Il problema

L'attenzione con cui l'opinione pubblica mondiale segue - giustamente - i drammatici problemi della pedofilia riporta periodicamente alla ribalta anche episodi, antichi o recenti, in cui sono stati purtroppo coinvolti sacerdoti o religiosi cattolici. Alcuni casi statunitensi e canadesi hanno avuto grande risonanza, e hanno indotto singole diocesi e le conferenze episcopali nordamericane ad avviare inchieste e a proporre misure preventive. La letteratura, il cinema e la televisione si sono impadronite del tema. Non vi è congresso scientifico di sociologia religiosa - da ultimo quello dell'Association for Sociology of Religion tenuto a San Francisco nell'agosto del 1998, dove sono stato relatore - nel quale l'argomento non susciti interesse e controversie.

Queste ultime non riguardano certamente l'esistenza del fenomeno ma la sua prevalenza. Siamo chiari: anche un solo caso di pedofilia nel clero sarebbe un caso di troppo, nei confronti del quale le autorità civili e religiose hanno non solo il diritto, ma il dovere di intervenire energicamente. Tuttavia stabilire quanti sono i preti e i religiosi cattolici pedofili non è irrilevante. Le tragedie individuali sono difficilmente descritte dalle statistiche, ma il quadro statistico può aiutare a capire se si tratta di casi isolati o di epidemie, o se vi è qualche cosa nello stile di vita del clero cattolico che rende questi episodi piú facili a verificarsi di quanto non avvenga, per esempio, fra i pastori protestanti o fra i maestri di scuola laici.

 

 

Tre tesi

1. l'unicità della Chiesa cattolica

Tre tesi si contrappongono nel mondo di lingua inglese, il piú toccato dal fenomeno. La prima - largamente pubblicizzata da opere giornalistiche di grande diffusione e da inchieste televisive - è che, benché problemi esistano occasionalmente anche in altre denominazioni e Chiese, la Chiesa cattolica - almeno in Nord America - ospita una percentuale di pedofili elevata e unica rispetto a tutti i gruppi religiosi dotati di un clero o di religiosi. Le statistiche che sono fatte circolare - spesso senza troppo preoccuparsi delle fonti - parlano di migliaia di casi (1). Si è sentito dire, per esempio ripetutamente in talk show televisivi americani, che il cinque o il sei per cento dei preti statunitensi sono "pedofili". Le spiegazioni che sono offerte per questa situazione sono di due tipi opposti.

L'idea prevalente - non soltanto nei media ma anche nell'analisi di intellettuali influenti come Andrew Greeley, egli stesso sacerdote cattolico e autore nel 1993 di un romanzo best seller sul tema, Fall from Grace (2) - è che responsabile del problema sia il celibato - o il voto di castità dei religiosi -, non piú tollerabile nella società contemporanea. Attivisti contro il celibato, a una riunione del 1996 della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d'America, protestavano per la presunta esplosione della pedofilia in clergyman con slogan come "La Chiesa è il vero sodomita". All'estremo opposto della polemica ideologica, ambienti conservatori prendono per buone le statistiche dei media e denunciano la tolleranza delle diocesi americane nei confronti degli omosessuali o il lassismo dei seminari. È un fatto - affermano, senza aver torto - che si abusa di bambini molto piú che di bambine. Ne deducono che la mancata vigilanza nei confronti dei sacerdoti omosessuali è la principale responsabile della pedofilia.

 

 

2. La "criminalità clericale"

La seconda posizione è rappresentata da Anson Shupe, sociologo dell'Indiana-Purdue University, e dai suoi collaboratori. Shupe, un noto esperto di nuovi movimenti religiosi, sostiene da anni che la "criminalità in colletti bianchi" è oggi affiancata, per una serie complessa di ragioni, da una "criminalità clericale", diffusa presso ministri di tutte le confessioni che comprende anche - se non soprattutto - reati economici e finanziari (3). In tema di abusi sessuali Shupe sostiene - ancora in uno studio inedito presentato al convegno di San Francisco - che questi sono piú diffusi fra il clero cattolico che altrove, anche se le cifre correnti sono certamente esagerate. Il sociologo dell'Indiana peraltro non è convinto che il celibato o la tolleranza dell'omosessualità spieghino il fenomeno: infatti alcune denominazioni al cui clero non viene richiesto il celibato - episcopaliani, avventisti - o che attaccano in modo militante le campagne per i diritti degli omosessuali - mormoni - avrebbero percentuali di rischio simili alla Chiesa cattolica.

