Lejeune, Jérôme (Montrouge sur Seine, 1926 - Paris, 1994). Genetista francese. È stato docente di genetica fondamentale all’Università di Parigi. Membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal 1974, ricoprí il ruolo di primo presidente della Pontificia Accademia della Vita.
Laureatosi in medicina nel 1951, nel 1958 scopre l’anomalia genetica (trisomia del cromosoma 21) che causa la sindrome di Down. Per la prima volta si stabilisce un legame tra uno stato di disabilità mentale ed una aberrazione cromosomica. I suoi risultati scientifici vanno oltre questa scoperta fondamentale, rivelando i meccanismi di diversi disordini cromosomici e aprendo in tal senso la strada della moderna citogenetica clinica. Fu il primo a promuovere l’uso dell’acido folico come prevenzione della spina bifida, una rara malformazione della colonna vertebrale che colpisce il feto. Fu consulente delle Nazioni Unite come esperto sulle radiazioni atomiche. Nel 1964 divenne professore di Genetica Fondamentale all’Università di Parigi e nel 1965 direttore del servizio di genetica dell’ Hôpital des Enfantes Malades di Parigi.
Nel 1974 divenne membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze. Legato a Giovanni Paolo II da sentimenti di profonda stima ed amicizia, il Pontefice lo volle come primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita istituita l’11 febbraio del 1994, poche settimane prima della sua morte. Lejeune ricevette numerosi riconoscimenti per il suo lavoro sulle patologie cromosomiche, tra cui nel 1962 il premio Kennedy, nel 1969 il William Allen Memorial Award, e nel 1993 il premio Griffuel per il suo lavoro pionieristico sulle anomalie cromosomiche nel cancro. Lejeune è autore di: La Progenèse (Parigi, 1954); Les Chromosomes Humaines (con R. Turpin, Parigi, 1965); Le Malattie Cromosomiche (con E. Dutrillaux, Milano, 1972) e di oltre 340 tra articoli e testi di conferenze, apparsi tra il 1953 ed il 1997. Alcuni suoi saggi sono raccolti in italiano nel volume Il messaggio della vita, Cantagalli, Siena 2002.
Nei suoi studi, Lejeune si interessò di manipolazioni genetiche su cellule somatiche e cellule riproduttrici, di fecondazione in vitro e di manipolazione del feto. Alla guida dell’unità di citogenetica clinica dell’Hôpital Necker-Enfantes Malades di Parigi, Lejeune e la sua équipe studiarono oltre 30.000 cariotipi di pazienti e seguirono piú di 9.000 persone con difetti dell’intelligenza. I risultati della sua ricerca clinica e scientifica sono documentati in numerose pubblicazioni su diverse sindromi cromosomiche (monosomie, trisomie, delezioni e translocazioni autosomiche; sindromi di Klinefelter, di Turner e X-fragile; mosaicismi). I suoi studi sulla struttura dei cromosomi nelle varie specie animali costituirono la base delle sue argomentazioni sulle teorie evoluzioniste: “Nessuno sa come questo [il succedersi delle specie sulla terra nel corso della storia] sia potuto accadere. […]. È assurdo immaginare che il caso sia stato in grado di costruire una macchina molto piú complicata dei grossi computer […].
Ci deve essere per forza qualcos’altro. E quest’altra cosa si chiama informazione o spirito. Ora, come l’informazione e lo spirito siano entrati nella materia, per diversificarla e dirigerla, lo ignoriamo totalmente” (Il messaggio della vita, 2002). Sempre sui meccanismi della speciazione e sul rapporto tra scienza e fede Lejeune ci rivela: “..non ho mai trovato contraddizioni irriducibili fra quello che ho appreso da una lunga esperienza scientifica e ciò che mi è stato trasmesso dalla fede cattolica […]. Se rileggete il testo della Genesi la parola creazione ad opera di Dio è usata solo tre volte. Una volta per il cielo e la terra, una volta per l’uomo e poi è usata, verso la metà, per i grandi mostri marini; non c’è un meccanismo che ci venga rivelato in quanto meccanismo creativo specie per specie. Cosí come c’è una grande libertà per il credente di dimostrare tutte le ipotesi evoluzioniste per sapere se coincidono con la realtà. Non possono essere in contraddizione con la Rivelazione , che afferma soltanto la creazione del cielo e della terra, che descrive come un atto creatore diretto di Dio, e la creazione dell’essere umano” (Studi Cattolici, n. 188, 1976).
Lejeune mostrò sempre una profonda compassione per coloro che soffrivano. La sua vocazione non era tanto quella del ricercatore quanto piuttosto quella di un medico, di qualcuno cioè che per missione si sforza di assistere chi soffre, cercando di migliorare le sue condizioni di vita. Questa compassione era proprio ciò che lo determinava a svolgere le ricerche necessarie per scoprire nuove cure ed incoraggiare altri a condividere la sua missione. “Se dovessi trovare la cura per la trisomia 21”, disse una volta, “allora questo porterebbe a scoprire una cura per tutte le altre malattie che hanno un’origine genetica. I pazienti mi stanno aspettando; devo trovarla”.
Attraverso l’amore per la persona ammalata, il rispetto per la sua vita e la sua dignità, e la sua compassione dinanzi alla sofferenza, Lejeune praticava una medicina al servizio dell’umanità, adoperandosi per la difesa della vita, a partire dalla sua forma di embrione umano: “La vita di ogni individuo ha un inizio ben preciso: il momento della fecondazione […]. Questa affermazione non è un’ipotesi formulata da teorici, né un’opinione dei teologi, ma una constatazione sperimentale” (Il messaggio della vita, 2002). Jerome Lejeune visse quotidianamente la sua battaglia per migliorare la salute e difendere la vita, come un particolare ministero intimamente legato alla sua vocazione cristiana, nella quale vanno ultimamente cercate le cause della sua profonda dedizione verso la ricerca scientifica e ogni persona umana che da essa poteva trarne beneficio.
Cfr. J. LEJEUNE, Il messaggio della vita, Cantagalli, Siena 2002.