III - Quanta est nobis via?

Continuare ed intensificare il dialogo

 

77. Ora possiamo chiederci quanta strada ci separa ancora da quel giorno benedetto in cui sarà raggiunta la piena unità nella fede e potremo concelebrare nella concordia la santa Eucaristica del Signore. La migliore conoscenza reciproca già realizzata tra di noi, le convergenze dottrinali raggiunte, che hanno avuto come conseguenza una crescita affettiva ed effettiva di comunione, non possono bastare alla coscienza dei cristiani che professano la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della piena unità visibile di tutti i battezzati. In vista di questa mèta, tutti i risultati raggiunti sinora non sono che una tappa, anche se promettente e positiva.

78. Nel movimento ecumenico, non è soltanto la Chiesa cattolica, insieme con le Chiese ortodosse, a possedere questa esigente concezione dell'unità voluta da Dio. La tendenza verso una tale unità è espressa anche da altri (129).

L'ecumenismo implica che le Comunità cristiane si aiutino a vicenda affinché in esse sia veramente presente tutto il contenuto e tutte le esigenze dell'"eredità tramandata dagli Apostoli" (130). Senza di ciò, la piena comunione non sarà mai possibile. Questo vicendevole aiuto nella ricerca della verità è una forma suprema della carità evangelica.

La ricerca dell'unità si è espressa nei vari documenti delle numerose Commissioni miste internazionali di dialogo. In tali testi si tratta del Battesimo, dell'Eucaristia, del Ministero e dell'autorità partendo da una certa unità fondamentale di dottrina.

Da tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora passare all'unità visibile necessaria e sufficiente, che si iscriva nella realtà concreta, affinché le Chiese realizzino veramente il segno di quella piena comunione nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica che si esprimerà nella concelebrazione eucaristica.

Questo cammino verso l'unità visibile necessaria e sufficiente, nella comunione dell'unica Chiesa voluta da Cristo, esige ancora un lavoro paziente e coraggioso. Nel far ciò bisogna non imporre altri obblighi all'infuori degli indispensabili (cfr. At 15,28).

79. Sin da ora è possibile individuare gli argomenti da approfondire per raggiungere un vero consenso di fede: 1) le relazioni tra sacra Scrittura, suprema autorità in materia di fede e la sacra Tradizione, indispensabile interpretazione della parola di Dio; 2) l'Eucaristia, sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, offerta di lode al Padre, memoriale sacrificale e presenza reale di Cristo, effusione santificatrice dello Spirito Santo; 3) l'Ordinazione, come sacramento, al triplice ministero dell'episcopato, del presbiterato e del diaconato; 4) il Magistero della Chiesa, affidato al Papa e ai Vescovi in comunione con lui, inteso come responsabilità e autorità a nome di Cristo per l'insegnamento e la salvaguardia della fede; 5) la Vergine Maria, Madre di Dio e icona della Chiesa, Madre spirituale che intercede per i discepoli di Cristo e tutta l'umanità.

In questo coraggioso cammino verso l'unità, la lucidità e prudenza della fede ci impongono di evitare il falso irenismo noncuranza per le norme Chiesa (131). Inversamente, stessa raccomandano sfuggire tiepidezza nell'impegno'unità ed ancor piú'opposizione preconcetta, o disfattismo che tende a vedere tutto al negativo.

Mantenere una visione dell'unità che tenga conto di tutte le esigenze della verità rivelata non significa mettere un freno al movimento ecumenico (132). contrario evitargli accomodarsi in soluzioni apparenti, perverrebbero a nulla stabile e solido (133). L'esigenza deve andare fino fondo. è forse questa la legge del Vangelo?

 

 

 

 

Ricezione dei risultati raggiunti

 

80. Mentre prosegue il dialogo su nuove tematiche o si sviluppa a livelli piú profondi, abbiamo un compito nuovo da assolvere: come recepire i risultati sino ad ora raggiunti. Essi non possono rimanere affermazioni delle Commissioni bilaterali, ma debbono diventare patrimonio comune. Perché ciò avvenga e si rafforzino cosí i legami di comunione, occorre un serio esame che, in modi, forme e competenze diverse, deve coinvolgere il popolo di Dio nel suo insieme. Si tratta infatti di questioni che spesso riguardano la fede ed esse esigono l'universale consenso, che si estende dai Vescovi ai fedeli laici, i quali hanno tutti ricevuto l'unzione dello Spirito Santo (134). È lo stesso Spirito che assiste il Magistero e suscita il sensus fidei.

Per recepire i risultati del dialogo occorre pertanto un ampio ed accurato processo critico che li analizzi e ne verifichi con rigore la coerenza Tradizione di fede ricevuta dagli Apostoli vissuta nella comunità dei credenti radunata attorno al Vescovo, suo legittimo Pastore.

81. Questo processo, che si dovrà fare con prudenza e in atteggiamento di fede, sarà assistito dallo Spirito Santo. Perché esso dia esito favorevole, è necessario che i suoi risultati siano opportunamente divulgati da persone competenti. Di grande rilievo, a tal fine, è il contributo che i teologi e le facoltà di teologia sono chiamati ad offrire in adempimento al loro carisma nella Chiesa. È chiaro, inoltre, che le commissioni ecumeniche hanno, a questo riguardo, responsabilità e compiti del tutto singolari.

L'intero processo è seguito ed aiutato dai Vescovi e dalla Santa Sede. L'autorità docente ha la responsabilità di esprimere il giudizio definitivo.

In tutto questo, sarà di grande aiuto attenersi metodologicamente alla distinzione fra il deposito della fede e la formulazione in cui esso è espresso, come raccomandava Papa Giovanni XXIII nel discorso pronunciato apertura del Concilio Vaticano II (135).