Il problema, ritiene Shupe, è che la Chiesa cattolica - come la Chiesa mormone o quella episcopaliana - è una struttura piramidale, gerarchica, con un sistema che tende naturalmente, a prescindere dalle buone intenzioni individuali, a proteggere una figura religiosa quando è attaccata dall'esterno. Questa dinamica, se ha portato in altri settori vantaggi alle Chiese organizzate in modo piú gerarchico, avrebbe anche permesso ai pedofili di sentirsi in qualche modo protetti e tutelati. Shupe pensa che i casi di pedofilia clericale cattolica nell'ultimo trentennio negli Stati Uniti d'America e in Canada siano un paio di migliaia, e coinvolgano intorno all'uno per cento dei sacerdoti e dei religiosi. Ma ammette che le statistiche sono difficili perché, a partire da poche centinaia di condanne, occorre estrapolare e speculare sulla base di sondaggi su quanti casi non sono denunciati - oggi, certo, meno di ieri - per malintesa lealtà verso la Chiesa, per vergogna o per timore di conseguenze negative.

 

 

3. Il panico morale

I dati di Anson Shupe non sono tanto contestati quanto piuttosto rovesciati nell'interpretazione da altri sociologi come Philip Jenkins, professore alla Pennsylvania State University e autore nel 1996 di un testo importante sul tema, Pedophiles and Priests (4). Philip Jenkins ammette che vi siano diverse centinaia - forse piú di un migliaio - di casi in cui sacerdoti o religiosi cattolici nordamericani sono stati coinvolti in casi di pedofilia negli ultimi trent'anni. Una percentuale realistica potrebbe essere dello 0,2% rispetto all'insieme del clero e dei religiosi maschi. Se si vuole arrivare a percentuali piú alte bisogna dare una definizione di "pedofilia" non tecnica e includere sia tutti i casi di rapporti sessuali con minori di diciotto anni, sia tutti i casi di molestie di minore gravità. Una relazione fra un sacerdote di venticinque anni e una ragazza di diciassette può essere, secondo la legge americana, un abuso di minore, ma è fuorviante classificarla come pedofilia.

In anni recenti i tribunali degli Stati Uniti d'America hanno punito come molestie anche battute allusive e insulti a sfondo sessuale, certo reprensibili in bocca a un sacerdote ma da non confondersi con la violenza carnale. La Chiesa cattolica - non da sola, ma insieme ad altre Chiese la cui organizzazione è piramidale e gerarchica, il che esclude la rilevanza determinante del celibato - ha certamente una percentuale maggiore di casi di pedofilia portati in tribunale con successo. Non si può però valutare questo dato prescindendo ingenuamente dagli aspetti economici. Gli studi legali specializzati in questo campo - oggi talora di grandi dimensioni - e le grandi società di assicurazioni che spesso determinano l'esito delle cause civili - talora preferendo pagare e alzare il premio della polizza, anche quando l'accusato è presumibilmente innocente (5) - attaccano piú volentieri la Chiesa cattolica.

Qui si può attingere per i danni alle ricche casse delle diocesi, al di là delle parrocchie, mentre nelle denominazioni a struttura congregazionalista, dove ogni comunità è indipendente, non si può sperare di ottenere piú di quanto è sufficiente a vuotare le casse di una congregazione locale. Jenkins propone un modello basato sulle teorie sociologiche della costruzione sociale. Le teorie "costruzioniste" non postulano che determinati problemi sociali - i quali generano i cosiddetti "panici morali" - siano inventati: alla base vi è un disagio reale. Ma questo disagio è amplificato da statistiche fasulle e da esagerazioni mediatiche, anche per opera di "imprenditori morali" che hanno ragioni e interessi da difendere.

