«Maestro di giustizia»
Urbano Navarrete Cortés nacque a Camarena de la Sierra (Teruel), in Spagna, il 25 maggio 1920. Entrò nella Compagnia di Gesù a Bollengo (Ivrea) il 20 giugno 1937. Completato il noviziato svolse gli studi umanistici a Veruela (Saragozza) dal 1939 al 1943. Al termine degli studi filosofici (1943-1946) ottenne la Licenza nella Facoltà di Sarrià (Barcellona). Completata la sua prima fase formativa i Superiori lo inviarono nuovamente a Veruela dove per tre anni insegnò Lettere allo Juniorato.
Fu ordinato sacerdote il 31 maggio 1952, in seguitò completò i suoi studi teologici nella Facoltà di Burgos, dove nell'anno 1953 ottenne la Licenza in teologia.
Dopo aver completato a Gandia, nella regione di Valencia, l'anno della terza probazione i Superiori lo inviarono a Roma per studiare diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana, designandolo quale futuro professore. Si specializzò così in Diritto matrimoniale e iniziò ad insegnare nell'anno accademico 1958-1959 trattando il corso De Sacramentis, succedendo così all'insigne Padre Felice Maria Cappello. Nel 1974 fu nominato decano della Facoltà, incarico che ricoprì fino al 1980. Nel 1980 fu nominato rettore della Pontificia Università Gregoriana, incarico che mantenne fino al 1986. Concluso il sessennio di rettorato ricevette nuovamente l'incarico di decano della Facoltà di diritto canonico nel 1989, venendo confermato nell'incarico per un altro triennio.
Durante il suo rettorato, il 23 ottobre 1982, si ebbe la seconda visita di Giovanni Paolo II alla Gregoriana, che concluse il Congresso commemorativo del 400º anniversario dell'ingresso in Cina del P. Matteo Ricci, già alunno della Gregoriana (allora Collegio Romano). Il Congresso fu voluto dallo stesso Santo Padre per il significato storico che la figura del P. Ricci ha rivestito nei rapporti fra la cultura occidentale e quella cinese. Inaugurato presso l'Università degli Studi di Macerata, luogo di nascita dello stesso P. Ricci, dove si celebrarono due giornate di studio, si chiuse solennemente con il discorso del Santo Padre.
Il rapporto di P. Navarrete con i suoi allievi fu sempre improntato a grande cordialità e serenità e caratterizzato da una sincera disponibilità all’ascolto e al servizio. Lo studio profondo e l’insegnamento appassionato del diritto canonico rappresentarono un elemento centrale della sua vita. Educare specialmente i giovani alla vera giustizia, quella di Cristo e del Vangelo, fu un ministero che lo assorbí per tutto l’arco della sua vita. Un servizio ricambiato dagli allievi con particolare stima e simpatia.
Una vita intensa, costellata di impegni e risultati significativi: Padre Navarrete, fra l'altro, contribuí alla revisione del Codice di Diritto Canonico e fu consultore di diversi dicasteri della Curia Romana, oltre che un testimone autorevole di eventi storici come il Concilio Vaticano II. Fra i dicasteri che lo annoverarono come consultore si ebbero la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per il Culto Divino, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e il Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani. Ma il ruolo forse più prestigioso Padre Navarrete lo svolse nella Pontificia Commissione per la revisione del Codice di diritto canonico, incarico che ricoprì a partire dal 1976 e che - dopo la promulgazione del nuovo Codice (1983) - lo vide impegnato nella revisione di quello per le chiese orientali. Difficile poi tenere nota del suo vasto impegno scientifico concretizzatosi in tante conferenze, interventi e pubblicazioni. Anche nei confronti della Chiesa Militare in Italia ebbe un occhio di riguardo, tenendo una conferenza ai cappellani militari di nuova nomina almeno fino al 1998.
A coronamento di un lunghissimo impegno culturale e apostolico, nel concistoro del 24 novembre 2007, Padre Urbano Navarrete fu creato cardinale da papa Benedetto XVI, ricevendo la diaconia di San Ponziano. Chiese tuttavia la dispensa dalla prescritta consacrazione episcopale vivendo la sua nuova condizione con la semplicità che l’aveva sempre contraddistinto. In una intervista dichiarò:
«La mattina del 16 ottobre scorso mi chiamarono dalla Segreteria di Stato chiedendomi se avevo finito un piccolo studio di carattere giuridico che mi avevano chiesto. Quindi mi diedero appuntamento per le cinque del pomeriggio. Mi sono recato all'ora fissata e dopo aver spiegato brevemente al Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il punto studiato, Sua Eminenza senza ulteriori preamboli mi disse che nell'Udienza del giorno seguente il Santo Padre avrebbe annunziato il mio nome fra gli altri che intendeva creare cardinali nel Consistoro pubblico previsto per il 24 di novembre prossimo. Mi disse che ero tenuto al segreto fino alle ore dodici del giorno seguente e mi consegnò la lettera del Santo Padre [...] dal giorno della pubblicazione della notizia alla celebrazione del Consistoro è passato più di un mese, quindi è stato un tempo sufficiente per assimilare il fatto. D'altra parte, per me Roma, la Città del Vaticano, la Basilica di San Pietro ecc, non costituivano una novità, dopo di aver risieduto a Roma 54 anni, alcuni dei quali in notevoli contatto con organismi della Santa Sede. Perciò i miei sentimenti non sono stati particolarmente commossi».
