«La Chiesa inoltre ha sempre davanti agli occhi
le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe,
‹i quali possiedono l'adozione a figli, la
gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi;
da essi proviene Cristo secondo la carne› (Rm
9,4-5)» (NA 4)
Spesso nel dialogo con gli ebrei si dimenticano le origini della fede cristiana. Una fede basata su una Scrittura che non ci è estranea. I cristiani sono tali perché hanno creduto all'interpretazione della Scrittura ebraica così come è stata compiuta da ebrei. L'ebreo Gesù è stato riconosciuto come il Messia, come il Cristo di Israele da altri ebrei.
Ebrei gli apostoli e i discepoli, ebrei tre degli evangelisti, ebrei gli autori del resto del Nuovo Testamento (esclusi forse gli Atti degli Apostoli), ebrei le "colonne della Chiesa" primitiva, ebrea, per lungo tempo, la Chiesa e i suoi pastori.
Noi stessi, oleastri innestati sull'olivo che è Israele (Rm 11,17). Noi cristiani non ci siamo inventata una fede ma abbiamo creduto a quella che ci è stata annunciata dai figli di Israele come sviluppo naturale della fede dei loro Padri.
L'odio che da millenni opprime il popolo ebraico costituisce una prova ulteriore della sua vocazione e del ruolo che ad esso fu affidato nella storia della salvezza del genere umano e che troverà la sua pienezza solo in Cristo. Coloro che lo perseguitano si rendono strumenti di questo odio dimostrando così di non conoscere Dio. Chi odia il proprio fratello, infatti, non ha conosciuto Dio che è amore (cfr. 1Gv 4,7).
Dichiarazione «Nostra aetate»
del Concilio Ecumenico Vaticano II
«Genus electum, regale sacerdotium, gens sancta, populus adquisitionis» (1Pt 2,9)
«Scrutando accuratamente il mistero della Chiesa, questo sacro sinodo non ha dimenticato il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.
Essa riconosce che tutti i fedeli cristiani, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza della Chiesa è misticamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo la Chiesa non può dimenticare di aver ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'antica alleanza, e che essa si nutre della radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i popoli pagani. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato i giudei e i pagani per mezzo della sua croce e che dei due ha fatto un popolo solo in se stesso.
La Chiesa inoltre ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe, «i quali possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda anche che dal popolo giudaico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e la gran parte dei primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.
Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; e inoltre i giudei, in gran parte, non hanno accolto il Vangelo, e anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Ciò nonostante, secondo l'apostolo, i giudei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui chiamata sono irrevocabili. Con i profeti e con lo stesso apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e «lo serviranno tutti sotto lo stesso giogo» (Sof 3,9).
Essendo perciò così grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e a giudei, questo sacro sinodo vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo. E quantunque le autorità giudaiche con i loro seguaci si siano adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti i giudei allora viventi né ai giudei del nostro tempo.
E quantunque la Chiesa sia il nuovo popolo di Dio, i giudei tuttavia non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Pertanto tutti facciano attenzione a non insegnare nulla, nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio, che non sia conforme alla verità del Vangelo e allo spirito di Cristo.
Inoltre, la Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con i giudei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro i giudei in ogni tempo e da chiunque.
Del resto, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, il Cristo nel suo immenso amore è andato incontro alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini, perché tutti possano ottenere la salvezza. È compito dunque della Chiesa, quando predica, di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia» (Dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane, n. 4).
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