Jenkins cita un anticattolicesimo latente in settori importanti della società nordamericana, ambienti di psicologi e di terapisti convinti che tutto quanto i loro pazienti raccontano, magari sotto ipnosi, sia sempre e necessariamente vero - episodi passati in tema di satanismo e di incesto mostrano che non sempre è cosí - e una mentalità liberal per cui il celibato o i voti non sono politicamente corretti. Le analisi di Jenkins - a mio avviso meritevoli di grande interesse - non negano certamente la presenza di casi dolorosi, sulle cui cause la Chiesa giustamente indaga e s'interroga. Ma aiutano a guardarsi dalle generalizzazioni e dall'analisi "urlata" di problemi che vanno invece affrontati, insieme, con coraggio e con discrezione.

 

 

 

 

 

Note:

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(1) Cfr. la tesi principalmente in Jason Berry, Lead Us Not into Temptation, Doubleday, New York 1992; e in Elinor Burkett - Frank Bruni, A Gospel of Shame, Viking, New York 1993.

(2) Cfr. Andrew Greeley, Fall from Grace, G. P. Putnams, New York 1993.

(3) Cfr. la tesi, con particolare riferimento alla pedofilia, riassunta in Anson Shupe, In the Name of All That's Holy. A Theory of Clergy Malfeasance, Praeger, Westport (Connecticut) 1995.

(4) Cfr. Philip Jenkins, Pedophiles and Priests. Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, New York-Oxford 1996.

(5) Sul ruolo di una grande società di assicurazioni in casi relativi alla Chiesa cristiana avventista del Settimo Giorno, cfr. Bonnie Dwyer, The Six-Million Dollar Man, in Spectrum: The Journal of the Association of Adventist Forums, vol. 24, n. 5, giugno 1995, 30-37.

 

 

 

Cfr. INTROVIGNE M., Cristianità 282 (1998).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dieci miti sulla pedofilia dei sacerdoti

Deal Hudson

 

 

 

 

 

1. I preti cattolici sono piú inclini ad essere pedofili rispetto ad altri gruppi umani.

Questo francamente è proprio falso. Non c'è assolutamente prova che i preti siano piú inclini ad abusare di bambini rispetto ad altri gruppi umani. L'uso e abuso di bambini come oggetti per il soddisfacimento sessuale degli adulti è epidemico in tutte le classi, comunità professionali, religiose e etniche da una parte all'altra del globo, come mostrano in maniera abbondantemente chiara le cifre sulla pornografia infantile, l'incesto e la prostituzione minorile.

La pedofilia (l'abuso sessuale di un bambino in età pre-puberale) tra i preti è estremamente rara, interessando solo lo 0.3% dell'intera popolazione del clero. Questa cifra, citata nel libro Pedophiles and Priests (1) dello studioso non cattolico Philip Jenkins, proviene dal piú esauriente studio fino ad oggi, che ha riscontrato che solo uno su 2.252 sacerdoti considerati nell'arco un periodo di trent'anni è stato afflitto dalla pedofilia. Nel recente scandalo di Boston solo quattro degli oltre ottanta sacerdoti etichettati dai media come "pedofili" sono realmente colpevoli di aver molestato dei ragazzini.

La pedofilia è un particolare tipo di disordine sessuale compulsivo in cui un adulto (uomo o donna) abusa di bambini in età pre-puberale. La vasta maggioranza degli scandali di abuso sessuale commessi da sacerdoti che stanno venendo ora alla luce non riguarda la pedofilia. Piuttosto, riguarda la efebofilia, l'attrazione omosessuale verso ragazzi adolescenti. Sebbene il numero totale di autori di abuso sessuale nel clero sia molto piú alto dei colpevoli di pedofilia, esso ammonta ancora a meno del 2 per cento, comparabile al tasso tra gli uomini sposati (JENKINS, Pedophiles and Priests).

