In questi ultimi decenni, ogni tanto, torna alla ribalta il tema della liberalizzazione della droga, un tema caro ai movimenti radicali che tanta responsabilità hanno nella dissoluzione morale e sociale di intere nazioni, non ultima l’Italia. Anche personaggi di spicco nel mondo della comunicazione si prodigano per sostenere tesi cosí azzardate e pericolose. Azzardate ma anche irresponsabili, considerando che le principali cavie di un simile esperimento sono i giovani, spesso culturalmente e moralmente privi di adeguate difese, ma di questo, i facili “predicatori” della liberalizzazione della droga, sembrano non preoccuparsene affatto.

Sulla Rete si leggono frasi come: “Il proibizionismo ha già fatto troppi danni, sarebbe importante se anche su questi temi il Papa superasse il dogmatismo della Chiesa”; o ancora: “Liberalizzare non è un inno al consumo, ma l’unico modo per sottrarre mercato ai narcotrafficanti che difatti sostengono il proibizionismo”. Questi opinion leaders dovrebbero sapere bene che la droga in sé è intrinsecamente devastante. Vi è chi parla di liberalizzazione... “ma non a cuor leggero”, oppure chi riconosce che... “sul piano morale, si tratta di un’opzione schifosa”, benché appaia come l’unica per battere la mafia che si arricchisce sul narcotraffico. Ma è proprio cosí?

La liberalizzazione sarebbe davvero un male minore necessario a battere il male maggiore del narcotraffico? Oppure sarebbe un male che andrebbe ad aggiungersi alla devastante criminalità già esistente?

Dalle comunità terapeutiche - salvo pochissime eccezioni - è sempre arrivato un netto rifiuto alla liberalizzazione, giudicata illusoria e infine disastrosa. L’unica via sensata e duratura è quella severa e paziente della prevenzione e dell’educazione. Ma ci sono risposte particolarmente autorevoli che, in tema di mafia e narcotraffico, hanno un un’esperienza decisamente non comune.

Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 - Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano che della lotta alla criminalità organizzata ha fatto una missione. Proprio per questo, e per i suoi successi, fu assassinato in un vile attentato, insieme ad alcuni uomini della sua scorta. È considerato uno degli eroi simbolo della lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale, insieme a Giovanni Falcone, di cui fu amico e collega. Nella registrazione di un lunghissimo incontro del magistrato palermitano con gli studenti di Bassano del Grappa, il 26 gennaio 1989, al 59° minuto della videoripresa, è possibile cogliere proprio la domanda di una ragazza che interroga il Magistrato sulla liberalizzazione della droga come strategia per la lotta alla mafia. La sua risposta non lascia dubbi. Ecco una sintesi del suo discorso:

 

 

«La legalizzazione degli stupefacenti non può rappresentare un momento per combattere la mafia, anzitutto perché - come mi sembra di aver chiarito - non bisogna stabilire un’equazione assoluta tra mafia e traffico di sostanze stupefacenti. La mafia esisteva prima di tale traffico e continuerà a esistere anche dopo. Infatti i primi trafficanti di stupefacenti in Italia non furono i mafiosi. Furono i contrabbandieri di tabacchi lavorati esteri... Fu in un secondo tempo che la mafia, accortasi dell’importanza del business, cooptò dentro di sé questi contrabbandieri... addirittura forse li costringe ad entrare nell’organizzazione mafiosa per impossessarsi di questo traffico... Oggi è vero che il business piú importante della mafia è il traffico delle sostanze stupefacenti e qualcuno ha sostenuto: “se noi eliminiamo il traffico clandestino e legalizziamo il consumo di droga abbiamo contemporaneamente levato dalle mani alla mafia la possibilità di ottenere tutti questi guadagni illeciti ed essere cosí potente”. Tuttavia forse non si riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie piú deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino...

Io non riesco ad immaginarmi una legalizzazione che consenta al minore di entrare in farmacia e andarsi a comprare la sua dose di eroina... Perché una legislazione del genere tra l’altro, in Italia, alla luce dei nostri principi costituzionali, non è possibile. È chiaro quindi che ci sarebbe questa fascia di minori che sarebbe immediatamente investita dal residuo traffico clandestino. Non solo. Resisterebbe poi un ulteriore traffico clandestino che è quello delle droghe micidiali, che per le stesse ragioni lo Stato non potrebbe mai liberalizzare. C’è questa famosa droga che si va diffondendo in America che rischia di uccidere anche alla prima assunzione, che si chiama Crack. È chiaro che lo Stato cosí come non può liberalizzare l’uso di stricnina non potrà legalizzare il commercio del Crack e quindi si incrementeranno queste droghe proibite.

Infine ci sarà un ulteriore parte del mercato clandestino dovuto a tutti coloro che per qualsiasi ragione non vorranno ricorrere al mercato ufficiale: per non essere schedati, per non essere individuati, per ragioni sociali, eccetera... Dunque cosa accadrebbe?

Resterebbe una residua fetta di mercato clandestino che diventerebbe estremamente piú pericoloso, perché diretto a coloro che per ragioni di età non possono entrare nel mercato ufficiale, quindi alle categorie piú deboli e piú da proteggere. E verrebbe ad alimentare inoltre le droghe piú micidiali, cioè quelle che non potrebbero essere vendute in farmacia non fosse altro perché i farmacisti a buon diritto si rifiuterebbero di vendere. Conseguentemente mi sembra che sia da dilettanti di criminologia quello di pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino e si leverebbero queste unghie all’artiglio della mafia.

D’altra parte se per assurda ipotesi questa liberalizzazione, che già produrrebbe danni enormi di altro genere, potesse levare dalle mani della mafia quest’artiglio, siccome la mafia non è soltanto il traffico delle sostanze stupefacenti, riconvertirebbe immediatamente la sua attività e pesantemente ad altri settori.

Infatti oggi stiamo vivendo un momento in cui... sono diminuiti i proventi provenienti dal traffico, perché oggi la mafia che prima raffinava e poi vendeva, non raffina piú. Ma è avvenuto che la mafia ha perso di potenza? Quando mai! Si è riversata pesantemente nel campo degli appalti, nel campo dell’edilizia».

 

 

 

 Paolo Borsellino