È triste constatare che il disprezzo della vita umana è una costante nella storia dell'umanità, anche recente.
La storia
La storia ci insegna che i casi di sterminio, di genocidio, d'infanticidio, di abbandono di bambini, ecc. sono per cosí dire ricorrenti nei secoli. Lo stesso Antico Testamento comprende racconti di massacri che ci lasciano sconcertati. L'origine di questi comportamenti è indubbiamente da ricercarsi nell'aggressività che cova nel cuore dell'uomo, cui va però aggiunta anche la tendenza a trovare un «capro espiatorio», vale a dire a scaricare sugli altri la responsabilità delle nostre disgrazie. Con l'avvento dell'industria sono nate nuove forme di sprezzo della vita umana. Leone XIII ha denunciato la mancanza di rispetto dei datori di lavoro nei confronti della vita degli operai, le condizioni di lavoro non sicure, le condizioni di vita insalubri e, soprattutto, la violenza delle strutture della società industriale. Questa violenza, ricorda Leone XIII, trova spiegazione nel fascino esercitato dal guadagno, che spinge a sfruttare al massimo i lavoratori.
Facendo eco alla Rerum novarum, numerosi testi pontifici successivi, in modo particolare Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus, hanno dimostrato che queste critiche sono sempre attuali. Nel corso del XX secolo, il disprezzo della vita umana si è tradotto in regimi politici particolarmente efferati. Basti pensare al comunismo sovietico! Come dimenticare che proprio questo regime, prima nell'Unione Sovietica e poi in Cina, ha legalizzato l'aborto, presentando il controllo della popolazione come un'esigenza della pianificazione imperativa della produzione? E inoltre, come dimenticare che in nome della medesima ideologia popolazioni intere, in particolare contadine, sono state massacrate? E cosa dire del fascismo, che ha ridotto l'uomo ad un semplice «membro» anonimo nel «corpo» dello Stato? Come cancellare il ricordo del nazismo che, non contento di aver diffuso la sterilizzazione e l'eutanasia e dopo aver incoraggiato esperimenti medici crudeli, ha sterminato milioni di innocenti per motivazioni razziali, filosofiche o religiose? Il quasi totale black-out che ha avvolto il cinquantesimo anniversario del processo di Norimberga (1946) mette in evidenza l'imbarazzo nel quale la commemorazione di questo evento avrebbe gettato gli ambienti contrari alla vita.
Il passato recente
I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 1945 e le «giustificazioni» addotte in seguito per tentare di scusarli, hanno contribuito a insinuare nell'opinione pubblica e in quella di taluni dirigenti l'idea che, nella guerra moderna, la distruzione in massa di popolazioni innocenti non debba porre particolari problemi morali. Il piú forte, per il solo fatto di disporre di mezzi di distruzione decisamente superiori a quelli degli altri, si sente giustificato ad utilizzarli in maniera smisurata e impudente. La guerra del Golfo (1991) ha confermato questo indurimento di posizioni. Il fatto che si siano registrate perdite umane relativamente basse sul fronte dei vincitori e invece abbastanza elevate sul fronte dei vinti, sia tra i militari sia tra i civili, è stato considerato non solo «normale», ma addirittura motivo di vanto. L'industria di morte non è mai stata cosí prospera come in questi tempi. Si rivaleggia in ingegnosità quando si tratta di preparare l'eliminazione di massa o addirittura lo sterminio del genere umano. Questa macabra ingegnosità riserva tuttavia delle sorprese: il costo della rimozione delle mine antiuomo sarebbe dieci volte superiore al costo della loro posa. La società moderna crede di aver chiuso i conti con il comunismo, il fascismo, il nazismo, ma non ha estirpato dalla nostra mentalità l'aspetto piú perverso di queste ideologie: l'ossessione della morte.