 

 

 

 

Continuare l'ecumenismo spirituale e testimoniare la santità

 

82. Si comprende come la gravità dell'impegno ecumenico interpelli in profondità i fedeli cattolici. Lo Spirito li invita ad un serio esame di coscienza. La Chiesa cattolica deve entrare in quello che si potrebbe chiamare "dialogo della conversione", nel quale è posto il fondamento interiore del dialogo ecumenico. In tale dialogo, che si compie davanti a Dio, ciascuno deve ricercare i propri torti, confessare le sue colpe, e rimettere se stesso nelle mani di Colui che è l'Intercessore presso il Padre, Gesú Cristo.

Certamente, in questa relazione di conversione alla volontà del Padre e, al tempo stesso, di penitenza e di fiducia assoluta nella potenza riconciliatrice della verità che è Cristo, si trova la forza per condurre a buon fine il lungo ed arduo pellegrinaggio ecumenico. Il "dialogo della conversione" di ogni comunità con il Padre, senza indulgenze per se stessa, è il fondamento di relazioni fraterne che siano una cosa diversa da una cordiale intesa o da una convivialità tutta esteriore. I legami della koinonia fraterna vanno intrecciati davanti a Dio e in Cristo Gesú.

Soltanto il porsi davanti a Dio può offrire una base solida quella conversione dei singoli cristiani e continua riforma della Chiesa in quanto istituzione anche umana terrena (136), che sono le condizioni preliminari di ogni impegno ecumenico. Uno procedimenti fondamentali del dialogo ecumenico è lo sforzo coinvolgere Comunità cristiane questo spazio spirituale, tutto interiore, cui Cristo, nella potenza dello Spirito, induce tutte, senza eccezioni, ad esaminarsi al Padre chiedersi se state fedeli suo disegno sulla Chiesa.

83. Ho parlato della volontà del Padre dello spazio spirituale in cui ogni comunità ascolta l'appello ad un superamento degli ostacoli all'unità. Ebbene, tutte le Comunità cristiane sanno che una tale esigenza, un tale superamento, per mezzo della forza che dà lo Spirito, non sono fuori della loro portata. Tutte, infatti, hanno dei martiri della fede cristiana (137). Malgrado il dramma della divisione, questi fratelli hanno conservato in se stessi un attaccamento a Cristo e al Padre suo tanto radicale e assoluto da poter arrivare fino all'effusione del sangue. Ma non è forse questo stesso attaccamento ad essere chiamato in causa in ciò che ho qualificato come "dialogo della conversione"? Non è proprio questo dialogo a sottolineare la necessità di andare fino in fondo all'esperienza di verità per la piena comunione?

84. In una visione teocentrica, noi cristiani già abbiamo un Martirologio comune. Esso comprende anche i martiri del nostro secolo, piú numerosi di quanto non si pensi, e mostra come, ad un livello profondo, Dio mantenga fra i battezzati la comunione nell'esigenza suprema della fede, manifestata col sacrificio della vita (138). Se si può morire per la fede, ciò dimostra che si può raggiungere la mèta quando si tratta di altre forme della stessa esigenza. Ho già constatato, e con gioia, come la comunione, imperfetta ma reale, è mantenuta e cresce a molti livelli della vita ecclesiale. Ritengo ora che essa sia già perfetta in ciò che tutti noi consideriamo l'apice della vita di grazia, la martyria fino alla morte, la comunione piú vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani (cfr. Ef 2,13).

Se per tutte le Comunità cristiane i martiri sono la prova della potenza grazia, essi non tuttavia soli a testimoniare di tale potenza. Sebbene in modo invisibile, comunione ancora piena delle nostre è verità cementata saldamente nella dei santi, cioè coloro che, alla conclusione una esistenza fedele Cristo glorioso. Questi santi vengono da Chiese e ecclesiali, che hanno aperto loro l'ingresso salvezza. Quando si parla un patrimonio comune devono iscrivere esso soltanto istituzioni, riti, mezzi salvezza, tradizioni conservato dalle quali esse state plasmate, ma primo luogo innanzi tutto questa realtà santità (139).

Nell'irradiazione che emana dal "patrimonio dei santi" appartenenti a tutte le Comunità, il "dialogo della conversione" verso l'unità piena e visibile appare allora sotto una luce di speranza. Questa presenza universale dei santi dà, infatti, la prova della trascendenza della potenza dello Spirito. Essa è segno e prova della vittoria di Dio sulle forze del male che dividono l'umanità. Come cantano le liturgie, "incoronando i santi, Dio incorona i suoi propri doni" (140).

Laddove esiste la sincera volontà di seguire Cristo, spesso lo Spirito sa effondere sua grazia in sentieri diversi da quelli ordinari. L'esperienza ecumenica ci ha permesso comprenderlo meglio. Se, nello spazio spirituale interiore che ho descritto, le Comunità sapranno veramente "convertirsi" alla ricerca della comunione piena e visibile, Dio farà per esse ciò fatto i loro santi. Egli saprà superare gli ostacoli ereditati dal passato condurrà sulle sue vie dove vuole:koinonia visibile che è al tempo stesso lode della sua gloria e servizio al suo disegno di salvezza.

85. Poiché nella sua infinita misericordia, Dio può sempre trarre il bene anche dalle situazioni che recano offesa al suo disegno, possiamo allora scoprire che lo Spirito ha fatto sí che le opposizioni servissero in alcune circostanze ad esplicitare aspetti della vocazione cristiana, come avviene nella vita dei santi. Malgrado la frammentazione, che è un male da cui dobbiamo guarire, si è dunque realizzata come una comunicazione della ricchezza della grazia che è destinata ad abbellire la koinonia. La grazia di Dio sarà con tutti coloro che, seguendo l'esempio dei santi, si impegnano ad assecondarne le esigenze. E noi, come possiamo esitare a convertirci alle attese del Padre? Egli è con noi.

 

 

 

 

Contributo della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità dei cristiani

 

86. La Costituzione Lumen gentium in una sua affermazione fondamentale che il Decreto Unitatis redintegratio riecheggia (141), scrive che l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica (142). Il Decreto sull'ecumenismo sottolinea la presenza in essa della pienezza (plenitudo) degli strumenti di salvezza (143). La piena unità si realizzerà quando tutti parteciperanno alla pienezza dei mezzi di salvezza che Cristo ha affidato alla sua Chiesa.

