Vescovi, presbiteri e diaconi, convinti dell'eccellenza evangelica di questo genere di vita, lavorino per scoprire e sostenere i germi di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio accompagnamento spirituale. A tutti i fedeli si chiede una costante preghiera per le persone consacrate, perché il loro fervore e la loro capacità d'amare aumentino continuamente, contribuendo a diffondere nell'odierna società il buon profumo di Cristo (cfr. 2 Cor 2, 15). L'intera comunità cristiana - pastori, laici e persone consacrate - è responsabile della vita consacrata, dell'accoglienza e del sostegno offerto alle nuove vocazioni.
Alla gioventú
106. A voi, giovani, dico: Se avvertite la chiamata del Signore, non respingetela! Inseritevi, piuttosto, coraggiosamente nelle grandi correnti di santità, che insigni sante e santi hanno avviato al seguito di Cristo. Coltivate gli aneliti tipici della vostra età, ma aderite prontamente al progetto di Dio su di voi, se Egli vi invita a cercare la santità nella vita consacrata. Ammirate tutte le opere di Dio nel mondo, ma sappiate fissare lo sguardo sulle realtà destinate a non tramontare mai. Il terzo millennio attende il contributo della fede e dell'inventiva di schiere di giovani consacrati, perché il mondo sia reso piú sereno e capace di accogliere Dio e, in Lui, tutti i suoi figli e figlie.
Alle famiglie
107. Mi rivolgo a voi, famiglie cristiane. Voi, genitori, rendete grazie al Signore se ha chiamato alla vita consacrata qualcuno dei vostri figli. Deve essere considerato - come è sempre stato - un grande onore che il Signore guardi ad una famiglia e scelga qualcuno dei suoi componenti per invitarlo ad intraprendere la via dei consigli evangelici! Coltivate il desiderio di dare al Signore qualcuno dei vostri figli per la crescita dell'amore di Dio nel mondo. Quale frutto dell'amore coniugale potrebbe esservi piú bello di questo?E necessario ricordare che se i genitori non vivono i valori evangelici, difficilmente il giovane e la giovane potranno percepire la chiamata, comprendere la necessità dei sacrifici da affrontare, apprezzare la bellezza della meta da raggiungere. E nella famiglia, infatti, che i giovani fanno le prime esperienze dei valori evangelici, dell'amore che si dona a Dio e agli altri. Occorre pure che essi vengano educati all'uso responsabile della propria libertà, per essere disposti a vivere, secondo la loro vocazione, delle piú alte realtà spirituali. Prego perché voi, famiglie cristiane, unite al Signore con la preghiera e la vita sacramentale, siate vivai accoglienti di vocazioni.
Agli uomini e alle donne di buona volontà
108. A tutti gli uomini e le donne che vorranno ascoltare la mia voce, desidero far giungere l'invito a cercare le vie che conducono al Dio vivo e vero anche nei percorsi tracciati dalla vita consacrata. Le persone consacrate testimoniano che «chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa anch'egli piú uomo». Quante di esse si sono chinate, e continuano a chinarsi, come buoni samaritani sulle innumerevoli ferite dei fratelli e delle sorelle che incontrano sulla loro strada!Guardate a queste persone afferrate da Cristo, che indicano nel dominio di sé, sostenuto dalla grazia e dall'amore di Dio, il rimedio contro l'avidità di avere, di godere, di dominare. Non dimenticate i carismi che hanno plasmato meravigliosi «ricercatori di Dio» e benefattori dell'umanità, che hanno aperto vie sicure a coloro che cercano Dio con cuore sincero. Considerate il gran numero di santi cresciuti in questo genere di vita, considerate il bene fatto al mondo, ieri e oggi, da chi si è dedicato a Dio! Questo nostro mondo non ha forse bisogno di gioiosi testimoni e profeti della potenza benefica dell'amore di Dio? Non ha bisogno anche di uomini e donne che, con la loro vita e la loro azione, sappiano gettare semi di pace e di fraternità?
