Canonico penitenziere della Diocesi di Tempio, occupò posti di rilievo nella Chiesa locale e svolse con zelo il ministero sacerdotale, in particolar modo quello delle confessioni e della direzione spirituale.

Ancor più del ministero pubblico fu prezioso quello svolto con grande generosità nell'umiltà e nel silenzio.

Fu un uomo di preghiera dall'intensa vita spirituale, dotato di una straordinaria giovinezza interiore e di un animo nobile.

Ebbe a cuore il bene di tutti, in particolare quello dei confratelli nel sacerdozio, coltivando numerose ed esemplari amicizie (fra cui Mons. Enea F. Selis), insieme al gusto per tutto ciò che è buono, vero e bello.

Le sue parole semplici, improntate a grande umiltà, e rispondenti alla situazione delle persone che incontrava costituivano un punto di riferimento sicuro, quale autentico amico di Dio e del prossimo.

La sua personalità è tratteggiata significativamente nell'omelia che il suo vescovo diocesano ha pronunciato in occasione delle esequie.

 

 

 

 

 

 

Omelia della Messa esequiale

 

 

 

"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46)

Nel secondo anno pregiubilare dedicato in modo particolare alla riflessione, all'invocazione, alla testimonianza da rendere al Risorto con la forza dello Spirito (cfr. At 1,8), il brano del Vangelo secondo Luca appena proclamato mette in risalto, conclusivamente; una grande verità e realtà di fede: tutta l'umanità di Cristo, dall'incarnazione alla spirazione, si determina "per opera dello Spirito Santo". Anzi, possiamo dire, è opera dello Spirito Santo.

Anche la vita del battezzato, in tutto il suo arco, inizia, si sviluppa, si perfeziona sotto l'azione dello Spirito Santo. Senza lo Spirito la vita cristiana è come se non esistesse; non avrebbe senso parlare né di inizio, né di fine.

Celebrare in queste esequie la memoria della morte e risurrezione di Cristo, significa, qui - oggi - per noi discepoli del Signore, incontrare Lui Risorto tramite la Parola e il Pane eucaristico santificati dallo Spirito e, per Lui, in una nuova dimensione comunionale ed ecclesiale, il nostro carissimo Confratello sacerdote Giovanni Luca Solinas.

Il suffragio orante è perché egli incontri in virtú dello Spirito il Padre, il Cristo della gloria e celebri la Pasqua senza fine.

 

I

1. "Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito".

Nella Passione secondo Luca, il momento della morte di Gesú viene collocato in un'ora pomeridiana precisa ("tre del pomeriggio"), anticipata ("verso mezzogiorno") dal "buio su tutta la terra" e dallo "squarciarsi del velo del tempio"; per annunciare che la morte di Cristo è di portata universale e inaugura un modo nuovo di accedere al Padre tramite il suo corpo glorioso, "tempio non fatto da mani d'uomo" (cf. Mc 14,58; Eb 10,20).

La preghiera, l'ultima, al Padre, rivela Ia filiale fiducia e la consapevolezza del Figlio di aver compiuto fino in fondo il disegno di salvezza. Gesú non è soltanto il Figlio-modello, ma anche "il discepolo dei discepoli", "il tipo del Giusto sofferente", che vince la morte e ne annuncia ai discepoli il superamento.

"Consegno il mio spirito", dunque, dice Ia consapevolezza dell'"esodo" di Gesú da questo mondo al Padre, che avviene con la "consegna di quello Spirito che lo ha fatto esistere e ne ha determinato il divenire umano.

Poi l'interrogativo centrale del messaggio pasquale di Luca, tramite le donne, la tomba vuota, le parole dei "due uomini bianco vestiti: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto"".

Il Risorto è Vivente, cammina con i suoi discepoli nella storia, condividendo il limite della loro umanità, pronto a "farsi Parola" e "Pane" per ogni uomo pellegrino.

 

2. "Avete ricevuto uno spirito da Figli adottivi"

Come l'evangelista Luca, anche l'apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani (8,14-23), ribadisce con forza che la fragilità dell'uomo è assunta da Cristo e distrutta con Ia sua morte. Per Lui siamo affrancati dalla legge del peccato e adottati come figli del Padre, per vivere secondo lo Spirito. Lo Spirito che ha dato la vita divina di Cristo è lo stesso Spirito che per Cristo adotta ciascun battezzato a riconoscersi e a vivere realmente da figlio di Dio. "Quelli che vivono secondo lo Spirito (pensano) alle cose dello Spirito", aveva premesso Paolo in un versetto prendente (cf. v. 5).