Sulla scia dell'attuale crisi della Chiesa, altre denominazioni religiose e istituzioni non religiose hanno ammesso di avere problemi simili sia con la pedofilia che con la efebofilia tra le fila del loro clero. Non c'è prova che i preti cattolici siano piú inclini ad essere pedofili rispetto ai ministri protestanti, ai leaders ebraici, ai medici o a qualunque altra istituzione in cui degli adulti siano in posizione di autorità o controllo nei confronti di bambini.

 

 

2. Lo stato di celibato dei preti conduce alla pedofilia.

Il celibato non comporta alcuna relazione causale nei confronti di un qualsiasi tipo di inclinazione sessuale deviante, pedofilia inclusa. Infatti gli uomini sposati sono inclini quanto i preti celibatari all'abuso di bambini (JENKINS, Priests and Pedophilia). Nella popolazione generale la maggioranza di coloro che compiono abusi sono uomini eterosessuali regrediti che abusano sessualmente di ragazze. Tra gli autori di abusi sessuali si trovano anche donne.

Sebbene sia difficile ottenere statistiche accurate sugli abusi sessuali infantili, le tipologie caratteristiche di coloro che abusano ripetutamente di bambini sono state ben descritte. I profili di molestatori di bambini non includono mai adulti normali che vengono attratti eroticamente da bambini in seguito all'astinenza (FRED BERLIN, Compulsive Sexual Behaviors in Addiction and Compulsion Behaviors [Boston: NCBC, 1998]; PATRICK J. CARNES, Sexual Compulsion: Challenge for Church Leaders in Addiction and Compulsion; DALE O'LEARY, Homosexuality and Abuse).

 

 

3. Il matrimonio dei sacerdoti allontanerebbe la pedofilia e altre forme di cattiva condotta sessuale.

Alcune persone - inclusi alcuni rumorosi cattolici del dissenso - stanno sfruttando la crisi per attirare attenzione sulle questioni di loro interesse. Alcuni domandano il matrimonio del clero cattolico in risposta allo scandalo, come se il matrimonio riuscisse a impedire agli uomini di nuocere ai bambini. Questo a dispetto della summenzionata statistica secondo la quale gli uomini sposati sono inclini quanto i sacerdoti celibatari ad abusare di bambini (Jenkins, Priests and Pedophilia).

Visto che né l'essere cattolici né l'essere celibatari predispone una persona allo sviluppo della pedofilia, un clero sposato non risolverebbe il problema (Doctors call for pedophilia research, The Hartford Currant, 23 Marzo). Per accorgersene bisogna solo osservare la crisi analoga in altre denominazioni e professioni.

Il fatto evidente è che non è mai stato provato che uomini eterosessuali e in buona salute sviluppino attrazioni erotiche verso bambini in seguito all'astinenza.

 

 

4. Il celibato del clero è un'invenzione medievale.

Sbagliato. Nella Chiesa Cattolica d'Occidente il celibato divenne universalmente praticato nel IV secolo, in origine con l'adozione della disciplina monastica per tutti i suoi sacerdoti da parte di s. Agostino. Oltre alle molte ragioni pratiche di questa disciplina - si presumeva scoraggiasse il nepotismo - lo stile di vita celibatario permetteva ai preti di essere piú indipendenti e disponibili.

Questo ideale attirò anche i sacerdoti diocesani a vivere fino in fondo la stessa testimonianza dei loro confratelli nella vita monastica. La Chiesa non ha cambiato le sue direttive per il celibato perché nel corso dei secoli si è resa conto del valore pratico e spirituale della pratica (Paolo VI, Sul celibato sacerdotale, lettera enciclica del 1967) (2). Infatti, anche nella Chiesa Cattolica d'Oriente - che include un clero sposato - i vescovi vengono scelti solo tra i sacerdoti non sposati.

