La partenza.

Il 27 giugno [1979] la nave «V. Veneto» era in visita ufficiale a Tolone quando nel tardo pomeriggio arrivava fulminea la notizia che avrebbe dovuto salpare il 5 luglio da Taranto per Singapore senza sosta alcuna per poi spingersi alla ricerca dei profughi.

La reazione del personale è stata immediata, sia perché, già stanco per le lunghe navigazioni, sia perché tale missione rompeva tutti i programmi che ognuno si era fatto per il periodo estivo.

Adagio adagio però cominciò a farsi strada l’idea che l’andarvi sarebbe stato un atto umanitario e cristiano, cosí che alla fine, anche quelli, costretti a sbarcare per lasciare il posto ai profughi, l’hanno accettato malvolentieri.

Arrivati a Taranto il 30 giugno mattino, il personale andò quasi tutto in week-end, perché il 2 luglio mattino dovevano incominciare le operazioni di imbarco materiali e lavori di adattamento, che sono continuati ininterrottamente fino alla partenza. Non si è mai lavorato cosí tanto, eppure lo si è fatto con animo sereno perché tutti pensavano che sarebbe servito a qualcosa di buono. Il giorno prima della partenza arrivarono a bordo, oltre al gruppo sanitario al completo, anche due sacerdoti vietnamiti e uno studente, come interpreti, che rimasero fino a Singapore.

Poi furono assegnati uno per nave secondo le esigenze:

Lo studente Domenico Nguyen-Hun-Phuoc su Nave Stromboli, Padre Domenico Vu-Van-Thien su Nave Doria e Padre Filippo Tran-Van-Hoai su Nave Veneto.

E inutile riferire che hanno avuto l’assistenza sotto ogni aspetto.

Il giorno, 4 luglio, ha fatto visita in forma privata al Comando della Nave, Mons. Guglielmo Motolese arc. di Taranto, accompagnato dal Vicario generale.

Per questa missione è stato costituito l’8° Gruppo Navale, formato dagli Incrociatori «Vittorio Veneto» e «Andrea Doria» e Nave Logistica «Stromboli» al comando dell’Amm. di Div. Sergio Agostinelli, con il preciso compito di portare soccorso in mare ai profughi del Vietnam e di ospitare e trasportare in Italia quei profughi che per loro libera scelta avessero voluto raggiungere il nostro Paese.

La missione ha avuto inizio il 4 luglio con la partenza del «Doria» dalla base di La Spezia. Il «Veneto» e lo «Stromboli», invece, sono partiti il giorno 5 luglio alle ore 10.00 dalla base di Taranto tra due ali di popolo accorso al ponte girevole per salutare. Commozione in tutti.

Poi una volta al largo, subito al lavoro per sistemare ancora il materiale e approntare i locali ricettivi dei profughi.

 

 

Nel Mar Cinese Meridionale

Il 21 luglio, con una navigazione senza scalo (la piú lunga che la Marina Militare Italiana abbia compiuto, avendo percorso oltre 12.000 Km), il Gruppo è arrivato a Singapore prontissimo: sala operatoria e ospedale, n° 450 posti letto su Nave Veneto, n° 270 su Nave Doria, n° 112 su Nave Stromboli.

Dopo una sosta di quattro giorni in porto, indispensabile per completare i rifornimenti delle tre Unità, la missione di soccorso ha avuto inizio con la partenza il 25 luglio alle ore 10.00 locali.

Ci siamo diretti verso il Mar cinese meridionale e la zona sud del Golfo del Siam.

In tutti c’era trepidazione e speranza. Durante la sosta a Singapore ci siamo informati circa le direttrici dell’esodo dal Vietnam e le zone di piú probabile presenza di imbarcazioni di profughi sia presso le autorità diplomatiche italiane, sia presso gli addetti navali di marine occidentali, sia presso l’organizzazione benefica World Vision International.

Dalle informazioni raccolte, le direttrici di fuga sono essenzialmente cinque: le prime due, dirette verso la Tailandia ed Hong Kong, di scarso interesse, perché passano in acque territoriali; le altre tre direttrici, di preminente interesse, sono risultate quelle che dall’estremità del Sud del Vietnam portano rispettivamente in Tailandia (costa occidentale del Golfo del Siam), in Malesia e alle Isole Anambas (Indonesia).

Le ultime due, in particolare, sono apparse le piú appropriate per le ricerche anche perché passanti in prossimità delle piattaforme petrolifere Esso, che costituiscono, per chi ha poca pratica di navigazione, un notevole polo di attrazione, in quanto visibili da grande distanza.

