La leggenda dell'esponenziale

 

Nel secolo XVIII, quando la statistica demografica balbetta ancora, la favola di Montesquieu è indubbiamente più scusabile della mitologia demografica contemporanea. Questa si basa anzitutto su una leggenda, cioè su una rappresentazione dei fatti accreditata nell'opinione pubblica, ma deformata e amplificata dall'immaginazione e dalla parzialità. Quale lettore o quale telespettatore non ha visto la curva secondo la quale gli effettivi della popolazione mondiale sarebbero aumentati in modo continuo dalla preistoria fino alla metà del secolo XVIII, per conoscere allora un nuovo aumento continuo, ma con un ritmo molto più rapido, che dà l'impressione di una curva esponenziale, di una evoluzione folle? Ebbene, questa curva che si pretende riassuma gli studi demografici, contiene numerosi errori che trasformano la realtà in una leggenda dell'esponenziale.

Anzitutto, fino al 1750, la crescita della popolazione mondiale non è stata continua, tutt'altro. È un dato acquisito che la popolazione, nel suo insieme, ha conosciuto fasi di stabilità, di debole crescita, di crescita più rilevante, di debole decrescita o di decrescita più accentuata. L'evoluzione caotica attorno a un effettivo relativamente stabile è generalmente la regola per tutte le popolazioni di esseri viventi, a seconda della variazione delle condizioni climatiche, della concorrenza fra le specie, rappresentata per gli uomini dalle guerre e dalle rivoluzioni, delle epidemie aggravate dalle condizioni di vita in collettività degli esseri umani.

Una crescita debole si constata alla fine del primo millennio dell'era cristiana e nei primi secoli del secondo millennio, o ancora al momento del Rinascimento. Le crescite più rilevanti si manifestano nei periodi in cui l'umanità, o una parte di essa, realizza un salto tecnico che modifica sensibilmente le condizioni di vita. Fino a oggi, almeno tre tempi storici corrispondono a una fase di questo genere. La prima si situa fra il XL e il IX millennio avanti Cristo, quando l'uomo fa progressi nei metodi di caccia e di cottura degli alimenti.

La seconda, legata contemporaneamente alla diffusione di tecniche agricole e allo sviluppo delle città, si situa nella prima metà del primo millennio avanti Cristo. Infine, un terzo periodo di crescita rilevante, nei secoli XIX e XX, è la conseguenza d'importanti progressi economici e sanitari (17). La popolazione mondiale ha conosciuto anche periodi di leggera decrescita, più difficili da datare con precisione, che hanno potuto corrispondere a catastrofi climatiche, a conflitti sanguinosi oppure ad atteggiamenti negativi di fronte alla fecondità. Inoltre, una netta decrescita della popolazione mondiale è incontestabile almeno in due periodi storici.

Da una parte, si sa che la decadenza dell'Impero romano ha avuto effetti demografici: la popolazione mondiale, valutata in 250 milioni nell'anno uno, è scesa a 200 milioni nel corso del primo millennio. Analogamente, la grande peste nera del secolo XIV ha provocato una ipermortalità, il cui effetto si è fatto sentire sulla popolazione mondiale. Questi fatti mettono in evidenza come la credenza in una crescita continua della popolazione del pianeta sia una leggenda. Questa leggenda rimane per il periodo contemporaneo, che spesso è rappresentato come caratterizzato da un tasso di crescita della popolazione elevato e continuo. La realtà delle cifre dà risultati molto diversi. Il tasso di crescita della popolazione mondiale dopo il 1750 è stato molto variabile, a seconda dell'evoluzione delle diverse popolazioni che la compongono.

In particolare, questo tasso di crescita ha toccato un massimo, stimato in 2,1% all'anno, alla fine degli anni 1960, e poi non ha cessato di diminuire. Ora, la stessa leggenda dà l'impressione che l'eccedenza annua di abitanti sul pianeta resterà durevolmente al livello storico massimo, cioè 92 o 93 milioni di persone all'inizio degli anni 1990. In realtà, questa cifra ha iniziato a scendere verso il 1993-1994, contraddicendo così le previsioni che la vedevano crescere a 100 milioni e a non diminuire prima del 2000 (18). Questo ripiegamento dell'eccedenza annuale degli abitanti della terra era peraltro certo per tutti i demografi avveduti. Il calo della fecondità media, iniziato negli anni 1970, doveva inevitabilmente riflettersi sulla natalità, ma con lo scarto di una generazione, tenendo conto dell'inerzia propria dei meccanismi demografici. Questa evoluzione condanna dunque la leggenda dell'esponenziale e conferma la quasi-certezza che la crescita della popolazione mondiale nel secolo XXI sarà nettamente più debole di quanto non sia stata nel secolo XX, indubbiamente da tre a cinque volte minore. La mitologia demografica ricorre anche al miraggio, cioè alle apparenze ingannevoli.