Cristo rivelò il vero valore e significato del celibato. I sacerdoti cattolici, da s. Paolo ai giorni nostri, Lo hanno imitato nel dono totale di sé a Dio e agli altri come celibi. Quantunque Cristo abbia elevato il matrimonio alla dignità di un sacramento che rivela l'amore e la vita della Trinità, è stato anche un testimone vivente della vita del mondo a venire. Il celibato sacerdotale per noi è la testimonianza vivente di questa vita in cui l'unità e la gioia del matrimonio tra un uomo e una donna è sorpassata nella perfetta comunione d'amore con Dio. Il celibato correttamente compreso e vissuto rende libera una persona di amare e servire gli altri come fece Cristo.

Nel corso degli ultimi quarant'anni, il celibato è stato una testimonianza perfino piú potente rispetto al sacrificio d'amore di uomini e donne che offrono loro stessi nel servizio alle loro comunità.

 

 

5. Il sacerdozio femminile aiuterebbe a risolvere il problema

Semplicemente non esiste una connessione logica tra il comportamento deviante di un'esigua minoranza del clero maschile e l'inclusione delle donne nelle sue fila. Sebbene sia vero che la maggior parte delle statistiche sugli abusi infantili mostri che gli uomini sono piú inclini all'abuso di bambini, il fatto è che anche alcune donne sono molestatrici di bambini. Nel 1994 il National Opinion Research Center ha mostrato che la seconda causa piú comune di abuso sessuale infantile riguardava donne che abusavano di ragazzini.

Per ogni tre molestatori maschi c'è una molestatrice femmina. Le statistiche sulle donne che commettono violenze sessuali sono piú difficili da ottenere perché il crimine è piú nascosto (Intervista col Dott. Richard Cross, A Question of Character, National Opinion Research Center; cf. Carnes). Inoltre le loro vittime piú frequenti (ragazzini) sono meno inclini a denunciare abusi sessuali, specialmente quando la molestatrice è una donna (O'LEARY, Child Sexual Abuse).

Ci sono ragioni per cui la Chiesa non può ordinare donne (come spiegato numerose volte da Giovanni Paolo II). Ma questo non c'entra nulla. Il dibattito sull'ordinazione femminile è completamente senza rapporto col problema della pedofilia e altre forme di cattiva condotta sessuale.

 

 

6. L'omosessualità non è collegata alla pedofilia

Ciò è chiaramente falso. Gli omosessuali sono tre volte piú inclini ad essere pedofili rispetto agli uomini eterosessuali. Quantunque la pedofilia esclusiva (l'attrazione da parte dell'adulto verso bambini in età pre-puberale) sia un fenomeno raro ed estremo, un terzo degli uomini omosessuali è attratto da ragazzi adolescenti (JENKINS, Priests and Pedophilia). La seduzione di ragazzi adolescenti da parte di uomini omosessuali è un fenomeno ben documentato. Questa forma di comportamento deviante è il tipo piú comune di abuso da parte del clero ed è direttamente connesso al comportamento omosessuale.

Come mostra Michael Rose nel suo imminente libro, Goodbye! Good Men, esiste un'attiva subcultura omosessuale all'interno della Chiesa. Ciò è dovuto a diversi fattori. La confusione della Chiesa in conseguenza della rivoluzione sessuale degli anni '60, il tumultuoso seguito del Concilio Vaticano II, e la maggiore approvazione del comportamento omosessuale nella cultura diffusa hanno creato un ambiente in cui gli uomini omosessualmente attivi sono stati ammessi e tollerati nel sacerdozio.

La Chiesa confidò maggiormente sulla professione psichiatrica per vagliare i candidati e per curare quei preti identificati come aventi dei problemi. Nel 1973 la Psychological Association mutò la sua definizione dell'omosessualità come un orientamento oggettivamente disordinato e la rimosse dal Diagnostic and Statistic Manual IV (NICOLOSI, J., Reparative Therapy of Male Homosexuality, 1991; DIAMOND, E., et. al., Homosexuality and Hope, unpublished CMA document). La cura dei comportamenti sessuali devianti seguí a ruota.