Era stata segnalata, come molto probabile, la presenza in mare, in prossimità della costa malese, di imbarcazioni di profughi, respinti in mare dalle autorità locali.

Il giorno 26 alle ore 08.15 un elicottero di Nave Veneto, inviato ad investigare una eco-radar, localizza una imbarcazione di circa 25 metri, carica di profughi alla deriva. La Nave Veneto si dirige immediatamente in quella direzione per portare soccorso e alle ore 09.20 raggiunge l’imbarcazione.

Lo slancio dell’equipaggio nel voler far presto, accompagnato dalla commozione cosí profonda, è indescrivibile.

Tutte le disposizioni, date per prevenire qualsiasi contagio, sono state infrante e tutti si sono prodigati, noncuranti del pericolo, per aiutare i naufraghi, specie vecchi e bambini, a salire a bordo. Da quella misera barca alla deriva uscirono ben 128 persone, di cui 66 uomini, 39 donne e 23 bambini. Questi avevano affrontato la morte per trovare la libertà e la vita. Appena saliti a bordo furono subito visitati dalla équipe medica e messi in condizione fisiche di rimanere sulle navi.

Se volessi raccontare ogni minimo particolare di questo salvataggio, potrei scrivere un libro.

I profughi di questo gruppo asseriscono di essere partiti in 403 dal Vietnam il 29 giugno e di avere subito, il giorno successivo, un attacco da parte dei pirati. Durante l’attacco una ragazza di 20 anni cadde in mare e rimase schiacciata tra i due scafi. I pirati rimorchiano i profughi fino in prossimità della costa malese dove giungono il 2 luglio in località Trengganu.

Il 16 luglio il gruppo insieme ad altri, per un totale di 453 persone, viene imbarcato su cinque piccoli natanti con la promessa di essere trasportato su di un’isola, dove avrebbero trovato condizioni di vita migliori. Invece viene rimorchiato al largo da una Unità della Marina malese.

Durante la notte i cavi di rimorchio vengono tagliati e le piccole imbarcazioni vengono lasciate in balia di se stesse. Quattro imbarcazioni si allontanano con i propri mezzi con destinazione ignota, invece la quinta con il motore in avaria, resta alla deriva sino al momento dell’arrivo del Veneto. Durante quei giorni di mare, solo una nave in transito offerse un po’ d’acqua e frutta. Lo stesso giorno, alle ore 19.35, una delle piattaforme petrolifere della Esso segnala sulla frequenza internazionale di soccorso che due barche di profughi con circa 60 persone a bordo sono giunte nei suoi pressi. Viene dato ordine al Doria di dirigersi in quella direzione per il recupero e alle ore 01.00 del 27, nonostante la notte e le cattive condizioni del mare i profughi sono tratti in salvo.

Sono 68 persone: 35 uomini, 15 donne, 18 bambini.

I fuggiaschi di questo gruppo dicono di essere partiti da punti diversi della costa vietnamita il 22 luglio, pur essendosi imbarcati alcuni giorni prima, ed essersi incontrati casualmente presso le piattaforme, ove vengono tratti in salvo.

Il giorno 31 luglio alle ore 06.20 nave Veneto localizza e avvicina la motovedetta malese Rentaka che rimorchia 4 imbarcazioni cariche di profughi. Dopo uno scambio di messaggi a mezzo segnalazioni ottiche il Comando dell’8° Gruppo Navale decide di prendere a bordo i profughi. Sono 319 e vengono cosí suddivisi:

Nave Veneto n° 164 (di cui 65 uomini, 41 donne, 59 bambini); Nave Doria n° 108 (di cui 33 uomini, 40 donne, 35 bambini); Nave Stromboli n° 47 (di cui 17 uomini, 19 donne, 11 bambini).

La cronaca del viaggio di questo gruppo, è la seguente. Partono dal Vietnam il 28 giugno (località Bachilien) e appena al largo vengono depredati dai pirati. Giungono a Trengganu, Malesia, il 5 luglio e vengono lasciati sulla spiaggia, sorvegliati a vista e brutalizzati dai soldati malesi. Il 28 luglio vengono trasportati in località Kuantan ed imbarcati su quattro natanti con promessa di essere portati in un’altra isola dove potranno vivere meglio. Il maltempo fa ritardare la partenza fino al giorno 30 ore 17.00. Il giorno 31 alle ore 06.00 vengono intercettati dalle Unità Italiane. A seguito degli accordi intercorsi tra la missione italiana guidata dall’On. Zamberletti e le autorità malesi, le Unità dell’8° Gruppo Navale alle ore 14.00 del 31 luglio si incontrano con due motovedette malesi: la Sri Melaka e la Sri Sam-Bilan trasportanti rispettivamente 191 e 201 profughi. Alle ore 16.00 l’imbarco è ultimato:

Profughi 194 su Nave Veneto (65 uomini, 84 donne, 41 bambini); profughi 130 su Nave Doria (49 uomini, 43 donne, 38 bambini); profughi 67 su Nave Stromboli (29 uomini, 20 donne, 18 bambini).