87. Lungo il cammino che conduce verso la piena unità, il dialogo ecumenico si adopera a suscitare un fraterno aiuto reciproco per mezzo del quale le Comunità si applicano a darsi scambievolmente ciò di cui ciascuna ha bisogno per crescere secondo il disegno di Dio verso la pienezza definitiva (cfr. Ef 4,11-13). Ho detto come siamo consapevoli, in quanto Chiesa cattolica, di aver ricevuto molto dalla testimonianza, dalla ricerca e finanche dalla maniera in cui sono stati sottolineati e vissuti dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali certi beni cristiani comuni. Tra i progressi compiuti durante gli ultimi trent'anni, bisogna attribuire un posto di rilievo a tale fraterno influsso reciproco. Nella tappa alla quale siamo pervenuti (144), tale dinamismo di mutuo arricchimento deve essere preso seriamente in considerazione. Basato sulla comunione che già esiste grazie agli elementi ecclesiali presenti nelle Comunità cristiane, esso non mancherà di spingere verso la comunione piena e visibile, mèta sospirata del cammino che stiamo compiendo. È la forma ecumenica della legge evangelica della condivisione. Questo mi incita a ripetere: "Occorre dimostrare in ogni cosa la premura di venire incontro a ciò che i nostri fratelli cristiani, legittimamente, desiderano e si attendono da noi, conoscendo il loro modo di pensare e la loro sensibilità [...]. Bisogna che i doni di ciascuno si sviluppino per l'utilità e a vantaggio di tutti" (145).

 

 

 

 

Il ministero d'unità del Vescovo di Roma

 

88. Tra tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, la Chiesa cattolica è consapevole di aver conservato il ministero del Successore dell'apostolo Pietro, il Vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità" (146), e che lo Spirito sostiene perché di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri. Secondo la bella espressione di Papa Gregorio Magno, il mio ministero è quello di servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore dal rischio di separare la potestà (ed in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo: "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27), dice il Signore nostro Gesú Cristo, Capo della Chiesa. D'altra parte, come ho avuto modo di affermare nell'importante occasione dell'incontro al Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra, il 12 giugno 1984, la convinzione della Chiesa cattolica di aver conservato, in fedeltà alla tradizione apostolica e alla fede dei Padri, nel ministero del Vescovo di Roma, il segno visibile e il garante dell'unità, costituisce una difficoltà per la maggior parte degli altri cristiani, la cui memoria è segnata da certi ricordi dolorosi. Per quello che ne siamo responsabili, con il mio Predecessore Paolo VI imploro perdono (147).

89. È tuttavia significativo ed incoraggiante che la questione del primato del Vescovo di Roma sia attualmente diventata oggetto di studio, immediato o in prospettiva, e significativo ed incoraggiante è pure che tale questione sia presente quale tema essenziale non soltanto nei dialoghi teologici che la Chiesa cattolica intrattiene con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, ma anche piú generalmente nell'insieme del movimento ecumenico. Recentemente, i partecipanti alla quinta assemblea mondiale della Commissione "Fede e Costituzione" del Consiglio ecumenico delle Chiese, tenutasi a Santiago de Compostela, hanno raccomandato che essa "dia l'avvio ad un nuovo studio sulla questione di un ministero universale dell'unità cristiana" (148). Dopo secoli di aspre polemiche, le altre Chiese e Comunità ecclesiali sempre di piú scrutano con uno sguardo nuovo tale ministero di unità (149).

90. Il Vescovo di Roma è il Vescovo della Chiesa che conserva l'impronta del martirio di Pietro e di quello di Paolo: "Per un misterioso disegno della Provvidenza, è a Roma che egli [Pietro] conclude il suo cammino al seguito di Gesú ed è a Roma che dà questa massima prova d'amore e di fedeltà. A Roma, Paolo, l'apostolo delle genti, dà anche lui la testimonianza suprema. La Chiesa di Roma diventava cosí la Chiesa di Pietro e di Paolo" (150).

Nel Nuovo Testamento, la persona di Pietro ha un posto eminente. Nella prima parte degli Atti Apostoli, egli appare come il capo ed portavoce del collegio apostolico designato "Pietro [...] con gli altri Undici" (2,14; cfr. anche 2,37; 5,29). assegnato a è fondato sulle parole stesse Cristo, cosí esse sono ricordate nelle tradizioni evangeliche.

91. Il Vangelo di Matteo delinea e precisa la missione pastorale di Pietro nella Chiesa: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (16,17-19). Luca evidenzia che Cristo raccomanda a Pietro di confermare i fratelli, ma che allo stesso tempo gli fa conoscere la sua debolezza umana ed il suo bisogno di conversione (cfr. Lc 22,31-32). È proprio come se, sullo sfondo dell'umana debolezza di Pietro, si manifestasse pienamente che il suo particolare ministero nella Chiesa proviene totalmente dalla grazia; è come se il Maestro si dedicasse in modo speciale alla sua conversione per prepararlo al compito che si appresta ad affidargli nella sua Chiesa e fosse molto esigente con lui. La stessa funzione di Pietro, sempre legata ad una realistica affermazione della sua debolezza, si ritrova nel quarto Vangelo: "Simone di Giovanni, mi ami tu piú di costoro? [...] Pasci le mie pecorelle" (cfr. Gv 21,15-19). È inoltre significativo che secondo la Prima Lettera di Paolo ai Corinzi, il Cristo risorto appaia a Cefa e quindi ai Dodici (cfr. 15,5).

