Chi sarà questo ragazzo?

Se un ragazzo batte i piedi e dice di non volere piú andare a Messa, è chiaro che non si aspetta da suo padre come risposta: "E allora fai come vuoi, non andarci piú", e nemmeno: "Guai se non ci vai! Devi andarci!". Ciò che un ragazzo semplicemente si aspetta è che gli dia una mano a riconsiderare il problema. Nell'età dell'adolescenza i ragazzi cambiano: pensano già con la loro testa, chiedono una certa autonomia.

Disobbediscono e battono i piedi, ma alla fine si può sempre ottenere da loro ciò che si vuole. È importante saper diventare per i propri figli, anche nel campo della fede, una mano forte e amica che sostiene, senza per questo pretendere di piegarli al proprio volere. Dando tempo al tempo. Permettendo al loro stato di crisi di decantare. Negli adolescenti di oggi vivono già l'uomo e la donna di domani. Chi sarà quel ragazzino che ogni tanto dice delle cose che ci lasciano di stucco? Quali sono i progetti che Dio ha su di lui?

 

Quando si è troppo esigenti

Un altro ordine di difficoltà lo si incontra quando il papà è poco rispettoso della giusta autonomia dei ragazzi o si presenta troppo rigido sul piano morale. I ragazzi sono alla ricerca di un equilibrio nuovo, che essi si sforzano di trovare per tentativi, e talvolta anche con cadute morali e incoerenze che rivelano la loro immaturità e l'impossibilità di proporsi degli obiettivi troppo alti.

Il padre che chiede troppo ai figli e in ogni campo, spesso ne ottiene soltanto una piatta mediocrità. Se poi chi pretende questa perfezione lo fa in nome della religiosità, ne otterrà una reazione di difesa, e sarebbe proprio la fede a farci le spese. "Se fossimo convinti che un ragazzo, come qualsiasi uomo non può essere completamente buono, rimarremmo meno delusi, faremmo meno rimproveri, saremmo umanamente piú caldi" (E. Ell).

 

Una lenta e faticosa maturazione

Una delle caratteristiche di fondo della fede è la concezione del peccato e il bisogno di riconciliazione e di perdono. Ma anche da questo punto di vista i ragazzi hanno bisogno di un'attenzione particolare. Infatti la Chiesa e gli educatori definiscono come peccato molte cose che nell'età della crescita i ragazzi non riescono a percepire come tale.

Litigare con i fratelli, bisticciare durante il gioco, lottare per emergere tra i compagni, mangiucchiare di nascosto, copiare o suggerire a scuola, raccontare qualche bugia per evitare un castigo, fare le prime esperienze con la propria sessualità: tutto questo e altro ancora difficilmente può essere percepito come vero peccato dai ragazzi, i quali si potrebbero giustificare dicendo: "Va bene, non avrei dovuto farlo, ma cos'altro avrei potuto fare?".

 

 

L'esempio di don Bosco

Tocca al padre fare qualcosa per aiutare i ragazzi a non bloccarsi in uno stato di crisi di cui essi stessi non riescono a misurare tutta la portata. Ne va di mezzo la loro crescita, che deve avvenire nella gioia, nella certezza che i loro progetti trovano piena armonia in un progetto piú ampio che è quello di Dio. E la prima cosa di cui occorre non avere dubbi è che i ragazzi sono capaci di una maturità a loro misura.

Al riguardo il riferimento a Don Bosco sembra obbligato, lui che ha trattato i ragazzi con rispetto e coraggio, chiedendo loro una vita di fede vera, ancorata alla vita, misurata sull'adempimento dei loro doveri compiuti con fedeltà, vissuti nella serenità e nella gioia. Fino a proporre per loro la raffinatezza degli "esercizi spirituali", o a invitarli alla santità, una santità gradita, simpatica, gioiosa, calibrata sulle dimensioni giovanili. Una santità che ha trovato nel quindicenne Domenico Savio concreta realizzazione e la conferma della bontà di una scelta.

 

Cari genitori

Mamma Margherita, che invita Giovannino Bosco a osservare il cielo e a ringraziare Dio, è una vera educatrice alla fede, perché il suo riferimento a Dio è fatto con naturalezza, parte dalla vita e da un cuore che è serenamente in armonia con Dio. Ed è qui che oggi i genitori rivelano tutti i loro limiti, essi che nel clima educativo di questi ultimi decenni sono vissuti senza riuscire ad approfondire adeguatamente la loro fede.

Eppure andrebbe ricercata su questa strada la possibilità di un aggancio nuovo con i figli. Un tempo il segno della superiorità del padre nei confronti dei figli proveniva dalla forza dell'esperienza. Ora questa credibilità, che diventa possibilità di proposta educativa, va conquistata con maggior fatica. E c'è da sperare che la certezza che il superamento della crisi dei ragazzi passa necessariamente attraverso la preparazione educativa e l'esperienza religiosa degli adulti, solleciti i papà e le mamme a una maggior sensibilità. A raggiungere, essi per primi, una piú convinta maturazione nella fede (p. 30-32).

 

 

 

 

 

Preghiera per un figlio

 

 

Dammi un figlio, Signore

che sia abbastanza forte

da riconoscere le sue debolezze

e abbastanza coraggioso da vincere le sue paure.

dagli la forza di restare in piedi

dopo una sconfitta onorevole

e la forza di restare semplice e umile

dopo una vittoria.

 

Dammi un figlio, Signore

i cui desideri non rimpiazzino le azioni

un figlio che conosca Te

e sappia conoscere se stesso.

Fa che percorra, te ne prego

non il sentiero dell'agiatezza e delle contraddizioni

ma quello della forza e della sfida

nella lotta contro le difficoltà.

 

Insegnagli a restare diritto nelle tempeste

e ad avere compassione per coloro che sono deboli.

Dammi un figlio che abbia un cuore puro

ed un ideale elevato,

un figlio che sappia dominarsi prima di dominare

un figlio che sappia ridere

senza dimenticare come si fa a pregare

che avanzi verso il futuro senza dimenticare il passato.

 

E dopo tutto questo, Signore

dagli il senso dell'umorismo

perché viva con serenità

ma sapendo guardare a se stesso

senza mai prendersi troppo sul serio.

Dagli l'umiltà che gli ricordi

la semplicità della vera sapienza

la dolcezza della vera forza.

Allora io, suo papà,

potrò dire.

non ho vissuto invano!