Di fatto, le ideologie di morte sono tornate ad essere attuali; non solo, tendono a diventare sempre piú sofisticate. Dopo la caduta del fascismo e del nazismo nel 1945 e nonostante l'implosione del comunismo sovietico, lo spettro della guerra totale incombe ancora sul mondo. Alla base delle relazioni internazionali c'è sempre l'idea che la guerra non è solo una questione militare; essa si combatte ovunque, con tutti i mezzi e in tutti i campi. Per questo motivo, pur continuando a produrre armamenti classici, la società contemporanea vede nascere nuove «indicazioni» ideologiche «che legittimano» i comportamenti che vanno contro la vita. Nel suo seno si moltiplicano i mezzi per sopprimere la vita o per impedirne il concepimento. I nuovi mezzi vengono messi a punto per la maggior parte in laboratori, per poi essere utilizzati in ambulatori, cliniche ed ospedali. I regimi totalitari contemporanei hanno fatto ricorso a validi metodi di condizionamento mentale degli individui e dei gruppi. Essi si sono frequentemente serviti della menzogna per ottimizzare gli effetti della violenza. Queste tecniche di lavaggio del cervello sono diventate sempre piú efficaci grazie, in modo particolare, alla complicità di taluni psichiatri. L'adozione di questi metodi ha spesso portato all'indebolimento o addirittura all'inibizione, sia nei singoli che nelle società, della capacità di giudicare in maniera personale e di decidere liberamente.
L'efficacia di questi metodi risulta evidente anche nel ruolo che assumono i media. Questi non hanno soltanto la facoltà di selezionare o di «giocare» con l'informazione; essi dispongono anche dei mezzi necessari per condizionare l'opinione pubblica inculcando nella testa di lettori ed ascoltatori menzogne che vengono recepite senza discernimento. È risaputo che i media, servendosi di questi metodi di condizionamento, hanno contribuito a far accettare a un'opinione pubblica troppo facilmente manipolabile pratiche che vanno contro la vita. Nei mass media, e persino nelle pubblicazioni scientifiche, vengono utilizzate tattiche per trarre in inganno l'opinione pubblica, condizionare i governanti, manipolare gli animi. La menzogna fa oramai parte degli "aiuti per decidere".
All'origine di questo disprezzo per la vita troviamo infine, e lo diciamo con rammarico, il silenzio, la rinuncia a lottare, addirittura la connivenza di alcuni teologi e pastori. In occasione di campagne ostili alla vita, taluni sono cosí spaventati da reagire come se ciò che è in gioco li interessasse a mala pena. Altri si rifugiano in acrobazie casistiche o semantiche: le loro sottili ambiguità, però, oltre ad avallare pratiche immorali, creano confusione ed errore. Capita persino che certi gruppi confessionali rinuncino a insegnare parti intere della morale. Per questo, di fronte al disprezzo di cui la vita è attualmente oggetto, i leaders spirituali hanno una forte responsabilità, o per il loro silenzio, o per la loro complicità.
In nome dell'«interesse superiore»
Étienne De Greef (1898-1961), che fu professore di psichiatria all'università di Lovanio, scriveva:
«L'interesse superiore è sufficiente per bloccare qualsiasi reazione di simpatia nei confronti delle vittime piú innocenti e degne di pietà... La nozione di interesse superiore rende immediatamente insensibili le nostre coscienze, che presentano una resistenza minima a questa anestesia. È in nome della libertà, della giustizia e della morale e persino dell'amore del prossimo che viene commessa la maggior parte dei crimini. Sappiamo oggi che un popolo civilizzato può, senza per questo temere la benché minima rimostranza seria da parte di un'altra nazione civilizzata, terrorizzare, derubare e distruggere una minoranza etnica purché gli riesca non tanto di nascondere il fatto quanto di impedire che si sentano le grida o che si percepisca la disperazione delle vittime».
E aggiungeva:
«Hitler non ha fatto altro che estremizzare le teorie della lotta per la vita, la negazione del bene e del male, il ripudio di ogni legge morale. Perché e con quale diritto scandalizzarsi di questi concetti che venivano insegnati nella maggior parte delle università occidentali»?
Cfr. SCHOOYANS MICHEL, Nuovo disordine mondiale, (Collana Problemi e dibattiti 48), Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, 23-27.
N.B. Si raccomanda la consultazione del testo integrale (con le note critiche). È possibile richiederlo presso il sito delle Edizioni San Paolo.