DI FRONTE ALLA FEDE

 

 

 

Ci sono dei papà che non rimangono affatto traumatizzati dal nuovo atteggiamento dei ragazzi di fronte alla fede. C'è addirittura chi può pensare che l'abbandono della pratica religiosa da parte del figlio sia il segno della sua nuova personalità cresciuta, in cammino verso l'età adulta. Ma sono anche numerosi i padri (e le madri) che sono sinceramente dispiaciuti e vanno in crisi. Perché vengono presi da un senso di colpa e si domandano sinceramente dove hanno sbagliato. "Dai frutti si conosce l'albero", dice il Vangelo.

Come non vedere allora nel rifiuto della Messa e in generale nella poca disponibilità verso tutto ciò che sa di vita religiosa, la conseguenza di una religiosità non ben assimilata? Come non riconoscere la propria incapacità di diventare significativi ai loro occhi con la propria testimonianza di vita? Naturalmente anche per questo rifiuto, come per molti altri aspetti della contestazione adolescenziale, il padre e la madre possono non avere alcuna responsabilità diretta. Tanto piú che a volte il rifiuto è piú netto proprio nelle famiglie in cui la pratica religiosa è piú genuina e vissuta in modo attivo.

 

Una conquista personale

È un fatto che la fede oggi non è piú un fatto ereditario. Forse non lo è mai stato, ma un tempo era anche possibile che un ragazzo passasse dalla fanciullezza all'età adulta portandosi dietro la fede di suo padre e quindi senza subire grosse crisi: credere e pregare era un fatto pacificamente accettato. Oggi per continuare a credere e praticare è necessaria un'opera di riappropriazione personale. E per fare questo passaggio, i ragazzi hanno bisogno di aiuto, devono incontrare adulti preparati, capaci di aggancio e di simpatia.

Coi ragazzi non ci si può limitare a comportamenti di maniera o servirsi di risposte semplicistiche. L'adolescente è raffinato e un tantino smaliziato; riconosce d'istinto se chi parla lo fa con convinzione e profondità; intuisce se una concezione religiosa o una proposta di vita si reggono e sono convincenti. E sotto questo aspetto sono pochi quelli che possono dire di risultare efficaci con loro.

 

Il ruolo del padre

Anche nel campo dell'educazione alla fede, il padre oggi abdica volentieri al proprio compito, lasciando facilmente ad altri la responsabilità di educare i figli. Lo fa forse per evitare di diventare pedante e moralistico o perché si fida della natura che farà il suo corso, senza bisogno di tante complicate attenzioni. Per questo si assiste spesso anche in questo caso a un'inflazione del ruolo della madre, che infaticabile nel voler aiutare i figli a risolvere i loro problemi, diventa ai loro occhi invadente e soffocante, e suscita spesso atteggiamenti di difesa e di rifiuto.

A nessuno sfugge il peso notevole che assumerebbe agli occhi dei figli la testimonianza cristiana del padre. Ordinariamente invece non è cosí, anzi spesso i ragazzi si trovano di fronte a dei padri religiosamente indifferenti o insensibili. Molti di loro praticano poco e male, qualcuno da anni non entra in Chiesa. C'è in tanti aperta diffidenza verso il prete e la comunità parrocchiale. Non è possibile che tutto questo non lasci tracce profonde nei ragazzi. Le conseguenze sono facilmente prevedibili, perché rimane pur sempre vero che, nonostante tutto, i ragazzi a questa età dipendono psicologicamente dai genitori e fare come fanno loro si presenta alla fin fine come la scelta piú rassicurante.

 

Una crisi dalle conseguenze serie

I giovani adolescenti non si trovano di fronte alla fede e a Dio in posizione di rifiuto di principio. Essi prima dei 16 anni non hanno crisi filosofiche o tentazioni di ateismo. Non hanno difficoltà a vedere Dio nella loro vita, a sentirselo accanto e magari alleato nel momento della loro crescita. Se vanno in crisi è perché Dio è il grande assente della nostra società, e anche in famiglia si parla pochissimo di lui.

Nessuno poi è capace di parlare con loro di Dio e della fede in modo interessante e adeguato. Per questo, se non avranno dei genitori preparati, o non incontreranno un prete amico e una comunità viva, che gli offrano l'occasione di rinnovare la loro vita di fede incontrando un Dio simpatico, ben presto i ragazzi entreranno nel grande gruppo dei cristiani anonimi di cui è piena la Chiesa.

 

Dialogo e confronto nella famiglia

La crisi religiosa trova una linea di superamento creando in famiglia un nuovo rapporto di dialogo e di rispetto reciproco, che favorisca uno scambio che arricchirà i ragazzi e li aiuterà a maturare. L'interno di una famiglia oggi è spesso una società in miniatura, nella quale ogni componente porta un contributo culturale e una sensibilità diversa dall'altro. Non è il caso, nemmeno con i ragazzi, di nascondersi o fingere un accordo che oggi non è piú possibile.

Bisogna semplicemente che i ragazzi si accorgano che gli altri hanno delle convinzioni che li guidano nelle loro scelte di vita, e che il piú grande delitto contro l'amore e contro la volontà di maturare è rifiutare il confronto, o emarginare chi non la pensa come loro. Il nodo del problema è che mai come in questi anni i ragazzi hanno bisogno di padri che amino i loro figli e siano disposti a riappropriarsi in modo piú convinto del loro ruolo educativo.

Padri che non abbiano necessariamente tutte le risposte in tasca, e che nemmeno si sforzino di apparire agli occhi dei loro figli come incensurabili, ma che siano sempre pronti al dialogo e al confronto, disposti ad aiutare i loro figli a riflettere e a farsi delle convinzioni (p. 27-30).