 

 

Il miraggio dell'aumento letale

L'aumento della popolazione solleva tutte le paure. Fra esse, una delle più radicate consiste nel pensare che la popolazione mondiale sta nello stesso tempo per raddoppiare e per morire di fame. Ora, queste due evoluzioni si escludono reciprocamente. Se la popolazione mondiale raddoppia, questo può avvenire solo con deboli tassi di mortalità, almeno tanto deboli da permettere un tasso di crescita che porti al raddoppio. Ora, i tassi di mortalità possono essere molto bassi solo se lo permettono le condizioni sanitarie, sociali ed economiche. La popolazione può crescere soltanto se l'alimentazione e le condizioni di vita lo rendono possibile. Se i metodi di coltivazione e le strutture economiche e sociali non permettono di garantire l'alimentazione di una popolazione più numerosa, i tassi di mortalità saranno elevati mentre i tassi di natalità tenderanno a stagnare, e la popolazione non può crescere. La crescita non si potrà realizzare perché la fertilità sarà indebolita dalla malnutrizione e i neonati saranno destinati a vita breve in ragione del tasso di mortalità infantile elevato che ne deriverebbe. È la trappola malthusiana. Quindi, accettare l'affermazione seguente: "La popolazione mondiale aumenterà nel secolo XXI fino a 12 miliardi" (19), significa ammettere il seguente sillogismo: "La popolazione mondiale raddoppierà.

Ora, un raddoppio della popolazione suppone condizioni economiche e sanitarie soddisfacenti, quindi nel secolo XXI le condizioni economiche e sanitarie saranno soddisfacenti". Certo, la scelta delle informazioni diffuse dai media insiste più sulle popolazioni che soffrono carestia - se non altro per presentare un uomo politico in vista, che, con gesto teatrale, si carica sulle spalle un sacco di riso - che su quelle popolazioni le cui condizioni di vita stanno migliorando. "I popoli felici non hanno storia", dice la saggezza delle nazioni. Si tende a pensare che la loro consistenza numerica abbia la responsabilità delle terribili difficoltà umane constatate in certi paesi. Ora, in realtà, né le carestie né le epidemie corrispondono a una fatalità che viene ad abbattersi su certi paesi in via di sviluppo. La carestia, piuttosto che la conseguenza di una siccità ricorrente, è soprattutto un "sintomo acuto di crisi politiche ed economiche" (20). Talora anche il risultato di "politiche deliberate" (21) da parte di gruppi in lotta o di governi. Così, non è l'aumento dell'effettivo di una popolazione che si può mettere in relazione con i luoghi di carestia, ma piuttosto i torbidi politici. Gli esempi della Cambogia, della Somalia, del Sudan, del Mozambico e della Liberia illustrano disgraziatamente questa realtà.

In altri paesi, la cattiva gestione di certi governi spiega le difficoltà dello sviluppo malgrado le potenzialità talora considerevoli: il Madagascar, la Birmania, l'Etiopia o lo Zaire sono solamente esempi fra altri. L'aumento contemporaneo della popolazione e della mortalità è dunque un mito, perché due processi contrari non possono svolgersi insieme. O la popolazione aumenta perché l'umanità riesce a nutrirsi, oppure l'umanità non riesce a nutrirsi e la popolazione non può aumentare. Così, la popolazione dell'Inghilterra è quadruplicata nel corso del secolo XIX e l'alimentazione ha seguito ampiamente lo stesso ritmo. Durante lo stesso secolo XIX, la popolazione dell'India era stagnante perché non si era verificata nessuna trasformazione. La popolazione dell'India ha cominciato ad aumentare solo quando si sono prodotte trasformazioni tecniche - scavo di canali d'irrigazione, e così via -, economiche e sanitarie. Conviene quindi fare attenzione ai miraggi demografici diffusi come fiction.