È importante rilevare come la debolezza di Pietro e Paolo manifesti che Chiesa si fonda sulla infinita potenza della grazia (cfr. Mt 16,17; 2Cor 12,7-10). Pietro, subito dopo sua investitura, è redarguito con rara severità da Cristo gli dice: "Tu mi sei scandalo" (Mt 16,23). non vedere nella misericordia cui ha bisogno una relazione il ministero quella egli sperimenta per primo? Ugualmente, tre volte rinnegherà Gesú. Anche Vangelo Giovanni sottolinea riceve l'incarico pascere gregge in triplice professione d'amore 21,15-17) corrisponde al suo tradimento 13, 38). Luca, parte sua, parola già citata, alla quale aderirà prima tradizione nell'intento delineare missione insiste sul fatto questi dovrà "confermare i suoi fratelli volta sarà ravveduto" Lc 22,32).

92. Quanto a Paolo, egli può concludere la descrizione del suo ministero con la sconvolgente affermazione che gli è dato raccogliere dalle labbra del Signore: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza", e può esclamare quindi: "Quando sono debole, è allora che sono forte" (2Cor 12,9-10). È questa una caratteristica fondamentale dell'esperienza cristiana.

Erede della missione di Pietro, nella Chiesa fecondata dal sangue dei corifei degli Apostoli, il Vescovo Roma esercita un ministero che ha la sua origine multiforme misericordia Dio, quale converte i cuori e infonde forza grazia laddove discepolo conosce gusto amaro debolezza miseria. L'autorità propria questo è tutta per servizio del disegno misericordioso Dio va sempre vista in questa prospettiva. suo potere si spiega con essa.

93. Ricollegandosi alla triplice professione d'amore di Pietro che corrisponde al triplice tradimento, il suo successore sa di dover essere segno di misericordia. Il suo è un ministero di misericordia nato da un atto di misericordia di Cristo. Tutta questa lezione del Vangelo deve essere costantemente riletta, affinché l'esercizio del ministero petrino nulla perda della sua autenticità e trasparenza.

La Chiesa di Dio è chiamata da Cristo a manifestare ad un mondo ripiegato nel groviglio delle sue colpevolezze e dei suoi biechi propositi che, malgrado tutto, può, nella sua misericordia, convertire i cuori all'unità, facendoli accedere alla propria comunione.

94. Tale servizio dell'unità, radicato nell'opera della misericordia divina, è affidato, all'interno stesso del collegio dei Vescovi, ad uno di coloro che hanno ricevuto dallo Spirito l'incarico, non di esercitare il potere sul popolo - come fanno i capi delle nazioni e i grandi (cfr. Mt 20,25; Mc 10,42) -, ma di guidarlo perché possa dirigersi verso pascoli tranquilli. Questo incarico può esigere di offrire la propria vita (cfr. Gv 10,11-18). Dopo aver mostrato come Cristo sia "il solo Pastore, nell'unità del quale tutti sono uno", sant'Agostino esorta: "Che tutti i pastori siano dunque nel solo Pastore, che essi facciano udire la voce unica del Pastore; che le pecore odano questa voce, seguano il loro Pastore, cioè non questo o quello, ma il solo; che tutti in lui facciano intendere una sola voce e non delle voci discordanti [...], la voce sgombra da ogni divisione, purificata da ogni eresia, che le pecore ascoltano" (151). La missione del Vescovo di Roma nel gruppo di tutti i Pastori consiste appunto nel "vegliare" (episkopein) come una sentinella, in modo che, grazie ai Pastori, si oda in tutte le Chiese particolari la vera voce di Cristo-Pastore. Cosí, in ciascuna delle Chiese particolari loro affidate si realizza l'una, sancta, catholica et apostolica Ecclesia. Tutte le Chiese sono in comunione piena e visibile, perché tutti i Pastori sono in comunione con Pietro, e cosí nell'unità di Cristo.

Con il potere e l'autorità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria, Vescovo di Roma deve assicurare la comunione tutte le Chiese. A questo titolo, egli è primo tra servitori dell'unità. primato si esercita svariati livelli, che riguardano vigilanza sulla trasmissione della Parola, celebrazione sacramentale liturgica, missione, disciplina vita cristiana. Spetta al Successore Pietro ricordare esigenze del bene comune Chiesa, se qualcuno fosse tentato dimenticarlo in dei propri interessi. ha dovere avvertire, mettere guardia, dichiarare volte inconciliabile con'unità fede questa o quella opinione diffonde. Quando circostanze lo esigono, parla nome tutti Pastori lui. può anche - condizioni ben precise, chiarite dal Concilio Vaticanoex cathedra che una dottrina appartiene al deposito della fede (152). Testimoniando cosí della verità, egli serve l'unità.

95. Tutto questo si deve però compiere sempre nella comunione. Quando la Chiesa cattolica afferma che la funzione del Vescovo di Roma risponde alla volontà di Cristo, essa non separa questa funzione dalla missione affidata all'insieme dei Vescovi, anch'essi "vicari e delegati di Cristo" (153). Il Vescovo di Roma appartiene al loro "collegio" ed essi sono i suoi fratelli nel ministero.

Ciò che riguarda l'unità di tutte le comunità cristiane rientra ovviamente nell'ambito delle preoccupazioni del primato. Quale Vescovo Roma so bene, e lo ho riaffermato nella presente Lettera enciclica, la comunione piena visibile comunità, nelle quali in virtú della fedeltà Dio abita il suo Spirito, è desiderio ardente Cristo. Sono convinto avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare'aspirazione ecumenica maggior parte ascoltando domanda mi rivolta trovare forma esercizio primato che, pur non rinunciando nessun modo all'essenziale sua missione, si apra ad situazione nuova. Per un millennio i cristiani erano uniti "dalla fraterna fede vita sacramentale, intervenendo comune consenso sede romana, qualora fossero sorti fra loro dissensi circa o disciplina" (154).