Questo quarto gruppo narra una duplice odissea. Una parte lascia il Vietnam (località Phan Dri) il 2 giugno e giunge in Malesia l’8 luglio a Kuantan e resta su una spiaggia sino a quando non viene portato a bordo. Il secondo gruppo parte il 4 giugno da Bachilien e dopo tre assalti di pirati arriva il 2 luglio in Malesia. Il 16, sempre con false promesse, viene imbarcato, portato al largo e abbandonato. Con l’aiuto di un peschereccio il 18 luglio approda nuovamente in Malesia e vi rimane fino al 31, quando viene portato a bordo.

I componenti dei due gruppi dichiarano di essere stati derubati e brutalizzati dai soldati malesi e hanno assistito anche alla morte di alcuni bambini senza poter intervenire e osservando i soldati che si facevano beffe del dolore dei genitori.

Al completo delle nostre disponibilità si torna a Singapore dopo aver percorso 2640 miglia ed esplorato 250.000 Km2 circa. Si arriva il mattino del 1° agosto, sostando alla fonda e senza scendere a terra.

 

 Boat-people vietnamiti

Profughi vietnamiti in fuga dalla tirannia comunista

 

 

 

Rientro a Singapore

Tutti i 907 profughi, imbarcati rispettivamente sulle tre unità, sono stati sottoposti a visita medica e le affezioni di rilievo sono state:

- grave stato di denutrizione con segni manifesti di disidratazione;

- disvitaminosi;

- affezioni acute enteriche;

- dermopatie miste prevalentemente impetiginose;

- pediculosi.

Sono anche presenti numerosi casi di gestanti in vari periodi. Si è verificato il 31 luglio l’evento, su Nave Doria, di un nato maschio. Purtroppo il 10 agosto il bambino è deceduto. Nella stessa mattinata alle ore 10.00 è salito a bordo l’On. Zamberletti in rappresentanza del Governo e il Com.te Castelletti in rappresentanza di Maristat.

L’On. Zamberletti agli equipaggi riuniti ha detto: «La missione umana affidata dal Governo alla Marina era delicata e difficile; ma con un Comando cosí altamente qualificato, personale specializzato e generoso nella impresa avete dimostrato a tutta la Nazione di essere in grado di assolvere i compiti di cui essa ha bisogno».

Poi è seguita subito la conferenza stampa alla presenza dei giornalisti italiani e locali e fotoreporter italiani, imbarcati per seguire le fasi della ricerca dei naufraghi. Verso le 11.00 in forma privata è salito a bordo Mons. Nervo, vice presidente della Caritas italiana, che è stato invitato a pranzo dal sottoscritto. Nel pomeriggio c’è stato imbarco viveri per il viaggio di ritorno. Intanto i Commissari e alcuni Sott.li si sono recati in città per acquistare abiti civili per i profughi delle tre navi. Dai Sott.li sono stati acquistati anche giocattoli per i bambini distribuiti agli stessi alcuni giorni dopo con gli applausi dei presenti.

Il 2 agosto prima della partenza, a Singapore sono stati ricoverati a cura dell’Ambasciata Italiana n° 3 ammalati ritenuti incapaci a sopportare la lunga navigazione con alcuni parenti per l’assistenza (in tutto otto che raggiungeranno l’Italia entro tre mesi).

 

 

Verso l’Italia

Nel tardo pomeriggio inizia la via del ritorno. Nell’andata il personale, già stressato per le lunghe esercitazioni, gli imbarchi prima della partenza, il caldo eccessivo del Mar Rosso, i monsoni dell’Oceano Indiano accusava una certa stanchezza psicofisica; nel ritorno invece il morale è diverso. La missione è stata compiuta, tutto è andato bene, i profughi sono a bordo e si torna a casa.

Certo il lavoro è duplicato: medici ed infermieri devono fare la guardia giorno e notte all’ospedaletto allestito per l’occasione, gli anziani Sottufficiali ai nuovi inquilini, i Commissari con l’interprete a farne la schedatura, i panettieri a panificare giorno e notte, i cuochi ad allestire i pasti per 1.000 persone, la lavanderia a far girare le macchine in continuazione, i macchinisti (i piú sacrificati ridotti a pelle e ossa per il caldo eccessivo nel locale macchine) a far girare le eliche sempre. Ciò nonostante c’è una certa euforia.