Partecipi del mistero pasquale di Cristo mediante il suo Spirito, i battezzati non devono piú vivere secondo la carne che muore, ma secondo lo Spirito, che inabita in loro, ispirando e orientandone il comportamento, pegno di eternità.

Le sofferenze, tramite le quali lo Spirito associa alla Croce di Cristo, ai suoi misteri pasquali, sono condizione indispensabile per essere "partecipi" e "coeredi della sua gloria".

La situazione presente e quella definitiva sono messe in stretto rapporto dalla fede e dalla tensione della speranza. Una fede "impaziente" non perché non sa attendere, ma perché continuamente inquieta di quella "cristiana inquietudine" che attiva già-ora segni concreti di speranza per liberare l'uomo da ogni forma di schiavitú.

"Gemere e soffrire" nella storia è garanzia di futuro; è trasfigurare il presente con quel "di piú" di amore, "primizia dello Spirito" (Rm 8,23) e anticipo di quella definitivitá, alla quale introduce il momento conclusivo della vita terrena.

 

II

Carissimi Confratelli Sacerdoti e Consorelle di Vita Consacrata, in particolare carissimi Francesca, Parenti, Amici e Figli spirituali dell'Estinto, Fedeli della comunità cristiana di Luras e di altre qui convenuti, consentitemi, pur nella doverosa, liturgica discrezione, una breve attualizzazione della Parola e della stessa Eucaristia alla vocazione e missione del Canonico Solinas.

L'una e l'altra, insieme, sono evento di salvezza per ogni discepolo e comunità, che per l'effusione dello Spirito possono accogliere, celebrare, testimoniare il Risorto.

 

1. Un sacerdote "pasquale"

Rileggere la vita dalla fine non è soltanto un atto sapienziale, prudente, ma il modo illuminato, cristiano, per riflettere, senza voler giudicare, sulla vita di questo Confratello, cosí come su quella di ogni altra persona.

È il metodo di trascrizione dei Vangeli. È il criterio di lettura di ogni vangelo incarnato.

La fine del Canonico Solinas, a partire da circa due anni, ci ha consegnato la testimonianza viva del battezzato e del sacerdote, ministro di Dio, che serenamente, in tutta consapevolezza, non solo attendeva la morte, ma ogni giorno la viveva affidandosi alla volontà di Dio, celebrando i misteri pasquali di Cristo, continuando a riconciliare i peccatori con il Padre, edificando tutti grandemente con il suo esempio e i discorsi spirituali.

Chiamato nelle ultime settimane ad associarsi piú intimamente alla passione di Cristo tramite grandi sofferenze fisiche, ha sopportato con cristiana rassegnazione, offerto, pregato, ringraziato per le premure, che molto lo confortavano, attenuando Ia durezza della prova e lo stesso duello tra vita e morte.

A sigillo, proprio domenica scorsa 22 febbraio, durante la Messa celebrata dal Vescovo accanto a lui, ormai in stato preagonico, alle parole della consacrazione, al canto del "Padre nostro" e alla comunione, si é improvvisamente risvegliato; fissando gli occhi al cielo; ripeteva commosso: "È la Pasqua! È la Pasqua!". Una vera "confessio fidei, vitae et amoris", che confermava l'intimo rapporto tra liturgia terrestre e liturgia celeste che quel momento finale dell'esistenza rendeva ancor piú reale per l'esiguità del confine.

La stessa ora della morte ("verso le tre del pomeriggio") lo ha in modo singolare accostato a Cristo morente.

Credo sia stato, quest'atto supremo, la miglior sintesi della sua vita di cristiano e di sacerdote.

Quale "consegna" migliore di sé, alla luce del messaggio pasquale (passione - morte - risurrezione) di Luca, se non quella conclusiva di una vita tutta consacrata per il Signore e per le anime e già celebrativa della gloria?