In tal modo il primato esercitava la sua funzione di unità. Rivolgendomi al Patriarca ecumenico, Santità Dimitrios I, ho detto essere consapevole che "per delle ragioni molto diverse, e contro volontà degli uni altri, ciò doveva un servizio ha potuto manifestarsi sotto una luce abbastanza diversa. Ma [...] è per desiderio obbedire veramente alla Cristo io mi riconosco chiamato, come Vescovo Roma, a esercitare tale ministero [...]. Lo Spirito Santo ci doni luce, ed illumini tutti i pastori teologi nostre Chiese, affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo possa realizzare amore riconosciuto dagli altri" (155).

96. Compito immane, che non possiamo rifiutare e che non posso portare a termine da solo. La comunione reale, sebbene imperfetta, che esiste tra tutti noi, non potrebbe indurre i responsabili ecclesiali e i loro teologi ad instaurare con me e su questo argomento un dialogo fraterno, paziente, nel quale potremmo ascoltarci al di là di sterili polemiche, avendo a mente soltanto la volontà di Cristo per la sua Chiesa, lasciandoci trafiggere dal suo grido "siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21)?

 

 

 

 

La comunione di tutte le Chiese particolari con la Chiesa di Roma: condizione necessaria per l'unità

 

97. La Chiesa cattolica, sia nella sua praxis che nei testi ufficiali, sostiene che la comunione delle Chiese particolari con la Chiesa di Roma, e dei loro Vescovi con il Vescovo di Roma, è un requisito essenziale - nel disegno di Dio - della comunione piena e visibile. Bisogna, infatti, che la piena comunione, di cui l'Eucaristia è la suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in un ministero nel quale tutti i Vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima parte degli Atti degli Apostoli presenta Pietro come colui che parla a nome del gruppo apostolico e serve l'unità della comunità - e ciò nel rispetto dell'autorità di Giacomo, capo della Chiesa di Gerusalemme. Questa funzione di Pietro deve restare nella Chiesa affinché, sotto il suo solo Capo, che è Cristo Gesú, essa sia visibilmente nel mondo la comunione di tutti i suoi discepoli.

Non è forse un ministero di questo tipo cui molti coloro che sono impegnati nell'ecumenismo esprimono oggi il bisogno? Presiedere nella verità e'amore affinché la barca - bel simbolo Consiglio ecumenico delle Chiese ha scelto come emblema non sia squassata dalle tempeste possa giorno approdare alla sua riva.

 

 

 

 

 Piena unità ed evangelizzazione

 

98. Il movimento ecumenico del nostro secolo, piú delle imprese ecumeniche dei secoli scorsi, di cui tuttavia non va sottovalutata l'importanza, è stato contraddistinto da una prospettiva missionaria. Nel versetto giovanneo che serve da ispirazione e da motivo conduttore - "siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21) - è stato sottolineato perché il mondo creda con tanto vigore da correre il rischio di dimenticare a volte che, nel pensiero dell'evangelista, l'unità è, soprattutto, per la gloria del Padre. È evidente, comunque, che la divisione dei cristiani è in contraddizione con la Verità che essi hanno la missione di diffondere, e dunque essa ferisce gravemente la loro testimonianza. L'aveva ben compreso ed affermato il mio Predecessore, Papa Paolo VI, nella sua Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: "In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire ai fedeli di Cristo l'immagine non di uomini divisi da litigi che non edificano affatto, ma di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sí, la sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità della Chiesa [...]. A questo punto vogliamo sottolineare il segno dell'unità tra tutti i cristiani come via e strumento di evangelizzazione. La divisione dei cristiani è un grave stato di fatto che perviene ad intaccare la stessa opera di Cristo" (156).

Come, infatti, annunciare il Vangelo della riconciliazione, senza al contempo impegnarsi ad operare per la riconciliazione dei cristiani? Se è vero che la Chiesa, per impulso dello Spirito Santo e con la promessa dell'indefettibilità, ha predicato e predica il Vangelo a tutte le nazioni, è anche vero che essa deve affrontare le difficoltà derivanti dalle divisioni. Messi di fronte a missionari in disaccordo fra loro, sebbene essi si richiamino tutti a Cristo, sapranno gli increduli accogliere il vero messaggio? Non penseranno che il Vangelo sia fattore di divisione, anche se esso è presentato come la legge fondamentale della carità?

99. Quando affermo che per me, Vescovo di Roma, l'impegno ecumenico è "una delle priorità pastorali" del mio pontificato (157), il mio pensiero va al grave ostacolo che la divisione costituisce per l'annuncio del Vangelo. Una Comunità cristiana che crede a Cristo e desidera, con l'ardore del Vangelo, la salvezza dell'umanità, in nessun modo può chiudersi all'appello dello Spirito che orienta tutti i cristiani verso l'unità piena e visibile. Si tratta di uno degli imperativi della carità che va accolto senza compromessi. L'ecumenismo non è soltanto una questione interna delle Comunità cristiane. Esso riguarda l'amore che Dio destina in Gesú Cristo all'insieme dell'umanità, e ostacolare questo amore è una offesa a Lui e al suo disegno di radunare tutti in Cristo. Papa Paolo VI scriveva al Patriarca ecumenico Athenagoras I: "Possa lo Spirito Santo guidarci sulla via della riconciliazione, affinché l'unità delle nostre Chiese diventi un segno sempre piú luminoso di speranza e di conforto per l'umanità tutta" (158).

 

 

 

 

Esortazione

 

100. Rivolgendomi recentemente ai Vescovi, al clero e ai fedeli della Chiesa cattolica per indicare la via da seguire verso la celebrazione del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ho tra l'altro affermato che "la migliore preparazione alla scadenza bimillenaria non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa" (159). Il Concilio è il grande inizio - come l'Avvento -, di quell'itinerario che ci conduce alle soglie del Terzo Millennio. Considerando l'importanza che l'Assise conciliare ha attribuito all'opera di ricomposizione dell'unità dei cristiani, in questa nostra epoca di grazia ecumenica, mi è sembrato necessario ribadire le fondamentali convinzioni che il concilio ha scolpito nella coscienza della Chiesa cattolica, ricordandole alla luce dei progressi nel frattempo compiuti verso la piena comunione di tutti i battezzati.