La nave è un cantiere il cui ingranaggio non si deve inceppare e questo richiede la disponibilità di tutti, che è stata recepita da tutto il personale sia di leva che volontario. La navigazione aveva un fine specifico. Infatti quando sul ponte di volo si vedono correre e giocare i 125 frugoletti salvati, si apre il cuore. Ognuno di loro si è scelto un protettore e i genitori presenti sorridono inchinandosi in segno di ossequioso rispetto dinanzi a tale altruismo. Alla preghiera del marinaio si mettono tutti spontaneamente sull’attenti come i grandi e sembrano angioletti in preghiera. Questo è il momento in cui le due comunità fraternizzano fino all’ora della cena, poi ognuno torna al suo posto.

La S. Messa è stata celebrata per tutte e due le comunità: per i marinai dal sottoscritto, per i profughi da P. Filippo, vietnamita, il quale durante l’andata aveva tenuto agli equipaggi alcune conferenze sul Vietnam dalle origini allo stato attuale.

L’equipaggio si è comportato in modo encomiabile sotto tutti gli aspetti.

Siamo ormai a sud dell’isola di Creta. Fra due giorni si arriverà a Venezia. Domani 20 agosto, festa di addio delle due comunità, parole di saluto da una parte e ringraziamenti dall’altra con commozione da ambo le parti.

Padre Filippo a nome dei Vietnamiti disse: «Ammiraglio, Comandante, Ufficiali, Sottufficiali, Marinai: grazie per averci salvati! Grazie a tutti coloro che con spirito cristiano si sono sacrificati per noi notte e giorno... Voi italiani avete un cuore molto buono; nessuno ci avrebbe trattati cosí bene... Eravamo morti e per la vostra bontà siamo tornati a vivere... Questa mattina quando dal ponte di volo guardavamo le coste italiane una dolce brezza ci ha accarezzato il viso in segno di saluto e riempito di gioia il nostro cuore... Siete diversi dagli altri popoli: per voi esiste un prossimo che soffre e per questa causa vi siete sacrificati. Grazie!».

L’Ammiraglio in risposta: «Noi siamo dei militari; ci è stata affidata una missione e abbiamo cercato di eseguirla nel modo migliore. Siamo felici d’aver salvato voi e cosí tanti bambini e di portarvi nel nostro paese. L’Italia è una bella terra anche se gli italiani, a volte, hanno uno spirito irrequieto. Marco Polo andò con pochi uomini alla scoperta dell’Asia; voi venite in tanti nel nostro piccolo mondo. Sappiate conservare la libertà che avete ricevuto».

Poi si sono susseguiti canti e balletti da parte dei piccoli e canzoni dei grandi. Il tutto da fare invidia alla Tv.

 

 

A Venezia

Lunedí 21 mattino: arrivo a Venezia. Dopo tanto mare una cornice cosí artistica, resa piú viva dal colore dei turisti, che solo dal bacino S. Marco si può gustare, ci voleva. Una vietnamita disse: «Voi Italiani avete le città belle, come buono è il vostro cuore».

Prima dell’arrivo vennero a bordo con l’elicottero il Ministro della Difesa il Sottosegretario agli Affari Esteri Zamberletti, il C.S.M. della Difesa, il C.S.M. della M.M., il Capo di Gabinetto del Ministro, l’Ordinario Militare.

Appena ormeggiati, con il motoscafo arrivarono il Patriarca e le Autorità locali. Gli uni e gli altri accompagnati da tutta la pletora dei giornalisti nazionali e locali.

Il C.S.M. della M.M. parlando agli equipaggi disse: «Sono orgoglioso di voi...»!

Il Ministro della Difesa, On. Ruffini: «La vostra è stata un’opera umanitaria apprezzata da tutta la Nazione...».

Dopo gli elogi a noi, che forse eravamo i veri profughi, tutte le autorità hanno fatto visita ai vietnamiti coi quali hanno parlato a lungo. Infine un bel brindisi ha coronato il tutto.

Noi dopo lo sbarco della seconda famiglia, alla quale già ci eravamo affezionati, continueremo nel silenzio a solcare le onde con negli occhi l’immagine di quei giorni e nel cuore un po’ piú di amore verso i fratelli.

 

Mons. Luigi Callegaro, Cappellano Capo della Squadra Navale

 

 

 

 

 

 

Cfr. CALLEGARO L., Operazione Vietnam, in Bonus Miles Christi, 4 (1979), 216-220.

 

N. B. Le immagini presenti in questa pagina non fanno parte del testo originale.