Alle persone consacrate
109. Ma è soprattutto a voi, donne e uomini consacrati, che al termine di questa Esortazione rivolgo il mio appello fiducioso: vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciar mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell'esistenza umana. I cristiani, immersi nelle occupazioni e nelle preoccupazioni di questo mondo, ma chiamati anch'essi alla santità, hanno bisogno di trovare in voi cuori purificati che nella fede «vedono» Dio, persone docili all'azione dello Spirito Santo che camminano spedite nella fedeltà al carisma della chiamata e della missione. Voi sapete bene di aver intrapreso un cammino di conversione continua, di dedizione esclusiva all'amore di Dio e dei fratelli, per testimoniare sempre piú splendidamente la grazia che trasfigura l'esistenza cristiana. Il mondo e la Chiesa cercano autentici testimoni di Cristo. E la vita consacrata è un dono che Dio offre perché sia posto davanti agli occhi di tutti l'«unico necessario» (cfr. Lc 10, 42). Dare testimonianza a Cristo con la vita, con le opere e con le parole è peculiare missione della vita consacrata nella Chiesa e nel mondo. Voi sapete a Chi avete creduto (cfr. 2 Tm 1, 12): dategli tutto! I giovani non si lasciano ingannare: venendo a voi, essi vogliono vedere ciò che non vedono altrove. Avete un compito immenso nei confronti del domani: specialmente i giovani consacrati, testimoniando la loro consacrazione, possono indurre i loro coetanei al rinnovamento della loro vita. L'amore appassionato per Gesú Cristo è una potente attrazione per gli altri giovani, che Egli nella sua bontà chiama a seguirlo da vicino e per sempre. I nostri contemporanei vogliono vedere nelle persone consacrate la gioia che proviene dall'essere con il Signore. Persone consacrate, anziane e giovani, vivete la fedeltà al vostro impegno verso Dio, in mutua edificazione e con mutuo sostegno. Nonostante le difficoltà che talvolta avete potuto incontrare e l'indebolimento della stima per la vita consacrata in una certa opinione pubblica, voi avete il compito di invitare nuovamente gli uomini e le donne del nostro tempo a guardare in alto, a non farsi travolgere dalle cose di ogni giorno, ma a lasciarsi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio. Non dimenticate che voi, in modo particolarissimo, potete e dovete dire non solo che siete di Cristo, ma che «siete divenuti Cristo»!
Guardare al futuro
110. Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un'attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all'uomo del nostro tempo. Sarete cosí da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell'uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre piú umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo.
Preghiera alla Trinità
111. Trinità Santissima, beata e beatificante, rendi beati i tuoi figli e le tue figlie che hai chiamato a confessare la grandezza del tuo amore, della tua bontà misericordiosa e della tua bellezza. Padre Santo, santifica i figli e le figlie che si sono consacrati a Te, per la gloria del tuo nome. Accompagnali con la tua potenza, perché possano testimoniare che Tu sei l'Origine di tutto, l'unica sorgente dell'amore e della libertà. Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata, che nella fede cerca Te e nella sua missione universale invita tutti a camminare verso Te. Salvatore Gesú, Verbo Incarnato, come hai consegnato la tua forma di vita a quelli che hai chiamato, continua ad attirare a Te persone che, per l'umanità del nostro tempo, siano depositarie di misericordia, preannuncio del tuo ritorno, segno vivente dei beni della risurrezione futura. Nessuna tribolazione li separi da Te e dal tuo amore! Spirito Santo, Amore riversato nei cuori, che dai grazia ed ispirazione alle menti, Fonte perenne di vita, che porti a compimento la missione di Cristo con i numerosi carismi, noi Ti preghiamo per tutte le persone consacrate. Riempi il loro cuore con l'intima certezza d'essere state prescelte per amare, lodare e servire. Fa' gustare loro la tua amicizia, riempile della tua gioia e del tuo conforto, aiutale a superare i momenti di difficoltà e a rialzarsi con fiducia dopo le cadute, rendile specchio della bellezza divina. Da' loro il coraggio di affrontare le sfide del nostro tempo e la grazia di portare agli uomini la benignità e l'umanità del Salvatore nostro Gesú Cristo (cfr. Tit 3, 4).
Invocazione alla Vergine Maria
112. Maria, figura della Chiesa, Sposa senza ruga e senza macchia, che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità», sostieni le persone consacrate nel loro tendere all'eterna e unica Beatitudine. A Te, Vergine della Visitazione, le affidiamo, perché sappiano correre incontro alle necessità umane, per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesú. Insegna loro a proclamare le meraviglie che il Signore compie nel mondo, perché i popoli tutti magnifichino il suo nome. Sostienile nella loro opera a favore dei poveri, degli affamati, dei senza speranza, degli ultimi e di tutti coloro che cercano il Figlio tuo con cuore sincero. A te, Madre, che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico dei tuoi figli e figlie nella risposta d'amore e di dedizione totale a Cristo, rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera. Tu che hai fatto la volontà del Padre, pronta nell'obbedienza, coraggiosa nella povertà, accogliente nella verginità feconda, ottieni dal tuo divin Figlio che quanti hanno ricevuto il dono di seguirlo nella vita consacrata lo sappiano testimoniare con una esistenza trasfigurata, camminando gioiosamente, con tutti gli altri fratelli e sorelle, verso la patria celeste e la luce che non conosce tramonto. Te lo chiediamo, perché in tutti e in tutto sia glorificato, benedetto e amato il Sommo Signore di tutte le cose che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno 1996, decimottavo di Pontificato.
Ioannes Paulus Pp. II
N. B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.