Non vi è dubbio che lo Spirito Santo agisca in quest'opera e stia conducendo la Chiesa verso piena realizzazione del disegno Padre, conformità alla volontà di Cristo, espressa con tanto accorato vigore nella preghiera che, secondo il quarto Vangelo, le sue labbra pronunciano nel momento cui Egli s'avvia dramma salvifico della sua Pasqua. Cosí come allora, anche oggi Cristo chiede uno slancio nuovo ravvivi l'impegno ciascuno per comunione visibile.

101. Esorto, dunque, i miei Fratelli nell'episcopato a porre ogni attenzione a tale impegno. I due Codici di Diritto Canonico annoverano tra le responsabilità del Vescovo quella di promuovere l'unità di tutti i cristiani, sostenendo ogni azione o iniziativa intesa a promuoverla nella consapevolezza che la Chiesa è tenuta a ciò per volontà stessa di Cristo (160). Ciò fa parte della missione episcopale ed è un obbligo che deriva direttamente dalla fedeltà a Cristo, Pastore della Chiesa. Tutti i fedeli, però, sono invitati dallo Spirito di Dio a fare il possibile, perché si rinsaldino i legami di comunione tra tutti i cristiani e cresca la collaborazione dei discepoli di Cristo: "La cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità" (161).

102. La potenza dello Spirito di Dio fa crescere ed edifica la Chiesa attraverso i secoli. Volgendo lo sguardo al nuovo millennio, la Chiesa domanda allo Spirito la grazia di rafforzare la sua propria unità e di farla crescere verso la piena comunione con gli altri cristiani.

Come ottenerlo? In primo luogo con la preghiera. preghiera dovrebbe sempre farsi carico di quell'inquietudine che è anelito verso l'unità, e perciò una delle forme necessarie dell'amore nutriamo per Cristo il Padre ricco misericordia. deve avere priorità questo cammino intraprendiamo gli altri cristiani nuovo millennio. Come'azione grazie, perché non ci presentiamo a mani vuote appuntamento: "Anche lo Spirito viene aiuto alla nostra debolezza [...] intercede insistenza noi, gemiti inesprimibili" (Rm 8,26), disporci chiedere Dio quello cui abbiamo bisogno. speranza nello Spirito, sa allontanare da noi spettri del passato le memorie dolorose della separazione; Egli concederci lucidità, forza coraggio intraprendere i passi necessari, modo nostro impegno sia piú autentico.

E se volessimo chiederci tutto ciò è possibile, la risposta sarebbe sempre: sí. stessa udita da Maria di Nazaret, perché nulla impossibile a Dio.

Mi tornano alla mente le parole con quali san Cipriano commenta il Padre Nostro, la preghiera di tutti i cristiani: "Dio non accoglie sacrificio chi è in discordia, anzi comanda ritornare indietro dall'altare e riconciliarsi prima col fratello. Solo cosí nostre preghiere saranno ispirate pace Dio gradirà. piú grande da offrire a nostra fraterna concordia, popolo radunato'unità del Padre, Figlio dello Spirito Santo" (162).

All'alba del nuovo millennio, come non sollecitare dal Signore, con rinnovato slancio e piú matura consapevolezza, la grazia di predisporci, tutti, a questo sacrificio dell'unità?

103. Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole dell'apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell'apostolo Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della Chiesa cattolica, e a voi, fratelli e sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, "tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi [...]. La grazia del Signore Gesú Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Cor 13,11.13).

Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 maggio, solennità dell'Ascensione del Signore, dell'anno 1995, decimosettimo di Pontificato.

Ioannes Paulus Pp. II

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

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(1) Cfr. Discorso dopo la Via Crucis del Venerdí Santo (1º aprile 1994), 3: AAS 87 (1995), 88.

(2) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, 1.

(3) Cfr. Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 16: AAS 87 (1995), 15.

(4) Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 4: AAS 85 (1993), 840.

(5) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 1.

(6) Ibid.

(7) Ibid., 4.

(8) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14.

(9) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, 1 e 2.

(10) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14.

(11) Ibid., 8.

(12) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

(13) Ibid.

(14) N. 15.

(15) Ibid.

(16) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 15.

(17) Ibid., 3.

(18) Ibid.

(19) Cfr. S. Gregorio Magno, Homiliæ in Evangelia 19, 1: PL 76, 1154 citato in Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 2.

(20) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(21) Ibid., 7.

(22) Cfr. ibid.

(23) Ibid., 6.

(24) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 7.

(25) Cfr. Lett. ap. Euntes in mundum (25 gennaio 1988): AAS 80 (1988), 935-956.

(26) Cfr. Ep. enc. Slavorum apostoli (2 giugno 1985): AAS 77 (1985), 779-813.

(27) Cfr. Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'Ocuménisme (25 marzo 1993): AAS 85 (1993), 1039-1119.

(28) Cfr. in particolare il Documento detto di Lima: Battesimo, Eucaristia, Ministero (gennaio 1982): Ench. Ocum. 1, 1392-1446, e il Documento n. 153 di "Fede e Costituzione" Confessing the "One" Faith, Geneva 1991.

(29) Cfr. Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962): AAS 54 (1962), 793.

(30) Si tratta del Segretariato per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, creato da Papa Giovanni XXIII con il Motu proprio Superno Dei nutu (5 giugno 1960), 9: AAS 52 (1960), 436 e confermato dai successivi documenti: Motu proprio Appropinquante Concilio (6 agosto 1962), c. III, a. 7, 2, I: AAS 54 (1962), 614; cfr. Paolo VI, Cost. ap. Regimini ecclesiæ universæ (15 agosto 1967), 92-94: AAS 59 (1967), 918-919. Questo Dicastero è attualmente denominato Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: cfr. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus (28 giugno 1988), V, art. 135-138: AAS 80 (1988), 895-896.

(31) Cfr. Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962): AAS 54 (1962), 792.

(32) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 6.

(33) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, 1.

(34) Ep. enc. Slavorum apostoli (2 giugno 1985), 11: AAS 77 (1985), 792.