Ora, quella vita poteva "consegnarsi", perché vissuta nella consapevolezza del mistero di elezione divina, che lo aveva suscitato all'esistenza e alla grazia della fede, chiamato al sacerdozio quando aveva già un diploma di ragioniere, facendogli incontrare a Sassari due grandi padri spirituali, di venerata memoria (p. Giovanni Battista Manzella e Mons. Arcangelo Mazzotti) e un vero amico fraterno (Mons. Enea Selis, vivente), consacrato presbitero e introdotto al ministero dal santo vescovo Mons. Albino Morera.

All'esemplarità di vita di anime cosí elette, delle quali è stato sempre memore e grato, ha voluto ispirare il suo sacerdozio, caratterizzandolo con una spiritualità di conformazione - compassione - immedesimazione al Cristo della Pasqua: il Cenacolo per adorare, la Croce per obbedire e servire nella rinuncia e nel sacrificio; la Tomba (vuota) per infondere la speranza e la gioia del Risorto.

Questi i momenti essenziali della sua giornata e della sua vita. Momenti pasquali.

 

2. Un sacerdote ricco di unzione

Mi sembra questa la caratteristica precipua del suo lungo ministero durato, si può dire, sessant'anni: dall'Ordinazione sacerdotale (8 agosto 1937) fino a qualche settimana dalla morte.

È apparso sempre chiaro, cogente in lui l'amore appassionato a Cristo, valore assoluto e centrale della sua vita di presbitero.

Un valore che, praticamente, si traduceva nella esigenza di vivere "intimamente unito a Cristo" tramite la vita di grazia, la celebrazione e l'adorazione eucaristica, la pietà mariana. Un valore che, concomitantemente, si traduceva in atteggiamento di umiltà e di obbedienza. Con tale interiore disposizione si è sempre affidato ai Vescovi, accettandone i vari uffici e incarichi: di insegnante presso il Seminario diocesano e nelle Scuole statali, di vicario parrocchiale, di cancelliere, di convisitatore, di assistente diocesano delle giovani e delle donne di A.C., di Canonico Penitenziere e di Decano del Capitolo della Cattedrale di Tempio.

La vita ascetica che per lungo tempo lo ha presentato al nostro sguardo riservato, schivo fino quasi allo scrupolo, e l'intensa preghiera, lo hanno via via affinato da consentirgli di superare certa rigida severità di comportamento e di assumere un atteggiamento piú paterno, tenero e amabile, specialmente negli ultimi anni.

E questo, potremmo dire, applicando un passo famoso di San Bonaventura, nell'"Itinerarium mentis in Deum" (cf. Prologo, n. 4), grazie a quella "unzione sacerdotale", fatta di "devozione", "stupore", interiore "esultanza". Non gli bastava l'attività ministeriale se non sostenuta da vera "pietà", il sapere "senza la carità", il capire "senza l'umiltà", lo studiare "senza la grazia divina", la ricerca di Dio "senza lo Spirito di sapienza".

Plasmato dallo Spirito nella virtú della penitenza per tutta la durata dei suoi giorni, ne trasfondeva il valore evangelico nell'animo di una numerosa schiera di figli spirituali, facendo scoprire loro "la bellezza e la gioia del sacramento" della Riconciliazione, educandoli al "senso del peccato" e alla gioia consolante della richiesta di perdono e dell'incontro con Dio "ricco di misericordia" (Ef 2,4) (cf. PDV 148), inculcando in tutti l'amore per la preghiera cristiana e per l'Eucaristia, la tenera devozione e l'imitazione della Beata Vergine (cf. 1. c. 82).

È stato, come ho potuto udire con i miei orecchi, subito dopo la morte, "un santo sacerdote", che ha saputo accogliere e ascoltare, ma soprattutto - come Giovanni Paolo II ha detto in una udienza del 4 marzo del 1990 - un uomo che ha aiutato "a guardare Dio, a salire verso di lui", grane alla intimità con Lui, dono dello Spinto e frutto della conformità a Cristo sommo sacerdote (cf. 1. c. 47). L'Unzione degli infermi lo ha trovato subito disposto, pronto a celebrare il Sacramento, che sigillava ogni precedente unzione consacratoria.

 

3. "Rendiamo grazie a Dio"!

Questo il sentimento che pervade l'animo del Vescovo per il segno e lo strumento di grazia che è stato questo Confratello.

Questa, anche la prima espressione manifestata da altri Confratelli, da Consacrati/e, da alcuni figli spirituali fedeli della Comunità di Luras.