Quanto alla sua nuova condizione ebbe a dire:
«Quando il P. Rettore Gianfranco Ghirlanda ha comunicato alla Comunità religiosa della Gregoriana la notizia della mia nomina a cardinale non appena diffusa dalla radio, nelle parole che ho diretto alla Comunità ho chiesto due cose: la prima diretta ai Superiori chiedendo che mi permettessero continuare a restare alla Gregoriana, come è avvenuto; la seconda indirizzata ai confratelli pregando loro di essere trattato con la stessa semplicità di confratello come sempre. Posso dire che dopo due mesi di esperienza, cerco di adempiere i miei compiti di cardinale, però sono felice perché nella mia vita religiosa, specialmente nella vita di comunità, non ho avvertito nessuna differenza».
Nella sua vita di uomo di Dio e di studioso P. Navarrete seppe lasciarsi guidare da tre principi fondamentali, quali l’amore per il passato, la sensibilità verso i problemi umani, le esigenze e le sfide del presente, con una singolare capacità di aprirsi al futuro senza timore, forte della speranza che proviene dalla fede.
Si spense a Roma, all’età di 90 anni, il 22 novembre 2010, a causa di un arresto cardiocircolatorio.
Il 24 novembre 2010, all’altare della Cattedra della basilica vaticana, hanno avuto luogo le sue esequie. Al termine della celebrazione eucaristica, presieduta dal cardinal Angelo Sodano, il santo padre Benedetto XVI, dopo aver rivolto la sua parola ai presenti, presiedette il rito dell’Ultima commendatio e della Valedictio.
[ Si ringrazia il P. Janusz Kowal, S. J. per il materiale biografico cortesemente fornito ].
Pontificia Università Gregoriana
Cerimonia di conferimento del dottorato in Diritto canonico all'Autore del sito
(Relatore P. Urbano Navarrete, correlatore P. Velasio De Paolis, decano della Facoltà P. Gianfranco Ghirlanda)
20 novembre 1996
Omelia di S. S. Benedetto XVI alle esequie del Cardinal Navarrete
“Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno” (Dn 12,2).
Le parole del profeta Daniele, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, sono una chiara testimonianza biblica della fede nella risurrezione dei morti. La visione profetica si proietta verso il tempo finale: dopo un periodo di grande angoscia, Dio salverà il suo popolo. Tuttavia, la salvezza sarà solo per quanti sono scritti nel “libro della vita”. L’orizzonte descritto da Daniele è quello del popolo dell’Alleanza, che, nella difficoltà, nella prova, nella persecuzione, deve prendere posizione di fronte a Dio: mantenersi fermo nella fede dei padri o rinnegarla. Il profeta annuncia la duplice sorte finale che ne consegue: gli uni si risveglieranno alla “vita eterna”, gli altri all’”infamia eterna”. Viene dunque posta in risalto la giustizia di Dio: essa non permette che quanti hanno donato la vita per Dio la perdano definitivamente. È l’insegnamento di Gesú: chi accetta di mettere al primo posto il Regno di Dio, chi sa lasciare casa, padre, madre per esso, chi è disposto a perdere la propria esistenza per questo tesoro prezioso, avrà in eredità la vita eterna (cfr. Mt 19,29; Lc 9,24).
Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari fedeli tutti, nella luce della fede in Cristo, nostra vita e risurrezione, celebriamo oggi le esequie del caro e venerato Cardinale Urbano Navarrete, che lunedí scorso, all’età di novant’anni, ha terminato il suo lungo e fecondo pellegrinaggio terreno. Egli appartiene, cosí noi amiamo pensare, alla schiera di coloro che spesero senza riserve la loro esistenza per il Regno di Dio, e per questo confidiamo che il suo nome sia ora scritto nel “libro della vita”.
“Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre” (Dn 12,3).
Con animo commosso e grato, desidero in questo momento ricordare il compianto Porporato come «maestro di giustizia». Lo studio scrupoloso e l’insegnamento appassionato del diritto canonico hanno rappresentato un elemento centrale della sua vita. Educare specialmente le giovani generazioni alla vera giustizia, quella di Cristo, quella del Vangelo: ecco il ministero che il Cardinale Navarrete ha svolto lungo tutto l’arco della sua vita. A questo egli si è generosamente dedicato, prodigandosi con umile disponibilità, nelle diverse situazioni in cui lo ha posto l’obbedienza e la provvidenza di Dio: dalle aule universitarie, in particolare come esperto di diritto matrimoniale, all’ufficio di decano della Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, all’alta responsabilità di Rettore del medesimo Ateneo. Mi è caro sottolineare, altresí, la sua attenzione a importanti eventi ecclesiali quali il Sinodo diocesano di Roma, il Concilio Vaticano II; come pure il suo competente contributo scientifico alla revisione del Codice di Diritto Canonico e la proficua collaborazione con vari Dicasteri della Curia Romana, in qualità di apprezzato consultore.