(35) Ibid., 13, l.c., 794.

(36) Ibid., 11, l.c., 792.

(37) Discorso agli abitanti autoctoni (29 novembre 1986), 12: AAS 79 (1987), 977.

(38) Cfr. S. Vincenzo di Lérins, Commonitorium primum, 23: PL 50, 667-668.

(39) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 6.

(40) Ibid., 5.

(41) Ibid., 7.

(42) Ibid., 8.

(43) Ibid.

(44) Cfr. ibid., 4.

(45) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 24: AAS 87 (1995), 19-20.

(46) Discorso nella cattedrale di Canterbury (29 maggio 1982), 5: AAS 74 (1982), 922.

(47) Consiglio Ecumenico delle Chiese, Regolamento, III, 1 citato in Ench. Ocum. 1, 1392.

(48) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 24.

(49) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 7.

(50) Maria Gabriella Sagheddu, nata a Dorgali (Sardegna) il 17 marzo 1914. A 21 anni entra nel Monastero Trappista di Grottaferrata. Venuta a conoscenza, attraverso l'azione apostolica dell'Abbé Paul Couturier, della necessità di preghiere ed offerte spirituali per l'unità dei cristiani, nel 1936, in occasione dell'Ottavario per l'unità, essa decide di offrire la sua vita per tale causa. Dopo una grave malattia, suor Maria Gabriella muore il 23 aprile 1939.

(51) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 24.

(52) Cfr. AAS 56 (1964), 609-659.

(53) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 13.

(54) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(55) Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 755; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 902-904.

(56) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(57) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, 3.

(58) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4

(59) Cfr. ibid., 4.

(60) Lett. enc. Ecclesiam suam (6 agosto 1964), III: AAS 56 (1964), 642.

(61) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 11.

(62) Cfr. ibid.

(63) Ibid.; cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. circa la dottrina cattolica sulla Chiesa Mysterium Ecclesiæ (24 giugno 1973), 4: AAS 65 (1973), 402.

(64) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. circa la dottrina cattolica sulla Chiesa Mysterium Ecclesiæ (24 giugno 1973), 5: AAS 65 (1973), 403.

(65) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(66) Cfr. Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Assira dell'Oriente: L'Osservatore Romano 12 novembre 1994, p. 1.

(67) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 12.

(68) Ibid.

(69) Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'Ocuménisme (25 marzo 1993), 5: AAS 85 (1993), 1040.

(70) Ibid., 94, l. c., 1078.

(71) Cfr. Commissione "Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Battesimo, Eucaristia, Ministero (gennaio 1982): Ench. Ocum. 1, 1391-1447, e precisamente 1398-1408.

(72) Cfr. Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 32: AAS 80 (1988), 556.

(73) Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 10: AAS 77 (1985), 1158; cfr. Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 11: AAS 71 (1979), 277-278.

(74) Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 10: AAS 77 (1985), 1158.

(75) Cfr. Segretariato per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e Comitato Esecutivo delle Società Bibliche Unite, Principi per la collaborazione interconfessionale nella traduzione della Bibbia, Documento concordato (1968): Ench. Ocum. 1, 319-331, riveduto ed aggiornato nel Documento Directives concernant la coopération interconfessionelle dans la traduction de la Bible (16 novembre 1987), Tipografia Poliglotta Vaticana 1987.

(76) Cfr. Commissione "Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Battesimo, Eucaristia, Ministero (gennaio 1982): Ench. Ocum. 1, 1391-1447.

(77) Ad esempio, durante le ultime assemblee del Consiglio Ecumenico delle Chiese, a Vancouver nel 1983; a Canberra nel 1991 e di "Fede e Costituzione" a Santiago de Compostela nel 1993.

(78) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 8 e 15; Codice di Diritto Canonico, can. 844; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671; Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'Ocuménisme (25 marzo 1993), 122-125: AAS 85 (1993), 1086-1087; 129-131, l. c., 1088-1089; 123 e 132, l. c., 1087-1089.

(79) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(80) Ibid.

(81) Cfr. n. 15.

(82) N. 15.

(83) Ibid., 14.

(84) Cfr. Dichiarazione comune del Papa Paolo VI e del Patriarca di Costantinopoli Athenagoras I (7 dicembre 1965): Tomos agapis, Vatican-Phanar (1958-1970), Roma-Istanbul 1971, pp. 280-281.

(85) Cfr. AAS 77 (1985), 779-813.

(86) Cfr. AAS 80 (1988), 935-956; cfr. anche Lett. Magnum Baptismi donum (14 febbraio 1988): AAS 80 (1988), 988 -997.

(87) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 14.

(88) Ibid.

(89) Breve ap. Anno ineunte (25 luglio 1967): Tomos agapis, Vatican-Phanar (1958-1970), Roma-Istanbul 1971, pp. 388-391.

(90) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 14.

(91) Ibid., 15.

(92) N. 14: L'Osservatore Romano 2-3 maggio 1995, p. 3.

(93) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 17.

(94) N. 26.

(95) Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 844, 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671, 2 e 3.

(96) Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'Ocuménisme (25 marzo 1993), 122-128: AAS 85 (1993), 1086-1088.

(97) Dichiarazione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e del Patriarca ecumenico Demetrio I (7 dicembre 1987): AAS 80 (1988), 253.

(98) Commissione Mista Internazionale per il dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo Insieme, Documento Il sacramento dell'Ordine nella struttura sacramentale della Chiesa, in particolare l'importanza della successione apostolica per la santificazione e l'unità del popolo di Dio (26 giugno 1988), 1: Service d'information 68 (1988), 195.

(99) Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera ai Vescovi del continente europeo circa i rapporti tra cattolici e ortodossi nella nuova situazione dell'Europa centrale e orientale (31 maggio 1991), 6: AAS 84 (1992), 168.

(100) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 17.

(101) Cfr. Lett. ap. Orientale Lumen (2 maggio 1995), 24: L'Osservatore Romano 2-3 maggio 1995, p. 5.