"Rendiamo grazie a Dio!", quindi, perché lo Spirito Santo ha effuso in lui e sparso tramite la sua figura di sacerdote il "bonus odor Christi", "il profumo di Cristo" (2Cor 2,15): il profumo della sua stessa unzione di consacrato dal Padre per la salvezza del mondo, di "testimone fedele" (Ap 3,14) della verità e della vita in pienezza.

"Rendiamo grazie a Dio", carissimo Confratello Giovanni, per la risposta fedele e generosa alla grazia della tua vocazione e missione di presbitero.

In particolare, Confratelli presbiteri, "rendiamo grazie a Dio", con tanti Fratelli e Sorelle di Vita Consacrata e del Laicato, perché egli è stato per noi strumento della misericordia del Padre nel sacramento della Penitenza. Ultimo fra i penitenti e primo dei peccatori, il Vescovo, che lo ha avuto amoroso padre spirituale e confessore agli inizi del suo ministero sacerdotale ed ora episcopale.

Al termine dell'Eucaristia celebrata nella sua casa di Luras, preludio del suo "esodo" da questo mondo, con lo sguardo estatico e le residue forze, cercava di accompagnarci nel canto del "Magnificat".

Il cantico di Maria, che loda, benedice, rende grazie all'"Onnipotente" per le meraviglie operate in lei, continua a significare e sostenere il nostro suffragio.

Interceda tanta Madre per la nostra Chiesa particolare: per il Pastore e i Pastori presbiteri, per i Consacrati e tutti i Vocati, per la sorella Francesca e i parenti, per la comunità di Luras, che come noi ne conserverà un ricordo affettuoso e grato.

La sua memoria sarà in benedizione (cfr. Pr 10,7)! Riposa in pace, fratello carissimo! Amen.

Si, Signore, crediamo che la morte di questo servo buono e fedele (cf. Mt 25,2 ss.), di questo giusto, sarà preziosa ai tuoi occhi, come lo è stata ai nostri (cf. Sal 114, v. 15).

 

 

 

__________________

 

 

 

Dopo l'ultima raccomandazione e il commiato, il Vescovo rivolgendosi alla sorella e a coloro che avevano assistito nelle ultime settimane il Canonico Solinas, aggiungeva:

Siamo vicini con l'affetto e la preghiera all'amata Francesca, sorella germana, ma soprattutto spirituale, avendo condiviso con il fratello, per tutta la vita, l'intimità e il fervore dell'ideale cristiano.

Alla stessa, al medico curante dott. Salvatore Sassu, a Suor Pierina, a Maria e a Gianfranca, un grazie grande e di tutto cuore, per aver custodito e assistito con fraterna carità, da veri "angeli", questo Sacerdote di Dio.

Dio vi ricompensi!

"A 'lu conoschere in sa gloria!

+ Mons. Paolo Atzei, vescovo di Tempio e Ampurias

 

 

 

 

 

Breve curriculum vitae

 

 

Figlio di Pietro e di Giovanna Maria Selis, nasce a Luras (SS) il 9 dicembre 1910.

Ordinato sacerdote l'8 agosto 1937 a Luras da Mons. Albino Morera.

Professore nel Seminario diocesano di Tempio (1 ottobre 1937).

Vicario sostituto del parroco di Nuchis (SS) (1 ottobre 1937).

Economo spirituale di Trinità d'Agultu (30 marzo 1938).

Cancelliere della Curia diocesana di Tempio (29 maggio 1938).

Segretario e Cassiere della Giunta dell'Azione Cattolica Italiana (anni 1937-1939).

Cassiere diocesano dell'Opera Vocazionale Ecclesiastica (anni 1937-1942).

Direttore diocesano delle Opere Missionarie (anni 1937-1943).

Canonico del Capitolo della Cattedrale di Tempio (30 marzo 1942).

Assistente diocesano delle Donne di Azione Cattolica (1 ottobre 1942).

Assistente diocesano della Gioventù femminile di Azione Cattolica (1 ottobre 1943).

Confessore ordinario delle Suore del Cottolengo (15 dicembre 1943).

Canonico penitenziere della Cattedrale di Tempio (1 giugno 1970).

Canonico decano della Cattedrale di Tempio (1 aprile 1984).

Penitenziere della Cattedrale di Tempio (17 giugno 1988).

Membro del Consiglio Presbiterale Diocesano (31 marzo 1994).

Deceduto a Luras (SS) il 23 febbraio 1998.