Mentre il modo di rivolgersi da parte della Chiesa nei confronti di coloro che lottano con le attrazioni omosessuali è stato compassionevole, essa è stata ferma nel mantenere il punto di vista secondo il quale l'omosessualità è oggettivamente disordinata e il matrimonio tra un uomo e una donna è il contesto proprio per l'attività sessuale.

 

 

7. La gerarchia cattolica non ha fatto niente per far fronte alla pedofilia

Sebbene possiamo essere tutti d'accordo che la gerarchia non abbia fatto abbastanza, quest'affermazione tuttavia è falsa. Quando nel 1983 venne modificato il Codice di Diritto Canonico della Chiesa, fu aggiunto un importante passaggio: «Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti» (CIC 1395, 2).

Ma questa non è certamente l'unica cosa che ha fatto la Chiesa. I vescovi, inizialmente con Paolo VI nel 1967, ammonirono pubblicamente il fedele cattolico riguardo le conseguenze negative della rivoluzione sessuale. La lettera enciclica del papa Sacerdotalis caelibatus affrontava la questione del celibato sacerdotale in presenza di una cultura che richiedeva a gran voce piú ampia "libertà" sessuale. Il papa confermava il celibato nel momento in cui invitava i vescovi ad assumersi la responsabilità nei confronti dei «confratelli turbati da difficoltà, che espongono a serio pericolo il dono divino che è in essi». Raccomandava i vescovi di cercare l'aiuto appropriato per questi sacerdoti o, in casi gravi, richiedere una dispensa per i sacerdoti che non potevano essere aiutati. Inoltre chiedeva loro di essere piú prudenti nel giudicare l'idoneità dei candidati al sacerdozio.

Nel 1975 la Chiesa pubblicò un altro documento intitolato Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale (3) (scritto [dall'allora] cardinal Joseph Ratzinger) che affrontava esplicitamente, tra le altre questioni, il problema dell'omosessualità tra i sacerdoti. Entrambi i documenti del 1967 e del 1975 considerarono dei tipi di devianze sessuali, pedofilia ed efebofilia incluse, specialmente diffuse tra gli omosessuali

Nel 1995 la Commissione ad hoc sugli abusi sessuali pubblicò delle direttive di condotta per le allora 191 diocesi della nazione per aiutarle nell'elaborazione di linee di condotta per affrontare il problema del abuso sessuale di minori. Quasi tutte le diocesi risposero ed elaborarono le loro politiche (CONFERENZA EPISCOPALE DEGLI STATI UNITI, Guidelines for dealing with Child Sexual Abuse, 1993-1994). In questo periodo la pedofilia venne riconosciuta come un disordine che non poteva essere curato, e un problema che stava diventando piú diffuso a causa dell'aumento della pornografia.

Prima del 1994 i vescovi accoglievano suggerimenti da parte di esperti nella professione psichiatrica convinti che la pedofilia potesse essere curata con successo. I sacerdoti colpevoli di abusi sessuali venivano mandati ad una delle svariate strutture di cura da una parte all'altra degli Stati Uniti. I vescovi facevano spesso affidamento sui giudizi degli esperti nel determinare se i sacerdoti fossero idonei al ministero. Questo non attenua la negligenza da parte di alcuni nella gerarchia, ma offre una certa panoramica.

In risposta agli scandali recenti alcune diocesi stanno istituendo commissioni speciali per gli abusi infantili come pure gruppi di patrocinio delle vittime; e stanno ufficialmente riconoscendo che ogni legittima testimonianza di abuso debba essere affrontata immediatamente.

 

 

8. L'insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale è il vero problema, non la pedofilia.

L'insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale è radicato nella dignità della persona umana e nella bontà della sessualità umana. Questo insegnamento condanna l'abuso sessuale di bambini in tutte le sue forme, esattamente come condanna altri riprovevoli crimini sessuali come lo stupro, l'incesto, la pornografia infantile e la prostituzione infantile. In altri termini, se quest'insegnamento fosse vissuto non ci sarebbe affatto la pedofilia.