(102) Ibid., 18, l. c., p. 4.

(103) Cfr. Dichiarazione comune del Sommo Pontefice Paolo VI e di Sua Santità Shenouda III, Papa di Alessandria e Patriarca della sede di S. Marco (10 maggio 1973): AAS 65 (1973), 299-301.

(104) Cfr. Dichiarazione comune del Sommo Pontefice Paolo VI e di Sua Beatitudine Mar Ignazio Jacoub III, Patriarca della Chiesa di Antiochia dei Siri e di tutto l'Oriente (27 ottobre 1971): AAS 63 (1971), 814-815.

(105) Cfr. Discorso agli inviati della Chiesa Copta Ortodossa (2 giugno 1979): AAS 71 (1979), 1000-1001.

(106) Cfr. Dichiarazione comune del Papa Giovanni Paolo II e di Sua Santità Moran Mar Ignazio Zakka I Iwas, Patriarca Siro-Ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente (23 giugno 1984): Insegnamenti VII, 1 (1984), 1902-1906.

(107) Discorso rivolto a Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa d'Etiopia (11 giugno 1993): L'Osservatore Romano 11-12 giugno 1993, p. 4.

(108) Cfr. Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente: L'Osservatore Romano 12 novembre 1994, p. 1.

(109) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 19.

(110) Ibid.

(111) Ibid., 19.

(112) Cfr. ibid.

(113) Ibid.

(114) Ibid., 20.

(115) Ibid., 21.

(116) Ibid.

(117) Ibid.

(118) Ibid., 22.

(119) Ibid.

(120) Ibid., 22; cfr. 20.

(121) Ibid., 22.

(122) Ibid., 23.

(123) Ibid.

(124) Cfr. Radiomessaggio Urbi et Orbi (27 agosto 1978): AAS 70 (1978), 695-696.

(125) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 23.

(126) Ibid.

(127) Cfr. ibid., 12.

(128) Ibid.

(129) Il paziente lavoro della Commissione "Fede e Costituzione" è pervenuto ad una visione analoga, che la VII Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha fatto sua nella dichiarazione detta di Canberra (7-20 febbraio 1991, cfr. Signs of the spirit, Official report, Seventh Assembly, WCC, Geneva 1991, pp. 235-258) e che è stata riaffermata dalla Conferenza mondiale di "Fede e Costituzione" a Santiago de Compostela (3-14 agosto 1993, cfr. Service d'information 85 [1994], 18-38).

(130) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 14.

(131) Cfr. ibid., 4 e 11.

(132) Cfr. Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 6: AAS 77 (1985), 1153.

(133) Cfr. ibid.

(134) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 12.

(135) Cfr. AAS 54 (1962), 792.

(136) Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 6.

(137) Cfr. ibid., 4; Paolo VI, Omelia per la canonizzazione dei martiri ugandesi (18 ottobre 1964): AAS 56 (1964), 906.

(138) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 37: AAS 87 (1995), 29-30; Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), 93: AAS 85 (1993), 1207.

(139) Cfr. Paolo VI, Discorso tenuto all'insigne santuario di Namugongo, Uganda (2 agosto 1969): AAS 61 (1969), 590-591.

(140) Cfr. Missale Romanum, Præfatio de Sanctis I: "Sanctorum "coronando merita, tua dona coronans"".

(141) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 4.

(142) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8.

(143) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

(144) Dopo il documento detto di Lima della Commissione "Fede e Costituzione" su Battesimo, Eucaristia, Ministero (gennaio 1982): Ench. Ocum. 1, 1392-1446, e nello spirito della Dichiarazione della VII Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese su L'unità della Chiesa come koinonia: dono ed esigenza (Canberra 7-20 febbraio 1991): cfr. Istina 36 (1991), 389-391.

(145) Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 4: AAS 77 (1985), 1151-1152.

(146) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23.

(147) Cfr. Discorso al Consiglio Ecumenico delle Chiese (12 giugno 1984), 2: Insegnamenti VII, 1 (1984), 1686.

(148) Conferenza Mondiale di "Fede e Costituzione", Rapporto della II Sezione, Santiago de Compostela (14 agosto 1993): Confessing the one faith to God's glory, 31, 2, Faith and Order Paper n. 166, WCC, Geneva 1994, p. 243.

(149) Per non citare che alcuni esempi: il Rapporto finale della Anglican-Roman Catholic International Commission - ARCIC I (settembre 1981): Ench. Ocum. 1, 3-88; la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo tra la Chiesa Cattolica e i discepoli di Cristo, Rapporto 1981: Ench. Ocum. 1, 529-547; la Commissione Mista Nazionale Congiunta Cattolico-Luterana, Documento Il ministero pastorale nella Chiesa (13 marzo 1981): Ench. Ocum. 1, 703-742; il problema si delinea, in chiara prospettiva, nella ricerca condotta dalla Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo insieme.

(150) Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 3: AAS 77 (1985), 1150.

(151) Sermo XLVI, 30: CCL 41, 557.

(152) Cfr. Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. sulla Chiesa di Cristo Pastor æternus: DS 3074.

(153) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 27.

(154) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 14.

(155) Omelia nella Basilica Vaticana alla presenza di Demetrio I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca ecumenico (6 dicembre 1987), 3: AAS 80 (1988), 714.

(156) Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 77: AAS 68 (1976), 69; cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 1; Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'Ocuménisme (25 marzo 1993), 205-209: AAS 85 (1993), 1112-1114.

(157) Discorso ai Cardinali e alla Curia Romana (28 giugno 1985), 4: AAS 77 (1985), 1151.

(158) Lettera del 13 gennaio 1970: Tomos agapis, Vatican-Phanar (1958-1970), Roma-Istanbul 1971, pp. 610-611.

(159) Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 20: AAS 87 (1995), 17.

(160) Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 755; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 902.

(161) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 5.

(162) De Dominica oratione, 23: CSEL 3, 284-285.

 

 

 

 

 

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