A proposito della propria vocazione sacerdotale e religiosa, il Cardinale Navarrete, in una recente intervista, aveva detto con semplicità: “Non ho mai dubitato della mia scelta. Mai ho avuto il dubbio che questa non fosse la mia strada, nemmeno nei momenti della contestazione”, nei momenti piú difficili. Questa affermazione riassume la fedeltà generosa di questo servitore della Chiesa alla chiamata del Signore, alla volontà di Dio. Con l’equilibrio che lo caratterizzava soleva dire che tre erano i principi fondamentali che lo guidavano nello studio: molto amore al passato, alla tradizione, perché chi nel campo scientifico, e particolarmente ecclesiastico, non ama il passato è come un figlio senza genitori; poi la sensibilità verso i problemi, le esigenze, le sfide del presente, dove Dio ci ha collocati; infine, la capacità di guardare e di aprirsi al futuro senza timore, ma con speranza, quella che viene dalla fede. Una visione profondamente cristiana, che ha guidato il suo impegno per Dio, per la Chiesa, per l’uomo nell’insegnamento e nelle opere.
“Dio, ricco di misericordia... ci ha fatto rivivere con Cristo” (Ef 2,4).
Illuminati dalle parole di san Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, volgiamo lo sguardo al mistero dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo, dove riposa l’autentica nostra giustizia, dono della misericordia di Dio. La grazia divina riversata con abbondanza su di noi attraverso il sangue redentore di Cristo crocifisso, ci lava dalle colpe, ci libera dalla morte e ci apre la porta della vita eterna. L’Apostolo ripete con forza: “per grazia siete salvati” (v. 5), per un dono dell’amore sovrabbondante del Padre che ha sacrificato suo Figlio. In Cristo, l’uomo ritrova la via della salvezza, e anche la storia umana riceve il suo punto di riferimento e il suo significato profondo. In questo orizzonte di speranza, noi oggi pensiamo il Cardinale Urbano Navarrete: egli si è addormentato nel Signore al termine di una operosa esistenza, nella quale ha incessantemente professato la fede in questo mistero d’amore, proclamando a tutti con la parola e con la vita: “per grazia siete stati salvati” (Ef 2,5).
“Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io” (Gv 17,24).
Questa ardente volontà salvifica di Cristo illumina la vita dopo la morte: Gesú vuole che quelli che il Padre gli ha dato siano con Lui e contemplino la sua gloria. Dunque c’è un destino di felicità, di unione piena con Dio, che segue alla fedeltà con la quale siamo rimasti uniti a Gesú Cristo nel nostro cammino terreno. Sarà entrare in quella comunione dei Santi dove regnano la pace e la gioia di prendere parte insieme alla gloria di Cristo.
La luminosa verità di fede della vita eterna ci conforta ogni volta che rendiamo l’estremo saluto ad un fratello defunto. Il Cardinale Urbano Navarrete, figlio spirituale di sant’Ignazio di Loyola, è uno dei discepoli fedeli che il Padre ha dato a Cristo “perché siano con lui”, è stato “con Gesú” nel corso della sua lunga esistenza, ha conosciuto il suo nome (cfr. v. 26), Lo ha amato vivendo in intima unione con Lui, specialmente nelle prolungate soste di preghiera, dove attingeva alla sorgente della salvezza la forza per essere fedele alla volontà di Dio, in ogni circostanza, anche la piú avversa. Questo aveva imparato fin da bambino in famiglia, grazie al luminoso esempio dei genitori, specialmente del padre, i quali hanno saputo creare in famiglia un clima di profonda fede cristiana, favorendo nei sei figli, di cui tre Gesuiti e due Religiose, il coraggio di testimoniare la propria fede, nulla anteponendo all’amore di Cristo e facendo tutto per la maggior gloria di Dio.
Cari amici, è questo sguardo di fede che ha sostenuto la lunga vita del nostro venerato Fratello, ed è questa fede che egli ha predicato. Vogliamo rivolgerci a Dio ricco di misericordia, perché ora la fede del Cardinale Urbano Navarrete diventi visione, incontro faccia a faccia con Lui, nel cui amore egli ha saputo riconoscere e cercare il compimento di ogni legge. All’intercessione della Madre di Gesú e Madre nostra, affidiamo la sua anima. Siamo certi che Lei, Speculum iustitiae, vorrà accoglierlo per introdurlo nel Cielo di Dio, dove potrà godere in eterno la pienezza della pace. Amen.
Bibliografia del P. Urbano Navarrete