L'idea che questo insegnamento conduca in qualche modo alla pedofilia si basa su un'incomprensione o su un deliberato travisamento della morale sessuale cattolica. La Chiesa riconosce che l'attività sessuale senza l'amore e l'impegno fondati unicamente sul matrimonio insidi la dignità della persona umana e sia in definitiva distruttiva. Per quel che riguarda il celibato, secoli di esperienza hanno dimostrato che uomini e donne possono astenersi dall'attività sessuale conducendo vite soddisfacenti, sane e significative.

 

 

9. I giornalisti cattolici hanno ignorato il problema della pedofilia

Come sa ogni lettore di Crisis, quest'affermazione è palesemente falsa. Il nostro articolo di frontespizio dell'ottobre 2001 metteva in evidenza L'alto prezzo della pedofilia dei sacerdoti, un resoconto sullo scandalo che sulla stampa principale non sarebbe scoppiato per altri tre mesi [si può leggere l'articolo su:http://www.crisismagazine.com/october2001/index.html].

E non siamo stati gli unici a trattare il problema della pedofilia/pederastia. Charles Sennot, autore di "Broken Covenant", Rod Dreher di "The National Review", il co-fondatore di Crisis Ralph MacInerny, Maggie Gallagher, Dale O'Leary, il "Catholic Medical Association", Michael Novak, Peggy Noonan, Bill Donohue, il Dott. Richard Cross, Philip Lawler, Alan Keyes e Monsignor George Kelly hanno tutti trattato la questione esaustivamente.

Che i media principali abbiano deciso di ignorare il nostro lavoro non significa che non sia stato fatto.

 

 

10. L'obbligo del celibato limita il numero di uomini candidati al sacerdozio, col risultato di un numero elevato di sacerdoti sessualmente squilibrati.

Prima di tutto, non c'è un «numero elevato di sacerdoti sessualmente squilibrati». Di nuovo, la vasta maggioranza dei sacerdoti è normale, sana e fedele. Ogni giorno si dimostrano degni della fiducia e della confidenza di coloro che sono affidati alla loro responsabilità.

Secondo, coloro che non si sentono chiamati alla vita del celibato ipso facto non sono chiamati ad essere sacerdoti cattolici. Infatti, la maggior parte degli uomini non sono destinati ad essere celibi. Tuttavia alcuni lo sono, e di costoro alcuni sono chiamati da Dio al sacerdozio.

Una vocazione sacerdotale, come il matrimonio, richiede il mutuo e libero consenso di entrambe le parti. Cosí, la Chiesa deve discernere se il candidato sia effettivamente degno e adatto mentalmente, psichicamente e spiritualmente per impegnarsi in una vita di servizio sacerdotale. Il desiderio di un candidato al sacerdozio non costituisce di per se stesso una vocazione. Tra i direttori spirituali e vocazionali c'è ora anche piú consenso riguardo le pecche caratteriali tali da rendere inidoneo come candidato una persona altrimenti con i requisiti necessari.

 

 

 

 

Note (a cura del traduttore):

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(1) Philip Jenkins, Pedophiles and Priests. Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, New York-Oxford 1996

(2) Paolo VI, Sacerdotalis caelibatus.

(3) Congregazione per la Dottrina della Fede, Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale, 1975.

 

 

 

 

 

 

Cfr. e-Letter del 10 aprile 2002 in Crisis Magazine (http://www.crisismagazine.com).

 

 

 

 

 

 

 

 

La tragedia umana dell’ideologia di genere

 

Un’articolata risposta alle domande e alle falsità ideologiche diffuse dai mass-media sulla teoria del genere (gender theory). Il testo, per la complessità e la natura degli argomenti trattati, è rivolto esclusivamente ad un pubblico adulto. Nell'articolo viene approfondita anche la questione dell'omosessualità nella Chiesa e della pedofilia nel contesto internazionale. Una serie di domande e risposte completano il testo con l'intento di fornire delle risposte sia ai credenti che ai non credenti, offrendo anche un sommario a chi non può leggere il documento in tutta la sua interezza.